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Autore: Josie5    26/09/2012    4 recensioni
Una punizione divina. Per Evelyne Gray, la ragazza del giornalino scolastico o la presidentessa, come ci tiene a dire lei, Max Parker è una punizione divina.
Evelyne è infatti convinta che il karma o Dio, o qualunque cosa sia, stia cercando di punirla con lui.
Punirla perché, a causa di problemi economici, comincia a sfruttare il fatto di essere così ben voluta dai professori per passare le soluzioni dei test ad alcuni suoi compagni di scuola; il tutto in cambio di soldi.
Evelyne non è orgogliosa di se stessa, ma per quasi due anni continua a tradire la fiducia che le è stata concessa.
Quando decide di smettere non tiene conto del fatto che Clark, il suo ultimo "cliente", sia uno dei migliori amici di Parker; non tiene conto del fatto che Parker stia preparando la sua vendetta fredda.
Max ed Evelyne non si sono mai parlati, ma si conoscono molto bene per via del giornalino di lei e di un certo articolo. E Max Parker, il capitano della squadra di basket della scuola, bello e popolare, non può di certo essere umiliato senza conseguenze. Non dopo quello che ha fatto Evelyne.
(Revisione in corso: 3/31)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Grazie a Jess Graphic per la copertina :3

 

4.Ottimista

 

 

 

Si erano aperte le scommesse.

Francy diceva che avrei resistito due mesi come schiavetta di Max, poi avrei provato a ucciderlo, o a uccidermi. La mia morte o un omicidio non rendevano questa ipotesi molto felice, tranne nel caso fossi riuscita ad ammazzarlo senza farmi scoprire. Ma, porco cane, la vedevo dura.

Emily, informata di tutto mentre andavamo in classe dopo pranzo – con ovvie censure che riguardavano la mia attività non tanto legale -, scommetteva che avrei resistito tutto l'anno e che non sarebbe stato poi così male. Fin troppo ottimista, fin poco realista.

Versione negativa e positiva.

Io ero negativa, negativissima, ma dovevo resistere tutto l'anno, in qualche modo, quindi speravo in un miracolo e che vincesse Emily.

Peccato che non avessi mai creduto nei miracoli.


 


 

Arrivai a casa con fretta e parcheggiai la macchina come tutte le volte che c'era la zia davanti casa, poi scesi slacciandomi la coda. Avevo la mania di legarmi i capelli ogni volta che ero nervosa o stressata, per lo più involontariamente; a casa, con la zia, li avevo sempre sciolti.

Li avevo tenuti infatti legati fino a quel momento perché a scuola dopo pranzo era stato tutto un disastro: la gente aveva continuato a guardarmi e a bisbigliare, anche se per fortuna nessuno aveva chiesto niente e non avevo avuto di nuovo a che fare con lo stronzo.

Ma adesso era a casa e finalmente c'era pace, pensai chiudendomi la porta dietro ed entrando in casa.

Dalla luce mia zia era in cucina e solo il pensiero mi fece rabbrividire:  le arti culinarie di Elizabeth erano infatti tristemente famose in famiglia e tra le mie amiche delle elementari che ai compleanni erano obbligate sempre a sorbirsi le sue torte; era capace di bruciare qualcosa nel microonde e di far diventare salato e immangiabile qualcosa che aveva riempito di “zucchero”. E, ah, spesso scambiava il sale con altre cose, risolto così il secondo mistero della sua cucina.

- Non starai mica cucinando, vero? - Chiesi entrando nella nostra piccola ma accogliente cucina.

Zia Lizzy se ne stava a braccia incrociate davanti al forno. - Stavo pensando di fare una torta – spiegò.

Mi avvicinai guardando la ciotola che aveva già appoggiato sulla mensola, la farina e il sale. - Zia, propongo niente torta e cinese stasera, oppure cucino io - avanzai subito.

Mi guardò triste. - No! Tu non fare niente per una volta! - Poi, chinandosi leggermente, mi abbracciò sconsolata piagnucolando: - Sono una pessima mamma!

Risi. - No, zia Lizzy, sei perfetta così - le dissi con affetto ricambiando l'abbraccio.

Riuscii facilmente a convincerla di quello e un'ora dopo stavamo mangiando pollo alle mandorle sedute sul divano a guardare Bones.

Durante la pubblicità, che usavamo per fare conversazione e andare a prendere il bere che ci dimenticavamo perennemente in cucina, zia Lizzy cercò di indagare, come faceva ogni volta, sulla mia vita.

Lei cominciava sempre con domandine a caso e alla fine finivo per dirle tutto diventando logorroica come non ero mai. O almeno, le avevo detto sempre tutto tranne la storia dei soldi e dei compiti, un segreto non molto trascurabile.

Quando passò a chiedere, durante la seconda pubblicità, se c'erano novità importanti, oltre alle solite cose, rimasi per un attimo col dubbio di raccontarle di Parker, anche magari per ricevere dell'aiuto concreto che decisamente mi mancava; poi però avrei dovuto parlare dei soldi, di Seth, di quanto fossi così poco affidabile. Parker si aggiungense così ai pochi argomenti segreti o proibiti con zia Lizzy. Trattenni una smorfia rendendomi conto della relativa importanza che così gli davo.

Feci ovviamente finta di niente e cominciai quindi a raccontare di Francy e di me e delle solite cavolate comiche che combinava e in cui mi trascinava di conseguenza.

Il tempo passò in fretta e finimmo di vederci altre due puntate della serie litigando per gli involtini, nella nostra routine che avrei voluto avere tutti i giorni.

Terminati gli episodi mi alzai per portare i bicchieri, i sacchetti e le bibite in cucina e pulire un po' mentre lei giocava col telecomando cambiando i canali.

Mentre mi risciacquavo le mani per togliere la schiuma, mia zia, che credevo che dopo tutto quel silenzio si fosse addormentata, mi urlò dalla sala: - Eve, ti è arrivato un messaggio!

Guardai accigliata il panno con cui mi stavo asciugavo le dita accuratamente. - Guarda di chi è - le urlai anch'io in risposta e tranquilla perché poteva essere solo Francy.

Cominciai ad uscire dalla cucina mentre lei guardava nel cellulare. - Numero sconosciuto - disse e il tono perplesso si sentì chiaramente.

Io impallidii.

- Dice: “Voglio pizza”. - Guardò perplessa il cellulare e poi me. - Avranno sbagliato numero? - Mi chiese porgendomi l'oggetto per vedere se riconoscevo qualcosa.

Lo guardai notando che l'ironia della sorte voleva che il numero di Parker avesse nel mezzo tre 6 di seguito. Satana, era satana. - No. E' … un'amica - spiegai, grattandomi la testa.

- Amica? - Chiese di nuovo. - La conosco?

- No! - Mi corressi subito smettendo di guardare il cellulare. - Amico, volevo dire … Maschio. Più conoscente, diciamo … - tentennai. Era meglio dire che c'era una specie di “amico” che stava spuntando fuori, nel caso lui e mia zia, nel futuro, si fossero incontrati. Speravo decisamente però che non succedesse mai.

- Oh! - Sorrise maliziosa. - Un “amico” - mimò le virgolette ridacchiando.

La guardai male. A parte che se avessi avuto sul serio un amico maschio non capivo le insinuazioni. - No, zia, niente virgolette. E' un mio compagno di classe, dobbiamo fare un progetto di … Biologia - mi inventai. - Mi ha chiesto il numero per poi metterci d'accordo e direi che è lui. - Ritornai a guardare il cellulare. Cosa voleva adesso dalla mia vita? A tutto, sì, ricordavo.

- E perchè ti dice che vuole una pizza? - Chiese più che perplessa.

- Non lo so - borbottai. - E' una testa di ca … idiota.

- Chiedi, chiedi! - Fece curiosa sporgendosi dal divano e doveva esserlo davvero tanto per aver ignorato le mie parolacce. Di solito tendeva a sgridarmi, almeno quello, da mamma, pensava non andasse bene.

Mi allontanai ridacchiando rispondendogli velocemente: “E quindi?”

Mi faceva spendere i pochi soldi che avevo. Lo odiavo davvero.

Intanto salvai il numero. Nome: Stronzo; cognome: Parker.

Nuovo messaggio da Stronzo Parker.

 

Voglio pizza :D
Tra mezz'ora vado dalla pizzeria in centro (è l'unica che c'è non mi ricordo il nome ma hai capito) tu intanto va là e ordinami una con salsiccia


 

Mi misi a fissare il messaggio incredula.

Zia Lizzy cominciò a gironzolarmi intorno cercando di leggere il messaggio senza farsi notare. Mi spostai senza guardarla e risposi: “No, ma sul serio?!”

La risposta arrivò subito e il sì parlava chiaro, un po' meno forse del suo ricordarmi della foto.

Ringhiai guardando l'ora: erano le 22:30 e lui pretendeva di farmi uscire di casa per una sua voglia e il giorno dopo c'era scuola.

Pensai, purtroppo, alla foto e me ne andai verso l'atrio a prendere la giacca e una borsetta per il cellulare, le chiavi di casa e il portafoglio (vuoto).

La zia spuntò dalla cucina in cui se n'era andata, dopo aver capito che non sarebbe riuscita a spettegolare e mi guardò interrogativa. - Dove vai?

- Ehh. - Alzai il braccio passandomi una mano per i capelli. - Mi ero dimenticata che Francy mi aveva chiesto di passare da lei dopo cena. Dobbiamo parlare del tipo che le piace, che le ha chiesto di uscire domani … Sai, robe così.

Lo sguardo di Lizzy passò al sospettoso. - Ah sì?

Annuii cercando di rimanere seria, sul vago, giocherellando con le chiavi.

- Il fatto che questo tuo amico ti abbia appena scritto non c'entra? - Odiavo mia zia in modalità mamma.

- No! - Mentii.

Alla fine cedette. - Ok, ma per mezzanotte massimo a casa. - E se ne andò di nuovo in cucina, soddisfatta di aver usato quello che per lei era un tono da madre accondiscendente ma severa, come diceva sempre.

Uscii di casa sbuffando e sperando di sbrigare tutto il prima possibile. La mia via era poco lontana dal centro, 10 minuti con voglia e io ce ne avevo poca.

Arrivai così alla pizzeria “Vesuvio”. Francy ed io, quando non avevamo argomenti migliori, prendevamo spesso in giro la scarsa fantasia dei pizzaioli nel scegliere i nomi.

Entrai, facendo suonare il campanellino sulla porta. Vicino al bancone c'era il ragazzo biondo che mi portava sempre la pizza quando l'ordinavo d'asporto; stava guardando la partita di basket alla piccola tv appesa in un angolo senza badare ad altro. Tutti in quella città erano maledettamente fissati col basket e io odiavo sempre di più quello sport. Motivi più che ovvi.

La signora paffuta bionda che dirigeva il locale dovette dargli un colpo in testa con uno straccio per farlo svegliare e pulire dei tavoli.

- Dimmi, cara. Stavamo decisamente per chiudere ma dovremmo avere ancora un po' di impasto da parte - mi salutò poi , appena si accorse di me, la moglie e madre dei due pizzaioli.

- Scusate, colpa di un mio amico. – Mi accigliai rendendomi conto di aver chiamato Parker “amico”. - Una pizza con salsiccia.

- Margherita e basta a quest'ora, cara …. - Mi disse, leggermente dispiaciuta. Annuii sorridendo e lei se ne andò in cucina.

Stavo guardando il Ragazzo d'Asporto che approfittava dell'assenza della donna per cazzeggiare quando sentii il campanellino suonare di nuovo.

Mi girai e vidi Parker e Billy Hans entrare. Il primo passandosi una mano per i ciuffi chiari e lisci, in un modo che sembrava sempre molto più premeditato che casuale e il secondo con le mani in tasca.

La mia espressione divenne una chiara smorfia e per abitudine mi venne da voltar loro le spalle per non farmi riconoscere.

- Gray - mi chiamò con tono vago Stronzo Parker ma divertito. - Che carina, obbedisci proprio per bene - si congratulò ironicamente con me avvicinandomisi.

Mi girai di malavoglia a guardarli: Parker si era appoggiato al bancone bello tranquillo, mentre Billy se ne stava un po' a distanza, notai, da me, e mi guardava con fare strano. Non sapeva probabilmente come comportarsi e per ovvi motivi non gli ispiravo di certo simpatia.

Alzai le sopracciglia con fare sarcastico e lui distolse lo sguardo.

- Perchè? - Chiesi, attirando di nuovo l'attenzione di Parker.

- Cosa? - Disse cominciando a giocherellare con il foglio che indicava i tipi di pizza ordinabili.

- Non sai chiedere una pizza da te? - Spiegai acida.

Lui mi sorrise. - Era per vedere se l'avresti fatto sul serio e per disturbarti, soprattutto. Tanto posso farti fare quello che mi pare, no? Tutto.

Prima che potessi ringhiargli contro la donna bionda della pizzeria, che io e Francy chiamavamo tra di noi Signora Vesuvio, tornò indietro dalla porta in cui se n'era andata. Guardò i due nuovi arrivati e sorpresa chiese: - Ancora? Mi dispiace ma è finito l'impasto, bastava solo per la pizza della ragazza.

Parker parlò anche per l'amico, come immaginavo a vista facesse spesso. - No, pago quella che ha ordinato lei e basta. - E sorrise come se avesse avuto davanti una delle ragazzine in calore a cui era abituato.

Sembrò però funzionare con la Signora Vulcano, che ricambiò amabilmente e lodò la sua “cavalleria” nel pagare al posto di una ragazza. Billy se la rideva e quando la signora se ne tornò in cucina Parker mi diede di gomito. - Sono un vero e proprio cavaliere, sentito? - E sorrise divertito.

- Non ti conosce, per sua fortuna - spiegai solo, inacidita.

- Ah, a proposito – gli venne in mente sistemandosi il portafoglio nei jeans. - Billy, Gray; Gray, Billy - ci presentò con un gesto vago della mano che andava da me all'altro. - Direi che per ovvi motivi comincerete a vedervi parecchio!

- Sa anche lui? - Chiesi frustrata incrociando le braccia e sguardo rigido su Billy.

Hans, cioè Billy, rise. - Certo. E sai, una foto può andare bene ma due sono troppe – spiegò. - Ero venuto a sapere io da Seth, all'inizio dell'anno, che c'era qualcuno nella scuola che lo faceva copiare, quando poi l'ho convinto a dirmi chi era e sei venuta fuori tu, beh, aspettavamo solo la scusa giusta per rivoltartelo contro – finì e lo trovai più logorroico di quanto avessi mai potuto pensare a pelle.

- Ma l'ha detto a mezzo mondo?! - Avrei dovuto meditare vendetta anche contro Seth, il prima possibile anche se non sapevo minimamente cosa fare.

- Nah, solo a me e a Billy - disse Parker appoggiandosi al bancone con fare stanco e riattirando la mia attenzione. - Ah, Gray, mi fai copiare per il compito di Matematica della prossima settimana? - Chiese all'improvviso animandosi.

Sorrisi guardandolo fin troppo contenta per essere sincera e starmi rivolgendo a Parker. - Nelle regole c'era niente di illegale, nella legge e a scuola. Ergo: no!

- Ergo ... - Ripeterono i due insieme con fare scettico.

Arrossii pronta a ribattere ma la signora Vesuvio spuntò con la pizza fumante. - Ho trovato anche un po' di salsiccia! - Annunciò orgogliosa di se stessa.

Uscimmo subito dopo, i due “uomini” con già due pezzi di pizza, tagliata in otto parti , in bocca, io cercavo invece di non guardarli e li seguivo svogliata, chiedendomi di continuo che ora fosse ma non potendo guardare perchè ovviamente lo scatolone con la pizza la dovevo sostenere io.

Dopo un po' che parlavano animatamente di basket e delle tette di una delle tante cheerleader, non Dawn, stranamente, Parker si girò a guardarmi, come ricordandosi di me e il suo sguardo mi fece un attimo sobbalzare. - Sembri una maniaca che ci segue, pronta a violentarci. Ti manca solo l'impermeabile - constatò squadrandomi.

Mi accigliai. - Cosa dovrei fare?! E poi come se volessi mai violentarvi!

Parker assunse un'espressione buffa, come a dubitare di quel che dicevo. - Ti vedo mentre ci mangi con gli occhi!

Risi scettica non potendo pensare che dicesse sul serio. - Al massimo mangio con gli occhi la pizza, tranquillo.

Si fermarono vicino a un incrocio mentre Parker diceva a Billy, con finto fare confidenziale: “vuole le nostre salsicce, in realtà”. Cercai di far finta di non aver sentito mentre una parte di Evelyne voleva incenerirlo con lo sguardo e l'altra scoppiare a ridere. Ma non erano miei amici, anzi, quindi mi trattenni e soffocai una parte di me stessa.

Quando mi passò la voglia di ridere alzai gli occhi e li vidi salutarsi. Billy se ne andava a sinistra indicando il cellulare con uno strano sorrisetto, Parker era rimasto fermo poco più avanti di me e se la rideva anche lui.

Li guardai perplessa, Billy mi degnò di uno sguardo come saluto ma non credevo (ne volevo) di poter pretendere di più.

Quando tornai a guardare Parker incrociai il suo sguardo.

- Non so perchè non me ne sono ancora andata, quindi addio! - Dissi facendo subito dietro-front prima che potesse chiedermi altro.

- E no! - Mi urlò dietro e sentii anche i suoi passi mentre si avvicinava.

Troppo tardi, Evelyne ...

Mi girai con una smorfia, guardai l'orologio del cellulare che avevo tirato fuori da poco. - Tra quaranta minuti devo essere a casa – spiegai.

- E no - ripeté di nuovo, raggiungendomi e circondandomi le spalle con un braccio.

- Cosa vuoi? - Mi accigliai cercando di spostarmi: mi ero sentita scottata attraverso la giacca da quel tocco e lo interpretavo come più che evidente irritazione, una specie di allergia che mi spingeva a ritirarmi col corpo da quell'essere. La provava anche lui quella repulsione?

- Allora, il motivo principale per cui ti ho fatto uscire è questo: devi sapere che mia madre è in vacanza per un paio di giorni con delle sue amiche e ha detto alla domestica che passa ogni tanto, di non pulirmi i vestiti e la camera perchè devo cominciare a pensarci io. - Alzò gli occhi al cielo. - Un'idea decisamente assurda.

- Decisamente. - Lo fulminai, mentre con il braccio mi trascinava dalla parte opposta a dove se n'era andato Billy. Continuava a non mollarmi!

- E beh, sto cominciando ad essere a corto di vestiti, quindi, o ERGO, adesso passi da casa mia, prendi i vestiti sporchi, li pulisci e me li porti il prima possibile - propose con leggerezza mollandomi finalmente. - Era principalmente per questo che ti ho fatto uscire di casa!

- Ma sai no?! - Sbottai allontanandomi per non farmi più toccare da lui.

- Foto - canticchiò con un sorrisone di soddisfazione.

Mi uscii uno strano verso, simile a un ringhio. - Okay! Va bene! Okay!

Parker mi fece anche lui “okay” con il pollice e si rimise a camminare verso la via dove doveva essere casa sua.

- Alle mie condizioni però! - Aggiunsi inchiodandomi sul posto.

Parker si girò facendo roteare gli occhi verdi al cielo. - Che condizioni? Altre condizioni? Che stress, Gray. - E sbuffò andando a sedersi al muretto che affiancava il marciapiede.

Mi spostai, andando a a piantarmi di fronte a lui, per una volta ero io a sormontarlo e con quel piccolo e relativo vantaggio mi sentivo già più sicura. - C'è mia zia in casa e ci sarà per altri due giorni. Per due giorni lei non deve, ovviamente, accorgersi di questo e vedermi entrare con borsoni pieni di vestiti di un'altra persona. Poooi ...

Parker strinse gli occhi cominciando a passarsi una mano per i capelli dietro la nuca. - Sai che sembra che sia tu a comandare vero?

Lo ignorai. - Non spreco soldi, detersivo, ammorbidente, in più per te. - E incrociai le braccia decisa.

- Allora. - Con fare distratto cominciò a spostare all'indietro alcuni ciuffi dalla fronte. Non faceva altro che toccarsi i capelli, quel ragazzo! E il gesto sembrava fatto apposta per mostrare di più gli occhi che con la luce del lampione lì vicino, erano più chiari e per quello, magnetici. - A me servono i vestiti. Per sabato. Domani non c'è la domestica, mio padre è, come sempre, al lavoro, casa totalmente vuota. Passi da me dopo scuola. Metti su le lavatrici e pulisci la mia camera - finì. - Niente discussioni- aggiunse seccamente vedendomi aprire bocca. - Non comandi tu e sono stato fin troppo buono.

La situazione era, se possibile, peggiorata. Forse potevo dire tutto a mia zia e cambiare scuola, città., vita, esistenza.

Andare a casa di Parker mi entusiasmava fino a quel punto.

Mi guardò scettico, mentre gli spuntava un sorriso. - Gray, segni di vita.

Chiusi la bocca, rimasta aperta pronta per ribattere, e annuii imbronciata.

Lui si alzò soddisfatto e dovetti tornare a guardarlo dal basso.

- Posso andare adesso? - Chiesi ironica borbottando.

- Vai pure! - E cominciò a camminare all'indietro verso casa sua - Se temessi per la tua incolumità ti scorterei fino a casa tua ma mi fido di te e ti lascio andare da sola. Non credo che ci siano violentatori così disperati - mi fece l'occhiolino sfottendo.

Cominciai a tornare sui miei passi, anch'io camminando all'indietro. - Parker, spero che ti derubino, picchino violentemente, ti stuprino e spacchino il culo - alzai la mano pronta a mandarlo a quel paese ma mi trattenni almeno in quello. Tirava fuori il peggio di me, quel ragazzo, non avevo mai detto cose del genere a nessuno.

Lui rise. - Che caratteraccio! - Constatò con un tono piacevolmente (davvero?) sorpreso e si girò aumentando il passo.

Mi fermai chiudendo un occhio, con la mano in aria cercavo di schiacciare quel Parker in miniatura già lontano mordendomi le labbra.

- Smettila di guardarmi il culo! - Mi urlò senza nemmeno girarsi.

Lo ignorai per non dargli la minima soddisfazione andandomene definitivamente.


 


 

Il giorno dopo arrivai a scuola in anticipo, sarei andata al bar senza prendere però niente, anche se un po' di Nutella, forse, sarebbe stata in grado di addolcirmi la giornata.

Mentre attraversavo il parcheggio, andando verso la parte opposta al cancello scolastico, cercavo di sistemarmi alla cieca la rigida coda con cui avevo legato i capelli.

Entrai nel bar e anche se avevo la terribile sensazione (che mi opprimeva petto e pancia) che avrei incontrato Parker non fu così. Il castano stava prepotentemente entrando nella mia vita, nei miei pensieri e nelle mie paure. Non sapevo più dove fuggirgli.

Andai dritta filata al tavolo mio e di Francy e mi sedetti per poi sprofondare sul posto. Parker mi stava tormentando da così pochi giorni ma mi sembrava che la mia vita si fosse già disintegrata.

Ma alla fine era stata colpa mia. Avevo sempre avuto così poco e la cosa più importante (a parte Francy e zia Lizzy), la fiducia, l'avevo rovinata. Il destino aveva provato a punirmi o che cosa?

- Racconta tutto perchè non promette bene. - Francy arrivò di corsa investendomi mentre si sedeva sul divanetto e osservandomi attentamente.

Gli occhi grigiastri di Francy erano sempre così inquisitori e sembravano vedere, di continuo, più degli altri. Anche per quello era una perfetta fotografa. Comunque per vedere che ero disperata, in quel caso, non serviva molto.

- Devo andare a casa sua oggi e ieri mi ha obbligata a uscire di casa alle 10 e mezza per prendergli una pizza e lo odio e mi sta sul cazzo e voglio trasferirmi - dissi tutto di seguito con tono monotono e neutro, in realtà depressa.

- Ehy, trasferirti cosa! - Ribatté subito per poi concentrarsi su un altro pezzo importante: - Casa sua? Perchè mai, non aveva detto che non gli piacevi in quel senso? - Rise. Francy per certi particolari sembrava divertirsi ad infierire.

Le diedi un pizzicotto. - Devo pulirgli la camera e i vestiti ...

- Certo, vuole che gli “scopi” per bene la camera, o per meglio dire, in camera! - Rise della sua battuta come al solito.

- E' inquietante il modo in cui fai battute che piacevano, facevano ridere, massimo ai tempi delle medie … E no.

Rise di nuovo. - Dai su va bene, la smetto! - Si appoggiò una mano sul cuore con fare solenne.

- Conviene ... - Sospirai.

- Prendo un caffè e poi andiamoo? - Chiese Francy alzandosi.


Era suonata la penultima campanella.

L'ultima era di nuovo trigonometria. Avevo sempre odiato trigonometria ma adesso la vicinanza di Parker aveva peggiorato il tutto, per questo cercai di perdere leggermente tempo, senza arrivare tardi, per cercare Nikky e dirgli che cosa avrebbe dovuto fare per il giornale.

Il giornale era messo leggermente male: colpa di Parker, ovviamente, tutto era colpa sua in quel periodo. Francy stava cercando qualche nuova foto, pensava di perseguitare Dawn, o cheerleader di nuovo, visto che l'altro gruppo popolare, quello di Parker, era ormai fuori dalla nostra portata.

Odiavo Parker.

Raggiunsi Nikky come al solito da dietro per fargli paura. - Nikky, scusa se ieri non ti ho cercato ma ho avuto dei problemi! - Spiegai investendolo.

- Sì, ho visto ... - Borbottò a disagio senza guardarmi e non spaventandosi nemmeno.

- Cosa c'è ? - Chiesi sorridendo. - E per l'articolo fai qualche cazzata o per la stagione sportiva o non saprei. L'unica cosa che sembra importare a questa scuola sono i pettegolezzi e lo sport e ...

- Parker ti ha chiesto di parlare di sport ieri, quindi?- Luke intervenne spuntando senza che lo avessi notato prima.

Lo guardai male. - Non eri ammalato?

- Guarito. - Fece spallucce. - In tempo per vederti socializzare col nemico! - Ritornò poi alle accuse.

- Se avessi visto bene avresti visto che litigavamo - cercai di far notare freddamente.

- Io ho visto che lui rideva e che vi siete stretti la mano - mi corresse col tono antipatico che Luke aveva sempre quando sentiva che qualcosa non andava. Ma io quel modo di fare non lo sopportavo. Infatti mi accigliai.

- E poi perchè avete cancellato la foto di Billy? Non ero d'accordo ma non è da te e Francy. Cosa sta succedendo? - Continuò a indagare.

- Quante domande - mi lamentai a disagio.

- Evelyne - mi chiamò Nick, con tono più basso, accondiscendente e quindi gentile, in cerca però di spiegazioni.

Esitai. - Diciamo che, per un po', mi vedrete spesso con Parker - sorrisi un po' mogia. - Non posso e non voglio dirvi il perchè.

Nick sembrava preoccupato, Luke fece per ribattere ma lo interruppi: - E il basket non è stata una sua idea, semplicemente tra un po' inizia la stagione e non ne abbiamo ancora parlato e non ho altre idee - spiegai tormentandomi i capelli.

- Evelyne, se sei nei guai diccelo. Se ne parlassimo con professori o preside ...

Ridacchiai, più che altro per non preoccuparli. - L'avrei già fatto se ci fosse qualcosa di cui lamentarsi. Semplicemente mi vedrete con lui. Non finirò nei guai. E' … è meglio così, credetemi. - Sorrisi.

Nick annuì lentamente, mostrandomi di aver capito, per quanto potesse però essere impossibile.

- Vabbè. - Luke si grattò la testa - Siamo qua, come sempre. - Dopo questo raro affetto improvviso il rosso se ne andò, per poi essere seguito da un titubante Nick. Sospirai facendo dietrofront e correndo in classe da Hoppus, prima che fosse troppo tardi e perdesse la pazienza.

Entrai nell'aula in tempo e Hoppus non c'era, mi corrucciai scocciata di aver corso comunque e andai al banco di fianco a Francy.

Mi sorrise. - Comunque questo weekend ci dobbiamo dimenticare di Parker! - Mi disse convinta e con troppa enfasi, non pensando che due file dietro c'erano i suoi amici. Le feci segnò di abbassare la voce ma mi ignorò.

- Ricordati che devo lavorare però!

- Una gelateria! - Sbuffò. - Stasera lavori? - Mi chiese.

- No, però domani e dopo domani, da mattina a sera.

- Cosa fate al mattino in una gelateria? - Sbuffò di nuovo tirando fuori trigonometria: stavano entrando altri alunni e probabilmente Hoppus stava arrivando.

- Ti ricordo che è anche un bar, quindi servo colazione e assisto, più gelati e preparazione quando serve - risposi precisamente.

Sbuffò un'altra volta e cominciava a sembrare un battello a vapore.

Cominciai a sistemare le mie cose, alzando e riabbassando lo sguardo per controllare se il professore arrivava. Vidi così subito Parker entrare masticando una cicca, perfettamente in ritardo e ovviamente senza conseguenze. Non capivo questi ragionamenti del karma.

Passò di fianco al mio banco come sempre e per fortuna mi ignorò, stava già blaterando cose a caso verso i ragazzi in fondo. Sospirai senza però essere ottimista, quando lo ero mi andava sempre male e quel pomeriggio avevo bisogno di fortuna.

Un pomeriggio da sola con Parker. Nella casa del lupo.

- Potremmo andare in discoteca, ne conosco una dove le donne entrano gratis! - Propose Francy all'improvviso, come avendoci pensato fino a quel momento.

- Se sopravvivo ...

- Allegria portami via! - Pretendeva decisamente troppo.






**Angolo autrice:

Salve a tutte:)
Scusate il relativo ritardo ma in questi tre giorni in cui avevo pensato di aggiornare tra il mio compleanno e verifiche e altre cose non ho mai trovato il tempo :) (soprattutto perchè dall'amica che legge in contemporanea i capitoli ero obbligata ad andare avanti e non avevo ancora riletto ne niente :3)
Tornando alla cosa più importante, questo è un semplice capitolo di passaggio, non è molto lungo e mi dispiace non sia un granchè ma nel prossimo cercherò, se possibile di farmi perdonare :3 Evelyne nel prossimo sarà infatti nell'unico posto dove non vorrà essere: a casa di Parker. Casa di Parker che per Evelyne diventa la casa del Lupo, del terrore; sì, questa donna è molto ottimista e proprio in questo capitolo si può capire! :)
Adoro il personaggio di Elizabeth, che come carattere può un po' ricordare Francy, Evelyne infatti, più negativa, permalosa, un po' più seria finisce sempre per avere intorno personaggi positivi e leggeri, come a compensare e per ammorbire se stessa :)
Anche Parker in un certo senso corrisponde a quel modello, ma Parker è ancora uno sconosciuto per Evelyne, o meglio, il capitano della squadra di basket che la ricatta e che la  sfinisce psicologicamente. Ma questo è solo l'inizio e Parker è ancora più che altro quello che appare :3
Il personaggio di Billy è ancora secondario, ma io amo quel ragazzo e più avanti avrà i suoi ruoli e lo adoro <3
Spero che vi piaccia la storia per come sta continuando, anche se siamo solo all'inizio e che continuerete a leggere. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi può fare solo piacere :)
Alla prossima, non tarderò molto! 

Josie .



P.S. E nel caso voleste un piccolissimo spoiler:
"-Sei un maschilista!- mi lamentai dimenandomi.
-No, realista-. Per dispetto mi tolse con un solo gesto l'elastico dai capelli, che, come per stressarmi di più, mi ricaddero ovunque, anche sul viso."

   
 
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