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Autore: RoseScorpius    16/09/2012    41 recensioni
Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (bhe, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva, e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Dio, magari li portava comunque, ma come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata.
… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

STORIA IN REVISIONE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie'
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Ma quanto sono lol, questa volta aggiorno in anticipo di tre giorni. Motivo per cui dovete ringraziare esclusivamente la Zuz, che trova il tempo e la voglia di betare di sabato notte, dopo esser tornata dai bagordi (è mostruosa... io non so come faccia).
E sì, che ci crediate o no, ho anche risposto alle recensioni. Ne mancano solo un paio, a cui sto provvedendo in questo momento.
Dai, ditemelo che sono stata brava :D
Comunque, passando ad altro, questo è il penultimo capitolo. Quindi manca ancora il mega-super-fluffoso(?) capitolo finale, più l'epilogo. Ho già fissato la data di pubblicazione del prossimo capitolo, che è il 3 gennaio 2023, o giù di lì. No, scherzi a parte, l'ultimo capitolo è tosto e mi ci vorrà del tempo per scriverlo, perché è la conclusione della storia e voglio renderlo al meglio, ma cercherò di non metterci troppo.
Per il momento godetevi il trentesimo capitolo, in cui c'è tanto Scorpius e c'è anche una sorpresina finale per una cosa che era rimasta in sospero da tanti capitoli ^^
Sob,
la vostra RoseScorpius in crisi da "sto per finire la long"

 


Capitolo 30

Di ri-addii al celibato e pillole sbronza-astemi

 

Gran bella cosa, le tecniche di auto-convinzione e di autoipnosi: funzionano a meraviglia, finché si ha un buon diversivo su cui convogliare la propria attività intellettuale.

Nella mia breve vita, in effetti, ho visto le persone più disparate convincersi di una serie di assurdità tra le più impensabili: ho visto mio padre affermare con certezza che i Cannoni di Chudley avrebbero vinto il Campionato, ho visto Dominique illudersi che il ragazzo di cui era perdutamente innamorata la ricambiasse, nonostante Nott fosse palesemente più interessato agli spinelli che a lei, ho visto mio cugino Albus convincersi che io e Scorpius ci saremmo messi assieme e saremmo stati la coppia perfetta e ho visto persino me stessa crederci ciecamente e poi convincermi che sarei riuscita a dimenticarmene.

Ma la verità è che, prima o poi, le cose saltano fuori. Tutte le cose: anche le più imbarazzanti, le più scomode, le più dolorose. 

Già mentire agli altri è un'impresa non da poco. Figuriamoci mentire a se stessi. 

 

***

 

L'esame, tutto sommato, sarebbe potuto andare molto peggio.

L'orale fu un calvario, lo scritto se possibile ancor più difficile: supponevo che, dopo le insistenze di mia madre, gli esaminatori non fossero esattamente ben disposti nei miei confronti. Se non altro, comunque, erano convinti che fossi un'idiota e quando me la cavai in entrambe le prove rimasero sbigottiti.

Uscii dal Ministero della Magia alle tre del pomeriggio, spossata, ma decisamente soddisfatta: forse (sicuramente, vista la gaffe che avevo fatto quando mi era stato chiesto di tingermi i capelli di biondo ed avevo fatto diventare verdi quelli dell'esaminatore) non avrei preso Eccezionale, ma ero certa di essere passata. E tanto mi bastava, alla faccia di Ferguson.

Parcheggiata davanti al marciapiede trovai un'automobile del Ministero ad attendermi. Dal posto di guida mia madre mi rivolse un cenno di saluto estremamente nervoso: sembrava piuttosto in ansia, ma comunque meno esagitata di cinque ora prima, quando mi aveva stesa con una librata in faccia nella fretta di spingermi dentro ad uno degli ascensori dorati del Ministero. Mentre aspettava con me fuori dall'aula dove si sarebbe tenuto l'esame, ero stata io a doverle tenere la mano per evitare che andasse nel panico. Ricambiai il saluto con un sorriso rassicurante e aprii la portiera posteriore dell'automobile. Il sedile all'interno, ampliato magicamente, avrebbe potuto tranquillamente ospitare una decina di persone. Al posto del passeggero era seduto Scorpius, che teneva una cartina stradale della Londra Babbana aperta sulle ginocchia. Dietro, stretto tra nonna Jean e nonno Wendell, stava un pallido e preoccupatissimo Draco.

« Salve, gente » dissi, prendendo posto accanto a nonno Wendell.

Lui ricambiò il saluto, allegro.

« Ciao, Hugo. Come stai? »

« Bene, grazie, nonno » risposi, ignorando il nome con cui mi si era rivolto. Ormai ci ero troppo abituata per scompormi. « Tu come stai? »

Nonno Wendell emise un sospiro sofferente.

« Ah, lo stavo giusto raccontando a Ronald... » spiegò, battendo una pacca sulla spalla di Draco, che storse il naso come se un drago di grossa taglia gli avesse appena defecato sulla scarpa.

« Vedi, Ronald » riprese il nonno, continuando a tenere la spalla di Draco. « Mi manca l'Australia. Capisci, l'aria inquinata di Londra non fa bene ad un povero vecchio come me... E poi ti dicevo di quel mio vicino, il signor Morlow... » aggiunse, mentre la sua espressione si tramutava in una smorfia cospiratoria.

Nonna Jean tese il braccio oltre Draco per posare una mano sulla gamba del marito.

« Greg, caro, non annoiare Draco con queste storie ».

Il nonno si liberò dalla sua mano, indignato.

« Se tu avessi voluto restare in Australia, Monica, non avrei nessuna storia da raccontare sul signor Morlow! »

Mamma mise in moto con un rumore molto più forte del necessario e Draco, dal sedile posteriore, sussultò, lanciandole l'espressione diffidente di chi vede un Troll di montagna con in mano una bacchetta magica.

« Com'è andato l'esame, Rose? » mi chiese mamma, mentre armeggiava con il volante per uscire dal parcheggio.

La sua voce sembrava tutto sommato abbastanza controllata, ma nello specchietto retrovisore ebbi modo di vedere che la sua espressione era tutto fuorché rilassata. Se le avessi detto cosa avevo fatto ai capelli dell'esaminatore sarebbe morta sul colpo, come minimo, perciò decisi di tenermi sul vago. In fondo, se lei pensava che per una virgola sbagliata un esame fosse insufficiente, non mi sembrava necessario che fosse informata proprio di quella virgola. Scrollai le spalle.

« Direi bene ».

« Quanto bene? » indagò con tono aggressivo.

« Bene abbastanza » risposi. « Insomma, penso di essere stata promossa ».

Evidentemente, però, “bene abbastanza” non era una rassicurazione sufficiente per mia madre. Anzi, a giudicare dal modo in cui svoltò bruscamente in una strada laterale, sgommando, doveva star pensando che l'esame fosse stato un disastro e che stessi tentando di arrampicarmi sugli specchi finché potevo.

« E quando arrivano i risultati? » chiese ancora lei.

Alzai gli occhi al cielo e scambiai un'occhiatina divertita con Draco, che in realtà a giudicare da come si teneva aggrappato al sedile, non doveva essere divertito proprio per niente da quella situazione.

« Fra un paio di giorni » sbuffai. « Manderanno un gufo ».

E grazie tante per la stima immensa nei confronti della mia intelligenza!

Qualche mese prima me la sarei presa a morte e le avrei rinfacciato di non avere la minima fiducia in me e nelle mie capacità intellettuali, ma al momento ero troppo sollevata per fargliene una colpa, perciò mi limitai a scuotere la testa mentre mamma si mordeva le labbra con aria palesemente preoccupata. In fondo era pur sempre Hermione Granger: era risaputo che fosse spaventata a morte da qualsiasi tipo di attività che prevedesse una valutazione finale.

« E comunque è andata bene sul serio! » sbottai, tanto perché almeno la smettesse di pensare alla mia bocciatura e si concentrasse sul traffico londinese prima di essere coinvolti in un incidente.

Scorpius voltò il capo verso di me e mi sembrò che mi avesse rivolto l'ombra di un sorriso incoraggiante. Nonno Wendell mi batté una vigorosa pacca sulla spalla.

« E brava la mia Rose » si complimentò. « Quindi ora sei capace di trasformare le persone in animali, giusto? »

Si fregò le mani con un'espressione decisamente inquietante stampata sul volto.

« Finalmente Morlow avrà quel che merita... » 

« Greg! » sbottò nonna Jean, tirandogli una poderosa manata sulla coscia.

Nonno Wendell si ritrasse, offeso oltre ogni dire, non sapevo se più per lo schiaffo o perché nonna Jean non credeva che il signor Morlow meritasse di essere Trasfigurato in un criceto.

« Monica, cara, ti ho detto decine di volte cosa nasconde Morlow in cantina! » esclamò. « Non so ancora come tu possa credere che sia una brava persona, quel guardone, truffatore, ignobile... » 

Draco, in mezzo al battibecco tra i due coniugi Granger, aveva tutta l'aria di star pregando Merlino per trovarsi ovunque meno che lì. Anche perché mamma – tra il mio esame, le stramberie del nonno Wendell e la sua ovvia crisi premestruale di mezz'età causata dell'imminente matrimonio per cui, ci scommettevo, riteneva ed avrebbe sempre ritenuto di non essere pronta – stava guidando con la destrezza di uno Snaso a cavallo di una Firebolt. Mentre Scorpius dava a mia madre indicazioni per l'aeroporto di Gatewick – nonno Wendell era troppo scombussolato per venir trasportato con una Passaporta Continentale – Draco si arrischiò a chiedere: « Hermione, non che non mi fidi di te, sia chiaro, ma tu sei sicura... » 

Ebbe un momento di esitazione, che presumibilmente impiegò per riflettere sul suo futuro matrimonio e chiedersi se e come quel commento avrebbe potuto rovinarlo. Alla fine parve decidere che la sicurezza della sua regale persona veniva prima dell'orgoglio mezzosangue di mia madre, perché terminò la frase con un gemito. « …Sei sicura che spostarsi su questo affare non sia pericoloso? »

A giudicare da come teneva la mano serrata sulla bacchetta doveva essere seriamente convinto che la morte stesse per piombargli addosso. Ridacchiai sotto i baffi, mentre nonno Wendell si professava d'accordo con lui.

« Ah, non so mica se questo triciclo è sicuro, io ».

Nonna Jean roteò gli occhi, con l'aria rassegnata che assumeva ogni volta che il marito ricominciava con uno dei suoi discorsi.

« Vi avrei portati con la mia macchina » continuò nonno Wendell, ignorandola con la solita testardaggine con cui ignorava chiunque gli dicesse che il suo cognome era Granger e che sua moglie di nome non faceva Monica. « Se solo quella canaglia di Morlow non mi avesse rubato il motore da sotto il cofano, l'altra notte ».

A giudicare dall'espressione che si dipinse sul volto di Draco, in quel momento doveva star amando incondizionatamente il signor Morlow. Nonna Jean, invece, doveva starsi chiedendo perché diavolo non avesse scelto di andare a vivere qualche isolato più in là.

« Greg, caro » sospirò. « Era solo finita la benzina ».

« E allora ce l'ha rubata Morlow dal serbatoio » concluse nonno Wendell, che a quanto pareva necessitava di prove ben più schiaccianti per lasciarsi dissuadere. « L'ho visto che girava per il giardino tutto tronfio con delle taniche in mano, questa mattina, e mi stavo giusto chiedendo cosa avesse in mente quel disgraziato... »

Poi, voltandosi verso Draco come se lo avesse visto per la prima volta solo in quel momento, il nonno aggiunse: « E tu, Ronald, ragazzo... non avevi i capelli rossi, una volta? » 

A quella domanda furono le guance di Draco a tingersi di rosso.

« Veramente, signore... » 

Mamma sbuffò, esasperata. « È Draco, papà ». 

« Oh » sobbalzò il nonno, guardandosi attorno con aria profondamente tradita. « E perché accidenti non me l'avete detto prima? » 

Rimase intento a scrutare Draco dalle punte (laccate) delle scarpe alle punte (altrettanto laccate) dei capelli per un paio di secondi. Poi sembrò accettare il fatto che non si trattava di Ron e si strinse nelle spalle.

« Certo che li cambi in fretta ».

 

***

 

Che i Malfoy fossero ricchi sfondati, pur con tutte le tasse di guerra che erano stati costretti a pagare, era risaputo. Ma che il castello in Costa Azzurra in cui fummo accolti quel pomeriggio fosse di loro proprietà superò ogni mia più sfrenata fantasia. Mentre seguivamo un maggiordomo impomatato all'interno dell'edificio, pensai confusamente che Draco doveva aver riallacciato i rapporti con  i genitori, se gli era stato permesse di dare il ricevimento in casa loro. Una delle loro tante case – pardon, regge – come ebbe cura di precisare il maggiordomo. 

Varcai l'enorme arco di pietra che dava accesso alla corte interna del maniero, a bocca aperta. Il sole estivo, grande e giallo come in Inghilterra non si era mai visto negli ultimi cent'anni, batteva sul lastricato grigio della corte, facendolo risplendere di una bella sfumatura calda. L'aria profumava di lavanda e di pino e quando, di tanto in tanto, un colpo di brezza si insinuava sotto gli archi del castello, portava con sé un lieve aroma di mare. Una targa di marmo, appena sopra il portone che dava accesso al corpo centrale del castello, recitava:

 

Famiglia Malfoy

Residenza Estiva

 

Mi voltai verso Draco, sbattendo le palpebre nel tentativo di abituarmi alla vista di tutto quel sole e di tutta quella meraviglia.

« T-tu mi vuoi dire che... che venivi qua ogni estate? » balbettai.

Draco mi rivolse uno sguardo perplesso, come se non capisse il motivo di tanto trambusto per un banale castello in Francia.

« No, non spesso » rispose. « Mia madre preferiva la villa in Italia ».

« La villa in Italia... »

Non mi ero ancora del tutto ripresa dallo sconcerto quando, davanti a noi, comparvero due signori alti, distinti, entrambi con i capelli così chiari che non capii se fossero biondo albino o semplicemente bianchi. Forse, in fondo, Draco non era tinto.

I coniugi Malfoy vestivano in modo estremamente elegante, ma allo stesso tempo austero, e anche i loro volti regali ma segnati dalle rughe trasudavano un misto di alterigia, sdegno e chiusura che mi mise a disagio da subito. Ci salutarono entrambi educatamente – ma non cordialmente – e Narcissa si sporse rigidamente verso mia madre per sfiorarle appena la guancia con la sua. Scorpius si avvicinò ai nonni e li salutò con un certo imbarazzo, come se temesse che potessero dimostrarsi disgustati anche davanti a lui.

Calvin, dico, ma che razza di famiglia è mai questa?

Quando fu il mio turno di salutare e di venir presentata, Lucius Malfoy mi rivolse uno sguardo che, se non fosse stato troppo gelido per lasciar trasparire un'emozione del genere, sarebbe stato di puro schifo.

Calvin mise giù il cartellone con cui stava inneggiando al mio ingresso in “che razza di famiglia è mai questa” tramite matrimonio con Scorpius e cominciò a riconsiderare seriamente la propria opinione sui Malfoy.

« Tu sei Rose Weasley, suppongo » disse Lucius senza quasi staccare le labbra mentre parlava.

Mi ritrovai ad essere combattuta tra l'istinto di rispondere male al capostipite dei Malfoy e quello di non mandare a rotoli il matrimonio di mia madre. Il secondo, in realtà. Al primo ci avevano ben pensato lei e mio padre. La fatica di decidermi mi fu risparmiata da Draco, che sopraggiunse in quel momento e mi posò una mano sulla spalla.

« Io trovo che Rose Granger suoni molto meglio » disse.

L'espressione sdegnata in cui si esibì Lucius lasciò chiaramente intendere che il cognome Granger non lo schifasse meno del precedente. Ma tutto ciò non fu nulla in confronto all'espressione di cieco terrore che si dipinse sul suo volto quando nonno Wendell si fece avanti e gli strinse calorosamente la mano tra le sue.

« Perché non Rose Wilkins? » propose. « Tra gli aborigeni australiani è tradizione dare ai figli il cognome della madre ».

Lucius, che chiaramente non vedeva alcuna differenza tra mio nonno e gli aborigeni australiani, si affrettò a sfilare la mano dalla sua presa e sibilò un tutto fuorché credibile: « Piacere ».

Narcissa, al suo fianco, avrebbe probabilmente dato di stomaco se non fosse stata troppo aristocratica per farlo in pubblico. La salutai nel modo più educato che mi venne in mente e restai in sua compagnia il minimo indispensabile perché non mi si potesse rinfacciare di esser stata scortese. A quel punto, con mio (e suo) sommo sollievo, borbottai qualche idiozia sul fatto che era stato un vero piacere conoscerla e mi aggregai alla piccola comitiva che stava entrando nel castello per provare gli abiti da cerimonia.

I Malfoy, ovviamente, erano troppo ricchi e troppo aristocratici per non avere una schiera di Elfi Domestici al loro servizio, perciò, subito oltre il portone d'ingresso, fummo avvicinati da una losca creaturina raggrinzita. Aveva il naso lungo, con la punta rivolta verso il basso, ed indossava un cencio che aveva tutta l'aria di essere più lercio delle magliette ormai date per disperse che di tanto in tanto venivano rinvenute sotto il letto di Jamie.

« Seguitemi, signorino Scorpius, prego » disse, guardando il suo padroncino con aria adorante.

Mia madre, quando si trovò tra le gambe un Elfo che si offrì di scortarla nelle sue stanze e di aiutarla a provare l'abito da sposa, ebbe un mezzo infarto, ma per amor di Draco – o forse solo per non venir ammazzata dalla padrona di casa – s'improvvisò schiavista.

Ma quanti ne hanno? Cos'è, un esercito?

Sbuffai, mentre un terzo Elfo Domestico mi veniva incontro con l'aria di chi è stato costretto ad ospitare in casa sua un ex detenuto e non è del tutto sicuro di potergli voltare le spalle senza ritrovarsi un Anatema che Uccide in mezzo alle scapole. O, più probabilmente, vista l'opinione che i suoi padroni dovevano avere di noi Weasley, era solo convinto che se non mi avesse tenuta d'occhio avrei cercato di rubare l'argenteria. Alzai gli occhi al cielo e mi incamminai dietro Scorpius, con l'Elfo che mi sorvegliava attentamente a qualche passo di distanza. Provai l'irrefrenabile impulso di dare fuoco ad uno dei preziosi arazzi che decoravano le pareti solo per dargli fastidio.

Appena mi fu fatto vedere l'abito che avrei dovuto indossare al matrimonio – un orrendo vestito rosa con maniche a sbuffo e gonna a palloncino – mi sorse il sospetto che tutto ciò fosse un complotto. L'abito di Scorpius era un normalissimo abito nero da mago, elegante e raffinato, ma non appariscente. Gli unici dettagli davvero di nota erano gli orli verde-argento e i bottoni con lo stemma dei Malfoy. Come il vecchio Scorpius, era bello, ma banale: solo da vicino si vedevano le piccole cose che lo rendevano unico.

Mi riscossi con un sussulto da quei pensieri assolutamente fuori luogo e fuori di testa.

Calvin... cosa diamine sto pensando?” piagnucolai. “No, aspetta...” mi affrettai ad aggiungere, davanti al teatrino di marionette in cui stava facendo sbaciucchiare un pupazzo biondo ed una bambola dalla chioma rossa. “Cosa diavolo stai pensando tu! Piantala di confondermi le idee! E vestiti, per Merlino!

Lanciai uno sguardo implorante all'Elfa Domestica che mi stava porgendo l'orrendo abito rosa.

« Questo... è il mio vestito? » chiesi, anche se definirlo un vestito mi sembrava decisamente troppo lusinghiero.

« Sì, signorina » rispose quella piuttosto sgarbatamente, e stese il braccino ossuto per tendermi il vestito.

Fui costretta a fare un passo indietro per non venire in contatto con la ripugnante seta rosa dell'abito. Chissà perché, ero certa che se l'avessi anche solo sfiorato mi sarei trasformata in una specie di confetto formato gigante. In fondo, provenendo dai Malfoy, non si poteva certo escludere che fosse stato maledetto.

« Non è che per caso c'è stato un errore? » tentai ancora, speranzosa.

L'Elfa mi ficcò l'abito in mano senza tante cerimonie.

« No, signorina, nessun errore » tagliò corto.

Quando vidi l'abito destinato a Hugo – un vestito azzurro pieno di pizzi e merletti che sembrava essere appena saltato fuori da un tendone del circo – capii che l'unico errore, lì, era la presenza della stirpe Weasley al matrimonio.

Storsi il naso, mentre Scorpius s'infilava in una stanza adiacente per provare il suo abito. L'Elfa mi scoccò un'occhiatina malevola.

« Non provate il vestito, signorina? »

« Non so da che parte s'infili » replicai. « Sai, noi Weasley di solito viviamo nei porcili e ci vestiamo con pelli di montone ».

L'Elfa mi guardò con disgusto e sibilò qualcosa che preferii non capire (“Dico, ma si è vista lei com'è vestita?”). Ad ogni modo, non aggiunse altro.

Pochi secondi dopo, Scorpius uscì dalla stanza che aveva usato come camerino. Malgrado tutto, non potei evitare di rimanere impalata a fissarlo con la bocca aperta ed una faccina da cerebrolesa per la quale ringraziai sentitamente Godric di non avere uno specchio sotto il naso. Calvin, che a quanto pareva era appena riuscito a conquistare l'ultimo angolino di cervello funzionante di cui disponevo, smise di giocherellarsi dentro le mutande ed assunse immediatamente un contegno più aristocratico.

Scorpius inarcò un sopracciglio.

« Mi va troppo corto? » chiese, in direzione della mia espressione tutto-meno-che-decorosa.

Più che come gli stava il vestito, in effetti, sembrava che mi avesse appena chiesto implicitamente in che condizioni erano i miei neuroni. Non che non me lo chiedessi anch'io.

« No, ti sta da... insomma, è a posto... » risposi debolmente, mentre l'Elfa Domestica si sperticava nelle lodi più sfrenate, con cui concordai segretamente.

Calvin si sistemò il colletto della camicia bianca e lisciò la stoffa del raffinato mantello da mago con un gesto estremamente elegante. Mi chiesi disperatamente se ci fosse un incantesimo in grado di accopparlo e liberarmi per sempre delle sue imbarazzanti turbe ormonali.

Calvin, non puoi farmi questo! Sono già nella cacca di drago fino al collo, è meschino infierire in questo modo!

Scorpius girò il collo per controllare il vestito da tutte le angolature, poi annuì con aria soddisfatta.

« Direi che va bene. Grazie, Tipsy »

L'Elfa Domestica sembrò sul punto di svenire dalla gioia per quel “grazie” ed emise un urletto adorante.

« Oh, voi non dovete ringraziare, signorino Scorpius... Siete un ragazzo così gentile... Non come la feccia Mezzosangue che imbratta il buon nome dei maghi » aggiunse, voltandosi verso di me tanto per assicurarsi di essere stata abbastanza chiara nel suo riferimento.

Per tutta risposta le rivolsi una smorfia grottesca.

« Tipsy, sai che mio padre non vuole che tu dica queste cose sui suoi ospiti » la riprese Scorpius blandamente. « Se hai voglia di parlarne il nonno sarà più che felice di ascoltarti ».

Tipsy abbassò lo sguardo, afflitta da quel mezzo rimprovero, e piagnucolò le sue scuse, promettendo che si sarebbe buttata giù dalla torre più alta del castello per punizione. Mentre Scorpius le spiegava pazientemente che suicidarsi tutto sommato era un po' eccessivo, mi ritrovai – per l'ennesima volta – ad osservarlo di sottecchi.

Non avevo mai visto Scorpius nel suo habitat naturale e non riuscii a capacitarmi di quanto – proprio lui, lo Scorpius troppo timido anche per chiedere un favore ad un compagno di scuola – sembrasse a proprio agio in quei panni nobiliari. L'abito nero gli calzava alla perfezione e, nonostante come scelta di abbigliamento non rientrasse propriamente nei miei gusti, era impossibile non notare come lo faceva sembrare più grande e più sicuro di sé. Anche perché Calvin me lo stava urlando nelle orecchie da una decina buona di minuti, dannato modello dall'arrapo facile.

Sembrava una specie di baronetto Serpeverde, con i capelli biondi e appena un po' mossi che sfioravano gli orli del colletto alto e gli occhi verde chiaro, limpidi ed espressivi. Bello, intelligente, ricco. Per un attimo mi venne quasi da ridere, perché centinaia di ragazze se lo sarebbero sposato senza esitazioni solo per l'ultimo motivo, o magari anche per il primo, mentre io me n'ero a stento accorta. Mi ero a stento accorta di chi fosse Scorpius in realtà, per tutto quel tempo; di quanto io e lui fossimo diversi e provenissimo da famiglie diverse, nonostante ci fossimo trovati a dover condividere un genitore.

Quando Scorpius alzò gli occhi ed incrociò il mio sguardo, ebbi un tuffo al cuore. Per un paio d'istanti rimasi immobile, persa nei suoi occhi chiari, mentre il mio unico neurone superstite mi urlava furiosamente di distogliere lo sguardo da lui. Ma non ce la facevo, accidenti a me e a Calvin, non ce la facevo proprio. E non potevo farci niente. 

Come diavolo ho fatto a trovarlo banale e addirittura bruttino, per tutti questi anni?” mi chiesi, ripensando a tutte le volte che mi era passato sotto il naso in Sala Grande e avevo storto il naso con malcelato disgusto. Ripensando a come, negli ultimi giorni, mi ero illusa che sarei riuscita a farlo di nuovo, una volta tornati a scuola.

E di colpo, quando ormai la preoccupazione per l'esame si era dissolta e sembrava che andasse tutto bene, la verità mi crollò addosso con tutto il suo peso. Su di me, su di lui, su di noi. E, soprattutto, sulla mia immensa stupidità.

Stupida, stupida, stupida!

Arrossii violentemente e, prima che Scorpius potesse informarsi sullo stato di salute del neurone di cui sopra, mi affrettai a sparire dietro la prima porta che trovai, blaterando qualche insensatezza a proposito di provarmi l'orrendo vestito rosa. Appena sentii la serratura scattare alle mie spalle, mi tirai un ceffone in pieno viso. Forte.

Miseriaccia! Quanto sono stupida!

Appoggiai la schiena alla porta e chiusi gli occhi, cercando di calmarmi (più o meno con lo stesso successo di un pinguino obeso che tenta di spiccare il volo, ma sorvoliamo).

Miseriaccia, miseriaccia e ancora miseriaccia! Calvin, lo vedi che mi hai definitivamente fatta impazzire?

Calvin abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzato, e lasciò perdere la cintura che aveva baldanzosamente cominciato a slacciare quando gli occhi di Scorpius avevano intercettato i miei.

L'abitino rosa cadde a terra e la lucida seta si stropicciò sotto i miei piedi, ma non mi degnai di raccoglierlo. In realtà, se l'avessi ridotto così male da non poterlo più indossare, sarebbe stata probabilmente l'unica nota positiva di quel pomeriggio di merda.

E a proposito di merda...

Sono nella merda fino al collo, Calvin!” piagnucolai.

Come diavolo avevo fatto a pensare che sarei riuscita a dimenticarlo con un semplice schiocco di dita, in un paio di settimane? Tessa MacMillan aveva ragione, tutto sommato: dovevo essere proprio un'idiota senza speranze.

Pensavo di esserci quasi riuscita sul serio... ma diamine, qua sono tutti che si sposano e che vivranno per sempre felici e contenti e... merda... quanto sono idiota...

Scossi la testa con un sospiro sconsolato.

Seriamente, Calvin, adesso non posso innamorarmi anche dello Scorpius stronzo...

Peccato che, come il modello mi fece notare con un certo imbarazzo, era già successo.

 

*** 

 

I coniugi Malfoy si erano cortesemente rifiutati di avere la marmaglia Weasley a meno di dieci chilometri di distanza dalla loro proprietà, perciò fu predisposto che gli invitati venissero alloggiati in un paese lì vicino. Di invitati, a dire il vero e vista la discrepanza tra le amicizie di Draco e quelle di mia madre, ce ne furono assai pochi al di fuori dei parenti. La mattina del giorno dopo, quando volai al villaggio sulla vecchia Nimbus 2001 di Draco, riuscii a vedere di sfuggita solo una Pansy Parkinson truccata vistosamente ed ancor più vistosamente di pessimo umore e un paio di altri vecchi compagni di scuola di mia madre, tutti con la stessa aria perplessa di chi non sa bene cosa ci faccia in Costa Azzurra al matrimonio di due ex nemici giurati.

Ebbi appena il tempo di salutare Adam e Melinda Zabini prima che Roxanne mi tendesse un agguato e mi trascinasse in spiaggia.

« Che succede? » chiesi, alquanto perplessa e – per dirla tutta – anche piuttosto preoccupata per la sua sanità mentale.

Mi aspettavo una ramanzina da Roxie più o meno quanto mi aspettavo che lo zio George la smettesse di prendere in giro zio Perce.

« Vedrai » tagliò corto lei.

Quello che vidi, quando arrivammo in spiaggia, fu un enorme motoscafo Babbano ancorato a un centinaio di metri dalla riva. Aguzzai lo sguardo e, sul ponte, riuscii a distinguere un paio di teste rosse dall'aria familiare. A riva, James e Fred stavano tentando di caricare a bordo di un gommone sovraccarico una cassa di prodotti dei Tiri Vispi Weasley alquanto sospetta, mentre, pochi metri più in là, Dominique e Scorpius stavano complottando a bassa voce. Quando ci videro, smisero immediatamente di parlare. Dominique alzò gli occhi al cielo, seccata, e Scorpius arrossì e si voltò dall'altra parte. Mi chiesi con una sorprendente dose di fastidio e d'interesse se lo stesse ancora rimproverando per me o se, deciso che io e lui non avevamo più speranze, era passata a lavorarselo per se stessa. A quel pensiero, Calvin rischiò seriamente di strozzarsi. Anche io, in realtà.

Considerato che quell'estate Domi aveva passato praticamente più tempo con Scorpius che con me, ritenevo che quell'eventualità non fosse affatto improbabile. Trattenni una smorfia irata solo per non dare a Scorpius la soddisfazione di sapere che m'interessavo ancora della sua vita sentimentale e mi rivolsi a James e Fred.

« Cosa state combinando, qua? »

« Gita in barca » rispose Fred. « O avevi intenzione di passare la giornata a farti presentare vecchi compagni di scuola di tua madre ed assistere mentre Calì Patil e Pansy Parkinson si scannano a vicenda? »

« No, la gita va benissimo » grugnii. « Ma da dove salta fuori la barca? »

James sogghignò.

« Quello, intendi? » chiese, indicando l'enorme imbarcazione con il capo. « L'abbiamo noleggiato e nonno Arthur ci ha dato una mano a sistemare i comandi di bordo ».

« Sai che il nonno è sempre entusiasta quando c'è da mettere le mani sugli aggeggi Babbani » aggiunse Fred.

Preferii non sapere altro sulle manomissioni operate dal nonno Arthur e mi limitai a squadrare il motoscafo con scetticismo.

« Sarà costato una fortuna... » osservai. « Dove avete trovato i soldi? »

« Oh » spiegò Fred, muovendo la mano come per scacciare una mosca. « Quelli sono una generosa concessione di Scorpius ».

Mi voltai verso il diretto interessato, che si stava osservando i piedi con l'espressione imbarazzata di chi sta fingendo di non aver appena origliato spudoratamente.

« Fantastico » sibilai tra i denti.

Balzai in sella alla scopa e volai verso il motoscafo senza dire altro. Tutto quel teatrino del nobile ricco sfondato stava cominciando a darmi decisamente sui nervi. E il peggio era che, a giudicare dalle espressioni estasiate dei miei cugini a bordo, Scorpius era anche riuscito perfettamente nel suo intento di comprarsi la loro benevolenza. No, aspetta, il peggio era che ci ero cascata pure io.

Dannazione! Perché non riesco a togliermelo dalla testa?

Lasciai cadere la scopa dove capitava – tanto era di Draco e risaliva al paleolitico, che finisse pure in mare – e mi ritirai sottocoperta, furente. Non sopportavo quella brutta copia dello Scorpius che avevo conosciuto durante l'estate, eppure non riuscivo a smettere di morirgli dietro come l'idiota che poi ero. Mi tirai l'ennesimo ceffone in pieno viso, mentre Calvin mio guardava con pietà.

No, non dire niente”.

 

***

 

La giornata in barca, tutto sommato, non andò così male. L'unica seccatura fu evitare Scorpius, che continuava a confabulare con Dominique e nel frattempo si nascondeva da Albus, e ignorare una sconosciuta quattordicenne mora che mi fu presentata come la figlia di Pansy Parkinson e che continuò a guardare Scorpius con interesse per tutta la gita. Per il resto, il mare e le trovate criminali di James e Fred contribuirono a tenermi di buon umore, fatta eccezione per il momento in cui divenni la vittima designata dei loro scherzi e fui gettata in mare con tutti i vestiti.

Restammo in barca fino a sera inoltrata: pareva che quella notte i coniugi Malfoy avessero insistito per organizzare una festa di addio al celibato (forse speravano di far cambiare idea a Draco in extremis con delle spogliarelliste) e nessuno di noi aveva troppa voglia di immischiarsi né, tantomeno, ne avevano gli adulti di averci tra i piedi, presumibilmente.

Poco dopo il tramonto, mentre navigavamo verso il porto, stavo seduta sopra coperta a guardare il cielo rossastro, assorta nei miei pensieri. Quella era stata senza dubbio l'estate più strana che avessi mai passato: forse la migliore, più probabilmente la peggiore, troppo lunga ed al tempo stesso troppo corta per contenere la burrasca di avvenimenti che erano successi. Ora che mancavano due giorni all'inizio del nuovo anno scolastico e che era tempo di tirare le somme e di fare un bilancio finale, mi ritrovai a chiedermi come l'avrei ricordata in futuro e come l'avrebbe ricordata Scorpius.

Una voce fin troppo familiare interruppe le mie riflessioni.

« Posso sedermi? »

Alzai lo sguardo e mi ritrovai a fissare gli occhi verdi di Scorpius. Per la prima volta da giorni sembravano gli occhi trasparenti del vecchio Scorpius, gli occhi che non sapevano mentire e che io non sapevo come dimenticare.

Feci spallucce e Scorpius mi si sedette accanto, tendendomi una bottiglia di Burrobirra già stappata. La accettai in silenzio e me la portai alle labbra.

« Allora » chiese Scorpius, mentre bevevo. « Piaciuta la giornata? »

Colsi un certo nervosismo nella sua voce e ne dedussi – con una discreta dose di soddisfazione – che quella conversazione stava mettendo a disagio anche lui. Mal comune mezzo gaudio, se non altro.

« Sì, perché no? È stato divertente » risposi, senza sbilanciarmi troppo.

La verità era che, se mi fossi lasciata andare, gli avrei probabilmente urlato in faccia che lo odiavo, che volevo prenderlo a pugni e che ero ancora dannatamente cotta di lui in rapida sequenza. E non mi sembrava esattamente il momento più opportuno per commettere un'idiozia del genere.

Non mi spreco neanche più a ricordarti che sei un idiota e che è tutta colpa tua, Calvin”.

Scorpius parve soddisfatto della mia risposta e bevve un paio di sorsi dalla propria bottiglia.

« Mi è dispiaciuto che siamo rimasti tutto il tempo in Inghilterra, quest'estate » disse. « Il prossimo anno mi piacerebbe invitarti nella villa in Italia o anche qui in Francia, se ti piace di più ».

Lo guardai con sospetto al di sopra della mia bottiglia.

« Non credo che ai tuoi nonni farebbe altrettanto piacere » commentai, storcendo la bocca.

« Beh, non devono venire per forza anche loro » commentò Scorpius. « E poi posso sempre dire che ci vado con Éstelle ».

Non avevo la più pallida idea di chi fosse, ma il semplice sentirla nominare da Scorpius riuscì a farmela stare enormemente antipatica.

« Éstelle? » ripetei, inarcando un sopracciglio.

Ero rimasta a Dominique, se permetti”.

Scorpius fece un cenno noncurante, come se volesse liquidare una faccenda di scarsa importanza.

« È la figlia di Pansy Parkinson. Suo padre è un membro del governo magico francese ed i miei nonni la reputano molto... » esitò. « Molto appropriata come amica per me, suppongo ».

Amica, certo”.

Mi morsi l'interno delle labbra con ferocia. Ecco dove voleva andare a parare, allora: su quanto noi Weasley fossimo inadeguati e plebei e su quanto non fossimo degni di stare accanto alla sua magnifica persona. Oh, e ovviamente anche su quanto la sua “amica” Éstelle fosse appropriata.

« Non ti scomodare » tagliai corto con freddezza, mentre in realtà sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. « Non ho bisogno della tua carità ».

Scorpius parve un po' sorpreso dal mio commento e mi rivolse uno sguardo che non riuscii bene a decifrare.

« Volevo solo farti piacere, ma se preferisci possiamo andare in vacanza per Natale. Mio padre era molto incuriosito da quello sport Babbano di cui parlava Hermione... »

Mi chiesi da quando fosse diventato un attore così bravo.

« Avete anche una casa in montagna? » indagai, con un tono forse un po' troppo feroce. Decisamente troppo feroce.

Scorpius scosse la testa.

« No, ma potremmo affittarne una, volendo ».

« Beh, allora fatelo » conclusi. « Io starò dai miei nonni: a Natale stiamo con loro, è una tradizione di famiglia. Ma non mi aspetto che tu capisca: suppongo che queste siano cose da plebei ».

Scorpius posò la bottiglia accanto alle proprie gambe e mi scrutò dapprima con espressione confusa, poi con crescente irritazione.

« Ti fanno tanto schifo i soldi? » chiese.

« I tuoi? » lo aggredii.

Scorpius ammutolì. Provai una certa soddisfazione nel constatare che, nonostante tutto, ero ancora capace di tenergli testa in una discussione.

« Non mi fanno né caldo né freddo, i tuoi soldi » dichiarai. « Solo, non li voglio. Ho un'altra idea del valore delle cose, grazie tante ».

Il motoscafo si arrestò di colpo (sotto coperta qualcosa cadde a terra con un tonfo sordo e qualcuno imprecò sonoramente contro Merlino e contro Fred), così mi accorsi che eravamo arrivati. Lasciai la mia bottiglia accanto a quella di Scorpius e mi alzai senza aggiungere altro.

Anche lui si alzò e tese una mano verso di me, come se volesse afferrarmi per il braccio e fermarmi, ma poi cambiò idea e la lasciò ricadere lungo il fianco.

« Stavo solo cercando di essere gentile! » sbottò. « Sai com'è, è un po' brutto togliere il saluto per sempre ad una persona dopo che ci si è quasi baciati! »

Come se fossi stata io, a sbatterlo fuori da casa mia sputandogli in faccia che era tutto finito e che mi ero sbagliata di grosso su di lui.

Scorpius alzò le braccia e poi le riabbassò di scatto, in un gesto esasperato.

« Perché ogni volta che uno prova a mettere a posto le cose devi essere così...? »

S'interruppe di colpo, rendendosi conto di aver urlato di fronte a metà dei miei cugini, che osservavano la scena in silenzio – chi divertito, chi con gli occhi strabuzzati dalla sorpresa e chi semplicemente sconsolato. Mi guardai attorno, arrossendo furiosamente, mentre Fred ridacchiava e Molly gli mollava uno scappellotto sulla nuca, sibilandogli di non essere insensibile. A salvarci dall'imbarazzo – o forse a peggiorare ulteriormente le cose, non ne ero sicura – ci pensò Dominique, che a quel punto si avvicinò a Scorpius con espressione truce e gli tirò un pizzicotto dall'aria parecchio dolorosa.

« Far colpo con i soldi: bella trovata, genio! » sibilò, rompendo il silenzio.

« Sei davvero un coglione » concordò Al, premurandosi di appioppargli un secondo pizzicotto sul braccio.

Poi, voltandosi verso Dominique, aggiunse: « Ti dispiacerebbe lasciarmelo per un po'? »

Per tutta risposta Domi spinse Scorpius verso di lui.

« No, per niente: è tutto tuo. E non c'è niente da guardare qua, gente! » sbottò, disperdendo l'orda di cugini che si era affollata a vedere la scena con un'occhiata minacciosa.

Dal canto mio, decisi di accogliere quel consiglio prima che la situazione si potesse fare così imbarazzante da convincermi a lanciarmi addosso un incantesimo di Disillusione permanente. Appellai la scopa con un gesto secco della bacchetta e volai a riva, abbandonando Scorpius al suo triste destino tra le grinfie di Al.

La verità era che non capivo più niente di quello che stava succedendo nella mia testa, in quella di Scorpius, in quella di Dominique... Mi sembrava di non conoscere più nessuno. O forse ero solo io che, come al solito, non avevo capito un accidente.

 

***

 

Quando arrivammo a Villa Malfoy, poco dopo le undici, trovammo ad aspettarci la desolazione più totale: le (poche) donne presenti avevano pensato bene di svignarsela per un ri-addio al nubilato, da cui l'eternamente imbronciata Pansy Parkinson – a quanto pareva – si era dissociata, mentre gli uomini si aggiravano in silenzio per il parco, sgranocchiando stuzzichini e guardandosi di sottecchi. Ogni tanto capitava che un Neville Paciock incrociasse accidentalmente un Theodore Nott, o che un Dean Thomas si ritrovasse seduto sulla stessa panchina di Marcus Flitt, allora volavano sguardi in cagnesco, ognuno ripeteva il nome dell'altro come un insulto in una lingua straniera di cui non era certo di ricordare la corretta pronuncia, e dopo una breve stretta di mano ognuno tornava sulla sua strada, più immusonito di prima.

« Che mortorio! » esclamò Fred, mentre un tipo che mi sembrava si chiamasse Montague ci passava accanto, scrutandoci con l'aria chi sta per chiamare un'impresa di disinfestazione. « Se la staranno passando meglio gli Elfi Domestici nelle cucine ».

Poi cominciò a frugarsi nelle numerose tasche dei pantaloni, da cui notoriamente poteva saltare fuori di tutto, a partire dal cadavere del criceto di Lucy (lei non si era ancora ripresa da quella perdita), e si allontanò borbottando qualcosa a proposito di un flacone di pillole. Roxanne lo seguì con uno sguardo assassino finché non fu sparito nel buio.

« Devo dedurne che me le ha rubate lui, Jamie? » chiese, piazzando una gomitata tra le costole dell'imbarazzatissimo cugino Potter.

James arrossì vistosamente.

« Ehm... non saprei... magari non le hai cercate bene: hai un sacco di vestiti nei cassetti sotto l'armadio... »

Gli occhi di Roxanne si assottigliarono in un'espressione che ricordava vagamente nonna Molly durante uno dei suoi momenti peggiori. 

« Perché naturalmente te l'ho detto io che le avevo nascoste nei cassetti sotto l'armadio, vero? »

La faccia di James, ormai, era di un rosso tanto violento da rasentare il viola.

« Oh, beh... ora che mi ci fai pensare magari te le ha proprio rubate Fred ».

« E magari tu lo hai aiutato » s'inacidì Roxanne, picchiettandosi la bacchetta sul palmo della mano.

Sentendo che non tirava una buona aria, decisi di battermela in una veloce ritirata: non ci tenevo particolarmente a finire in mezzo ad una battaglia all'ultima maledizione tra James e Roxanne. Anche perché, se James poteva essere considerato fondamentalmente innocuo, girava voce che gli ex di Roxanne non fossero finiti in Infermeria con la faccia coperta di foruncoli per caso.

Pochi metri più in là, su una panchina nascosta dietro un cespuglio di rose, mi imbattei in Draco, che se ne stava seduto a fissare il suo calice vuoto con aria torva.

« Ve la state spassando, vedo » commentai con abbondante sarcasmo.

« E voi? » replicò Draco, accennando con il capo a James e Roxanne che bisticciavano, mentre Scorpius, di poco discosto da loro, si stava docilmente lasciando cazziare da Dominique.

« Non è la nostra festa di addio al celibato » grugnii, forse più irritata dalla vista di Scorpius e Dominique di nuovo assieme che dalle parole di Draco.

« Neanche la mia » replicò lui. « L'ho fatta diciotto anni fa, quella, e nessuno aveva invitato Potter ».

Stavo per dirgli esplicitamente cosa ne pensavo di lui e dei suoi capricci da scuola materna, ma la figura austera di Lucius Malfoy che incedeva verso di noi mi convinse a darmela a gambe per la seconda volta in pochi minuti. Sgattaiolai dietro il cespuglio e mi nascosi accanto al tavolo delle bevande, dove trovai Fred che armeggiava in modo alquanto sospetto con delle pillole violette ed una caraffa di Succo di Zucca. Accanto a lui James e Roxanne, che non sembravano più intenzionati a scannarsi vicendevolmente, stavano tentando di convincere un Elfo Domestico a servire un vassoio carico di bevande analcoliche. L'Elfo, dal canto suo, protestava furiosamente e batteva i piedi a terra, sostenendo che non avrebbe preso ordini dalla feccia Weasley.

Non sprecai nemmeno fiato per chieder loro cosa stesse succedendo: mi limitai a fare da silenziosa spettatrice alla scena e a supporre quanto di peggio mi venisse in mente. Quando si trattava di James e Fred, generalmente, si poteva contare che un'ipotesi del genere fosse azzeccata. La conferma che – tanto per cambiare – le cose stavano esattamente come avevo temuto, e peggio, mi arrivò dopo qualche minuto di accanito mercanteggiare, quando Scorpius interpellò seccamente l'Elfo e gli ordinò di obbedire.

« Cosa state facendo? » chiese poi, squadrando i tre Weasley con sospetto. Ovviamente, non si degnò nemmeno di voltarsi nella mia direzione.

Fred sogghignò e lasciò cadere una pillola bianca dentro uno dei bicchieri.

« Movimentiamo un po' la serata… » spiegò, evasivo.

Scorpius non parve minimamente tranquillizzato: al contrario, se prima la sua espressione era parsa vagamente preoccupata, ora sembrava spaventato a morte. Immaginai che ricordasse piuttosto bene la sua ultima disavventura con le Merendine Marinare, quando io e Hugo l'avevamo fatto finire al San Mungo, e non potei fare a meno di sentirmi vagamente in colpa.

Quanto sono stata idiota. Se non avessi combinato quel disastro magari io e Scorpius saremmo ancora...” m'interruppi davanti al sopracciglio alzato di Calvin. “Beh... qualunque cosa fossimo...

Mentre io mi imprecavo contro nell'intimità della mia scatola cranica e Fred continuava a far scivolare pillole bianche dentro ai bicchieri, Scorpius sollevò una bottiglia di champagne rimasta aperta sul tavolo e la annusò con diffidenza.

« Cosa sono quelle pillole? » chiese.

« Si chiamano pillole Sbronza-Astemi » rispose Fred con un ghigno che non prometteva assolutamente nulla di buono. « Non hanno nessun effetto strano, ma ti fanno venire una dannata voglia di bere. Aspetta dieci minuti e vedrai ».

E, in effetti, dieci minuti dopo vedemmo. Per la precisione vedemmo Draco, mio padre e lo zio Harry che brancolavano per il parco cantando canzoni di dubbio gusto e sorreggendosi a vicenda per non rovinare ingloriosamente tra i cespugli di lavanda.

Una risatina sommessa alla mia sinistra mi avvisò dell'arrivo di Hugo.

« Dici che papà e lo zio Harry si sono accorti di chi tengono sottobraccio? » chiese, occhieggiando il bizzarro trio che avanzava a zig-zag verso di noi.

« Dici che Draco si è accorto di chi lo tiene sottobraccio? » replicai.

Hugo sogghignò.

« Ne dubito ».

Quando il mal assortito trio ci raggiunse, Draco si fermò davanti a noi e rimase a fissarci con espressione corrucciata per un po', strizzando gli occhi. Forse stava cercando di associare i nostri volti a dei nomi, o più verosimilmente stava solo cercando di metterli a fuoco.

« Tu! » sbottò infine, tenendo una mano serrata sul collo di una bottiglia vuota per indicare Hugo. « Portami un'altra bottiglia di Whisky! »

« Due bottiglie di Whisky! » lo corresse mio padre, levando un braccio al cielo e sventolando il pugno con fare cameratesco.

« Tre bottiglie di Wilki! » si accodò lo zio Harry, che a quanto pareva quella sera aveva seri problemi di pronuncia, nonché altrettanto evidenti difficoltà nella deambulazione.

Mio padre si voltò verso di lui, sventolandogli il dito sotto il naso e colpendo quello di Draco nel mentre.

« Hai detto Wilki » lo rimproverò.

« No, non è vero! » si difese lo zio Harry con veemenza.

Papà mise su una faccia saputa e fece cenno di no con l'indice, schioccando la lingua con atteggiamento da maestrina.

« Hai detto Wilki, ti ho sentito ».

« No, invece! Ho detto Wil... Wils... Wol... Welsink... Wollaby! » sbottò Harry infine, spazientito.

Draco gettò il capo all'indietro e gridò la nuova parola, entusiasta.

« Uhu! Wollaby! Tre bottiglie di Wollaby! »

« Dieci bottiglie di Wollaby! » esclamò mio padre.

Zio Harry, elettrizzato dal successo riscosso dalla sua parola, si esibì in un ululato di giubilo.

« Cento bottiglie di Wollaby! »

I tre si allontanarono barcollando e continuando a ritrattare entusiasticamente sul numero delle bottiglie di Wollaby. Mentre mi godevo lo spettacolo (per cui avrei volentieri pagato, in una situazione diversa), presi un boccale di succo di zucca dal tavolo e lo sorseggiai distrattamente.

« Rose, io non so se ti conviene... » cominciò Hugo.

« Cosa? » chiesi.

Per tutta risposta Hugo si limitò ad indicarmi Fred, che stava svuotando un flacone di pillole nella ciotola del punch. Feci correre uno sguardo dal mio bicchiere mezzo vuoto alle losche operazioni di Fred e poi di nuovo al mio bicchiere.

« Oh ».

Per un attimo cominciai a preoccuparmi seriamente, ma poi mi venne un'irresistibile voglia di prosciugare la collezione di Vini Elfici dei Malfoy e dimenticai tutto il resto. Da quel momento in poi, l'intera faccenda divenne piuttosto confusa e decisamente bizzarra. Così bizzarra, in effetti, che – non sapevo bene come e, in tutta sincerità, nemmeno volevo saperlo – dopo il quarto calice di vino (o era il quinto?) mi ritrovai a discutere animatamente di Quidditch con Lucius Malfoy.

Presi al volo da un vassoio il sesto bicchiere della serata e ne tracannai metà con un sorso.

« Cioè, capiamoci » declamai, sventolando in aria il calice. « Non è una questione di razzismo o cosa, ma diamine, è un dato oggettivo, i Nati Babbani a Quidditch sono delle mezze seghe ».

Lucius annuì con convinzione.

« L'ho sempre detto. Anni fa proposi al Ministro della Magia di vietare il Quidditch ai Sanguesporco, ma Caramell era un tale inetto... »

Sventolai il calice con più vigore e mi schizzai con alcune gocce di vino.

« Ma non è neanche questione di vietarlo: tanto non ci giocano comunque... »

« Nella squadra di Quidditch di Serpeverde non si è mi visto un giocatore Nato Babbano da... beh, da mai, probabilmente » concordò Lucius, orgoglioso.

Poi, con un risolino deliziato, aggiunse: « D'altronde a Serpeverde non li prendiamo mica, i Sanguesporco ».

« Quello neanche noi, nella squadra di Grifondoro » blaterai, rovesciandomi il resto del vino sulla maglietta. « Cioè, magari sono anche bravi, niente da dire, ma alla prima caduta da più di due metri d'altezza si prendono uno spavento tale che non si avvicinano ad un manico di scopa per il resto della loro vita. Capisci, loro hanno quelle specie di lattine volanti, gli aeroplani, che quando si guastano si schiantano e ammazzano duecento persone in un colpo solo. Crescono sentendosi dire di non sporgersi dalle finestre, che se cadono si ammazzano, e poi vuoi che ti facciano acrobazie su una scopa? Diciamocelo, i Babbani hanno una fifa blu dell'altezza. Mentre i maghi ce l'hanno nel sangue, non so se mi spiego, imparano a volare ancora prima di imparare a camminare... »

Lucius batté le mani in segno di approvazione, poi Appellò una bottiglia e si riempì nuovamente il bicchiere.

« Esatto, esatto, sta tutto nel sangue » disse. « I Babbani, figuriamoci, quelli hanno guano di drago al posto del sangue. Ho sempre pensato che i Nati Babbani non dovessero essere ammessi a Hogwarts, ma Silente no, lui era troppo rimbambito per rendersi conto di quale feccia girasse per i corridoi della sua lurida scuola di Babbanofili. Oh, ma al primo preside decente che arriva, vedrai... »

Mi bloccai, interdetta, con il calice vuoto ancora levato a mezz'aria, rendendomi conto che il filo della conversazione mi era un po' sfuggito di mano. Mentre Lucius continuava a tenere la sua orazione in compagnia della bottiglia, mi affrettai a svignarmela.

Non andai molto lontano, ad ogni modo: ebbi appena il tempo di percorrere alcuni metri e di svoltare un angolo prima di inciampare su qualcosa di non meglio definito e ritrovarmi stesa a pelle di leone sul pavimento di pietra. Imprecai sonoramente e mi rimisi in piedi con una certa fatica, mentre il "qualcosa di non meglio definito" assumeva la forma confusa di due Scorpius Malfoy al fianco di un imprecisato numero di Dominique Weasley. Gemetti e mi presi la testa tra le mani.

« Calvin, perché mi fai questo? »

« Calvin? » ripeté una delle (troppe) Dominique, perplessa.

Mi limitai ad aumentare il volume e la portata drammatica dei miei gemiti, mentre il mondo, tutt'attorno a me, sembrava non volerne sapere di cancellare i duplicati di troppo che mi danzavano confusamente davanti agli occhi.

Maledizione!

Dominique (una delle tante) storse il naso e mi guardò dall'alto in basso con l'aria leggermente schifata di uno scienziato che osserva i risultati di un esperimento particolarmente mal riuscito.

« Scorpius, te ne vuoi occupare tu? » chiese.

I due Scorpius fecero una smorfia strana, a metà tra il perplesso e il preoccupato.

Ecco, bravo, pensa a quanto devo essere perplessa io... non me ne bastava uno, di te!

« Ehm... » tossicchiarono i gemelli Scorpius. « Cosa intendi esattamente per “occuparmi” di lei? »

« Beh, qualcuno dovrà pur metterla a letto, no? » replicò la Dominique che mi stava più vicino con tono ovvio.

Poi, prima che i gemelli Scorpius potessero ribattere, la banda di Dominique sfocate e traballanti si allontanò lungo il corridoio, lasciandomi sola in compagnia dei gemelli. I due sospirarono e mi lanciarono un'occhiata strana.

« Ce la fai a camminare da sola? »

« Certo che ce la faccio! » sbottai, e mi tirai su di scatto per dar prova della mia evidente sobrietà.

Non so bene come, ma l'attimo dopo ero di nuovo per terra e avevo come l'impressione di essermi fatta discretamente male al fondoschiena. 

« No, aspetta, ma sto bene, eh... » borbottai, tentando di tirarmi su.

I gemelli sbuffarono e, prima che potessi dimostrare la veridicità delle mie parole, mi sollevarono tra le braccia. O almeno così credetti, perché in un istante mi ritrovai sospesa nel vuoto e tremendamente vicina al petto di Scorpius. Lo tastai, per assicurarmi che non fosse un'allucinazione.

« Oh, sei tornato uno » constatai con sollievo.

Scorpius sbuffò e non si degnò di rispondere.

Il viaggio su quel comodo seppur bizzarro mezzo di trasporto durò decisamente troppo poco per i miei gusti, lasciandomi alquanto insoddisfatta. Scorpius, invece, parve assolutamente soddisfatto di avermi appena scaricata sul mio letto come se fossi un sacco di patate.

« Merlino se pesi... » commentò, massaggiandosi le braccia.

Prima che potesse allontanarsi, però, lo agguantai per il colletto della camicia e lo costrinsi a restare chinato su di me, il viso a pochi centimetri dal mio.

« Non ti allontanare... » piagnucolai. « Se ti allontani poi torna il tuo gemello... »

E Calvin a quel punto si sarebbe probabilmente soffocato con le sue stesse bave, cosa che non doveva assolutamente accadere, perché non volevo cadaveri bavosi e puzzolenti dentro la mia scatola cranica.

Scorpius scosse la testa e si mise a sedere sul pavimento, accanto al capezzale. Continuai a tenergli saldamente il polso, per assicurarmi che non decidesse di volatilizzarsi da un momento all'altro, come aveva fatto il suo gemello, e Scorpius lasciò che lo facessi.

Mi sistemai meglio sul cuscino, squadrando i contorni confusi del suo volto. Poi decisi che, visto che mi sentivo lo stomaco tutto scombussolato e presto avrei probabilmente vomitato le farfalle, avevo tutto il diritto di lagnarmi un po'.

« Perché va sempre a finire che ci parliamo quando siamo ubriachi? »

Scorpius emise uno sbuffo che mi parve piuttosto sarcastico e mi tirò le lenzuola fin sopra le spalle.

« Tu sei ubriaca ».

« E tu no? » chiesi. 

« No » rispose. « Ho imparato che non è il caso di accettare nulla che ti sia stato offerto da uno dei tuoi cugini. Specie se si tratta di Fred o di James ».

« Ecco, bravo » grugnii, e misi il muso.

Le farfalle svolazzavano sempre più insistentemente all'interno delle mie intestina e a dirla tutta non mi sentivo un granché bene.

Stupide farfalle e stupido Scorpius... ma guarda un po' se devo stare così per colpa loro!

Passò un po' di tempo, non avrei saputo dire con precisione se qualche minuto o qualche era geologica, ma quando mi riscossi dal pensiero delle farfalle scoprii che Scorpius era ancora seduto accanto al letto e che le mie mani stringevano il suo... oh, ora era la sua mano.

Sbattei le palpebre, un po' stupita.

« Ma tu non mi odiavi? » chiesi.

Scorpius ridacchiò e mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

« No, non ti odio » rispose. « Al momento sembri innocua ».

Aggrottai le sopracciglia, per nulla convinta.

« Ma... ma mi hai trattata male e... e vuoi andare in vacanza con quella francese... e hai detto davanti a tutti quella cosa di quando ci siamo quasi baciati per farmi sembrare stupida e... e... e poi devi smetterla di fare il fighetto aristocratico, mi dà sui nervi! » sbottai. 

Scorpius ridacchiò e mi assicurò che non aveva la minima intenzione di andare in vacanza con la sua “amica” Éstelle, ma lo ignorai.

« Tu mi odi » dichiarai con sicurezza. « Perché sei qua adesso? »

« Perché ti devo un favore » spiegò.

La qual cosa mi lasciò piuttosto dubbiosa.

« Un favore? »

« Già » confermò Scorpius. « Ricordi quella festa a cui ci ha trascinati Dominique? »

Oh, giusto”. 

La famosa festa in cui Scorpius mi aveva praticamente vomitato sulle punte delle scarpe e ci eravamo anche... “Calvin, smettila immediatamente di mimare quelle cose!

Sbuffai.

« Certo che me la ricordo. Sei tu che non ti ricordi che... »

« Che ti ho baciata? » mi interruppe Scorpius con un sorriso sereno.

Spalancai gli occhi ed ammutolii.

« Tu... tu... » gracchiai.

Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, a corto di parole.

« Te lo ricordi? » riuscii a sussurrare alla fine.

Scorpius sfilò la mano dalla mia presa e mi rimboccò le coperte che, nel frattempo, non sapevo bene come, erano finite tutte accartocciate in un angolo del materasso. Annaspai nel tentativo di riafferrarla, ma ormai lui si era già alzato ed era fuori portata.

« Potevo dimenticarlo? » chiese con un sorrisetto amaro. « Sei tu che non ricorderai questo ».

E, prima di andarsene, si chinò a posarmi un bacio sulla fronte.

   
 
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