"Sai mostriciattolo...quando sento Fanny cantare, sento di poter fare tutto. Sento che la speranza c'è ancora.
Che non è morta. E potrei toccare il cielo con un dito.
Quando vedo Fanny, so di poter vincere la mia battaglia.
La fenice e il suo canto sono la mia speranza.
E niente e nessuno mi può fermare.
Perché so che la fenice è lì in cielo, sopra di me.
E veglia."
Cosa distingue un grande mago da uno
ordinario?
La gloria? Il potere? La fama?
Si, forse.
Ma non
solo.
Tom Marvolo Riddle si era fatto un'idea diversa e sempre più volubile
nei suoi più di ottant'anni di vita ormai.
Certo, il suo nome era segno di
paura, orrore, sdegno, rispetto, brama.
Lui aveva messo un fermo alla Morte,
l'aveva sconfitta, annullata.
Però...non era l'unico mago al mondo ad aver
riso in faccia alla Signora con la Falce.
Già. Cos'avrebbe potuto
rallegrarlo, renderlo fiero se non un degno avversario?
In quegli anni era
cambiato.
Se un tempo non aveva desiderato altro che annientare un ragazzino
che l'aveva sconfitto appena nato, che gli aveva portato via il suo onore, i
suoi fedeli servi, la sua dignità...bhè, ora era tutta un'altra cosa.
Harry
Potter.
Il bambino sopravvissuto.
Lord Voldemort non avrebbe potuto
desiderare un avversario migliore.
Era lui il suo segno complementare.
Il
suo negativo.
Harry Potter.
Voldemort inspirò a fondo quella notte buia,
alzandosi a fatica dal letto a baldacchino enorme che ingombrava la sua stanza
da letto, rialzata su un ripiano di sette gradini in marmo. Infilò una vestaglia
sul torace nudo, su cui spiccava una cicatrice a livello del cuore. Il punto in
cui Harry, da ragazzino, l'aveva colpito a morte, prima di spingerlo nel
Velo.
Riuscì a raggiungere il balcone, col respiro affannato ma con un ghigno
di soddisfazione sulle labbra.
Tre mesi dalla sua rinascita ed era ormai
tornato in pieno possesso delle sue facoltà.
Ancora qualche settimana e il
suo corpo sarebbe tornato quello di un tempo, se non migliore.
Il possente
balcone era avvolto nella nebbia ma Voldemort riuscì a vedere ugualmente ciò che
gl'interessava.
Davanti a lui, una distesa di rovine.
Un labirinto di
rovine che non avevano fine, stagliandosi ben oltre l'orizzonte, fin dove il
firmamento iniziava.
Il cielo era piombo. Da lì non avrebbe saputo dire se
fosse giorno o notte.
Perché in quella dimensione non c'era né giorno né
notte.
Tutto era in una perenne eclissi.
Poche luci fuori da Dark Hell
Manor.
La sua casa. La sua dimora. Il suo castello.
Il castello che gli
aveva fatto in dono Lucilla, appena sedicenne.
Con occhi indolenti seguì le
linee possenti della costruzione, quasi decadente.
L'esterno in effetti si
era deteriorato negli anni, senza la presenza della sua padrona.
Ma l'interno
era rimasto intatto.
Gli occhi blu di Riddle si accesero di tiepido interesse
vedendo volare sul dedalo di rovine, verso la sua finestra, lo sparviero di
Vanessa e Rafeus.
L'uccello emise un verso orgoglioso, posandosi davanti a
lui con grazia e riverenza.
Voldemort sorrise, carezzandogli l'ala con due
dita.
- Ben fatto.- sibilò, con la sua voce dannatamente
raggelante.
Staccò subito la risposta alla sua lettera nera dalla zampa del
volatile, scartando la busta impaziente.
Poche righe.
"Come mi occupo di Tom non deve riguardarti. Quel fantoccio ha preso me, non lui.
E non sei neanche mio padre per farmi la paternale sulla mia sventatezza.
Se hai del tempo da perdere con queste sciocchezze significa che ti stai annoiando quanto me.
Tieniti pronto. Questa volta sulla soglia potrei apparire io.
E tu sai chi vince di solito, Tom, quando siamo uno di fronte all'altro.
H.J.P."
Voldemort scosse il capo.
-
Bambino insolente.-
Suo figlio aveva rischiato di essere ucciso dall'Anatema
Senza Perdono e Harry osava scherzarci sopra.
Tornò dentro, chiudendosi la
finestra alle spalle con un debole cenno della mano.
Si fermò di fronte alla
sua grande scrivania di ciliegio, su cui erano aperti numerosi libri di pelle
nera, finemente rilegati ma dall'aria logora, quasi esausta per il troppo
studio.
Oltre a quei tomi c'era anche un alto leggio, davanti al quale
Voldemort si fermò.
Era un libro veramente strazzonato. Non aveva copertina e
la rilegatura era totalmente devastata dall'attacco del tempo.
Non poteva
neanche considerarsi un libro forse: la scrittura era sicuramente greco
antico.
Le Memorie di Alessandro il Grande.
In quella pagina ingiallita e
su cui c'erano delle macchie di sangue ormai sbiadite, uno schizzo saltava
all'occhio sulla scrittura irregolare e minuscola del grande Re
Alessandro.
Un guanto. Un guanto di metallo, dalla forma grifagna e con le
falangi appuntite.
Il Primordiale Guanto di Minegon.
"Trovato qualcosa, mio signore?"
Nagini strisciò per tutta
la grande stanza da letto, arrivando ad arrotolarsi sulla poltrona della
scrivania.
"Per il momento nozioni di pubblico dominio." rispose
Voldemort pacatamente, in Serpentese "Dove sei
stata?"
"Ho controllato padrone."
"Cos'hai scoperto?"
"L'uomo col
mantello bianco...con la maschera che piange...so perché non riusciamo a
trovarlo."
Voldemort si staccò dalla pagina del Guanto, osservando
finalmente la sua serva con interesse.
- Spiegati.-
Nagini emise un sibilo
seccato.
"Come noi è introvabile. Si è nascosto
bene."
"E' sotto terra? In questa dimensione?"
"No, mio signore." il
serpente enorme mosse appena la testa squamosa "E' in
cielo."
Voldemort non mosse un muscolo del viso. Indifferente alla cosa,
si appoggiò coi fianchi alla scrivania.
"Sii più
chiara."
"Padrone..." la serpe saettò la lingua biforcuta "Una nave
che vola. I gufi la chiamano l'Arca."
- L'Arca.-
Voldemort corrucciò
appena la fronte questa volta, dirigendosi repentino all'immensa biblioteca che
risaliva lungo tutte le pareti della camera, senza lasciare libero un solo
spazio se non per la scrivania e il letto.
L'immortale mago del male si
accostò agli scaffali accanto alla porta d'ingresso, sigillata, e in pieno
silenzio cercò a lungo. Seguiva col dito copertine e titoli, in oro e argento,
libri proibiti, libri dannati, libri con occhi per maledire.
Non li temeva.
Perché erano loro a piegarsi a lui.
Alla fine però prese un libro molto
improbabile, lontano da quelli che lui più amava.
Lo aprì sotto gli occhi di
Nagini che dondolò la testa evidentemente colpita.
"Padrone...cosa cercate nei Vangeli?"
"La conoscenza si può
trovare anche negli angoli più impensati mia cara."
Voldemort in
seguito ghignò a lungo.
Ma non era tranquillo, inutile negarlo.
L'Arca.
Nei Vangeli e nella Bibbia, erano due i nomi ricollegabili a quello datole da
Nagini.
L'Arca dell'Alleanza, in cui Mosè aveva rinchiuso le tavole con le
leggi di Dio.
E l'Arca di Noè, del Diluvio Universale. Su cui solo i più
degni sarebbero potuti salire.
Solo i prescelti.
E la seconda visione era
quella che più poteva avvicinarsi a ciò che quel maledetto uomo in bianco con la
maschera sul viso stava cercando di ottenere, usando il nome del Lord Oscuro e
dei Mangiamorte per scatenare il terrore.
Purificazione.
Era
questo il significato intrinseco dell'Arca, del Diluvio Universale.
E se
volevano uccidere suo figlio, allora quel nemico poteva essere un uomo
solo.
Un uomo che in passato Voldemort aveva già conosciuto.
Tom era
seriamente in pericolo.
E Harry non lo sapeva.
- Come sarebbe
che Caesar non c'è?-
Lucilla dei Lancaster tamburellava la unghie sui
fianchi, lo sguardo impaziente puntato sul povero Demetrius che per quel
pomeriggio di era ritrovato a fare da balia a Cameron Manor.
- Tesoro, te
l'ho detto.- ribatté Dimitri per l'ennesima volta - Tornerà fra un'oretta.
È andato a riprendere Leiandros in un bordello per demoni a Budapest ed è anche
andato a farsi prestare il Guanto di Minegon dagli Harkansky.-
- Dagli
Harkansky?- Lucilla esplose - Quelli sono i miei parenti! Ora vorranno
vedermi!-
- Può darsi.- rispose il demone, sorridendole - Non sei
contenta?-
- No.- fu la lapidaria e gelida risposta.
- Su, Lucilla
calmati.- le disse Hermione, seduta a tavola a sorbirsi un thè pomeridiano -
Vedrai che fra poco sarà qua. Gli rifiliamo il rombo, vediamo se riesce a
leggerlo, diamo un'occhiata al guanto e...-
- ...e poi filiamo all'istante.-
concluse Draco furente, seduto accanto alla Grifoncina.
- Perché sei venuto
anche tu?- gli chiese la Lancaster - Non potevi startene a controllare
Greyback?-
- Ma va!?- Dimitri rizzò le orecchie - Fenrir vi batte al
portone?-
- Non lui, suo figlio.- gli rispose Hermione - Lo conosci?-
- Il
cucciolo no. Comunque ho sentito che i sudditi lo adorano, a differenza del
padre. Pensa che perfino Askart Leoninus ha rispetto per quel ragazzo. Quando
vado di straforo ai loro concili con quelli della Dama Nera lo sento sempre
esprimersi con cortesia verso il lupacchiotto. Che tipo è?-
- Irritante.-
sibilò Malfoy, accendendosi la settima sigaretta in mezz'ora.
- Come sta tua
figlia Lucilla?- chiese Dimitri, saltando di palo in frasca - Nyssa è sempre con
lei?-
- Si, la segue un po' meno ma da quando siamo sotto attacco le ho
chiesto di controllarla con occhio più attento.- rispose la Lancaster.
- E
Glory?- Demetrius parve molto interessato alla faccenda mocciosi - Come sta
Herm?-
- Alla grande. Il rombo che Tom ha trovato nel fegato di quel
fantoccio non la fa dormire bene. Abbiamo provato a spostarlo nell'ufficio di
Silente ma non è servito a molto.-
- In effetti sprigiona aria pestifera a
gogò.- disse il provvisorio padrone di casa, toccando senza preoccuparsi il
rombo adagiato sul velluto, in mezzo alla tavola - Ci credo che ai piccoli dà
fastidio.-
- Hn. A me fa solo ridere.- borbottò Lucilla, facendo su e giù
davanti al camino acceso.
- Tom invece ne è immune?-
- A quanto pare.-
annuì la Granger - L'ha tenuto in mano quando l'ha trovato e non gli è successo
nulla.-
Demetrius sorrise - Di lui non mi stupisco, è prevedibile anche se i
puri di cuore sono rari ormai.-
- Specialmente in questo secolo.- perseverò
la Lancaster.
- Ho sentito che hanno attaccato anche Jeager. È vero?-
- Il
Vendicatore gli ha fatto saltare il palazzo come un petardo.- sibilò allora
Draco, perfido.
- Però. E suo figlio?-
- Ora segue i corsi a Hogwarts.-
Hermione rise, quasi incredula - L'avresti mai immaginato?-
- Credevo
tentaste di uccidervi tutti i giorni.- fece Demetrius allibito - E invece ti
aiuta. Dio, il mondo ormai va proprio al contrario. Sarà per il bambino.-
-
Lo credo anche io.- annuì la Grifoncina - Non è abituato a vivere con gli altri
ma credo che William un po' gli piaccia. Certo, lo insulta dalla mattina alla
sera dandogli della palla al piede e dello schifoso umano ma il ragazzino si sa
difendere. Quanto a lingua lunga direi che non è secondo a suo padre.-
Ma
decisamente la lingua lunga era comune anche a Demetrius, che adorava i
pettegolezzi e sapeva cose che loro ignoravano. Per esempio sapeva che gli
adorabili spostamenti dei licantropi per il Devon erano ormai tanto vicini che
avrebbero potuto vedere Greyback e i suoi col binocolo.
Quindi Asher aveva
davvero chiesto aiuti.
Dannazione.
Avrebbero dovuto organizzare un assedio
a Hogwarts.
Altro che scuola, stava diventando un avamposto di salvataggio!
Passò circa mezz'ora, in cui si cazzeggiò alla grande e finalmente rientrò
Caesar. O almeno, era sempre stato "dentro" solo che uscì da un grande
specchio ovale nell'antisalone, tirando per l'orecchio Leiandros e imprecando a
tutto andare.
Caesar Noah Cameron non era cambiato, proprio come suo fratello
e Demetrius.
I capelli bianchi solo leggermente più corti e l'aria sempre più
gelida. Osservò i visitatori con espressione annoiata.
- Lucilla. Hermione.-
salutò, poi assottigliò le palpebre - Malfoy.-
- Cameron.- replicò Draco,
freddo.
- Oh, la finiamo?- brontolò la Lancaster - Dove diavolo sei stato?
Quando ho bisogno non ci sei mai!-
- A raccattare quest'idiota a Budapest.-
rispose il padrone di casa, buttando il fratellino di settecento anni seduto in
poltrona, a tavola - E poi sono andato a cercare il Guanto di Minegon dei tuoi,
per darvi un'idea di quello stupido aggeggio.-
- Chichi mi hai fatto male
all'orecchio.- si lamentò Leiandros, massaggiandosi il padiglione
arrossato.
- Crepa una buona volta!- sibilò suo fratello maggiore - Fra
qualche minuto dovrebbe arrivare Winyfred col guanto.-
- Winyfred? E chi è?-
si stranì Lucilla.
- La figlia di tuo cugino Horus, ha seicentoventitré
anni.- le spiegò - A casa di tuo padre dovrebbe esserci ancora l'albero
genealogico degli Harkansky, perché non ci dai un'occhiata eh Luci?-
- Come
se me ne fregasse qualcosa.-
- Chichi scusa...- s'intromise Hermione.
- Ma
la finisci anche tu?!- sbottò seccato - Dov'è quell'accidenti di Polo
Negativo?-
- Eccolo, appunto.- sorrise la strega, senza riuscire a frenarsi e
gli lanciò il rombo, che il demone puro afferrò al volo.
Caesar avvertì una
leggera scarica elettrica sulla pelle, ma per lui non fu nulla di
fastidioso.
Era potente quell'oggetto. Molto. Ma non abbastanza per
lui.
Se lo girò fra le dita, chiudendo gli occhi.
- Allora?- l'incalzò
Draco.
- Ci va un attimo.- lo zittì Cameron, slacciandosi i ganci pregiati
della blusa grigio piombo - Dove l'avete trovato?-
- Tom l'ha preso nel
fegato del fantoccio.- gli spiegò Lucilla.
- E non gli è successo
nulla?-
- Tom ne è immune.-
- Lo immaginavo.- Caesar rise, mettendo la
tachicardia anche a Malfoy - Questo affare è un concentrato di perfidia. Forse
l'Alito di Vita non è sufficiente per quei fantocci, per mettersi in piedi
intendo e hanno bisogno di questo rombo per portare a termine il loro
compito. Oppure...-
- Oppure cosa?- gli chiese Hermione, impaziente.
-
Hai aperto il mio Grimario?-
La strega dagli occhi d'oro non capì quel cambio
di discorso.
- Ma che centra?-
- Centra che se avessi letto, avresti
saputo che spesso i gagia per creare dei fantocci non usano cadaveri.
Semplicemente usano un oggetto qualunque e da quell'oggetto formano un
manichino. Chiaro il concetto?-
- Vuoi dire che potrebbe essere il rombo il
centro dei fantocci?- allibì Hermione.
- Già.-
- E come cavolo facevo a
saperlo io?- sbottò furibonda - Non riesco ad aprirlo da quando me l'hai
regalato sei anni fa il tuo Grimario! Inoltre sono stata cieca per quasi due
mesi e tu te ne sei sbattuto!-
- Io me ne sono sbattuto?!- ululò sdegnato il
demone - Non ti sei più fatta vedere!-
- Mi tenevano in gabbia!-
- Si,
allo zoo.- frecciò Draco - Ma piantala va' mezzosangue!-
Stavano ancora ad
accapigliarsi fra loro quando dallo specchio arrivò una leggera vibrazione, poi
si sentì qualche bestemmia poco fine fatta ad alta voce e...dal vetro uscì una
ragazzina quattordicenne, con una testa piena di ricci fitti fitti, di un
pallido colore fra il rosso e il biondo.
Aveva gli occhi bianchi e rimase
impigliata col cappuccio di una coloratissima felpa arancione in mezzo al
portale.
- Winyfred, per l'amor di Dio!- sbuffò Demetrius - Cosa diavolo
fai?-
- Ah, che palle la distorsione!- si lamentò la demone , dando uno
strattone che rischiò di rompere tutto, felpa e specchio - Mamma mia, che
incubo!-
- Distorsione?- sussurrò Hermione - Intende la distorsione
temporale?-
- Si, lei vive negli anni ottanta.- le spiegò Caesar - E' un po'
indietro. Altri vivono in altri secoli.-
- Vivono nei secoli "Sopravvivo solo
per Rompere"!- sibilò la ragazzina, piantandosi di fronte a loro - Salve a
tutti. Ciao Chichi, ciao Leo, ciao Dimitri...e...- guardò Lucilla, tutta
interessata - Lucilla Harkansky, giusto?-
La Lancaster annuì.
- Molto
piacere, io sono Winyfred Harkansky.- la demone sorrise con calore,
stringendole forte la mano, ignorando Leiandros che faceva battute sconce sulla
sua minigonna - Sono la figlia di Horus Harkansky.-
- Ed è più grande di
me.- concluse Leiandros ridendo - Ama modificare l'involucro. Peccato che la
sostanza cambi poco.-
La rossa lo guardò storto - Hai del rossetto sul collo,
porco.-
- E chissà dove altro.- aggiunse Demetrius sottovoce.
- Bene, come
vi pare. Ho il concerto dei Motley Crue fra un'ora. Ecco il Guanto!- la
ragazzina fece apparire sulla sua mano protesa il Guanto dei demoni puri della
sua famiglia, avvolto in uno straccio consunto - Mio padre verrà a riprenderselo
stasera, dopo che si sarà rivisto per la terza volta la battaglia di
Guadalcanal. Lucilla è stato veramente un piacere. Spero di rivederti alle
riunioni di famiglia. Ciao gente, ci vediamo!- e rientrata nello specchio non
diede il tempo a nessuno di aggiungere altro. Era sparita com'era arrivata.
-
Bel soggetto quella.- disse Draco, spegnendo sigaretta con aria sorniona.
-
Ottimo. Ora che la follia ha preso il volo, direi che possiamo andare a provare
quest'aberrazione nei campi.- ordinò praticamente Caesar - Tastiamone la
potenza.-
- Certo che sono proprio strani degli Harkansky.- disse Hermione,
mentre uscivano fra i campi di margherite - Credevo che avessero tutti poco
senso dell'umorismo come te Caesar.-
- Tesoro.- gemette Leiandros divertito -
Per vivere per sempre, o hai l'umorismo o ti ammazzi. Cosa che forse mio
fratello dovrebbe prendere in considerazione.-
- Leiandros la senti la puzza
di bruciato? Perché sto per dare fuoco a te e al castello.-
Ebbene, dopo
un'altra snervante discussione fra fratelli riuscirono ad uscire da Cameron
Manor e con le margherite e la nebbia fino al ginocchio, Caesar liberò il Guanto
dallo straccio logoro, mettendolo sotto il naso della Grifoncina.
- Si,-
disse lei - è come quello della visione di Damon.-
Grande e spesso, di
metallo e dalla forma spinosa. Letteralmente macabro.
- Lascia, metto io.- le
disse Draco, levandoglielo dalle avide grinfie. Se lo infilò nel braccio destro,
sperando vivamente che almeno quello riuscisse poi a toglierselo. Non provava
nulla di particolare: era solo pesante e scomodo.
Artigliò le dita ma quando
lo fece sentì finalmente qualcosa.
Energia. Energia che scorreva da
dentro, per arrivare fino alla punta delle dita, che sentì diventare
incandescenti.
E di colpo, la magia si liberò.
Puntò il braccio in avanti
e si scaturì una forza distruttiva eccezionale. Quasi un fulmine gigantesco che
partendo dalla sua mano finì dritto contro una collina a parecchi metri da loro,
facendola saltare per aria.
Vennero investiti da una pioggia di detriti,
tutti tranne Lucilla che si era aperta sulla testa un ombrellino.
- Porca
puttana...- sfuggì a Malfoy, a bocca aperta.
C'era una voragine atroce! Un
buco di quasi un chilometro!
- Tutto qua?- dissero invece i quattro demoni in
coro.
Hermione e Draco si volsero, senza parole.
Tutto qua?!
- Tutto
questo casino per quella robetta?- mugugnò Caesar - Umani!-
- Scusa tanto se
questo affare potrebbe farci secchi tutti in un secondo!- rimbrottò la Granger,
aiutando Malfoy a staccarsi il guanto di Minegon dal braccio. Lo ridiede a
Cameron, pensando a velocità incredibile.
Dannazione, ora si che erano
dannatamente nei guai!
Quel Vendicatore avrebbe potuto ucciderli davvero. Gli
sarebbe bastato un colpo solo per prenderli tutti e mandarli sotto terra!
E
adesso? Come l'avrebbero risolta?
- Io torno dentro a leggere il rombo.-
disse Caesar, seccato - Voi state pure qua a giocare e a raccogliere
fiorellini.-
- Fanculo.- alitò Draco, sentendosi esausto - E adesso
che facciamo mezzosangue?-
- Ma che ne so.- rispose lei, posandogli la testa
sulla spalla, esasperata - Facciamo testamento.-
- Ok.- annuì con voce
piagnucolosa - Posso dirlo io allo Sfregiato?-
- Bah...come ti
pare...-
A Hogwarts intanto Harry Potter stava per ricevere una visita
importante.
Una visita e un regalo dal passato che avrebbero potuto cambiare
le sorti di quella guerra.
Era in sala duelli con Tristan e gli altri
studenti quando Silente andò a bussare alle porte, per chiamarlo.
- Che
succede?- chiese Mckay.
- Abbiamo visite.- sorrise il preside - Harry è per
te. Una persona importante nel mondo dei maghi. Non credo tu abbia mai avuto il
piacere di conoscerlo. È una persona molto speciale per noi della vecchia
generazione.-
- Oh.- si limitò a dire il bambino sopravvissuto - Non è un
vecchio Auror maniaco vero?-
- Non è ma anche grande amico di Alastor Moody
se t'interessa.-
- Fantastico.-
- Che succede? Problemi?- gli chiese Tom,
avvicinandosi preoccupato.
- No, direi di no.- bofonchiò Potter - Preside è
sicuro far entrare a scuola questo tizio?-
- Degona l'ha già controllato.-
annuì il vecchio mago, bonario - Non temere. Non è un nemico. Ha qualcosa per
te.-
- Come lo sa?-
- Si tratta di Custodius Borromeus.- spiegò Silente -
E' il Notaio dei Maghi.-
- Mai sentito.- bofonchiò Tristan.
- Ignorante.-
gli disse Milo - E' famoso. Quando sarai un vecchio rimbambito ne avrai bisogno
pure tu. Oppure se devi fare testamento ti conviene parlarci adesso.-
- Ma
tiè!- sibilò Mckay, facendo le corna insieme a Jess, Clay e Sphin.
- E'
venuto al momento giusto allora.- ponderò Harry cupo - Se mi dà un attimo
preside, finisco qua e arrivo.-
- Bene. Ti aspettiamo alla Torre Oscura. È’
una questione di famiglia.-
- Della mia?- allibì Potter - Ma è sicuro?-
-
Perfettamente. Allora ci vediamo fra poco.-
La faccenda si presentava
veramente strana, comunque il bambino sopravvissuto si preparò a qualsiasi
stranezza, e appena finita la lezione di Difesa risalì fino alla torre,
tampinato da Tom, Cloe, Damon e Trix, tanto per cambiare.
Gli altri suoi
compagni già lo aspettavano.
Sulla porta, vide un quadro allegro e
leggero.
Alla grande tavola della sala riunioni si era raccolto un gruppetto
composto da gente che ridacchiava e parlava dei tempi andati. Silente era seduto
accanto alla Mcgranitt, con Ron, Elettra e pure Dalton a cui si aggiungeva un
vecchietto smilzo e coi capelli bianchissimi, con un paio di baffetti da nonno e
un sorriso dolce.
Una pipa in bocca, si volse e allargò gli occhi.
-
Harry! Harry Potter.- si alzò a fatica, appoggiandosi a un bastone - Santo
cielo, l'ultima volta che ti ho visto eri appena nato. Che piacere conoscerti!-
gli strinse la mano con la sua nodosa e tremolante, facendogli un cenno
rispettoso col capo canuto - Ragazzo mio, sono onorato.-
Harry, un po'
imbarazzato, sorrise a sua volta di quella dimostrazione così genuina.
-
Piacere mio, signore.-
- Lascia che mi presenti, ragazzo!- gorgogliò il
vecchietto - Io sono Custodius Borromeus, il Notaio dei Maghi. Immagino ti
chiederai perché sono qui.-
- Bhè, direi di si.- ammise, curioso.
- Saprai
tutto subito, ma dimmi...questi baldi giovani chi sono?-
Cloe, Trix e Damon
si presentarono a loro volta, poi fu il turno di Tom che fu decisamente più
silenzioso.
- Bene Custodius. Credo che Harry stia fremendo dall'interesse.-
s'intromise Silente - Il thè lo rimandiamo a dopo, quando avrai dato a Harry la
sua eredità, che ne dici?-
- Eredità?- Potter sbiancò - Non è mica successo
qualcosa a Sirius?-
- Oh, ma dove ho la testa!- il vecchio notaio si dette un
leggero colpetto sulla fronte lucida - Vieni caro ragazzo. Devo consegnarti ciò
che avrei dovuto darti già qualche mese fa.- e si avvicinò al tavolo, dov'era
appoggiato un portagioie quadrato, a cassetti con pomelli di rame.
Custodius
estrasse la bacchetta e con un leggero tocco sfiorò il bauletto.
Successe
una cosa strabiliante: quel piccolo portagioie cominciò a muoversi, animato di
suo. Ogni cassetto si aprì in tanti altri, dalle forme diverse, grandi, piccoli,
ovali, quadrati, rettangolari. Si allargò e in pochi minuti contro la parete
della sala era apparsa una cassettiera altra un metro e mezzo e larga due.
-
Però.- sussurrò Ron, affiancato al suo migliore amico.
- Ecco qua.- il notaio
rise, nascondendo la bacchetta della manica del pullover fatto a mano -
Perdonami Harry. Avrei dovuto consegnarti la tua eredità al compimento del tuo
ventisettesimo compleanno. So che li hai compiuti a luglio ma quando ho preso in
custodia quanto sto per darti, eri nato da pochi giorni e con tutti questi
cassetti ho dovuto cercare a lungo. Purtroppo la mia memoria non è più quella di
un tempo.-
- Sciocchezze Custodius.- gli disse la Mcgranitt - Sei arrivato
giusto in tempo.-
- Aspetta Harry. Un attimo e...fatto!- il vecchietto trovò
finalmente il cassetto giusto. Lo aprì tutto e la lunghezza era più dello
spessore della cassettiera.
- Ecco qua.- si volse, consegnando a Harry una
lettera in una busta bianca, sigillata con la cera rossa e un lungo tubo di
plastica satinata, abbastanza pesante.
Quando Potter scartò la busta, ebbe un
leggero mancamento.
- Che c'è?- si preoccupò Elettra - Harry di chi è?-
-
Di mio nonno.- fu la risposta, appena sussurrata.
Edward, sua moglie e Ron
gli furono immediatamente vicini e lo fecero sedere.
Facendosi leggermente
aria, Potter lesse la lettera...e quasi gli s'inumidirono gli occhi.
Lionel
Potter gli aveva scritto il giorno prima che nascesse.
Con affetto, gli
augurava una vita felice e piena di gioia accanto a James e Lily ma come dono
per il suo ventisettesimo compleanno, gli aveva lasciato l'oggetto centuno del
tubo di plastica.
Da quelle parole trasparivano orgoglio per la sua nascita,
affetto, calore.
Chissà che tipo di persona era stata suo nonno.
Tenendosi
stretto quella lettera, unico contatto con la sua famiglia di origine, Harry
alzò il tubo e lo aprì, circospetto.
Col cuore in gola, estrasse una spada
nel suo fodero.
Lunga e sottile, simile a un fioretto ma non così leggera, la
spada era d'acciaio, con l'elsa d'argento.
Lungo la lama, delle
lettere.
L.J.H. POTTER
- Cosa significa?- chiese, alzando il
viso stravolto dall'emozione verso Custodius.
Il vecchio notaio sorrise,
dandogli una pacca sulla spalla - Questa spada apparteneva a Lambert Potter, un
tuo bis-bis-bis-nonno. In seguito tutti i discendenti dei Potter hanno avuto
nomi che seguivano lo schema di quelle lettere. Tuo nonno Lionel e tuo padre
James erano Auror e quindi Lionel, che io conoscevo bene, ha deciso di passarla
a te, d'accordo con tuo padre e tua madre. Quella spada è della famiglia Potter
e tu, come unico erede, ne sei il proprietario.-
Harry chiuse gli occhi dopo
un lungo attimo, abbassando il capo.
Già. Era l'ultimo rimasto.
Serrò la
spada fra le mani, unica ancora col passato.
Dio. Aveva qualcosa della sua
famiglia.
Qualcosa di suo nonno, di suo padre.
Elettra gli carezzò la
spalla e lui le chiuse la mano sulla sua.
Gli mancava l'aria.
- Grazie.-
mormorò a bassa voce - La ringrazio signore.-
- Di niente.- Custodius sorrise
mesto - Mi spiace ragazzo. I tuoi famigliari erano dei maghi grandiosi. Sono
onorato di averli conosciuti. Ed è stato un onore conoscere te, tua moglie e tuo
figlio.-
Alla fine il notaio gli narrò vecchi racconti, vecchi episodi. Gli
disse di suo nonno, di sua nonna Prudence, della dolcezza di sua madre, dei guai
di James...ogni cosa, ogni avvenimento.
Ogni cosa che si era perso,
purtroppo.
Era il crepuscolo quando Harry, chino sulla finestra, decise di
andare a calmare i nervi dall'unica persona che lo facesse sentire protetto, a
casa, in famiglia anche nei momenti più tristi. Oltre Elettra naturalmente.
-
Vado da Sirius.- disse, infilandosi il mantello.
- Vuoi che ti accompagni?-
gli chiese Ron.
- No, tranquillo. Vado e torno.- mormorò.
Tom si morse il
labbro, sempre più ansioso.
- Mi raccomando.- lo pregò, passandogli la spada
di suo nonno - Occhio Harry.-
Il bambino sopravvissuto fissò la spada, poi
alzò lo sguardo smeraldino su Riddle.
- Ci vediamo mostriciattolo.- disse in
un soffio, scompigliandogli i capelli - Salutami quello sbalestrato di tuo
cugino. Torno stanotte.-
E sparì nel camino e nelle fiamme grazie alla
Polvere Volante, lasciando alle sue spalle una scia di persone
preoccupate.
Se non altro ora aveva qualcosa di più di un ricordo.
Non era
molto...ma se lo sarebbe fatto bastare.
Tom quella sera non
cenò.
Evitò la sala comune e rimase seduto sulla mensola della finestra della
sua stanza per lunghe ore.
A contemplare un cielo cupo e denso.
Sentì
bussare, poi Cloe si sedette accanto a lui.
- Come stai?- gli chiese.
-
Potrei stare meglio.- sussurrò malinconico.
- Niente lezione?-
Tom scosse
il capo - No, voglio continuare. Di questo passo non ci riuscirò mai, se mi
metto a far vacanza.-
- Per stasera potresti anche riposarti.- gli propose la
biondina.
- No, sul serio Claire.- sospirò Riddle - Ora più che mai voglio
diventare un Animagus.-
- Perché vuoi tanto diventarlo? Per essere più
forte?-
- Non solo.- sorrise.
- E perché quell'immagine?- la King sorrise
a sua volta - E' per Harry, vero?-
- Diciamo di si. È soprattutto per
quello.-
La strega scosse il capo poi lo abbracciò stretto.
- E questo?-
chiese imbarazzato - Per cos'è?-
- Perché sei adorabile.- gli disse sincera -
E perché non c'è nessuno come te.-
Tom arrossì violentemente, restando
immerso nel suo abbraccio a farsi coccolare.
Dio. Come stava bene con
lei.
Le cinse la vita e gongolò leggermente, mentre lei rideva.
- Ma tu
guarda. E così al gelido Tom Riddle piacciono le coccole.- Cloe sorrise
maliziosa - Chi l'avrebbe mai detto.-
- Non sono algido.- mugugnò
immusonito.
- No? Trovati la ragazza allora e dimostrami il contrario.- gli
consigliò, facendosi male da sola - Ha ragione Damon.-
- Che palle lui e le
sue teorie deficienti.-
- Sei troppo altero per legarti a una ragazza.
Secondo me ti dà fastidio anche a farti toccare.-
- No, non è vero.- brontolò
sempre più convinto che in realtà avesse ragione.
- Si che è vero. Ti lasci
coccolare da me a da Trix solo perché ci vedi innocue.-
Bhè, in effetti era
abbastanza vero ma sul fatto che Claire fosse innocua...mah, non ne era molto
convinto.
E lui poi...rieccolo quel fastidioso e bramoso istinto che lo
spingeva a baciarla.
Dannazione.
Si scostò subito, forse un po' troppo
bruscamente e si mise in piedi, lasciandola stupita.
- A quanto pare devo
tenere le mani a posto anche io.- biascicò la King, ferita.
- No, no.- la
bloccò subito - Non sei tu. È che...sono preoccupato per Harry, per tutta questa
faccenda. Ogni volta che si tira in ballo il suo passato è come se...fossi
coinvolto anche io. In fondo è quello che è per causa della mia famiglia.-
-
Di tuo padre. Non per colpa tua.- lo corresse - E lui te lo ripete spesso.-
-
Si ma la paura non mi passa mai.- si sedette sul bordo del letto, afferrando un
libro e sfogliandolo distrattamente - Purtroppo siamo legati dalla morte dei
suoi, dal suo passato.-
- E dal bene che vi volete.- Cloe andò al suo fianco,
prendendogli il libro e buttandolo sul materasso - Forza, lasciamo perdere ora.
Ne riparleremo quando sarai lucido. Adesso chiudi gli occhi e focalizza
l'immagine. Pronto?-
- Si, pronto.-
Chiuse le palpebre, Tom la
vide.
Vide l'immagine. Ne sentì il melodioso canto.
Eccola.
Dopo due
mesi di tentativi, una luce abbagliante avvolse lui e Claire poi un sobbalzo e
mentre la King cadeva a terra, Tom si spiaccicò sul piumone. Gli occhi sbarrati,
sentiva un cerchio atroce alla testa.
- Oddio...- alitò, tenendosi le tempie
- Claire...Claire...aiuto...-
La strega si rialzò a stento, dolorante al
sedere ma lo raggiunse subito, tastandogli la testa e il viso.
Scottava.
-
Bhè...ce l'hai quasi fatta. Herm l'aveva detto che fa male le prima volte,
no?-
- Ma mi sono trasformato?- balbettò speranzoso.
- Ehm...no, non
ancora.-
- Cazzo.- si lamentò Riddle, cercando di mettersi seduto - Ma quanto
ci va per Dio?!-
- Ancora qualche mese. La Focalizzazione non è semplice, non
sei un Sensimago o un Veggente. Datti tempo.-
- Si...e intanto mi si
spaccherà il cranio.- emise un gemito, dolorante.
Accidenti.
Ci sarebbe
voluto ancora molto lavoro. Tanto, tanto lavoro.
Eppure doveva
farcela.
Per Harry.
Ora sarebbe stato lui la sua speranza.
La sua
fenice.
E sarebbe stato sempre a vegliarlo. Proprio come il bambino
sopravvissuto aveva fatto con lui.
Per sempre.
Messaggio per la cara Julietta: tesoro, aggiornando a questa velocità, è più che normale restare indietro. Colgo l'occasione per farvi i tardivi auguri di Pasqua e Pasquetta. Io sono stata fuori fino a ieri e non ne ho avuto il tempo, anche se Axia è sempre tanto gentile da aggiungere capitoli al posto mio. Passatevi delle belle vacanze fanciulle, voi che potete!
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