Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Finnick_    13/09/2012    3 recensioni
Panem: i Giochi non esistono più. Capitol City è stata sconfitta.
E' la verità? Oppure l'attuale governo mantiene ancora fredde apparenze che facilitano la rinascita di una nuova generazione?
Mellark-Everdeen, Odair-Cresta. I ragazzi di una generazione che sfiderà la nuova Capitol 13.
Che gli Hunger Games risorgano, tributi.
Ambientazione: dopo "Il canto della rivolta".
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
L’alba arriva presto. Troppo presto. Quando mi sveglio mi accorgo che Finnick è rimasto vigile tutta la notte a fare la guardia.
-dovevi svegliarmi- lo rimprovero. Lui sorride e scuote le spalle:
-dormivi così bene che farlo era un peccato. Invece di lamentarti, guardati le ferite- mi dice alzandosi. Io mi sposto e con stupore scopro di riuscire ad alzarmi in piedi senza tutte le difficoltà del giorno precedente. Mi guardo le bende e devo togliermele in fretta nel panico perché sono totalmente impregnate di sangue.
-che diamine è successo?- esclamo togliendomi le fasciature con foga. Ho perso tutto quel sangue nel giro di una notte?
Quando le ferite mi rimangono scoperte e le scorgo attraverso i vestiti strappati tiro un profondo sospiro di sollievo. Sono quasi totalmente rimarginate, sulla pelle si intravedono solo qualche graffio e cicatrice. Ripulisco con cautela le ferite dal sangue ormai secco e le accarezzo per testarne la sensibilità.
-quella roba che ci siamo dati ieri sera ha fatto in modo che tutto il sangue infetto uscisse dalla ferita e che non rimanesse niente di contaminato nel sangue – spiega Finnick che agita in mano una borraccia –poi, non so come, anche le ferite stesse si sono rimarginate-
Si avvicina a me, mi bacia frettolosamente e mi lascia in mano la borraccia.
Lo guardo per un momento mentre entra nella caverna a svegliare Jymith e Merope e poi realizzo di avere in mano una borraccia. La agito un po’ e mi accorgo che è piena. Piena di che? Sangue che ha perso stanotte? Penso mentre la esamino con gli occhi. La apro con calma e quando lo faccio qualche schizzo d’acqua mi piomba sulle dita. Rimango sorpresa a guardare l’acqua sui polpastrelli e senza pensarci due volte me li lecco. Quando quelle gocce toccano la mia lingua la sete sembra aumentare terribilmente e il mio desiderio di bere diventa bramoso. È un giorno intero che non beviamo. Prima di farlo mi sforzo di aspettare e controllare i bordi della borraccia, aspettandomi di vedere qualche macchia blu comparire minacciosa. Ma niente. Soffio sul bordo e ancora niente.
E’ buona. E’ finalmente acqua potabile. Mi ci attacco con incredibile avidità e rimango lì ad occhi chiusi a ingollare buona parte dell’acqua che la borraccia contiene , mentre il sole che sale da dietro il castello emana i suoi caldi raggi. Quando mi ritengo sufficientemente dissetata entro nella caverna e chiedo:
-Finnick dove l’hai presa?-
Lui si volta con un sorriso enorme sulle labbra e accanto a lui in piedi c’è Merope.
-riesce a camminare!- esclama Jymith –e io non ho più quel dolore terribile alla caviglia-
Haymitch e Aldous hanno fatto un ottimo lavoro, spedendoci quella medicina.
Sorrido anch’io e vado ad abbracciare entrambe. Jymith è così felice che sembra abbia appena vinto gli Hunger Games e negarle l’affetto adesso sarebbe crudele. Per la prima volta nella mia vita la vedo sorridere. Non ho mai pensato a come sarebbe stato il suo sorriso, ma adesso che lo vedo sono convinta che sia uno dei più bei sorrisi di sempre. Forse dopo quello di Finnick. Le si illuminano gli occhi di un colore diverso, in modo inspiegabile.
-adesso basta con le smancerie, usciamo di qui e troviamo qualcosa da mangiare. Lo stomaco mi ha brontolato tutta la notte-
-vado io- dico –voi uscite a prendere aria, ma non allontanatevi dall’entrata della caverna-
-te lo scordi- Merope mi passa accanto, afferra la spada appoggiata alla parete e si infila un coltello nella cintura alla vita. Mi guarda e sorride beffarda:
-sono stata seduta anche troppo a lungo, stellina. Andiamo-
Finnick e Jymith escono insieme a noi, ma si limitano a rimanere nei paraggi del nostro rifugio, mentre io e Merope ci dirigiamo verso la Cornucopia al centro della terza arena.
Mi giro a guardare i nostri due compagni ancora una volta e li scorgo mentre parlano e camminano per un giro di perlustrazione. Ed ecco che torna quella sensazione che non sopporto.
Come la chiamano? Gelosia? No, non sono gelosa. Finnick mi ha spiegato perfettamente chi è Jymith, anche se non ho ancora avuto modo di parlargliene, e quindi il perché è così attaccato a lei.
E’ come una scommessa: suo padre ha salvato la madre di Jymith e adesso tocca a lui proteggere la figlia. È una sfida personale e io, adesso, devo mettere da parte il mio dannato orgoglio e lasciare che compia la sua missione privata.
Quando Merope mi chiama mi accorgo che siamo arrivati alla Cornucopia. Non ci sono armi. I tributi che sono stati lanciati qui devono averle prese tutte. C’è ancora un po’ di sangue che macchia l’asfalto, ma l’Overcraft di turno deve aver portato via i cadaveri.
Ripenso ai caduti della prima giornata. Undici ragazzi, come me, come Merope, Finnick e Jymith, che sono morti sotto le armi di altri giovani che vogliono solo ritornare a casa, nel loro Distretto.
Camminiamo sull’asfalto che si fa sempre più caldo ed emana ondate di calore ad ogni passo. Evitiamo di calpestare il sangue e scorgiamo proprio all’interno della Cornucopia uno zainetto squarciato.
Non c’è nessuno in giro, eppure il contenuto dello zaino è ancora lì: frutta secca e una borraccia.
La raccolgo e sento che è piena d’acqua.
Qualcuno deve essere tornato alla Cornucopia a raccogliere armi e si è fatto uccidere lasciando in terra ciò che era suo.
Di colpo mi torna in mente la domanda che Finnick ha lasciato in sospeso poco tempo prima, preso dalla frenesia della guarigione. Ovunque abbia preso l’acqua, il tributo morto dev’esserci arrivato prima di lui.
Passo la borraccia a Merope, che se la infila avidamente nello zaino.
-qui non c’è niente. Andiamo avanti- dice, superandomi a grandi passi.
Ad un certo punto la sento esclamare:
-svelato il mistero! Muoviti a venire qui!- mi grida.
Affretto il passo e la raggiungo in prossimità di una fonte di acqua che scaturisce dalle rocce che delimitano questa parte di arena. Ci lasciamo andare ad un sospiro di sollievo e riempiamo di nuovo le borracce fino all’orlo. Beviamo un po’ e ci alziamo. Scruto al di là delle rocce e intravedo una zona verde, pianeggiante, che sale e si tramuta nella collina che regge il castello.
Due piccioni con una fava, anzi tre: abbiamo trovato l’acqua, il modo di arrivare al castello e una zona boschiva dove cacciare.
E’ adesso che nell’aria rimbomba il boato del cannone. Rabbrividisco e mi immobilizzo, mentre Merope si volta verso di me. Io mi giro di scatto e intravedo, dalla parte opposta dell’arena, in prossimità della nostra caverna, due sagome che si muovono. Una si ferma e alza il tridente, agitandolo in aria da destra a sinistra.
È un segnale. Stanno bene.
Chays. A questo punto la paura torna più forte di prima e mi ritrovo a dover affrontare la nauseante angoscia che mi stringerà finchè non saprò chi è morto.
-devo raggiungere il castello- dico, allungando il passo, sorpassando Merope e cominciando a scavalcare le rocce.
-vacci piano, bellezza. Anche se fosse morto tuo fratello, non lo ritroverai adesso. L’Overcraft starà arrivando a prenderlo- mi grida Merope alle spalle. Ha ragione.
Ancora una volta penso amareggiata di non aver seguito la ragione, ma solo l’istinto.
Mi fermo a metà della mia arrampicata e aspetto che Merope mi raggiunga. Mi costringo a rimanere calma, respirando lentamente.
Dov’è finita la mia fiducia in Chays? Sa cavarsela. Se si è trovato un posto sicuro, non può essere morto. Il colpo di cannone deve essere stato sparato per qualcun altro.
Scavalchiamo insieme le rocce e ci ritroviamo su un prato maculato di cespugli. Il sole adesso è alto e splende sulle foglie verdi che riflettono la luce e si muovono alla lieve brezza che passa tra i rametti.
Un coniglio esce furtivo da un cespuglio e corre a nascondersi in un altro.
Imbraccio immediatamente l’arco e incocco una freccia.
-ecco il nostro pranzo- dico avvicinandomi piano.
Merope va dalla parte opposta, raccoglie un sasso e lo lancia nel cespuglio, movimento che fa scappare non uno, ma due conigli dalla loro tana. Fulminea ne abbatto uno e vedo l’altro cadere al suolo inchiodato dal coltello lanciato con precisione estrema da Merope.
-ottimo lavoro- mi dice battendomi un pungo sulla spalla –adesso mangiamoceli-
Torniamo indietro e attraversiamo di nuovo le rocce e l’asfalto fino a tornare alla grotta, dove Finnick e Jymith accolgono il cibo a braccia aperte.
Mangiamo con calma e intanto sentiamo sparare altri due colpi di cannone.
Più volte mi si stringe lo stomaco e mi rifiuto silenziosamente di mangiare, ma Finnick, con il suo fare da adulatore incredibilmente dolce riesce a farmi finire la mia porzione di coniglio.
Siamo abbastanza rifocillati e riposati. Adesso non c’è scusa che tenga, per me. Devo raggiungere Chays.
-allora- dico alzandomi –vogliamo rimanere qui tutto il giorno?-
Jymith si alza insieme a me:
-se vai da Chays io sono con te- raccoglie la spada appoggiata al muro e se la infila nel fodero. Si sistema la cintura con i coltelli e si avvia verso l’entrata della grotta.
Io mi volto a guardare Finnick e Merope. Lei non apre bocca, prende l’ascia e raggiunge Jymith. Finnick rimane a mettere a posto le sue cose nello zainetto.
Non dico niente e rimango a guardarlo. Quella che sento adesso è l’incertezza di sapere se verrà con noi o no. D’altra parte è stato lui, ieri sera, a mettermi addosso quell’ennesima insicurezza.
Ci mette qualche minuto e alla fine prende il tridente e si ferma accanto a me. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: -prova a fidarti di me un po’ di più, Mellark-
Io chiudo gli occhi sollevata e sorrido. Credevo di farlo già. Di fidarmi di Finnick e invece non glielo dimostro.
Adesso posso farlo: ci avviamo verso la sorgente d’acqua e scavalchiamo le rocce.
-sono quattro arene, in definitiva- dice Finnick.
-io le chiamerei arena A, B, C, D. Giusto per orientarci meglio- suggerisce Jymith e noi accogliamo il suggerimento. Dunque siamo nell’arena D, adesso, quella del castello.
-andiamo, non abbiamo tutto il giorno- dice Finnick e si avvia su per il pendio della collinetta.
Finalmente ci siamo: stiamo andando da Chays, io sto raggiungendo mio fratello. Non può essere morto, non deve esserlo. Quei tre spari non erano per lui. Me ne convinco passo passo sempre di più e mi rendo conto che la mia non è illusione, ma solo lo sconforto che voglio tramutare nella forza per raggiungere quel castello così alto.
Mentre saliamo il caldo aumenta. Il sole picchia sulle pietre che costernano la collina e l’afa si fa pesante. Ci togliamo i giacchetti e li rinfoderiamo negli zaini. Sono costretta ad asciugarmi il sudore dalla fronte a più riprese e allontano dalla mente il pensiero di bere, se non è strettamente necessario. La fonte è alle nostre spalle e adesso non possiamo tornare indietro.
Mentre saliamo tengo i sospiri pesanti per me, ma sento che Jymith ansima profondamente e decidiamo di fermarci solo qualche secondo. Quando riprendiamo il sole sta cominciando la sua discesa. Devo raggiungere il castello prima che cali il sole. Non oso pensare gli ibridi che vagano di notte sul pendio di una collina o ad un ipotetico Grun ancora assetato di sangue.
Rischio di scivolare e Finnick mi sorregge, mentre Merope aiuta Jymith a continuare. A metà pomeriggio siamo stremati, ma riusciamo a raggiungere la cima della collina. A poco meno di un miglio di distanza c’è l’entrata del castello. Un piccolo ponte levatoio abbassato introduce all’interno di quella che credo essere la piazza centrale e il massiccio portone di legno chiodato è spalancato. Non si scorge nessuno.
-siamo arrivati- dico sospirando.
Nemmeno il tempo di sentirsi sollevati: la terra trema. Trema l’erba sotto le nostre scarpe, trema il terriccio e piccoli sassolini si staccano e cominciano a rotolare giù dalla collina.
Ci spostiamo tutti dal ciglio da cui siamo arrivati a indietreggiamo verso il castello, ma anche da là un rumore sordo ci fa voltare. Le pareti delle mura e delle torri tremano. Tremano come fossero budini e tutto rimbomba.
Terremoto.
Un’ennesima trovata degli strateghi, pericolosa quanto quella dell’ibrido del lago, se non di più.
Una crepa profonda si staglia sul terreno disegnando una linea di divisione tra me, Merope, Finnick e Jymith. Noi tre da una parte, lei da sola dall’altra, che rimane impietrita a guardare.
Poi il pezzo di terra dov’è Jymith comincia a staccarsi e mentre la terra trema ancora, la crepa diventa una profonda voragine.
-Jymith corri!- grida Finnick.
-corri e salta!- la incito anch’io, tendendole la mano. Siamo sul bordo del precipizio e Merope si allontana di qualche passo per non rischiare di precipitare.
-se rimani lì andrai giù insieme al terreno, devi saltare!- grido. Jymith sembra rinvenirsi troppo tardi. Comincia a correre, pallida in volto e quando è sull’orlo della voragine, salta.
Trattengo il respiro.
È sospesa in aria mentre il terreno sotto di lei si apre sempre di più.
Non ce la farà. Penso mentre sento il corpo diventare di fuoco per lo stupore.
Cade. Cade giù nel buio, dritta in bocca alla morte. Grido il suo nome e mi lancio verso di lei, atterrando di pancia con un braccio steso nella sua direzione. Sono in bilico sul bordo.
Continuo a tendere la mano e lei, cadendo, la sfiora.
Si dimena gridando mentre scompare sotto di me, sotto di noi, nel vuoto. Il terreno si stacca definitivamente e anche il bordo dove sono io comincia a sbriciolarsi.
Non la vedo più.
-Jymith, Jymith!- urlo ancora e ancora. Ma lei ormai non c’è più.
Sto lì a fissare il vuoto e cadrei anch’io nel nulla se non fosse per Finnick che mi prende per un braccio e mi riporta in piedi. Sentiamo il rombo del cannone che sovrasta per un attimo il rumore del terremoto.
Una voce alle nostre spalle grida in nostro soccorso:
-da questa parte!- mi volto e vedo Chays che sbraccia e ci fa segno di correre da lui. E’ sul ponte levatoio e lo vedo mentre corre all’interno del castello.
Sono stravolta dall’angoscia e dallo stupore. Non l’ho salvata. Jymith se n’è andata, come tributo della 76esima edizione degli Hunger Games. Ma corro. Corro più veloce che posso.
Supero Merope e Finnick e seguo mio fratello all’interno del castello.
Dietro di me entrano anche i miei compagni e Chays e un’altra ragazza tirano una corda spessa che fa alzare il ponte levatoio e chiudere il portone.
Siamo dentro, siamo chiusi nel castello e il terremoto cessa.
Io crollo a terra, stremata.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Finnick_