Capitolo
IV
Dopo
la veloce cena a base di carne di fagiano in compagnia di Ludvig
–il conte
aveva fatto sapere di non sentirsi bene-, Friederieke si
ritirò nelle sue
stanze, seguita dalla sua cameriera.
Per
tutto il tempo impiegato per la vestizione, non poté non
ripensare al signor
Van Dijik: era l’uomo più bello che avesse mai
visto con quei tratti tanto
delicati, quella chioma splendida e insolita e quegli occhi…
due zaffiri come
quelli potevano veramente essere iridi? O aveva dei gioielli
incastonati nel
viso?
Perfino
suo fratello sfigurava al suo confronto e Ludvig non poteva certo
considerarsi
brutto. Però quell’uomo nascondeva qualcosa, ne
era certa, il suo sguardo
mentiva e l’aveva incuriosita abbastanza da voler scoprire il
più possibile.
Licenziò
Ina con un gesto della mano e prese un libro dallo scrittoio, per poi
distendersi. Lesse un paio di pagine, ma la sua mente continuava a
tornare al
giovane olandese.
Aveva
tessuto le lodi dell’uomo con la signorina Bernstein proprio
per quello ed
aveva ottenuto la sua curiosità: la donna, durante il breve
viaggio in
carrozza, aveva continuato a chiederle del giovane sconosciuto,
affamata di
dettagli ed infine, con un sospiro triste, aveva detto che era stata
proprio
una gran sfortuna non aver avuto la possibilità di
incontrare una persona tanto
distinta.
“Oh, non vi angustiate, signorina
Bernstein… è mia intenzione dare il benvenuto al
signor Van Dijk al più presto,
che nessuno abbia mai da dire che i Frydendahl non sanno accogliere
degnamente
i forestieri.”
aveva detto Iedike, sorridendo, mentre la sua mente elaborava un piano
per
l’indomani.
Soffiò
sulla candela che illuminava la stanza e lentamente cadde in un sonno
profondo,
popolato da incubi e sibili demoniaci.
Non
riuscì a prendere sonno fino a notte tarda, continuando a
rigirarsi nel letto
scomodo e a ripensare alle parole dell’anziano Jens e al suo
sguardo
determinato.
Hades
minacciava davvero quella gente o l’atmosfera strana, malsana
ed innaturale era
dovuta ad altro? Un luogo in cui la natura pareva impazzita e la gente
quasi
morta, vuota…
Albafica
si passò una mano sul volto, girandosi di nuovo per tentare
di addormentarsi,
ma venne sorpreso da un altro pensiero con gli occhi azzurri.
Friederieke
Frydendahl era pericolosa? Era strana, certo, ma poteva rappresentare
un
intralcio al suo compito o, addirittura, essere in combutta con la
presenza che
stava cambiando il villaggio?
Dopotutto
gli abitanti del maniero, secondo l’anziano, erano immuni
dall’influsso
malefico che aveva colpito Frydenjord, poteva forse la contessa essere
collegata alla stella malefica? O essere una vittima?
“…la
signorina mi riferisce sempre di strani presentimenti… da
quando è arrivato padre Hans. E ogni tanto mi pare stanca,
svuotata…”
quelle parole rimbombarono nelle sue orecchie. E se stesse sbagliando?
E se il
male che stava colpendo il piccolo borgo fosse stato come un arto in
cancrena e
l’infezione si stesse pian piano espandendo verso il palazzo
e, poi, verso
Århus?
Quando
infine cadde vittima di Morfeo, gli occhi
azzurri e inquieti di Iedike e quelli grigi e determinati di Jens
accompagnarono il suo sonno.
Iedike
si alzò di buon ora, incapace di rimanere
nel letto un minuto di più e quando Ina, la sua cameriera,
entrò per
svegliarla, la trovò già seduta sul letto,
intenta a leggere.
La
ragazza, una fanciulla minuta sui sedici anni
coi capelli di un biondo tanto chiaro da parere bianco, fece un
inchino,
scusandosi per il ritardo e trasse dall’armadio e dalla
cassapanca gli abiti
della giovane donna, mentre la signorina Bernstein entrava, seguita da
altre
due domestiche.
-Ina,
prendi il nuovo abito della signorina, quello
verde.- ordinò la donna con stizza alla serva, che
abbassò lo sguardo
intimorita. La tedesca lanciò poi un’occhiata a
Iedike. –Su signorina, venga a
vestirsi! Abbiamo ricevuto notizie dalla vostra cara zia, la contessa
Maria,
lei e le vostre cugine Sophia e Christina arriveranno a prima di pranzo
per
farvi visita… rimarranno qualche giorno e vostro fratello il
conte ha deciso
che sarebbe il caso di dare un ballo… nulla di grandioso,
non ne abbiamo il
tempo, ma ve ne parlerà lui meglio di me.-
diceva l’istitutrice, mentre la nobildonna
veniva letteralmente
trascinata giù dal letto e spogliata.
Rimasta
nuda di fronte allo specchio, Ina l’aiutò
ad indossare e sottoveste di lino inamidato, poi la giovane si
aggrappò ad una
delle colonnine del baldacchino, mentre un’altra serva
cingeva il torace col
corsetto e stringeva i lacci; trattenne un gemito di dolore, pensando
che prima
o poi sarebbe morta per l’impossibilità di
respirare con quella morsa attorno
al petto.
-Un
ballo, avete detto?- chiese alla sua precettrice,
cercando di distrarsi da quella tortura.
-Sì,
un ballo… non pretendiamo molto, solo
qualche amico intimo… le signorine Eckersberg sono abituante
alla capitale,
vostro fratello vorrebbe render loro questa visita piacevole e poco
traumatica.-
cinguettò la donna, mentre una delle ragazze, Edda,
l’aiutava a mettersi le
calze di seta bianca e le giarrettiere. –sarà
molto piacevole, con credete?
-Oh,
ne sono certa.- sussurrò la contessa,
trattenendosi dal piangere quando Edda e l’altra serva si
avvicinarono col
panier ed iniziarono ad ingabbiarla, poi fu il turno dei cuscini sui
fianchi e
delle sottogonne di un verde intenso. Infine Edda e Ina si avvicinarono
coll’abito nuovo e la giovane sgrano gli occhi: era una robe à la française
di un bel raso verde chiaro ricamato d’oro, il
corpetto pieno di echelles e la
scollatura squadrata bordata di pizzo, che, ad esser franchi, era
presente
ovunque, assieme a nastri e trine. Le maniche erano ampie, en sabot e le parvero molto
più che scomode, ma le tre serve e la
signorina Bernstein si sperticavano in lodi sulla magnificenza del
vestito,
raffinato ma “molto
semplice”, come
l’aveva definito l’istitutrice, su come il colore
s’intonasse col suo incarnato
e i capelli scuri e su quanto fosse incantevole così
abbigliata.
Iedike,
però, si sentiva tutto fuori che
incantevole: le dolevano le costole e quasi faticava a respirare, le
scarpine
di raso coordinate al vestito erano tanto scomode da impedirle di
camminare, l’esclavage col
ciondolo porta ritratto
era troppo tirato sulla sua gola e le doleva la testa tanto Edda le
stava
tirando i capelli, arricciandoli sapientemente in boccoli che avrebbe
fermato
poi con un nastro.
Nel
frattempo la signorina Bernstein continuava a
ciarlare allegramente sul ballo, rassicurandola sul fatto che non
avrebbe
sfigurato rispetto a quelli che suo padre soleva dare a Copenaghen
nonostante
sarebbe stato ben più modesto e intimo e quello fece
scattare un pensiero nella
sua testa.
-Mio
fratello potrebbe offendersi se invitassi a
pranzo monsieur Van Dijk? Penso sia molto scortese da parte nostra non
dargli
un degno benvenuto.- chiese la giovane, assumendo
l’espressione più innocente
che poté.
-Avete
ragione, sarebbe scortese… parlatene con
vostro fratello a colazione.- le consigliò la severissima
donna –Dubito vi
negherà questo favore, gli siete così
cara… e se il signor Van Dijk è un
giovane distinto come l’avete dipinto, di certo
sarà una piacevole compagnia.-
detto questo, licenziò le domestiche, che se ne andarono
profondendosi in
inchini, poi, dopo aver riflettuto, riprese –Anzi!
Scrivetegli subito, prima
che possa prendere altri impegni, anche se nessuno preferirebbe quel
vecchio zotico- la donna
sottolineò l’ultima
parola con un’espressione di disprezzo e disgusto che
esprimeva tutto l’odio
che notoriamente provava per Jens Andersen –alla contessa
Frydendahl? Oh, vi
aspetto nel salone per la colazione!
Iedike
lanciò un’occhiata di profondissimo odio
alla donna, mentre usciva, piccata dal trattamento che sempre riservava
al suo
caro amico, ma si trattenne dal rimproverarla: la signorina Bernstein
era
comunque una preziosa alleata e la fanciulla desiderava ardentemente
rivedere
Albafica Van Dijk.
Quel
giovane bellissimo nascondeva qualcosa che
aveva stuzzicato la sua curiosità… e, dovette
ammettere, che anche la sua
avvenenza l’aveva molto colpita.
Si
sedette allo scrittoio ed iniziò a redigere la
sua lettera.
Albafica
si era alzato molto presto, quella
mattina, incapace di rimanere a letto un secondo di più dopo
quella notte di
sogni strani e inquietanti di cui non ricordava nulla, tranne una
strana
sensazione di disperazione… la stessa che aveva provato
quando aveva realizzato
cosa comportasse il rosso legame e
aveva stretto a sé il suo amato maestro morente. Eppure era
sicuro di non aver
sognato Lugonis…
Si
era alzato, lavandosi il viso nel catino e
continuando a rimuginare sui dubbi che l’avevano
già impensierito la sera prima,
poi aveva iniziato a vestirsi ed era sul punto di infilarsi la croata ,
quando
avevano bussato alla porta.
Aprendo,
aveva trovato sulla soglia una
ragazzetta smunta sui tredici anni che gli aveva fatto
un’impacciata riverenza.
–Signore, colazione.- aveva balbettato, in un tedesco
stentatissimo. L’aveva
congedata chiedendole solo pane e formaggio e una tazza di latte, come
avrebbe
fatto al Santuario – al contrario di Manigoldo, che tendeva
ad ingozzarsi e di
Cardia, che pareva vivere di mele e carne- ed aveva finito di vestirsi
prima
che la servetta tornasse, con un vassoio carico di pane nero,
formaggio, del
prosciutto freddo ed una brocca di latte.
La
ringraziò e prese a mangiare, decidendo il da
farsi: sarebbe andato a Frydenjord e avrebbe chiesto a Jens di
spiegargli per
filo e per segno gli avvenimenti di quei mesi, che, per quanto
insoliti,
avrebbero potuto anche essere casuali e non legati alla stella malefica
e poi
si sarebbe recato a conoscere padre Hans.
Si
disse che come programma poteva andare quando
bussarono di nuovo: questa volta era Solveig.
-Ah,
signor Van Dijk! Spero abbia apprezzato la
colazione.- esclamò la donna con fare materno e il ragazzo
rispose
cortesemente, affermando che era tutto delizioso.
La locandiera sorrise e gli porse una
lettera. –Guardi qua che cos’ho, una lettera per
voi! E viene dal maniero del
conte Frydendahl… non sarete per caso un pretendente della
contessina? Perché,
fatemelo dire, scegliereste bene: le donne di quella casata son tutte
delle
vere ribelli, ma molto belle e di polso.
Albafica
prese la lettera facendo attenzione a
non toccare le mani rosse e ruvide dell’ostessa e le diede
una rapida scorsa,
poi ringraziò la donna.
Era
invitato a pranzare presso la dimora dei
Frydendahl dalla contessa Friederieke… con un mezzo sorriso,
si disse che
poteva essere un’opportunità per studiare
l’operato della stella.
Capitolo corto (credo) ed intenso (ma anche no).
Iedike fa strani incubi, Alba sogna lei e Jens e ha molti dubbi e ora avranno l'occasione di stare vicini e cercare di studiarsi a vicenda... che ne salterà fuori? Dai, ve lo dico io: tanti guai.