Un bellissimo
gufo nero bussò alla finestra del terzo piano dello studio
più famoso della
Londra magica. Il signor Firkin, un uomo di trentacinque anni circa con
i
capelli neri e gli occhi chiari, si avvicinò alla finestra
per far entrare il
volatile nella stanza, prese la lettera ma visto il mittente, invece di
aprirla, chiamò a gran voce la sua apprendista.
“
Eccomi,
signor Firkin!” rispose la giovane donna, entrando
nell’ufficio, i capelli
castano chiaro spettinati, le maniche della camicia, arrotolate fino ai
gomiti e
una penna magica, ancora in mano, erano evidenti che stesse lavorando
fino a un
momento prima e ora avesse corso trafelata per non farlo attendere.
Firkin
sorrise, non avevano mai avuto un’apprendista così
diligente e ligia nel suo
lavoro, sembrava che, anche, il compito più insulso fosse di
vitale importanza
per lei. Ed era, anche, decisamente bella considerò
l’avvocato, con un sorriso.
In seguito, vedendo la donna attendere, si rese conto di non aver,
ancora,
parlato e si riscosse.
“ Sai,
che
non si possono ricevere lettere di natura personale, durante il lavoro,
vero?”
disse, con occhio critico.
“
Signore,
io non aspettavo nessuna lettera…” rispose, sa
stupita, che a disagio Jordan.
“
Strano…” rifletté
Nicholas. “ viene dall’Italia…”
<<
Italia?? >> pensò Jordan. << Chi
mi può scrivere dall’Ital... oh!
Devo trovare un modo per averla … senza che sembri una
lettera personale… altrimenti,
avrò un richiamo…Jordan, che te ne frega di un
richiamo… eh, dai! Il fatto
preoccupante, è che potrebbe aprirla e leggerla! >>
“
Sì! Ora
ricordo…” esclamò, battendo le mani tra
loro. “ è una lettera importante di un
potenziale cliente…”.
“ E
perché non
ha scritto direttamente allo studio, scusa?” Chiese Nick,
scettico, alzando un
sopracciglio.
“
E’ un mio conoscente, si fida di me e la
situazione è, abbastanza, delicata…”
Rispose la giovane, sperando che il suo
capo abboccasse
all’amo.
“
Tradimento? Divorzio? Ci sono bambini di mezzo? “ chiese
l’avvocato, euforico,
mentre già pensava a come istruire la nuova causa.
“
Ehm… Mi scusi,
ma questa è violazione della privacy!”
Ribatté Jordan, forse un po’ troppo bruscamente.
“
“ Capisco…
Mi avverta sulle condizioni e fisseremo il giorno
dell’udienza… sarò io
l’avvocato!”
Ribadì l’uomo, sicuro di sé.
“ Lo
farò… “
disse, incerta. “ anche se spero che non ce ne sia il
bisogno…” sussurrò,
mentre rientrava nella piccola stanza, che le faceva da un ufficio, si
sedette,
aprì la missiva e si mise a leggere.
Rimase
qualche minuto basita davanti a quel foglio, mentre pensava a che cosa
fosse
giusto fare, poi si smaterializzò, lasciando un messaggio al
suo principale,
mancava ormai poco alla fine del suo turno.
Quando
riapparve nel salotto di casa sua, si diresse, immediatamente, nel
salone del
secondo piano, adibito ai due figli maschi. Dal portone provenivano le
note di
una canzone, eseguita al piano. Entrò e sorrise, vedendo il
fratello minore,
intento a suonare una dolce melodia.
“
Josh, come
mai suoni?” gli chiese, sorridendo.
Gli occhi
verdi del fratellino incontrarono quelli marroni della sorella e
s’illuminarono.
“ Ciao Jo, sai che suonare, mi
calma…”disse, gioioso.
“ Non
hai
pensato di farlo, prima di incontrare Vegi…”
disse, pensierosa.
Joshua si
fermò e la guardò preoccupato.
“ Non
so,
esattamente, che sia successo, fratellino… ma hai desiderato
tanto che voi diventaste
più che semplici, anche se buonissimi, amici e
ora… che fai ?! Lo lasci!!”Affermò
la donna, risoluta, guardando il più giovane co un cipiglio
critico.
Il ragazzo
stava per controbattere, ma non glielo permise.
“
Comunque
lui non sembra d’accordo e mi ha detto di darti
questi… “ finì. Porgendogli una
lettera verde ed un pacchetto blu.
“ Beh,
spero
ci ripenserai… secondo me , ne vale la pena…
già per il semplice fatto , che
gli vai dietro da quasi due anni!”
Se
ne stava andando, mentre Joshua apriva la
lettera, delicatamente, quasi fosse fatta di cristallo.
“
Ah… penso
sia meglio il duetto… quando tu suoni e qualcuno
canta…” aggiunse, lanciando un’occhiata
in tralice.
Il ragazzo
sentì la porta chiudersi, mentre aperta la missiva , si
accingeva a leggerla,
con interesse. Vi erano scritte delle scuse, che avevano la sfumatura ,
anche
se non troppo evidente, di una supplica di perdono. Deglutì
più volte,
dicendosi che non poteva accettare così in fretta, non doveva.
Poi prese il
pacchetto e sulla carta blu lucida comparvero due frasi:
“
You are the only thing that holds me alive”
“
Thing that not kill me, makes me stronger”
Guardò
più
volte l’involucro, che ripeteva a più riprese le due frasi.
“
Forse
dovrei… insomma… perdonarlo… ha fatto
solo un piccolo errore, in fondo…” si
chiese da solo.
Poi si rese
conto, che non aveva neanche aperto il regalo e si diede , mentalmente
, del
cretino.
Strappò
la
carta , in modo che non si rompesse e la mise da parte, ben piegata.
Prese la
scatolina nera , di velluto e la guardò , attentamente come
se potesse sparire,
poi l'aprì e vi trovò dentro un bracciale con
incisa una data e un serpente,
se lo allacciò al polso, al quale l’oggetto si
strinse in modo immediato. Ne fu
sorpreso, ma felice, non se lo sarebbe mai tolto, nemmeno sotto tortura.
“
Fratellino…”
Daniela gli si avvicinò, con il sorriso maligno che,
tipicamente, gli
rivolgeva.
“
Ciao…”
disse, titubante. La ragazza lo squadrò e con un gesto
fulmineo si appropriò
dei fogli , che si trovavano sul piano e lesse.
“
Incredibile… niente ti va storto!” disse furiosa.
“ io non ti sopporto più!
Mamma preferisce te, papà preferiva
te ,persino
Ben e J-j ti adorano e , adesso, anche, la tua vita sentimentale va a
gonfie
vele!” finì, mentre, i suoi occhi sembravano
volerlo incenerire e prendeva la
bacchetta dal giacchetto, che indossava, lanciando una cruciatus sul
fratello,
che strinse gli occhi, terrorizzato, pronto al colpo.
L’incantesimo non lo
raggiunse, ma s’infranse sullo scudo , creato dal bracciale,
compì un’ampia parabola,
colpendo il lampadario di ferro battuto e cristallo , frantumandolo.
“ Che
cavolo…??”
si chiese Danny, incredibilmente stupita, mentre si avvicinava al
perente. “
Vediamo se a questa distanza sopravvivi” disse , ghignando,
pronta a lanciare
una nuova maledizione.
Jordan
entrò
in quel momento, vide la sorella pronta a colpire, Joshua a terra ,
spaventato
e la lumiera distrutta.
“ Tu
sei
pazza!” urlò, disarmandola con un colpo. Poi
gridò: “ Incarceramus!” Daniela si
ritrovò, impossibilitata a muoversi , mentre la sorella la
trasportava con un incantesimo
e lanciò un’occhiata crudele al ragazzo.
“ Ora,
ne
parliamo con la mamma! Sarà lei a decidere che fare di
te!” terminò Jordan,
uscendo dal salone.
Joshua,
ancora scosso dall’accaduto, guardò il gioiello ,
legato al suo avanbraccio e
sorrise: << Mi
hai salvato, Vegi…
Ti amo! >>
Vegida si
trovava nel giardino della madre con il fratellino, seduto
sull’erba, mentre chiacchieravano,
quando sentì il braccialetto chiudersi sul suo polso,
gioì , abbracciando il
più piccolo, che sorrise felice.
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Draco e
Harry erano rimasti tutto il giorno nella stanza da letto, dopo aver
trascorso
una cena ,che non er stata interrotta da nulla o nessuno, era proceduta
in
modo, semplicemente , perfetto.
Draco si
alzò dal letto , quando erano, ormai , le cinque di
pomeriggio da qualche
minuto. S’infilò sotto la doccia e
cercò
di smettere di pensare: nonostante tutto quello che Harry avesse
cercato di
fare per lui, il costante pensiero dell’accaduto a suo figlio
, lo perseguitava.
Tornò
in
camera per vestirsi, guardando l’altro, che ancora dormiva
beato e stanco, ne
avevano, combinate delle belle quella notte, mattina e pensandoci bene
anche
parte di pomeriggio. Draco sorrise, si vestì e prese carta,
piuma ed inchiostro
da un cassetto, intenzionato a scrivere a Vegida per avere notizie
certe.
Scrisse una
lunga lettera e si diresse alla guferia del maniero per inviarla. Li
trovò una
lettera, che sembrava essere stata letta e poi risigillata: non portava
né mittente,
né destinatario. La prese e la lesse: era da parte di
Ginevra.