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Autore: Sorelle_Otaku    12/09/2012    0 recensioni
Un ragazzo che non conosce il suo passato.
Una ragazza con un terribile passato alle spalle.
Un viaggio all'insegna dell'avventura.
Sette tribù in lotta tra loro, e un'unico destino ad unirli.
Possono due forze opposte ristabilire l'equilibrio in un mondo ormai invaso dalle tenebre?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, ragazzi! Lo sappiamo che oggi è mercoledì e noi avremmo dovuto aggiornare l'altro ieri, ma credeteci... Tra test universitari senza fine (Alys) e Internet che non va (Ayame) è stata una vera impresa postare il nuovo capitolo! -.- Ci auguriamo comunque che questo nuovo pezzo della storia possa piacervi e che v'incuriosisca. Le sorprese non mancheranno! Fateci sapere se vi è piaciuto. Buona lettura!



Spesso, un piccolo gesto può dire molto più di quel che si pensa


Capitolo 5 – Kaiin no Seiyaku

Era domenica mattina e Caleb stava finendo il suo turno di pulizie, mentre, nel frattempo, ripensava agli avvenimenti di quei giorni.
Erano trascorsi due giorni dall'arrivo di Sarah e l'indomani sarebbe stato il suo diciottesimo compleanno.
A quell'età Caleb, era libero di andarsene da quella casa, ma egli ancora non sapeva dove andare.
Voleva rimanere in quella casa ancora un po', perché sperava che lì avrebbe potuto trovare qualche indizio sul suo passato.
La signora Willis, una volta che il ragazzo le espresse il suo desiderio, con molto entusiasmo, gli aveva detto che poteva rimanere fino a quando lui desiderava.
Poteva rimanere lì fino a quando non avrebbe finito la scuola, trovato un lavoro e una casa in cui vivere.
La gentilezza della signora Willis sorprese il ragazzo, che la ringraziò e si offrì di aiutarla in cucina per preparare la cena.
Caleb sorrise tra sé.
Fino a qualche settimana fa, lui voleva scappare da quelle quattro mura ed ora avrebbe vissuto ancora per un po' lì, in attesa di scoprire qualcosa su se stesso.
Ripercorse mentalmente anche la giornata precedente, soffermandosi sull'avvenimento che aveva scatenato in lui molteplici risate.
Sarah, sabato pomeriggio, aveva cercato di sfilare la maglia anche a Howard, che era seduto sul letto della sua camera a rimpizzarsi di patatine senza alcun contegno.
Howard era un ragazzo terribilmente in sovrappeso, oltre che un tipo viscido e antipatico.
Alle volte, Caleb preferiva stare in compagnia di Jeff piuttosto che in quella di Howard.
Ripensò a quando, nel vedere la scena, scoppiò a ridere davanti ai due cercando di reprimere il disgusto che provava verso Howard.
Sarah, come suo solito, era saltata alle spalle e aveva cercato di sfilare la maglia ad Howard, il quale se l'era fatta sfilare senza problemi, credendo che la ragazza avesse perso la testa per lui.
Caleb, nel vedere il coinquilino senza maglietta e con un sorriso malizioso, aveva trattenuto a stento un'espressione schifata.
Certo che quella lì si dà da fare! pensò disgustato.
Sarah, dopo un po', lanciò a terra la maglia di Howard e si allontanò da lui, avvicinandosi a Caleb e fulminandolo con lo sguardo, non appena lesse nei suoi occhi un'espressione divertita e schifata.
"Ti stai divertendo, evaso dal manicomio?" domandò lei con il solito tono freddo.
Anche lei, come gli altri ragazzi presenti in quella casa, aveva cominciato a chiamare Caleb con quel nomignolo orribile e irritante.
"Certo! Sei la miglior maniaca che conosca! Addirittura con Howard ci stavi provando!" esclamò il ragazzo, senza riuscire a contenere le risate.
"Tu, ragazzino, sta' molto attento a quello che dici!".
"E tu, maniaca, sta' attenta a non stancarti troppo nel sfilare magliette".
Si erano guardati in cagnesco a lungo, per poi volgere entrambi lo sguardo altrove.
"Sei davvero un moccioso odioso".
"Sta parlando la signorina fredda e maniaca" disse Caleb, inarcando le sopracciglia e parlando con sarcasmo.
"Sta' molto attento, ragazzino. Se continui a darmi fastidio, non arrivi nemmeno a domani e dì pure addio ai tuoi cari diciotto anni" lo minacciò lei.
"Dovrei avere paura, per caso? Non mi starai minacciando?" chiese lui divertito, con un sorriso sulle labbra.
"No, non sto scherzando! A dopo, evaso dal manicomio".
"A dopo, maniaca fredda e odiosa".
Caleb non riusciva a capire perché quella ragazzina lo odiasse così tanto, non sapeva spiegarselo.
Venceslao entrò nella sala dove Caleb stava spolverando e lo distrasse dai suoi ricordi e dai suoi pensieri.
"Ehi, Vince!" lo salutò Caleb, appena lo vide "Cosa ti porta da queste parti?".
"Ciao, Caleb. Appena finisci, raggiungimi in camera tua. Devo parlarti. È molto importante".
Caleb notò che Vince era molto nervoso e agitato.
"Ok, tra quindici minuti ti raggiungo" promise il ragazzo, prima che il gatto sparisse dalla sua vista, dirigendosi verso la sua camera.
 
"Vince, sono in camera!", esclamò Caleb.
Il ragazzo si sorprese.
Venceslao non era nella sua camera.
"Ma dove si sarà cacciato quel gatto!" borbottò, dando un'altra occhiata alla camera.
Niente, di Venceslao nemmeno l'ombra.
Stava per voltarsi ed andare via, quando la porta si spalancò e si richiuse velocemente.
Sarah fece il suo ingresso, fissando il ragazzo dagli strani occhi color amaranto, che nel vederla lì, rimase scioccato.
La ragazza chiuse la porta a chiave e mise questa nella sua tasca. Al sicuro.
"Che cosa vuoi da me, Sarah?", chiese il ragazzo seccato, non appena si riprese dalla meraviglia.
"Niente. Solo sapere come stavi" rispose lei, poggiandosi alla porta e incrociando le braccia al petto.
"Sì certo, come no".
"Come stai, mio caro e dolce Caleb?" chiese lei sarcasticamente, puntando i suoi occhi blu e freddi su Caleb.
"Senti, non ho tempo per giocare con te. Ho molto da fare, per cui, gentilmente, dammi quella chiave e sparisci dalla mia vista" rispose lui gelido.
"Non ci credo!?! Da quando tu, Caleb, usi questo tono glaciale?" esclamò la ragazza, scoppiando in una fragorosa risata "E dire che stavo cercando di essere gentile, ma a quanto pare, devo passare subito alle maniere forti"
Sarah si lasciò andare ad una piccola e sonora risata, risata che però non ti coinvolgeva ma, ti faceva rabbrividire.
Era una risata falsa, finta e gelida. Gelida come la persona che in quel momento era davanti a Caleb.
"Senti un po' tu, perché sei sempre così scontrosa e odiosa?" chiese lui "Sorridi per una volta, che male non ti fa".
Caleb aveva commesso una mossa sbagliata, molto sbagliata.
"Tu non sai niente di me! Non ti azzardare mai più a dirmi cose del genere, hai capito?" urlò Sarah più forte che poteva.
Il suo viso era deformato dalla rabbia, dall'odio e dal dolore.
Per un momento, nei suoi occhi blu e profondi come l'oceano, Caleb scorse un velo di tristezza, la freddezza che quegli occhi avevano sempre era scomparsa totalmente.
"Tu non sai che vuol dire il dolore, tu non conosci la vera sofferenza, la guerra, l'odio, il senso di abbandono, la tristezza e… La morte. Non conosci nulla".
Sarah si bloccò ansimante e con un forte mal di testa.
All'improvviso, aveva perso completamente la testa e tutto per colpa di quel ragazzino.
"Senti, ora sfilati la maglia" disse lei, non appena riprese il controllo di sé e riprese anche il suo tono gelido.
"Dammi un motivo per cui dovrei farlo!?!" chiese lui, scettico.
"Semplice, perché te lo ordino!".
"Mi dispiace per te, ma prima dovrai prendermi" disse lui con un ghigno, lanciandosi dalla finestra.
Sarah si affacciò immediatamente alla finestra e vide il ragazzo posarsi con estrema grazia al suolo.
Strinse un po' di più gli occhi e lo guardò scappare via.
Sarah sospirò e, voltandosi, trovò un piccolo foglietto ripiegato adagiato sul pavimento della camera di Caleb.
Deve essergli caduto mentre saltava dalla finestra pensò lei.
Curiosa, allungò la mano e raccolse il foglietto.
Nel leggerlo, la sua espressione cambiò totalmente.
 
Nei pressi del laghetto, Caleb stava riflettendo sulle parole di Sarah.
Le aveva urlate con tale forza, che le erano rimaste impresse nella mente.
"Tu non sai che vuol dire il dolore, tu non conosci la vera sofferenza, la guerra, l'odio, il senso di abbandono, la tristezza e… La morte. Non conosci nulla".
Mi dispiace per te, Sarah, ma non sei l'unica che ha sofferto… Non sei l'unica pensò Caleb, sdraiandosi sull'erba fresca e perdendosi con lo sguardo nel cielo infinito che lo sovrastava.
Era azzurro e limpido senza nuvole che potessero annunciare un temporale.
Era un cielo sereno.
Quanto desiderava essere anche lui sereno, ma, a quanto pare, non lo sarebbe mai stato.
 
"Emily, l'ho trovato!" esclamò Sarah ad una gattina seduta sul suo letto.
"Davvero? E chi è?" chiese lei, contenta.
"La persona che odio di più al mondo… Devo solo averne la conferma"
"Allora che aspettiamo? Su, alzati e andiamo a vedere se è lui!" esclamò la gattina, stiracchiandosi.
Sarah non ebbe il tempo di rispondere, che un boato ruppe il silenzio che regnava nella casa.
Gli altri ragazzi, insieme alla signora Willis, erano usciti a fare un giro, mentre lei aveva preferito rimanere a casa e Caleb aveva il suo turno nelle pulizie.
"Questi ragazzi sono troppo rumorosi!" disse Emily, infastidita.
"No, Emy. Non sono i ragazzi!".
Sarah cominciò a preoccuparsi.
Doveva trovarlo e doveva controllare che stesse bene.
Aprì velocemente la porta e corse fuori casa, seguita a ruota da Emily.
 
"Chi siete?" domandò Caleb serio e leggermente preoccupato.
Davanti a lui, c'erano tre persone armate.
Le due figure laterali indossavano una uniforme grigia, molto chiara, e avevano un velo sul volto che asciavano solo gli occhi scoperti.
La figura centrale, invece, indossava un'uniforme uguale a quella indossata dagli altri due, ma la tonalità di grigio era più scura.
Tutti e tre impugnavano una spada, molto larga e leggermente corta.
"Finalmente, dopo lunghe ricerche, ti abbiamo trovato, Giovane Guardiano del Fuoco" esclamò con una breve e fredda risata, l'uomo al centro.
La presenza di quei tre non prometteva nulla di buono.
Caleb era confuso.
Perché lo stavano cercando?
Perché avvertiva nell'aria tensione e morte?
Chi erano quei tre?
Cosa volevano da lui?
Come fanno a sapere che controllo il fuoco? si chiese impensierito E perché mi hanno chiamato Guardiano del Fuoco?.
Tutte queste domande si facevano strada nella sua mente, senza trovare alcuna risposta.
Poi, non ricordò più niente.
Le tenebre invasero la vista del ragazzo ed i sensi l'abbandonarono.
 
Quando il ragazzo si svegliò, si ritrovò nella sua camera, sul suo letto e con un fortissimo mal di testa.
"Come sono finito nella mia camera?" mormorò, massaggiandosi le tempie con l'indice e con il pollice.
La sua stanza era buia.
Chiuse nuovamente gli occhi ed ascoltò il silenzio.
Nell'aria avvertiva una presenza.
Di scatto, si mise a sedere sul letto, ignorando il suo forte mal di testa.
Il suo cuore prese a battere ad un ritmo sempre più forte.
Cominciò a vagare con lo sguardo alla ricerca della fonte della sua preoccupazione.
E la vide.
Una figura dai capelli castani, chiari come il miele, lunghi fino alla vita e leggermente ondulati era seduta sul davanzale della sua finestra aperta, con lo sguardo perso nel cielo.
Aveva un ginocchio piegato verso il petto e circondato da un braccio e l'altra gamba era distesa.
I suoi lunghi capelli ondulati erano mossi dalla leggera brezza che entrava dalla finestra.
Quei suoi capelli ondulati gli ricordavano tanto le onde del mare.
Il ragazzo si alzò dal letto e con cautela, senza spezzare il silenzio, e si avvicinò a quella figura, sperando di non rompere quell'aura magica che aleggiava nell'aria.
La ragazza si accorse della sua presenza, e con cautela si voltò verso di lui, facendo ondeggiare i suoi capelli.
I suoi occhi si persero in quelli di lui.
Blu e amaranto.
Acqua e fuoco.
Freddo e caldo.
Quegli occhi gli ricordavano qualcuno, eppure non l'aveva mai vista da nessuna parte.
"Ben tornato tra noi, Caleb" sussurrò lei.
La sua voce sembrava provenire dalla notte, tanto era bassa e… Delicata.
Sembrava una figura irreale, immaginaria, impossibile ed irraggiungibile tanto era bella.
Come conosce il mio nome? si domandò Caleb, incantato dalla giovane che aveva di fronte.
La ragazza lesse nei suoi occhi il dubbio che provava Caleb in quel momento.
"Non mi riconosci?" chiese lei, con un sorriso appena accennato e freddo.
Quel suo sorriso freddo, quegli occhi blu e profondi…
Lei era…
"Sarah!" sussurrò lui.
Lei annuì.
"Auguri di buon compleanno Caleb!" sussurrò lei dopo un po', per rompere quel silenzio.
Era passata da poco la mezzanotte.
Caleb non avrebbe mai scordato quella notte, notte nella quale le loro voci sembravano un tutt'uno con il luogo che li circondavano.
Lei si voltò completamente verso di lui e lo fissò intensamente.
"Grazie!" mormorò Caleb ammaliato.
Stentava a credere che quella che aveva davanti fosse Sarah, la ragazza fredda, maniaca e scontrosa che aveva conosciuto in quei giorni.
Ora, osservò Caleb, illuminata dalla luce lunare, sembrava più serena, ma i suoi occhi trasmettevano la stessa freddezza e la tristezza che lui aveva scorto in quei giorni.
"Finalmente, ti ho trovato… Caleb" disse lei, alzandosi in piedi e poggiandosi con la schiena al muro retrostante.
Quella frase riportò alla mente alcuni ricordi.
Che fine hanno fatto quei tre uomini? pensò preoccupato.
"Trovato? Che cosa intendi?" chiese curioso.
"La Dama Argentea mi ha affidato l'incarico di cercarti e di indicarti la strada. Non ha voluto dirmi chi era il Guardiano, così ho dovuto cercarlo da sola. Mi ha indicato il luogo e basta".
"La Dama Argentea?!? La conosci anche tu?".
"Sì, so che qualche giorno fa l'hai incontrata".
"E tu come fai a saperlo? E perché mi chiami Guardiano? E poi, come fai a sapere che sono io colui che cerchi?" domandò Caleb tutto d'un fiato.
"Sei tu, non ci sono più dubbi. Sei sicuramente tu, visto che hai incontrato la Dama Argentea e lei ti ha parlato e poi, questo mi ha dato la conferma".
Sarah estrasse un foglio piegato e lo mostrò al ragazzo.
Il giovane rimase senza parole.
Era il biglietto che i suoi genitori avevano lasciato assieme a lui davanti a questa casa, quando era solo un neonato.
"Tu sai che vuol dire?" chiese, curioso di capire qualcosa di più su se stesso.
"Togliti la maglia!" esclamò lei, semplicemente.
Ancora con questa storia? Ma non pensa proprio ad altro!?! pensò Caleb, fissandola.
Lei ricambiò la sua occhiata e Caleb, cogliendo quel gesto, capì che doveva fare come gli aveva chiesto.
Caleb si tolse la maglia e lei gli si avvicinò, con un passo aggraziato che gli tolse il fiato.
Con le dita, prese a sfiorare il piccolo marchio che Caleb portava sulla spalla sinistra, lo stesso marchio che c'era sul biglietto dei genitori.
"Ecco la conferma che la persona che cercavo sei tu!" esclamò soddisfatta.
"Tu sai che cos'è il marchio che porto sulla spalla sinistra?".
"Certo, quelli sono i Kaiin no Seiyaku".
"Cosa?" domandò il ragazzo, alzando leggermente la voce.
Era così confuso da non essersene accorto.
Sarah gli diede le spalle, raccolse i capelli con una mano e se li portò davanti, lasciando in questa maniera la spalla libera.
Anche lei, sulla spalla sinistra, presentava un marchio, ma questo era diverso da quello di lui.
Entrambi avevano un simbolo scritto all'interno di un cerchio, ma erano diversi.
Inoltre, cambiavano anche i colori e la figura.
Lui l'aveva rosso e pareva che il simbolo prendesse fuoco, mentre lei aveva il cerchio blu e il simbolo si perdeva nell'acqua.
"Che significato hanno?" chiese Caleb curioso.
"Son i simboli di appartenenza"
"Simboli di…", Caleb non riuscì a terminare la frase, perché qualcosa li colpì alle spalle.
I due si rialzarono e, osservato il nemico, si prepararono a combattere.
"Ancora tu?!?" urlò un uomo con l'uniforme grigio chiaro "Preparati ragazzina, tra un po' ti metteremo a tacere per sempre".
Sarah non si spaventò minimamente.
Perché Sarah li conosce? E chi diavolo sono questi? pensò Caleb, osservando l'amica estrarre una spada.
Senza ulteriore indugio, Sarah si lanciò all'attacco.


-Note Autrici-
Ecco qui, anche questo capitolo è andato. ci auguriamo davvero che possa esservi piaciuto. Come avrete notato, è diviso in numerosi spezzoni, ma la situazione in questo capitolo è piuttosto movimentata. Sperando che abbiate comunque apprezzato il capitolo, vi diamo appuntamento alla prossima settimana. speriamo senza ritardi XD Diteci cosa ne pensate. Un grande abbraccio, vostre Ayame e Alys 

  
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