Il
serpente e
l’uccellino.
A
volte poco può significare molto.
Un
piccolo gesto può risultare più efficace di uno
grande, e era quello che cercava di fare Draco: piano, piano
riavvicinarsi, in
modo silenzioso, ma costante.
Ma
c’era qualcosa che la frenava da fare lo stesso,
un muro contro cui andava a battere tutte le volte che provava ad
aprirsi con
lui.
Era
una sensazione strana quella che provava, un
misto tra paura e ribrezzo che si mitigava un poco al suono della sua
voce
calma, un formicolio sotto pelle cha l’avvertiva del
pericolo, perché infondo,
anche se poteva non sembrare, lui era pericoloso, un Mangiamorte, un
servo
dell’Oscuro Signore e lei una povera stupida.
Capiva
più di quello che lasciava a trapelare, non
era ottusa, e anche se gli occhi non la potevano aiutare gli altri
sensi erano
così vigili da non lasciarla dormire a volte.
Quella
camera sapeva spesso di chiuso, poi arrivava
lui a spalancare le persiane e allora sentiva i gelsomini che dovevano
crescere
pochi metri sotto quelle finestre e si perdeva in essi come in un
vecchio
consunto ricordo.
A
lei piacevano tanto quei fiori così piccoli e
delicati al tatto, ma che allo stesso tempo riuscivano ad emanare una
fragranza
così decisa e forte.
Sapevano
di casa, di quella dalla quale era stata
portata via, quella che rimpiangeva, non spesso, le ricordavano quella
volta
che era entrata in camera del padre a aveva rotto non volendo una
boccetta di
profumo che a quanto aveva capito apparteneva alla madre e per due mesi
il
cassettone e il tappeto avevano profumato di gelsomini.
Andava
lì spesso, avvicinava il naso al comò per
sentire l’odore di quella madre che non aveva mai conosciuto
finché suo padre
non la vide e per mettere fine a quella “strana
abitudine” aveva ripulito tutto
con la magia.
Ma
lei ne aveva così tante di “abitudini
strane” che
non sarebbe bastata tutta la magia del mondo a cancellarle.
Amava
andare in Farmacia per aiutare nelle commissioni
la signora Burkin perché quel posto era la casa degli aromi
più incredibili dall’olio
di rosa alle radici di aconito, poi tornata casa sedeva sul tavolino e
dondolava
le gambe facendo finta che suo padre fosse lì a parlava,
parlava a vuoto,
parlava al vuoto.
In
quel momento aveva Neville con cui parlare, ma il
vuoto era ancora un amico troppo caro a cui rinunciare e a volte
preferiva la
compagnia di nessuno a quella del ragazzo.
Perché
la sua presenza non le faceva bene.
La
porta si aprì di scatto.
-Guarda
che ho trovato! Era tutta sola e spaventata
vicino ad un cespuglio in giardino, sembrava chiedermi
“portami da Wren”… non
ho saputo resistere.-
La
ragazza non fece in tempo a domandargli che cosa
lo rendeva così euforico che un affarino peloso
scivolò dalle mani di lui sul
grembo di lei, e vi si accoccolò non prima di aver emesso un
miagolio di
assenso.
-È
un gatto.- sussurrò lei.
-È
una micia!-
Il
pelo si intrecciava con le sue dita, mentre il
naso umido dell’animale le sfiorava il palmo della mano.
-Come
si chiama?-
-Non
lo so… perché non le dai un nome tu?-
Intanto
la piccola e morbida senza nome continuava a
farsi le unghie sui suoi pantaloni e il sorriso sulle labbra di Wren
sembrava
indelebile.
-Si
chiama Neville!- l’illuminazione la colpì.
-Ma
è una femmina!-
-È
un nome che le piace un sacco, sai? Vero
Neville?- infatti la micia sembrava davvero apprezzare il nuovo
appellativo e
con un piccolo balzo saltò giù dalle gambe della
ragazza per strusciarsi su
quelle dell’omonimo ragazzo.
Aveva
due Neville e probabilmente uno l’avrebbe
aiutata a sopravvivere alla convivenza forzata con l’altro.
-meow- reclamava
le attenzioni dovute.
-È
tua la gatta, puoi chiamarla come vuoi.- rispose
il ragazzo sedendosi sul letto vicino a lei.
Una
frazione di secondo e il profumo di Draco si
fece più vicino, insistente.
Una
frazione di secondo e la mano del Mangiamorte si
posò sull’ala del piccolo uccellino.
Wren
tremò a quel contatto e Draco ritirò la mano come
scottato dalla paura della ragazza.
-Scusa.-
mormorò e in quella parola Wren sentì tutta
la tristezza del mondo, tutte quelle attenzioni che, nonostante tutto
lui le
riservava, tutti i battiti di un cuore innamorato.
Il
fastidio e la paura erano più grandi della
compassione e della pena.
-No,
scusami tu, non ho sentito che ti avvicinavi.-
Draco
sospirò: -Si che lo hai sentito Wren…ci vediamo
più tardi se vuoi.- e lasciò la stanza.
Come
dopo aver chiuso una finestra l’odore dei
gelsomini se ne era andato lasciandola sola.
Quella
notte qualcosa non la lasciava dormire e
probabilmente non erano il temporale primaverile o il vento che batteva
forte
sulla sua finestra.
Erano
i sensi di colpa.
Quelli
si che non fanno dormire, non lasciano che il
sonno colga i corpi stanchi e spossati, non danno tregua alle menti
fragili, e
lei era fragile.
Aveva
paura che lui approfittasse di quella pecca
per farle del male, doveva stare attenta ad ogni sua mossa, ma a volte
la cosa
migliore è riuscire a lasciarsi andare.
“Non farò
amicizia con un Mangiamorte!”
pensava,
ma Neville aveva tutt’altro in mente e lei lo sapeva.
Dopo
quel bacio non c’era stato più niente tra loro
se non un muro molto alto, ma a lui sembrava non importare della
barriera che
lei costruiva per cercare di dividerli.
Aveva
sedici anni Wren e una pazienza per crescere
che non era della sua età.
Le
ragazze a sedici anni parlavano di ragazzi, di
vestiti, di capelli, ma lei era diversa, era singolare le dicevano.
“Ho
un problema, non sono speciale.”
A
quattordici anni le altre ragazze davano il loro
primo e imbranato bacio al dinoccolato, brufoloso compagno di scuola,
muovendo
le labbra in modo disordinato e patetico, alzandosi sulle punte come
ballerine
per rendere il tutto più speciale.
Lei
a sedici anni aveva dato il primo bacio ad un
probabile omicida dalle labbra fredde e più che un bacio le
era sembrata una
testata poco dolorosa visto che non gli aveva dato il tempo per
approfondire
che lei lo aveva allontanato da se.
Si
rigirò del letto scatenando i miagolii di
dissenso della micia che dormiva accanto a lei.
“è
solo un ragazzo innamorato!”
“Ti
sta usando, vuole farti soffrire, è una persona
orribile.”
Due
fazioni opposte nella sua testa lottavano,
ringhiavano, e entrambe avevano delle ragioni inattaccabili, ma ormai
aveva
deciso: non importava, la sua coscienza veniva prima di tutto e lei non
si era
comportata bene quindi avrebbe trovato il modo per farsi perdonare da
Neville,
sia da quello che dormiva nella camera accanto sia da quella che aveva
svegliato e non riusciva più a prendere sonno.
NdA:Il
capitolo è quanto di più demenziale io avessi in
mente, ma sarete d’accordo con me che Neville è un
nome perfetto per una gatta
u.u
Nella
storia in alcuni punti Draco viene chiamato
Neville e in altri no, quei punti sono legati ai pensieri della ragazza
che lo
ritiene Neville e non Draco, dopo quando tutto ritorna generale Draco
ritorna
Draco J
Magari
può non sembrare, ma in questo capitolo si
parla dei sensi, dell’olfatto, del tatto e
dell’udito e ho tralasciato
volontariamente il gusto per il prossimo capitolo.
Ormai
la storia sta per giungere alla sua
conclusione e in questo spazio dell’autore vorrei lasciare
“spazio” a voi
che mi avete seguito,
letto e recensito.
Ringrazio
per aver inserito la storia tra le
preferite/ricordate/seguite: BekkaMalfoy, Calia, Dandelian, Eliana
Lilian
Piton, imperialdolly, Luna KIra Malfoy (hai cambiato nick e non ti
trovavo più
xD) Malika, Strix, _KHPromincence_, Maya92, valepassion95, Ali96,
FallInLoveWithYou, flors99, Fred_Deeks_Ben, Gabrielle Pigwidgeon, JuOn,
Kelis,
Neverland333, Sandyblack94, _montblanc_, _Runawaylove_.
Un
bacio a presto