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Autore: Elizabeth_Tempest    13/09/2012    5 recensioni
Nella Danimarca settecentesca, il destino di una testarda contessa e di un misterioso giovane venuto da lontano s'intrecceranno.
"Friederieke guardava fuori dalla finestra, annoiata, rigirandosi pigramente il lavoro tra le mani; il cucito non l’aveva mai entusiasmata, lo aveva sempre trovato noioso dato che non ne trovava una vera utilità pratica –del resto i suoi abiti arrivavano sempre da qualche sartoria della capitale, dove suo padre spendeva un vero e proprio patrimonio per farle avere sempre i modelli più in voga alla corte francese.
Si concentrò sul ricamo, tentando di ricordare cosa fosse di preciso… forse un usignolo? si chiese, lanciando un’occhiata perplessa ai fili azzurri.
Non le sovvenne nulla ed alzò lo sguardo, sperando di poter sbirciare il lavoro della signorina Bernstein che invece pareva tutta presa dalla sua opera e la teneva in modo tale che la fanciulla non potesse vedere cosa stesse ricamando." [dal primo capitolo]
La storia è ambientata prima degli eventi di The Lost Canvas, ed è collegato ad uno dei gaiden.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Pisces Albafica
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo IV

Dopo la veloce cena a base di carne di fagiano in compagnia di Ludvig –il conte aveva fatto sapere di non sentirsi bene-, Friederieke si ritirò nelle sue stanze, seguita dalla sua cameriera.

Per tutto il tempo impiegato per la vestizione, non poté non ripensare al signor Van Dijik: era l’uomo più bello che avesse mai visto con quei tratti tanto delicati, quella chioma splendida e insolita e quegli occhi… due zaffiri come quelli potevano veramente essere iridi? O aveva dei gioielli incastonati nel viso?

Perfino suo fratello sfigurava al suo confronto e Ludvig non poteva certo considerarsi brutto. Però quell’uomo nascondeva qualcosa, ne era certa, il suo sguardo mentiva e l’aveva incuriosita abbastanza da voler scoprire il più possibile.

Licenziò Ina con un gesto della mano e prese un libro dallo scrittoio, per poi distendersi. Lesse un paio di pagine, ma la sua mente continuava a tornare al giovane olandese.

Aveva tessuto le lodi dell’uomo con la signorina Bernstein proprio per quello ed aveva ottenuto la sua curiosità: la donna, durante il breve viaggio in carrozza, aveva continuato a chiederle del giovane sconosciuto, affamata di dettagli ed infine, con un sospiro triste, aveva detto che era stata proprio una gran sfortuna non aver avuto la possibilità di incontrare una persona tanto distinta.

“Oh, non vi angustiate, signorina Bernstein… è mia intenzione dare il benvenuto al signor Van Dijk al più presto, che nessuno abbia mai da dire che i Frydendahl non sanno accogliere degnamente i forestieri.” aveva detto Iedike, sorridendo, mentre la sua mente elaborava un piano per l’indomani.

Soffiò sulla candela che illuminava la stanza e lentamente cadde in un sonno profondo, popolato da incubi e sibili demoniaci.

 

Non riuscì a prendere sonno fino a notte tarda, continuando a rigirarsi nel letto scomodo e a ripensare alle parole dell’anziano Jens e al suo sguardo determinato.

Hades minacciava davvero quella gente o l’atmosfera strana, malsana ed innaturale era dovuta ad altro? Un luogo in cui la natura pareva impazzita e la gente quasi morta, vuota…

Albafica si passò una mano sul volto, girandosi di nuovo per tentare di addormentarsi, ma venne sorpreso da un altro pensiero con gli occhi azzurri.

Friederieke Frydendahl era pericolosa? Era strana, certo, ma poteva rappresentare un intralcio al suo compito o, addirittura, essere in combutta con la presenza che stava cambiando il villaggio?

Dopotutto gli abitanti del maniero, secondo l’anziano, erano immuni dall’influsso malefico che aveva colpito Frydenjord, poteva forse la contessa essere collegata alla stella malefica? O essere una vittima?

“…la signorina mi riferisce sempre di strani presentimenti… da quando è arrivato padre Hans. E ogni tanto mi pare stanca, svuotata…” quelle parole rimbombarono nelle sue orecchie. E se stesse sbagliando? E se il male che stava colpendo il piccolo borgo fosse stato come un arto in cancrena e l’infezione si stesse pian piano espandendo verso il palazzo e, poi, verso Århus?

Quando infine cadde vittima di Morfeo, gli occhi azzurri e inquieti di Iedike e quelli grigi e determinati di Jens accompagnarono il suo sonno.

 

Iedike si alzò di buon ora, incapace di rimanere nel letto un minuto di più e quando Ina, la sua cameriera, entrò per svegliarla, la trovò già seduta sul letto, intenta a leggere.

La ragazza, una fanciulla minuta sui sedici anni coi capelli di un biondo tanto chiaro da parere bianco, fece un inchino, scusandosi per il ritardo e trasse dall’armadio e dalla cassapanca gli abiti della giovane donna, mentre la signorina Bernstein entrava, seguita da altre due domestiche.

-Ina, prendi il nuovo abito della signorina, quello verde.- ordinò la donna con stizza alla serva, che abbassò lo sguardo intimorita. La tedesca lanciò poi un’occhiata a Iedike. –Su signorina, venga a vestirsi! Abbiamo ricevuto notizie dalla vostra cara zia, la contessa Maria, lei e le vostre cugine Sophia e Christina arriveranno a prima di pranzo per farvi visita… rimarranno qualche giorno e vostro fratello il conte ha deciso che sarebbe il caso di dare un ballo… nulla di grandioso, non ne abbiamo il tempo, ma ve ne parlerà lui meglio di me.-  diceva l’istitutrice, mentre la nobildonna veniva letteralmente trascinata giù dal letto e spogliata.

Rimasta nuda di fronte allo specchio, Ina l’aiutò ad indossare e sottoveste di lino inamidato, poi la giovane si aggrappò ad una delle colonnine del baldacchino, mentre un’altra serva cingeva il torace col corsetto e stringeva i lacci; trattenne un gemito di dolore, pensando che prima o poi sarebbe morta per l’impossibilità di respirare con quella morsa attorno al petto.

-Un ballo, avete detto?- chiese alla sua precettrice, cercando di distrarsi da quella tortura.

-Sì, un ballo… non pretendiamo molto, solo qualche amico intimo… le signorine Eckersberg sono abituante alla capitale, vostro fratello vorrebbe render loro questa visita piacevole e poco traumatica.- cinguettò la donna, mentre una delle ragazze, Edda, l’aiutava a mettersi le calze di seta bianca e le giarrettiere. –sarà molto piacevole, con credete?

-Oh, ne sono certa.- sussurrò la contessa, trattenendosi dal piangere quando Edda e l’altra serva si avvicinarono col panier ed iniziarono ad ingabbiarla, poi fu il turno dei cuscini sui fianchi e delle sottogonne di un verde intenso. Infine Edda e Ina si avvicinarono coll’abito nuovo e la giovane sgrano gli occhi: era una robe à la française di un bel raso verde chiaro ricamato d’oro, il corpetto pieno di echelles e la scollatura squadrata bordata di pizzo, che, ad esser franchi, era presente ovunque, assieme a nastri e trine. Le maniche erano ampie, en sabot e le parvero molto più che scomode, ma le tre serve e la signorina Bernstein si sperticavano in lodi sulla magnificenza del vestito, raffinato ma “molto semplice”, come l’aveva definito l’istitutrice, su come il colore s’intonasse col suo incarnato e i capelli scuri e su quanto fosse incantevole così abbigliata.

Iedike, però, si sentiva tutto fuori che incantevole: le dolevano le costole e quasi faticava a respirare, le scarpine di raso coordinate al vestito erano tanto scomode da impedirle di camminare, l’esclavage col ciondolo porta ritratto era troppo tirato sulla sua gola e le doleva la testa tanto Edda le stava tirando i capelli, arricciandoli sapientemente in boccoli che avrebbe fermato poi con un nastro.

Nel frattempo la signorina Bernstein continuava a ciarlare allegramente sul ballo, rassicurandola sul fatto che non avrebbe sfigurato rispetto a quelli che suo padre soleva dare a Copenaghen nonostante sarebbe stato ben più modesto e intimo e quello fece scattare un pensiero nella sua testa.

-Mio fratello potrebbe offendersi se invitassi a pranzo monsieur Van Dijk? Penso sia molto scortese da parte nostra non dargli un degno benvenuto.- chiese la giovane, assumendo l’espressione più innocente che poté.

-Avete ragione, sarebbe scortese… parlatene con vostro fratello a colazione.- le consigliò la severissima donna –Dubito vi negherà questo favore, gli siete così cara… e se il signor Van Dijk è un giovane distinto come l’avete dipinto, di certo sarà una piacevole compagnia.- detto questo, licenziò le domestiche, che se ne andarono profondendosi in inchini, poi, dopo aver riflettuto, riprese –Anzi! Scrivetegli subito, prima che possa prendere altri impegni, anche se nessuno preferirebbe quel vecchio zotico- la donna sottolineò l’ultima parola con un’espressione di disprezzo e disgusto che esprimeva tutto l’odio che notoriamente provava per Jens Andersen –alla contessa Frydendahl? Oh, vi aspetto nel salone per la colazione!

Iedike lanciò un’occhiata di profondissimo odio alla donna, mentre usciva, piccata dal trattamento che sempre riservava al suo caro amico, ma si trattenne dal rimproverarla: la signorina Bernstein era comunque una preziosa alleata e la fanciulla desiderava ardentemente rivedere Albafica Van Dijk.

Quel giovane bellissimo nascondeva qualcosa che aveva stuzzicato la sua curiosità… e, dovette ammettere, che anche la sua avvenenza l’aveva molto colpita.

Si sedette allo scrittoio ed iniziò a redigere la sua lettera.

 

Albafica si era alzato molto presto, quella mattina, incapace di rimanere a letto un secondo di più dopo quella notte di sogni strani e inquietanti di cui non ricordava nulla, tranne una strana sensazione di disperazione… la stessa che aveva provato quando aveva realizzato cosa comportasse il rosso legame e aveva stretto a sé il suo amato maestro morente. Eppure era sicuro di non aver sognato Lugonis…

Si era alzato, lavandosi il viso nel catino e continuando a rimuginare sui dubbi che l’avevano già impensierito la sera prima, poi aveva iniziato a vestirsi ed era sul punto di infilarsi la croata , quando avevano bussato alla porta.

Aprendo, aveva trovato sulla soglia una ragazzetta smunta sui tredici anni che gli aveva fatto un’impacciata riverenza. –Signore, colazione.- aveva balbettato, in un tedesco stentatissimo. L’aveva congedata chiedendole solo pane e formaggio e una tazza di latte, come avrebbe fatto al Santuario – al contrario di Manigoldo, che tendeva ad ingozzarsi e di Cardia, che pareva vivere di mele e carne- ed aveva finito di vestirsi prima che la servetta tornasse, con un vassoio carico di pane nero, formaggio, del prosciutto freddo ed una brocca di latte.

La ringraziò e prese a mangiare, decidendo il da farsi: sarebbe andato a Frydenjord e avrebbe chiesto a Jens di spiegargli per filo e per segno gli avvenimenti di quei mesi, che, per quanto insoliti, avrebbero potuto anche essere casuali e non legati alla stella malefica e poi si sarebbe recato a conoscere padre Hans.

Si disse che come programma poteva andare quando bussarono di nuovo: questa volta era Solveig.

-Ah, signor Van Dijk! Spero abbia apprezzato la colazione.- esclamò la donna con fare materno e il ragazzo rispose cortesemente, affermando che era tutto delizioso.  La locandiera sorrise e gli porse una lettera. –Guardi qua che cos’ho, una lettera per voi! E viene dal maniero del conte Frydendahl… non sarete per caso un pretendente della contessina? Perché, fatemelo dire, scegliereste bene: le donne di quella casata son tutte delle vere ribelli, ma molto belle e di polso.

Albafica prese la lettera facendo attenzione a non toccare le mani rosse e ruvide dell’ostessa e le diede una rapida scorsa, poi ringraziò la donna.

Era invitato a pranzare presso la dimora dei Frydendahl dalla contessa Friederieke… con un mezzo sorriso, si disse che poteva essere un’opportunità per studiare l’operato della stella.











Capitolo corto (credo) ed intenso (ma anche no).
Iedike fa strani incubi, Alba sogna lei e Jens e ha molti dubbi e ora avranno l'occasione di stare vicini e cercare di studiarsi a vicenda... che ne salterà fuori? Dai, ve lo dico io: tanti guai.

   
 
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