Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Erodiade    18/09/2012    4 recensioni
Voldemort ha vinto la guerra, ma cinque Horcrux sono andati distrutti; rimangono Nagini, il ragazzo e strade inesplorate. Le sue ricerche per sconfiggere la Morte si fondono col tentativo, da parte di Harry, di tenere in vita un’illusione dolceamara.
“Le Arti Oscure hanno il vantaggio di vendere al mago ciò che vuole, vedilo come uno scambio. Prendi un mago nobile e altruista, e ponilo di fronte alla scelta di salvare uno dei suoi cari o rimanere puro e incorrotto. Che cosa farà, a quel punto?”
[Mentor!Voldemort, Gray!Harry]
SOSPESA.
Genere: Dark, Horror, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Lucius Malfoy, Remus Lupin, Sorelle Black, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Ceneri fredde,,


- II - 


 
Le Arti Oscure esigono sempre un prezzo, da parte di colui che le evoca e da chi le subisce.
L’aveva intuito scorgendo il graffio sul palmo di Silente, pedaggio per attraversare un cupo Acheronte e impossessarsi di un medaglione vuoto, e prima vedendo la sua mano avvizzita a causa del cancro maledetto che lo stava consumando, ma soprattutto l’aveva potuto osservare nelle sembianze distorte di un Lord Voldemort corrotto dalla sete di potere.
Lo preferiva nei panni della bianca carcassa che era sempre stato all’epoca in cui lui era solo un ragazzo rispetto alla maschera del padre Babbano che indossava adesso grazie all’ausilio di filtri e pozioni – come uno di quei demoni che prendono l’aspetto delle loro vittime, calzando le loro carni come vestiti. Harry trovava più semplice odiare il teschio ghignante che compariva nei suoi vecchi incubi anziché quel pallido estraneo dagli occhi d’ossidiana e il sorriso blasfemo – più facile odiare qualcuno se non lo si conosce realmente e ha la faccia mostruosa di un essere inequivocabilmente malvagio.
Le vesti umane rappresentavano un contrasto sinistro con il lucore vermiglio dello sguardo o con l’imperturbabilità di chi ha il ghiaccio nel cuore, e quello che mostrava non c’entrava nulla con ciò che era davvero, si trattava solo dell’involucro di un Tom Orvoloson Riddle di quarant’anni più giovane che non aveva mai spezzato la propria anima così tante volte da essersi dimenticato il sapore di una risata felice.
Il suo aspetto era una menzogna, come le sue parole.



***

 




Arrivarono seguendo gli strascichi dell’alba.
Harry dimenticò come aveva varcato i cancelli di Malfoy Manor, attraversando l’acciottolato senza degnare di uno sguardo le siepi e i pavoni albini dalla camminata regale; non udì lo sciabordio della fontanella di pietra bianca, né notò come al suo passaggio si lasciasse alle spalle orme insanguinate.
Voldemort lo precedeva, ma al momento non gli importava; registrò il dettaglio almeno tre giorni dopo e gli diede solo un pizzico di fastidio, nulla confronto a quanto ne avrebbe provato prima. Sulla loro scia aleggiava sinistro il cadavere di Scabior, sospeso a mezz’aria per magia, un occhio scuro aperto sul nulla e l’altro coperto di sangue, quasi indossasse una mezza maschera rossastra. Harry si ostinò fino all’ultimo a non guardarlo.
Ciò che contava, al momento, erano lei tra le sue braccia e il mantenimento dei patti. Fissava la nuca di Voldemort come se si aspettasse una mossa falsa, consapevole che se fosse stato condotto in una trappola l’avrebbe scoperto sin da subito e a proprie spese – proprie e di Ginny.
Rammentò il brivido che aveva provato quando la mano di lui si era posata sulla sua spalla per la Materializzazione Congiunta – aveva chiuso gli occhi convincendosi che lo faceva per Ginny, cercando di scacciare l’impulso di infilzargli la bacchetta nelle costole. Era stato un contatto di mezzo secondo, abbastanza da realizzare a chi si stava vendendo, e gli era sembrato di riudire la sua voce proveniente dalle nebbie del cimitero di Little Hangleton: “Ora posso toccarlo”.
Ad aprire fu un elfo, o forse la porta si spalancò da sola per mezzo di un incantesimo – c’era magia nelle pareti stesse del luogo, e nello spazio deserto vigeva un che di luttuoso. Se si chiese perché non ci fosse nessuno, fu ancora per fiutare le tracce di un ipotetico inganno.
Riddle lo condusse in una sala talmente vasta che l’enorme tavolo non ne occupava neppure la metà, e Harry si era trovato così raramente in un’abitazione magica che non poté evitare di guardarsi attorno per un attimo. Il lampadario era simile a quello che si era frantumato a terra appena prima che Dobby fosse ucciso; la luce riflessa sulle gocce di cristallo si rifrangeva in schegge vellutate sulle pareti color avorio. C’erano colonne corinzie ai quattro angoli, le piccole scanalature incise nel marmo e le foglie di vite sul capitello, mentre una cupa scena di caccia era la rappresentazione di un dipinto che occupava il muro di sinistra.
Ad un cenno di bacchetta, il corpo del Ghermidore si accasciò supino sul tavolo; dunque Voldemort si rivolse a Harry: “Mettila giù.”
Il ragazzo raggelò, alzando lo sguardo verso di lui. “Su un tavolo da salotto?”
“Sei ospite, qui, Harry, e Narcissa sarebbe quanto mai dispiaciuta di sentirti parlare con tale disprezzo della sua illustre dimora.” Lungi dal badare all’etichetta, le parole erano venate di sarcasmo, e Harry pensò che qualcuno avrebbe dovuto spiegargli la differenza tra ‘ospite’ e ‘prigioniero di guerra’.
“Come sarebbe quanto mai dispiaciuta di vedere un cadavere che gocciola sangue sul suo tappeto?” In realtà il sangue non gocciolava, ma non aveva intenzione di fissare quel corpo sapendo che era stato lui ad ucciderlo; era come se una forza estranea gli distogliesse lo sguardo ogni volta che si avvicinava alla sagoma. “Non è casa tua, Riddle.”
Nonostante i toni, adagiò Ginny all’estremità opposta rispetto al suo aggressore, badando di sistemarle i vestiti ricuciti con un rudimentale incantesimo domestico. Guardandola dimenticò quasi di respirare. Pareva molto provata, eppure non poteva essere passata più di mezz’ora da quando l’aveva scorta nel fango… Solitamente sapeva sempre cosa fare nelle situazioni, se non con la ragione di certo con l’istinto, ma ora, con lei lì e nessuna conoscenza medi-magica, tutto ciò che aveva imparato a Hogwarts gli pareva una manciata di formule vuote. Poteva attaccare, difendersi, ma non riparare i cocci in frantumi, e allora a che cosa serviva la magia? A che cosa serviva, se non poteva permettersi di eliminare malattia e guerra, che cosa voleva dire essere maghi se non si poteva curare la morte? Il pensiero comparve per un attimo e si dissolse. Nessuno può tornare indietro, si ripeteva; ci sono incantesimi che loro non conoscono, risuonava però nella sua mente.
Incrociò gli occhi del mago Oscuro, il quale rimaneva a guardarlo dibattersi nella sfiducia con una luce di perversa soddisfazione nelle iridi scarlatte. Maledetto, pensò Harry con una fiammata d’odio. Sai di avermi in pugno e gongoli da quello schifoso subdolo figlio di puttana che sei…
“Allora?” sbottò, sebbene si avvertisse l’angoscia dietro le sillabe ringhiate. “Che cosa devo fare per…?”
“Tu nulla, per ora” interruppe l’altro asciutto venendogli accanto – Harry provò l’impulso di ritrarsi, ma Voldemort rivolse l’attenzione a Ginny, analizzandola dall’alto in basso come se si trattasse di materia inerte su cui provare un incantesimo. Quando levò una mano a toccarle il polso, Harry era lì lì per aggredirlo.
Le dita dell’uomo si bloccarono nel tragitto verso la giugulare. “Togliti da qui, ragazzino, o vuoi che le recida un’arteria a causa dei tuoi scatti?”
Harry si distanziò di un millimetro, nient’affatto rassicurato; ancor peggio fu quando il mago le avvicinò la bacchetta al collo e la passò ad un centimetro dalla sua pelle lungo tutto il corpo, ma si trattenne mordendosi un labbro. Alla fine, Voldemort terminò il suo esame.
“Non si sveglierà” decretò.
Harry avvertì il cuore esplodergli dentro e in contemporanea afferrò la bacchetta, puntandogliela addosso. “Avevi detto che l’avresti salvata!”
Riddle gli indirizzò uno sguardo nauseato. “Immagino che anche un Mezzosangue cresciuto da Babbani come te sappia che cosa significa trovarsi immersi in uno stato comatoso” aggiunse.
Il ragazzo abbandonò il braccio lungo il fianco lentamente, man mano che le parole facevano breccia e l’ira si spegneva. “Anche tu sei un Mezzosangue cresciuto da Babbani” replicò, con meno acidità di quanta ne avrebbe messa normalmente. Coma. Ginny è in coma. Viva, ma in coma. Non sapeva se sentirsi terrorizzato o sollevato dalla notizia.
Voldemort assottigliò lo sguardo, ma sembrò incassare in maniera singolare. “Sbagli, Potter. Sono al di là di tali definizioni che si danno agli umani, ho superato quella fase da lungo tempo ormai.”
“Oh, si vede” schioccò Harry, riuscendo a squadrarlo dall’alto in basso nonostante gli arrivasse più o meno alle spalle.
L’altro sembrò non udirlo, tornando a guardare Ginny esanime con la stessa inespressività che si rivolge ad un oggetto. “Potrei lasciarla qui” sussurrò delicato. “Il trauma è esteso alla zona temporale del cervello, potrebbe non riprendersi mai più. Se la lasciassi così, sarebbe nulla di meglio di un vegetale per il resto della sua vita… Ti piacerebbe?” Fece oscillare la punta della sua bacchetta sulla fronte della ragazza, come un pendolo che potesse deciderne la sorte a seconda di dove si fosse fermato.
Harry colse l’antifona. Strinse talmente i denti che pensò potessero spezzarsi. “Io smetto di parlare, ma tu cerchi di curarla” stabilì.
“Come si dice?”
Il ragazzo s’immobilizzò. “Cosa?”
“Le buone maniere, Harry. Siamo gente educata e ci troviamo in una villa Purosangue.” Riddle parlava con voce soffice, quella che si addice ad argomenti futili come il tempo e il menu del ristorante. “Allora?”
L’avrebbe ucciso. Squartato. Anzi, prima avrebbe imparato la Cruciatus appositamente per torturarlo. Era così tentato di assalirlo che le sue ginocchia si piegarono da sole per prepararsi ad un attacco, ma ricordò che non poteva agire impulsivamente. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Ginny. Il suo sorriso. Vederla di nuovo viva. I pomeriggi passati a giocare a Quidditch alla Tana. Quando fu pronto, li riaprì. “Per favore” sibilò, infondendoci tutto l’odio che provava.
Gli occhi di Voldemort scintillarono di trionfo e le unghie di Harry scavarono la pelle delle mani chiuse a pugno.
“Non ti chiederò di ripeterlo, per questa volta” concesse con lo stesso tono dolce.
Harry non riusciva praticamente a respirare. Avrebbe tanto desiderato poter Occludere la mente e scacciare le emozioni; gli pareva di essere un vulcano vicino all’eruzione confronto alla calma artica di Voldemort.
“Stavo dicendo” proseguì questi neutro, “che il trauma è psico-fisico, dunque cercheremo un’apposita cura tramite pozioni iniettabili per via endovenosa o rilasciabili in un liquido. Una Rimpolpasangue basterà per le perdite che ha subito, ma dovremo preparare un Filtro Rigenerante in cui immergerla nel frattempo; inoltre sarà meglio…” La punta della sua bacchetta si mosse formando piccoli cerchi lungo la pelle di Ginny, dal capo alle dita dei piedi, ed in contemporanea fu come se un alone gelido le si posasse addosso, impermeabile.
A Harry sembrò improvvisamente più pallida e fredda, un’impressione che gli fece contrarre le viscere e dimenticare la promessa di silenzio. “Che cosa le hai—”
“Ho congelato le cellule del suo corpo cosicché non possano riprodursi e morire, quasi che la sua vita fosse sospesa… Non può peggiorare, in questo modo.”
“Hai intenzione di tenerla così?” A Harry veniva da vomitare, anche se non ne capiva esattamente il motivo; sapeva solo che era una cosa orribile.
“La Criomagia dev’essere rinnovata una volta ogni tre ore, o l’organismo riprende la sua normale attività. Prepareremo un Filtro Rigenerante alla giusta temperatura, e una volta immersa nel liquido non ci sarà bisogno di tenerla sotto controllo costantemente.”
Harry la fissava con la fronte corrugata, tanto concentrato da dimenticarsi l’astio verso Voldemort. La situazione continuava a dargli i brividi, per quanto si sforzasse. Stava per chiedere quali rimedi pozionistici esistessero contro il coma magico, di cui non sapeva nulla, quando il mago Oscuro aggirò il tavolo posizionandosi di fronte al capo di Scabior e parlò con lo stesso tono impassibile: “Vieni qui, ora.”
“Come mai?” ribatté in fretta, non per sfida quanto perché non voleva avvicinarsi al cadavere.
“Sto perdendo la pazienza, ragazzino” minacciò Voldemort a voce bassissima. Probabilmente più il tono diminuiva più la voglia di Cruciare Harry era maggiore. Il ragazzo non si sentiva spaventato, era troppo preoccupato per Ginny e pieno di ostilità per Riddle, ma pensò che non fosse una richiesta così tremenda da rifiutarsi. Attraversò la sala fino a porsi davanti alle scarpe del cadavere. Per evitare di fissarlo, spostò lo sguardo in quello di Voldemort e cercò di mostrarsi assolutamente padrone di sé.

Il Signore Oscuro storse un angolo delle labbra in una specie di ghigno. Era piuttosto sgradevole stare l’uno di fronte all’altro con un morto in mezzo, soprattutto se Voldemort aveva quella faccia. Harry rabbrividì impercettibilmente.
“Sai usare una Maledizione Espellivisceri?” chiese il mago allargando il sorriso distorto.
Harry deglutì. “No.” Maledizione? Di certo non si aspettava che conoscesse le Arti Oscure, vero?
Voldemort disapprovò, e a Harry venne in mente la smorfia di Piton nel commentare i suoi tentativi a Pozioni con la parola ‘patetico’. Scacciò il pensiero: se sommava il ricordo di Piton alla presenza di Voldemort, rischiava di imparare per davvero a lanciare Cruciatus.
“Lo immaginavo, non sai nulla di pratica chirurgica in campo magico” si limitò Riddle. “Allora dovrai farlo a mani nude, ragazzino. Conviene tirarti su le maniche.”
Harry non capiva, ma stava iniziando ad agitarsi. “Prima dimmi che cosa devo fare, Riddle” sputò.
Voldemort passò la bacchetta sul petto di Scabior, e la veste si dilaniò dal bacino al collo. Harry guardò per un attimo e poi ritrasse il capo, strizzando le palpebre. Che cosa stava facendo? Pratica chirurgica?
“Lezione numero uno, Harry: la vita si paga con la morte” decretò Tom Riddle. “Dai tempi dei tempi, questa è la regola base. La magia nera nelle sue forme più elevate non è qualcosa che un mago comune possa richiamare dall’interno di sé per tramutarla in energia e sfruttarla a piacimento. La magia nera risveglia le forze silenti della natura esterne all’individuo ed esse accettano di piegarsi a lui solo se lo ritengono meritevole. Non sei tu a controllare loro, almeno finché non sacrifichi abbastanza, e non tutti hanno il temperamento adatto per addentrarsi in queste branche, né avvertono la necessità di farlo. La conoscenza che si ricava da un simile viaggio, però, è illimitata.”
“Ma ha un prezzo, hai detto” interruppe Harry duramente, pensando agli Horcrux. La sua espressione era di puro disgusto considerando la mutilazione ripetuta dell’anima attraverso l’omicidio in cambio del potere assoluto.
Qualcosa brillò e si spense nelle iridi rosso cupo. “Sempre” confermò. Vedendo la faccia del ragazzo, aggiunse: “Le Arti Oscure hanno il vantaggio di vendere al mago ciò che vuole, vedilo come uno scambio. Prendi un mago nobile e altruista, e ponilo di fronte alla scelta di salvare uno dei suoi cari o rimanere puro e incorrotto. Che cosa farà, a quel punto?” Lo guardò in modo significativo, godendosi la sua reazione.
A Harry il discorso non piaceva con ogni fibra di sé, né sopportava il tono beato di Voldemort nel parlare della sua disciplina favorita, ma lo fece sentire anche schifosamente in colpa. Nulla di ciò che facesse ghignare Voldemort in quel modo poteva essere giusto, era come se si fosse infilato da solo nella trappola ma non riuscisse ad uscirne: lui lo faceva per Ginny, non per se stesso. Iniziava a capire perché Riddle considerasse l’amore come una debolezza, ed era un pensiero deprimente.
“Quando dici ‘sacrificio’ intendi anche un pedaggio di sangue per oltrepassare un ingresso, e una tortura psicologica per poterne uscire?” inquisì Harry, tanto per allentare la stretta al petto che provava evitando una risposta diretta.
L’espressione dell’altro si rabbuiò all’improvviso. “Immagino ti riferisca alla caverna dove tu e il vecchio vi siete introdotti per rubare il mio medaglione.”
Harry si lasciò sfuggire un sorrisetto di superiorità, mettendo da parte i ricordi penosi che quella nottata gli evocava e concentrandosi sulla soddisfazione di aver privato Voldemort degli Horcrux e di quello che, ne era certo, fosse lo scopo della sua vita. “Quella.”
Continuarono a fissarsi per un po’, Harry con il ghigno di Malfoy quando gongolava e Riddle con uno sguardo da Anatema Che Uccide non-verbale.
“Sì, sono degli esempi” risolse infine il mago Oscuro senza abbassare lo sguardo. Harry non sbatteva le palpebre da così tanto tempo che gli occhi cominciavano a bruciare.
Riddle proseguì come se non fosse stato interrotto: “Le Arti Oscure esigono sempre un danno fisico o psichico per assecondare le richieste del mago; richiedono una forza mentale considerevole, che non tutti possiedono. Uccidere, come saprai, lacera l’anima; utilizzare spesso incantesimi come le Cruciatus danneggia i tessuti neuronali del mandante oltre che del ricevente. Tutto ciò è illegale più per il timore di un abuso che di un uso moderato, Potter, e non è di uso moderato della magia nera che noi avremo bisogno per ciò che faremo.” L’ultima nota era sinceramente inquietante. “In questo caso, sei fortunato. Hai già sacrificato la vita che dovevi alle forze Oscure, adesso è necessario sfruttarla a tuo vantaggio. Se vuoi inizio io, ma dopo dovrai fare da solo.”
Harry stava già per aprir bocca, ma la bacchetta di Voldemort passò di nuovo sulla pelle di Scabior, tracciando una linea verticale in prossimità del torace, che venne reciso di netto davanti a loro. Harry si voltò di scatto, senza riuscire a respirare. “Non se ne parla” esalò. “Io non…non frugo tra le sue budella per… Ma a che cosa serve, poi, non c’è un altro mo—”
“Devi estrarre il cuore” annunciò Voldemort con tutta la dignità possibile mentre era impegnato a sviscerare un cadavere su un tavolo da salotto. “Poi ti occuperai di prelevare un campione di sangue e di sezionare il cranio per il suo cervello.”
A Harry veniva di nuovo da vomitare. “Perché Merlino devo fare queste cose?!” gridò, una nota isterica. Doveva essere un incubo, era decisamente troppo perché fosse reale.
“Perché” rispose Voldemort con lentezza, “lui è l’assassino, tu sei l’evocatore di un eventuale rito e potresti avere bisogno di uno di questi ingredienti per salvare la tua amica. Ho valutato la necessità di un’evirazione, considerata la violenza sessuale pre-mortem, ma—”
Harry boccheggiò. “Non toglierò il cazzo ad un morto” scandì, impallidendo quanto Ginny. Indietreggiò fino a sbattere contro la parete alle sue spalle. “Io non farò nessuna di queste cose, hai capito? Mi rifiuto di sventrare un tizio per fare un dannatissimo rito Oscuro da folli, mi rifiuto di lasciare Ginny nelle tue mani, pazzo sanguinario, la ucciderai!”
A quel punto, stava già pensando ad una possibile via di fuga con il corpo di Ginny in braccio, ma quando vide guizzare la bacchetta di Voldemort si preparò a rotolare per schivare la maledizione. Un getto di luce rossa colpì il punto esatto in cui un attimo prima si trovava, e un piccolo cratere si formò nel salotto dei Malfoy. Harry ringraziò sentitamente il Quidditch. La bacchetta scattò di nuovo ma, a sorpresa, l’unico risultato fu quello di ritrasportare Harry presso il tavolo.
Provò a muoversi senza riuscire a scollare i piedi dal pavimento. “Liberami subito!” ringhiò dimenandosi. Era uscito dalla dimensione di orrore ovattato che era perdurata trasportando Ginny in casa, adesso percepiva le emozioni ad un’intensità quintupla rispetto al normale ed era terribilmente umiliante farsi impedire i movimenti da Voldemort.
“Sei proprio un ragazzino.” Detto da lui pareva in assoluto un insulto, e Harry si sentì avvampare sotto al suo sguardo. “Credi sia un atto ignobile? Eppure potrebbe servire a lei, se altro non andasse a buon fine. Ogni caso clinico magico ha una sua diagnosi, una sua cura, e le Arti Oscure sono una disciplina sperimentale, la cui segretezza non fa altro che rallentare i progressi. Andremo per tentativi, non avrai un libro di testo scolastico da seguire pari passo. Se ti arrendi davanti a sciocchezze come estrarre qualche organo ad un uomo morto che per giunta ha stuprato la tua ragazza, non vedo come tu possa raggiungere l’obiettivo di risvegliarla. Silente mi sottovalutava se ha messo te a combattermi.”
Harry aveva di nuovo stretto i pugni e stava digrignando i denti. All’ultima frase fu come ricevere uno Schiantesimo in pieno ventre. “Bastardo” sputò. “Lui ha vio…fatto del male a Ginny, ma è te che sbudellerei volentieri, credimi, te lo meriti molto di più.”
Voldemort gli puntò la bacchetta in fronte, verso la cicatrice che al momento bruciava della sua furia trattenuta. Emanava una strana aura, una che aveva visto solo su Silente quando era particolarmente arrabbiato o richiamava a sé tutto il suo potere; solo, quella di Voldemort dava l’idea di morte imminente.
“Ti potrei Cruciare al punto da ridurti ad un essere strisciante, Harry Potter. Se non lo faccio è perché mi preme mantenere la tua mente intatta al fine di capire come abbia potuto sceglierti inconsciamente quale mio eguale. Sei solo uno sciocco ragazzino senza un briciolo di sapere che pretende di avere ragione su tutto, in cosa saresti uguale a me? Un Mezzosangue cresciuto da Babbani che ha studiato a Hogwarts, e poi?” Gli si delineò in volto un’espressione sprezzante.
“Io non vorrei mai essere uguale a te!” protestò Harry di cuore. Si sentiva sempre gravemente offeso, ma di sicuro non gli dava fastidio che Voldemort non notasse somiglianze tra loro. “Hai ucciso i miei genitori!”
“Allora dimostra la tua eroica volontà, Potter” sorrise Voldemort in un inquietante ritorno alla calma. “Salva la ragazza.”
Per Harry era tutto molto confuso. Non voleva toccare Scabior, anche se era stato lui a fare quella cosa a Ginny, non voleva proprio vederlo mai più. In questo caso, però, che scelta aveva? Che razza di pozioni erano quelle per cui si utilizzano gli organi umani? Arti Oscure molto avanzate, immaginava. Ma lui non era un mago Oscuro, lui era Harry; odiava la magia nera quanto odiava Voldemort. Tuttavia, era lì con Voldemort, e non lo stava combattendo. Era come se Voldemort lo stesse aiutando, anche se naturalmente doveva avere i suoi piani e la parola ‘aiuto’ non era adatta a definire le sue trame malvagie.
Si morse il labbro. Non gli andava di essere considerato debole, anche se era di Riddle che si parlava – o forse proprio perché era lui a giudicarlo tale.
“Va bene. Lo faccio.”
Spalancò gli occhi e si ritrovò a fissare Scabior. La bocca semiaperta gli donava un’aria di mezza sorpresa. Attorno alla tempia spaccata c’era un grumo di sangue, e secco com’era sicuramente non gocciolava, mentre il petto era irsuto, bianchiccio. Ora che lo guardava non riusciva più a distoglierne l’attenzione.
“Inizia da lì” indicò Riddle. “Apri con le mani e fa’ Evanescere lo sterno.”
“Mi servono dei guanti, giusto?” chiese Harry speranzoso.
Riddle attese un attimo prima di rispondere, forse per assaporare il piacere di lasciarlo brancolare nel dubbio. “No.”
Il ragazzo fece una smorfia, sospettando che Voldemort mentisse solo per vederlo esitare e sbiancare. Be’, non si sarebbe lasciato intimidire ora che aveva accettato, anche se era ciò che di più rivoltante gli fosse mai capitato, compreso nutrire Vermicoli e infilare bacchette nel naso di giganteschi mostri dai piedi di corno.
Si costrinse ad introdurre le mani nella carne di Scabior per aprire il petto. L’odore, lungi dal tanfo dei terreni di Hogwarts coperti di morti, era comunque abbastanza rivoltante, a meno che non fosse frutto della sua fantasia a causa del disgusto che provava.
Si pulì la destra contro le vesti del cadavere e puntò la bacchetta sull’osso piatto a guardia del muscolo. “Evanesco” mormorò, e almeno non fallì l’incantesimo – non voleva far comparire procioni sul dorso di un morto davanti a Lord Voldemort. Poi arrivò la parte più difficile.
Quando provò ad infilare le dita per afferrare il cuore, era certo che avrebbe vomitato. Inoltre, gli pareva tutto molto macabro e indecente.
Ha fatto del male a Ginny. Si meritava di morire. Ora comunque non può sentire dolore, quindi fallo, è per lei. Non è davvero colpa tua, dovevi ucciderlo, o lui avrebbe continuato. La stava violentando!
Le maniche ai gomiti, incontrò una resistenza inimmaginabile. Dovette aiutarsi con gli incantesimi per strappare l’organo ai vasi sanguigni e districarlo senza rischiare di danneggiarlo; comunque il tessuto muscolare era così resistente che sarebbe stato costretto ad inciderlo con un bisturi per provocare un taglio, e il grasso da cui era ricoperto in certe zone rendeva innocui gli urti.
Cercò di non pensare a quello che stava facendo, a tratti convincendosi che Scabior fosse stato solo uno schifoso stupratore assassino o che il suo non fosse un cuore umano, ma di una belva feroce che doveva macellare per salvare la vita a qualcuno.
Quando finì, tremava leggermente e non riusciva a non guardare l’organo mutilato tra le sue mani. Non era molto più grande di un suo pugno, e ciò gli mise addosso un senso di pietà inspiegabile, oltre alla solita nausea.
La voce di Voldemort lo distolse dalla sua contemplazione agghiacciata. “Riponilo qui.”
Si vide offrire un contenitore di vetro ripieno di una sostanza liquida dal colore rossastro. Non aveva idea da dove Riddle l’avesse tirato fuori, ma somigliava spaventosamente ad uno dei barattoli che Piton teneva nel suo ufficio. Forse anche Piton, in vita, aveva conservato visceri umani insieme a piante e animali morti? Silente l’avrebbe certamente licenziato per un hobby simile. Non aveva idea del perché continuasse a pensare a Piton.
Harry lasciò scivolare il muscolo nel contenitore, dove cadde ricordandogli sinistramente l’occhio magico che Moody aveva spinto in un bicchiere d’acqua a casa Dursley nell’estate dei suoi quindici anni. Non era stato neppure lontanamente così raccapricciante.
“Ora il cervello, per ultimo il sangue.”
Il fatto che Voldemort lo comandasse a bacchetta lo infastidiva moltissimo, ma preferì riservare le sue energie per sforzarsi di non rimettere il cibo della mattina precedente – un pezzo di pane e una mela che lui, Ron e Hermione avevano rubato dalle cucine in fiamme. Non sapeva come si reggesse ancora in piedi, ma il pensiero che fino a solo un giorno prima Ron e Hermione erano stati vivi lo depresse terribilmente.
Dunque ricominciò, e fu ancora peggio del cuore. Appurato che non sapesse sezionare un cranio, Voldemort prese il suo posto, ma il resto dovette farlo da solo. Si estraniò talmente da se stesso che gli parve di guardare l’operazione compiuta  da mani altrui. Il cervello era un organo viscido e bianco sporco. Ripensare a Ron assalito dai cervelli nell’Ufficio Misteri gli facilitò il compito, dato che ne aveva già visti in massa, ma incrementò il peso che aveva sullo stomaco.
Anche il cervello finì in un barattolo. Prelevare il sangue non fu difficile, anche se era grumoso, pieno di coaguli; Voldemort assicurò che si sarebbe ridisciolto nella fiala riempita per un quarto da un filtro apposito.
Ad un certo punto, dall’ingresso provennero dei rumori. Harry non se ne avvide, troppo nauseato da quello che aveva appena fatto, finché una figura non si delineò chiara sulla soglia e lui non si voltò. I lunghi capelli crespi di Bellatrix Lestrange, neri come l’ebano, erano arruffati, il viso macchiato di sangue, le ampie gonne strappate e sporche di terriccio; ciononostante, Harry non l’aveva mai vista così viva.
“Mio Signore.”
Non riusciva a nascondere un sorriso selvaggio sulle labbra sottili, e le palpebre pesanti erano sollevate a mostrare occhi in cui la pupilla dilatata riempiva l’iride, come se si trovasse sotto l’effetto di un acido.
Il ragazzo la guardò paralizzarsi nell’inchino al cospetto di Voldemort per squadrare lui – e per un attimo la sua espressione si fece vacua dalla sorpresa. Solo per un attimo. Poi le si allungò in volto un sorriso, come una pantera che scorge la preda più ambita.
Harry non ci vedeva dalla rabbia: all’entrata della strega, la sua testa aveva iniziato a martellare e stava stringendo la bacchetta di biancospino tanto da poterla spezzare.
“L’avete preso, mio Signore!” esclamò esultante la donna.
“Naturalmente, Bella” commentò Voldemort con sufficienza come se fosse stato tutto calcolato (e forse lo era), ma posando lo sguardo su di lui parve compiaciuto. “Potter sarà nostro ospite per un po’, tua sorella sarà d’accordo.”
“Ospite?” ripeté lei divertita, avvicinandosi al tavolo e lasciando scorrere lo sguardo dal corpo mutilato di Scabior, in fondo, fino a soffermarsi su Ginny, i cui capelli spiccavano contro il bianco del viso. “Oh, Narcissa ne sarà onorata” aggiunse ironica. “E questa? È la ragazzina Weasley, non è vero? Non sapevo fosse morta anche lei, io mi sono occupata di quella grassona di sua madre…” Si leccò le labbra, avvicinando un indice al viso della ragazza…
…ma fu scagliata dall’altra parte del salotto, dritta contro il bordo dorato della grande cornice appesa alla parete, e atterrò tramortita sul pavimento. Harry aveva sollevato la bacchetta e ansimava con occhi pieni d’odio nella sua direzione: quella era la donna che aveva ucciso la signora Weasley, che aveva ucciso Sirius, non le avrebbe lasciato toccare anche Ginny. Da quanto desiderava lanciarle addosso una fattura, se non di peggio?
Quando si rese conto di non essere morto, guardò Voldemort all’erta.
“Te ne farà pentire, Harry” disse lui in tono mortifero. “Avrei potuto fermarti.”
“E perché non l’hai fatto?”
“Volevo vedere se avresti osato davvero. Mi chiedo fino a che punto si spinga la tua stupidità: agendo così, finirai per farti uccidere.”
Harry strinse gli occhi. “Credevo mi volessi vivo” ribatté sferzante.
Voldemort gli rivolse lo sguardo di chi compatisce un pazzo. “Hai altri nemici oltre a me, ed io non posso tenere costantemente al guinzaglio un intero esercito. Ciò che conta di un’azione non è il suo risultato nell’immediato, sono le sue conseguenze nel futuro.” Mentre il ragazzo si domandava che cosa intendesse, sorrise e indirizzò la bacchetta contro Bellatrix. “Reinnerva.”
La strega si riprese dallo Schiantesimo, rimettendosi in piedi quasi all’istante sebbene apparisse dolorante. “Schifoso marmocchio!” Aveva la voce stridente di quando perdeva totalmente la pazienza – e Harry dubitava ci volesse molto.
La sala dei Malfoy era enorme, ma non infinita. Riuscì ad evitare la prima Cruciatus buttandosi sotto al tavolo, a distanza da Bella nel tentativo di trascinarla lontano dal corpo inanimato di Ginny, ma infine si trovò in un angolo e il raggio di luce scarlatta lo colpì al petto.
Cadde a terra colpendo la nuca, davanti a lui un’esplosione di puntini rossi mentre la potenza della maledizione saliva d’intensità. Ogni nervo del suo corpo fu attraversato da una serie di scariche elettriche impazzite tanto potenti da farlo sobbalzare fuori controllo. Era come se Bella avesse sezionato a lui il cranio e si stesse divertendo ad infilzare aghi nel suo cervello, un’ondata di dolore dopo l’altra.
“Basta così, Bella” giunse la voce misurata di Voldemort da qualche parte fuori dal pozzo.
“Permettetemi solo di farlo urlare, questo sporco ragnetto!”
Harry si stava mordendo un labbro per evitarlo, e ogni volta che il suo cranio picchiava il suolo i denti si chiudevano involontariamente sulla carne, facendola sanguinare. Alla fine gridò così forte che l’avrebbero sentito sino in Irlanda, e tutto cessò, abbandonandolo tremante e boccheggiante nel suo sudore viscido.
“Ora il rapporto, Bellatrix” ordinò Riddle senza badare a lui. “Sono rientrati tutti dai terreni di Hogwarts?”
“No, mio Signore” rispose lei concitata. “Ho inviato alcune squadre a recuperare sparuti gruppi di fuggitivi diretti sulle montagne e dispersi nella foresta, ma i centauri ci impediscono il passaggio e non riusciamo a stanare quello stupido gigante che si sono portati dietro. Per il resto, la mia squadra e quella di Rodolphus sono arrivate in questo momento, così come la sezione di Avery. La vittoria è stata schiacciante, e programmiamo di reprimere nel sangue con facilità eventuali ribellioni dei prigionieri e di eliminare in pochi mesi la resistenza. Avete la stampa e il governo in pugno…inoltre, con Potter nelle nostre mani, più nessuno oserà ribellarsi al vostro dominio!”
Sembrava proprio un quadro celestiale dai toni entusiasti della strega, ma Harry, il respiro tornato alla regolarità, vedeva la tragedia dietro la supremazia di Voldemort. Si rimise in piedi aggrappandosi alla parete perché non voleva starsene a terra come uno straccio. Se Bellatrix l’avesse mai Cruciato di nuovo, decise che non avrebbe urlato qualunque tipo di sofferenza gli fosse inflitta.
Mentre i due discutevano di perdite subite e danni impartiti all’Ordine, lui tenne d’occhio Ginny. Voldemort aveva detto che l’incantesimo andava riformulato ogni tre ore prima di preparare una pozione in cui immergerla, ed era sicuro che non fosse trascorso così tanto tempo da quando erano arrivati. Desiderava sbrigarsi a fare qualcosa per lei, perché ogni minuto che passava si sentiva sempre più in trappola. Come avrebbe fatto a sopportare tutto quello? Cruciatus da Bellatrix mentre i superstiti dell’Ordine venivano sterminati insieme ai Babbani e il mondo s’inchinava a Tom Riddle?
Infine, la strega fu congedata e cadde il silenzio.
“Mi auguro tu abbia imparato la lezione” commentò Riddle neutro, dal nulla.
“La prossima volta sarà lei a strillare” ringhiò Harry fissando l’uscio da cui era uscita.
Gli occhi rossi incontrarono i suoi. “Acciaio che non si piega si spezza, Harry…” lo avvertì dolcemente.
Il ragazzo bruciò di rabbia. La bacchetta di Riddle saltò in avanti e lui rotolò di lato – ma fu il cadavere di Scabior il bersaglio: la carne si dissolse in pochi attimi lasciando il posto alle ossa dello scheletro, le quali finirono in cenere sul tavolo. Il ragazzo contemplò con un nodo allo stomaco ciò che rimaneva dell’uomo che aveva ucciso. Il mago Oscuro afferrò una manciata di cenere e la lasciò scivolare tra le dita bianche.
“…e sarà questo a rimanere di te.”
Vi fu una pausa. Harry guardò il vuoto, infine accennò a Ginny col capo: “Voglio preparare quel filtro.”
Riddle si limitò ad annuire. “Valle accanto e falla Levitare.”
Il ragazzo stava già aggirando il tavolo verso di lei. La pelle era gelida, e avrebbe giurato non respirasse.
Ti riporterò indietro, costi quel che costi, e poi lo ucciderò. Li ucciderò tutti, cazzo.
La sollevò in aria coprendola col proprio mantello, seguendo Voldemort fuori dalla sala lentamente, ancora rigido per la maledizione subita. Fu uno spettacolo che non si aspettava, quello dei Malfoy nell’ingresso illuminato dal sole mattutino, marmi rosati e statue neoclassiche talmente belli e splendenti da togliere il fiato, talmente vuoti da strappare il cuore.
I tre Malfoy, era solito dire per parlare della famiglia.
Stavano entrando in quell’istante, e si frenarono di colpo quando Voldemort attraversò loro la strada come se non esistessero. Narcissa, la strega che aveva incontrato alla Coppa del Mondo, quella con il naso per aria, era rigida, le dita contratte sul braccio del marito – Harry non capiva se lo sorreggesse o se si facesse sorreggere. Incontrò i suoi occhi, ma non sembrava importarle che lui fosse lì, sembrava non sapere chi fosse o saperlo talmente bene da poter fingere d’ignorarlo. Aveva un aspetto cupamente nobile, così pallida e diritta accanto all’uomo rovinato accanto a lei – Lucius, le labbra rotte e gli occhi pesti, persi nel vuoto.
Davanti a loro, dove avrebbe dovuto esserci Draco, dove Harry si sarebbe aspettato di trovare Draco, c’era una barella sospesa. Gli avevano steso un lenzuolo addosso, un lenzuolo su cui era ricamato uno stemma nobiliare, perché tutti i Casati Purosangue avevano uno stemma araldico e un motto.
Ricordava l’Ardemonio e le dita di Malfoy che si stringevano a lui sulla scopa, ricordava il pugno da sotto il Mantello dell’Invisibilità al Mangiamorte che voleva aggredirlo. Credeva di averlo salvato. Non era uno dei ragazzi che si erano precipitati ad aiutarli contro le armate Oscure, non era uno che cercasse la morte in guerra.
La testa prese a girargli di nuovo, ma solo un pochino, stava facendo l’abitudine ai colpi allo stomaco – e davvero, non credeva di potersi dispiacere per il figlio di Lucius Malfoy. In verità, scoprì di potersi dispiacere per lo stesso Lucius Malfoy.
Passò un attimo e lo sguardo di Narcissa si allontanò dal suo per fissarsi sulla scalinata d’ingresso.
“Lucius” chiamò Voldemort soave dal lato più lontano del salone, vicino alle scale che conducevano dabbasso. Harry era certo che avesse scoccato un’occhiata alla barella, ed era altrettanto certo che fosse soddisfatto di una punizione la quale, alla fine, era giunta.
Malfoy non volse propriamente il capo, piuttosto lo spostò di un millimetro, né i suoi occhi si levarono in una qualche direzione. La voce era terribilmente roca, come se avesse raschiato le corde vocali contro l’asfalto. “Mio Signore.”
“Avrete un ospite. Ordina ai domestici di liberare una stanza, a meno che Potter non desideri dormire nei sotterranei.” Sorrise verso di lui.
Harry non guardò il signor Malfoy mentre mormorava una risposta. Fissò Voldemort, invece. Se fosse stato possibile uccidere con uno sguardo…
Fu costretto ad oltrepassare i genitori di Draco. Probabilmente non lo videro nemmeno, probabilmente lui era l’ultimo dei loro pensieri in quel momento; eppure sentì bruciare la nuca quasi gliela stessero fissando, quasi lo stessero incolpando.
Credevo di averlo salvato.
Risuonò come una scusa ridicola anche nel suo stesso cranio.
 
 

Note di Ero

 
So che avevo annunciato una mini-long e che prevedevo solo 3 o 4 capitoli, ma mi è sfuggita di mano – spero di non superare i 10. Il motivo per cui non posso limitarmi a pochissimi cap sono i caratteri molto vicini al canon, devo svilupparli un bel po'. Al momento sarebbe assolutamente impossibile farci uscire dello slash, a dirla tutta sarebbe inquietante... Ah, e naturalmente Voldemort per ora ha il suo look satanico migliore, ma grazie al cielo esistono varie arrampicate sugli specchi che posso utilizzare per farlo magicamente tornare alla gnocchezza originaria. Si fa per amor di slash – non che Harry lo possa odiare meno se cambia faccia, ma di certo lo destabilizza un pochetto, e non che lui desideri cambiare faccia, ma...*rotola*.
Riddle ha i suoi motivi per permettere a Harry di vivere, ha i suoi motivi per non umiliarlo clamorosamente e ha i suoi motivi per “aiutarlo” con Ginny. Qui siamo 1 a 0 per lui, ma Harry si rifarà. Tra l’altro Harry è Gryffindor, per ora, ma avremo qualche cambiamento, dal momento che questa storia prevede una specie di Grey!Harry (tra Gryffindor e Slytherin). Infine, spero abbiate capito perché ho scritto Contenuti forti nelle note. Quando dico Arti Oscure io penso a ste robe, ehm. Ora la pianto.
I miei aggiornamenti non sono regolari, come qualcuno sa e qualcuno ha capito. Ringrazio recensori e lurkers dal profondo del cuore. <3
Ovviamente se avete consigli per la mia discesa nelle tenebre potete farmene partecipe, lo stesso vale per critiche e opinioni varie.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Erodiade