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Autore: Emrys    30/09/2012    1 recensioni
Ilaria studiò il locale con occhio critico, sulle labbra le apparve un sorriso fugace e per qualche minuto si lasciò cullare dalla musica. Il Blood Moon le trasmetteva sempre una sensazione rivitalizzante, era grande poco più di una quarantina di metri quadri, aveva cupe decorazioni gotiche e praticamente ogni settimana riusciva a riempirsi come una scatola di sardine.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia sul cellulare era un antipatico promemoria del suo ritardo tuttavia, prima di uscire, tornò su i suoi passi e inchiodò davanti al cassettone. La settimana in cui si era trasferita vi aveva scoperto un doppio fondo, liquidandolo come un evidente segno di paranoia del precedente proprietario, ma negli ultimi giorni lo aveva utilizzato lei stessa per nascondere la lettera insanguinata di Luke. L’amico era sparito dopo aver consegnato a Lily ed Emily due bracciali dall’aria antica e nessuno dei suoi familiari aveva idea di dove fosse finito. Due giorni prima era stata interrogata anche lei dalla polizia, ma le indagini non stavano portando a nulla. La lettera che le aveva scritto non era certo un inno all’ottimismo, mentre il sangue con cui era macchiato il foglio era tutt’altro che rassicurante, ma lei ancora non si sentiva di parlare di Luke al passato. Parlarne al passato significava accettare l’idea che fosse morto per lei e lei non riusciva neanche a pensarlo. L’ultima ad averlo visto era stata Lily, avevano preso un caffè insieme e per quanto le fosse sembrato strano sia lei che la sua famiglia non consideravano neanche lontanamente l’idea che avesse deciso di scappare, tagliando i ponti con tutti. Quando poi la polizia era andata a perquisire la casa, si era trovata davanti a uno spettacolo come minimo strano: il salotto ridotto ad un campo di battaglia e una sagoma umanoide impressa sul muro orientale del salotto stesso. Questo aveva aperto la strada alla task force sulle sette sataniche, tuttavia la stessa Yarin era intervenuta a smentire prontamente: il materiale che era identificato come probatorio in realtà serviva a Luke solo dal punto di vista didattico ma, nonostante avesse rivelato che la sua tesi si basava sullo sviluppo di riti esoterici nei corsi e ricorsi della storia, la polizia non era ancora del tutto convinta.
Ad aggravare una situazione già più che grave, dall’intervento nella casa dove era cresciuta il suo angelo non si era ancora fatto vivo. Aveva decine di domande senza risposta e la frustrazione dell’attesa unita alla preoccupazione per Luke la stavano rendendo iperattiva: fermarsi a riflettere o pensare le faceva troppo male. Scosse la testa, scacciando immagini e cattivi pensieri, poi afferrò le chiavi e corse via.

Emily fissò il cielo nuvoloso e sospirò, Ilaria era tornata da loro e fingeva che con il suo viaggio non fosse cambiato niente, tuttavia il suo ritorno alla normalità le suonava davvero troppo forzato. Neanche con lei aveva parlato di quello che era successo a sua nonna e a suo padre, dal suo ritorno nemmeno Maxwell aveva spiccicato parola e le poche volte in cui aveva provato a fargli domande lui si era limitato a farle uno sguardo triste, tipo quelli dei cuccioli abbandonati. Era un’immagine tenera, per quanto stonasse un po’ su una figura come quella di Max. Si versò il caffè e sentì l’amica correre lungo il corridoio. Uscì prima di darle il tempo di chiamarla. “Ecco un’altra mattina in fuga da domande e risposte, quanto pensi di andare avanti Ilaria?” Oltre a ciò che poteva essere successo a sua nonna e a suo padre Ilaria doveva affrontare la scomparsa di Orsi. Lily le aveva raccontato del suo interesse per l’amica e, per quanto loro non ne avessero mai parlato, poteva essere quell’occasione mancata la causa del silenzio di Ilaria. Lasciò la tazza sul mobile di cucina e stirandosi la schiena alzò le braccia al soffitto. Ci fosse voluto anche un mese, quando Ilaria avrebbe trovato la forza di parlare lei ci sarebbe stata.

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L’ingresso del Caravan le sembrava ancora surreale; erano successe così tante cose dall’ultima volta che ci aveva messo piede ma, dopo un paio di secondi di contemplazione, Ilaria si decise a varcarne la soglia. La accolse la voce nasale di un Josia urlante e facendo pochi passi oltre la soglia della libreria, riuscì a vedere l’altra cassiera che gli dava un ceffone, seguito da un calcio negli stinchi. Allora gli voltò le spalle e raggiunse l’uscita con passo parziale. “Cosa?” La ragazza la sorpasso senza risponderle e la allontanò dalla porta con una spallata. Josia era rosso come un peperone. Quando poi si rese conto che Ilaria aveva seguito tutta la scena, le ordinò bruscamente di scendere a fare l’inventario, per poi tornare dentro il proprio ufficio con una camminata impettita da gallo cedrone.

La ragazza scese i primi gradini e, approfittando di quell’attimo di solitudine, si lasciò andare con una risata liberatoria: era una cosa grandiosa ! Qualcuno gli aveva finalmente dato una lezione, ma farne le spese non turbava affatto il suo buon umore. “Certo, però quel coglione avrebbe anche potuto dare una sistemata all’impianto, invece aveva passato le ore a molestare la sua ex collega. Che porco.” Sbuffò, accantonando la dichiarazione e mettendosi al lavoro.

All’ora di pranzo era riuscita a ultimare metà del lavoro e nel frattempo Josia non era ancora uscito dal suo ufficio. Riemergendo al piano della libreria ebbe la sensazione di essere diventata una sorta di spugna mutante acchiappa polvere, starnutì e cercò di mantenere un minimo di dignità dando fondo alla sua autostima. Scosse via lo strato di grigio, almeno per una decina di volte, e tirò fuori da sotto il bancone il cartello TORNO SUBITO. Lo affisse alla porta e sedendosi alla cassa cominciò a mangiare il piccolo panino che si era portata per il pranzo. Lavorare per un tiranno lascivo le stava stretto, però senza soldi non si campava e dopo quello che avevano passato insieme era restia a chiedere a Maxwell un altro anticipo: se anche fosse stato lui stesso in cattive acque a lei non lo avrebbe mai negato.

§§§

Josia fissò il giovane con attenzione: quel ragazzo era entrato nella sua libreria con una tranquillità ai limiti del fuori luogo e da quel momento aveva preso d’assedio il suo ufficio. Poteva essere coetaneo delle ragazze che prendeva come assistenti, eppure il suo sguardo color del mare a tatti riusciva a trasmettergli antichità risalenti a un’altra epoca. Quando era diventato così impressionabile ? “Fatemi capire, volete per caso insegnarmi il mestiere? O siete qui per conto di una di quelle sciocche ragazzine?” Si zittì, facendo una pausa a effetto e dopo aver messo i piedi sulla scrivania si grattò la pancia. “Siete senza parole? Non vi aspettavate di trovarvi di fronte a un uomo della mia scaltrezza, vero?” L’altro continuava a osservarlo, a pochi sogli dalla porta dell’ufficio e con la bocca cucita. Josia aveva l’aria compiaciuta, certo di riuscire a superare l’ultima denuncia per molestie con la facilità con cui riusciva a schioccare le dita. Era accecato dalla sua ottusa superbia e perciò non si accorse di come il suo interlocutore cambiava man mano che descriveva Ilaria come un bocconcino succulento pronto per essere assaggiato. “Fatemi capire, signore, secondo voi quando una ragazza vi dice no in realtà il rifiuto rappresenta soltanto un incitamento all’essere più irruenti?” La voce di Eric era un ringhio sordo, ma Josia non lo notò e annuì con il sorriso dell’uomo di mondo che spiegava le ovvietà ad un infante che si affacciava per la prima volta alla vita.

§§§

Un trambusto improvviso la colse di sorpresa, facendole trattenere il respiro e sputacchiare l’ultimo morso del panino. Il lumacone era sempre stato un personaggio bizzarro, però quella era la prima volta che Ilaria sentiva provenire dal suo ufficio rumori da lotta greco romana. Si grattò dietro l’orecchio e con passo felpato si spinse fino ad arrivare a uno scaffale dalla porta di Josia. Che il genitore o il fidanzato di qualcuna delle ex commesse si fosse deciso a far visita a quel vecchio porco? Il semplice immaginare la scena la divertiva, figurarci assistervi, e per un pelo non fu centrata dalla porta dell’ufficio che si spalancava all’improvviso. Si nascose dietro uno scaffale e con scatti veloci ritornò alla cassa di fianco all’entrata: quella era la sola uscita, quindi se qualcuno aveva steso Josia sarebbe per forza passato da lì. 

“Ciao, disturbo forse?” Eric si era appena chiuso alle spalle la porta dell’ufficio di Josia, raggiungendola poi con un’andatura tranquilla e un sorriso disarmante sulle labbra. “Direi che possiamo fare quella conversazione, che ne pensi?” Si era fermato davanti alla cassa e Ilaria era talmente scioccata che non smetteva di fissarlo con un’espressione inebetita stampata sul volto. “Tu cosa ci fai qui?” Era un sussurro pronunciato a fatica, lui inclinò la testa con fare indulgente e le indicò l’ufficio dive aveva lasciato Josia. “Passavo di qua e mi sembrava giusto approfittarne per dare una lezione al vostro polpo da compagnia,niente di irreparabile comunque, vogliamo andare?” Le porse la mano e dopo una prima esitazione Ilaria l’afferrò: fu subito attraversata da una scossa di energia calda e dopo un istante erano entrambi scomparsi.

§§§

Riapparvero all’interno di una piscina coperta e Ilaria si staccò subito dall’angelo, un gesto quasi d’urgenza. Si sedette sulla panca alle sue spalle e quando posò nuovamente lo sguardo sul suo angelo si morse il labbro: era sul serio davanti a lei e, per Dio più lo guardava più sentiva una scintilla scalarle il cuore. “Non posso continuare a chiamarti angelo, hai un nome?” Distolse lo sguardo, in un imbarazzo a lei non consono, e strinse entrambe le mani a pugno: non era un’adolescente fragile e tendente alle crisi di nervi, tuttavia lui la intimidiva.

Eric osservava ogni suo gesto con un misto di curiosità ed affetto: “Almeno stiamo cominciando con le domande più facili: nel corso dei secoli ho usato molti nomi, ma puoi chiamarmi Eric. Ilaria, è un vero piacere conoscerti.” S’inchinò, eseguendo la caricatura di un inchino comune alle presentazioni ufficiali del secolo scorso. Suo malgrado la ragazza si lasciò sfuggire un risolino. “Sei proprio un angelo? Come quelli della Bibbia?” “Siamo vecchi quanto il tempo stesso, voi umani ci avete identificato in molti modi diversi: spiriti, demoni, djinn. E per la Bibbia diciamo che un tempo abbiamo servito il Trono, ma lui è scomparso e lo stesso hanno fatto i Primi.” Ilaria lo seguiva con attenzione, intrecciando le mani davanti a se e sforzandosi di non cedere alla tentazione di toccarlo. “Noi ci siamo sempre stati e, restando nell’ombra, abbiamo vegliato sulla storia umana.” Allora la ragazza inghiottì a vuoto, più impressionata di quanto volesse mostrare.

“Se è così, perché adesso intervenite ? Cos’è cambiato?” Domande a raffica che alla fine si trovò a soffocare con un grugnito poco femminile. Eric si sedette al suo fianco e con un gesto spontaneo le rimise un ciuffo ribelle dietro l’orecchio. “In realtà è cambiato tutto, in un certo senso, è come se i principi della mia gente si fossero ribaltati: noi viviamo a lungo, ma non siamo immortali e nelle nostre file è sempre più raro che nascano femmine.” Lei aprì bocca, ma alla fine tenne per se la domanda e lo invitò ad andare avanti. “Per questo da oltre un millennio ci accoppiamo con donne umane e molto spesso i maschi nati da tali unioni sono in grado di condividere il retaggio della nostra razza. In quel caso vengono presi e allevati insieme a noi. Al contrario, le femmine hanno sempre rappresentato un problema: nove su dieci mostrano picchi enormi di potere, tuttavia non riescono mai a imparare come gestire i loro doni e raggiunto il quarto di secolo tendono tutte a impazzire.” Si fermò. Forse parlarne aveva rievocato dei momenti angoscianti e, davanti a tali rivelazioni, Ilaria era sul serio sbalordita. Allora gli strinse la mano, un gesto istintivo per fargli forza. “I primi, gli Aartsengel, ci guidavano con giustizia e rettitudine, ma sono scomparsi e chi ha preso il potere dopo di loro ci ha trasformato in un regime odioso. Sono terrorizzati dall’idea di perdere il potere e per questo hanno deciso di estirpare anche la più infinitesimale traccia di discendenza femminile. Ho fatto tante cose orribili, non puoi neanche immaginare.”  Lei rabbrividì e, d’istinto allontanò le mani dalle sue, rimettendosi in piedi. “È questo che è accaduto alla nonna e a mia madre?” Eric non le rispose, incerto se rivelarle la verità, ma dopo un minuto incrociarono lo sguardo: le tremavano le spalle e serrava le mani con tanta forza da affondare le unghie nella carne. “Hanno ucciso mia madre e rinchiuso la nonna ! Non avevano fatto niente di male, erano soltanto se stesse … Perché con me non ci hanno provato prima?” Il vento si agitava intorno a lei, la rabbia era un perfetto catalizzatore per il potere latente, allora lui le rivolse un sorriso tirato e sospirò stancamente. “Tua madre era solo una portatrice, non aveva modo di attingere al potere, a volte capita. Hanno cercato a lungo di soggiogare tua nonna, Mary però aveva una tempra indomabile.” Ilaria era commossa, non riusciva a parlare e quando Eric si sedette le lo fece a sua volta. “E te, Ilaria, hanno provato eccome ad eliminarti.” Lei rimase in attesa di una spiegazione e all’improvviso comprese: “Sei stato tu, ti sei messo in mezzo e hai impedito che mi uccidessero. Quel giorno, quando sei apparso per difendermi, non era un caso.” Riusciva a stento a trattenersi dall’urlare, tutte quelle informazioni provocavano in lei una serie di sentimenti contrastanti e sicuramente ci avrebbe messo un po’ a capire tutto.

Sulle spalle di Eric si dischiusero un paio d’ali nere e Ilaria gli si accostò, come in trance, allungando la mano destra fino a sfiorargli l’ala destra. “Queste sono. È così morbida.” Sul volto dell’angelo apparve la vaga espressione di un pavone che faceva la ruota. “Voglio che tu possa sentirti al sicuro con me, perché la storia non è finita qui.” Ilaria si fece subito attenta e portate le mani dietro la schiena, rimase in attesa. “Con il tempo il dono dei primi si è diluito, ma quando ti hanno aggredito la situazione è cambiata. Almeno per te. Io ti ho dato il mio sangue e quindi in te la Grazia, il nostro potere, potrebbe manifestarsi in tutta la sua lucentezza.” La ragazza si morse la lingua, era una faccenda terrorizzante, ma riuscì a impedirsi d’interromperlo. “Loro non si fermeranno mai, almeno non fino a quando non avranno ucciso l’ultima discendente.” “Se è così, perché? Perché mi hai aiutato? Ti sei messo contro tutto ciò che sei !” Lui fece in passo indietro, in un certo senso colpito dalla disperazione nelle sue parole, e nella sua mente apparve il ricordo della scena in cui Castar gli poteva la stessa domanda. “Io, io…”

   
 
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