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Autore: Dragana    02/10/2012    17 recensioni
-E allora ti manca così tanto la vecchia stratosferica Capitol?-, le chiese Haymitch, seccando il primo bicchiere tutto d’un fiato.
Lei sospirò in maniera teatrale. –Oh, Haymitch, non sai quanto! Ti ricordi com’era tutto così
colorato, così luminoso?
-Quelli erano gli allucinogeni, dolcezza.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAMELIA

Effie allungò una mano e spense la sveglia, gemendo. Si sentiva talmente stanca che per un attimo valutò seriamente la possibilità di uscire struccata, per una volta, e dormire mezz’ora in più; ricacciò questo pensiero blasfemo nell’angolo della mente riservato agli indesiderabili, assieme ai tributi degli Hunger Games e al carcere di Capitol City.
Non capiva davvero come mai era tanto stanca, pensò, uscendo a fatica dalle lenzuola. Si sentiva così da quasi un mese; si addormentava dappertutto, sulle sedie, sul divano, una volta persino su una tovaglia da pic-nic di un pic-nic che aveva voluto fare lei.
Pensò che forse era colpa dello stress, del lavoro (Etius quando ci si metteva era assolutamente insopportabile e le faceva venire dei tremendi mal di testa), senza contare tutti quei via-vai dal Dodici alla capitale. Magari il suo corpo le stava suggerendo di rallentare, il punto è che non poteva assolutamente farlo. Aveva tante, tante, tante cose da fare ed erano tutte indispensabili.
Prima di cominciare ad applicare il primer si chiese se anche le analisi di quella mattina erano poi così indispensabili. Insomma, erano consigliabili dei controlli semestrali per assicurarsi che tutto andasse bene e che nessuna di quelle orribili esperienze a cui non voleva pensare avesse avuto ripercussioni sulla sua salute, ma consigliabile non vuole dire obbligatorio e insomma, poteva sempre lasciare perdere e dormire un altro po’, no?
Solo che ormai aveva programmato tutta la giornata. E si rifiutava di cedere alla stanchezza. Applicò il primer con decisione, cercando di decidere quanto correttore fosse il caso di mettere.

Effie controllò nervosamente l’orologio da polso. Quanto ci voleva per avere i risultati di una piccola analisi del sangue? Doveva andare dal parrucchiere, era questione di vita o di morte visto lo stato dei suoi capelli, e rischiava di fare tardi. Si mise a battere il piede a terra, stizzita.
Proprio quando stava per andarsene, e che si tenessero le sue analisi, il medico mise la testa fuori dal laboratorio. –Signora Trinket?
-Sì, eccomi!-, trillò, sforzandosi di essere educata. Si diresse con passo veloce dentro la saletta, chiedendosi cosa ci fosse da guardare così nel suo referto.
-Allora? È tutto a posto, immagino, vero? Bene, perché ho davvero molta, molta, molta fretta, devo proprio scappare…
Il medico la guardava severamente.
-Signora Trinket, perché non ha comunicato che è incinta?
Lei lo fissò a sua volta, lievemente sconcertata. –Ma guardi che non sono incinta, cosa le salta in mente? Deve aver confuso per sbaglio il mio referto con quello di un’altra paziente… Beh, facciamo che quando ritroverete il mio me lo spedirete per posta, perché sono in un ritardo inqualificabile e…
Lui le tese il referto. -Controlli, non dovrebbero esserci errori.
Lei afferrò il foglio senza riuscire a reprimere un moto di stizza. -Effie Trinket, nata a Capitol City il primo giugno del… sorvoliamo, residente in via Ovidio Lannister 46/c, gruppo sanguigno AB positivo… Sono io, ma…
-Allora, signora, mi sa che devo farle le mie congratulazioni.
Per una volta, Effie rimase senza parole. Guardò il medico con gli occhi sgranati.
-Mi scusi, ma no… non credo sia possibile, davvero…
Lui la fece mettere a sedere sul lettino. Lei continuava a fissarlo, sconcertata.
-Ha avuto rapporti non protetti?
-Ma che razza di… no, certo che no! Cosa crede, che sia una bambina? Prendo la pillola, naturalmente, e prima che me lo chieda no, sono assolutamente certissima di non averne dimenticata nemmeno una compressa!
Il medico la guardò pensieroso. Si gratto il pizzetto. Era anche belloccio, si ritrovò a considerare Effie, prima di riportare l’attenzione su quello che doveva certamente essere un errore di qualche tipo.
-Ha avuto episodi di nausea, magari poco dopo aver preso la compressa?
-No! Non sono certo io quella che vomita, tra me e il mio… e Haymitch!
Non sapeva mai come chiamarlo. Compagno? Fidanzato? Amico Speciale? Era seccante. Il dottore la guardò in modo un po’ strano e lei si chiese perché le fosse venuto in mente di fare quella orribile precisazione.
-Allora… qualche farmaco che di solito non prende? Barbiturici, antibiotici, antivirali?
-No, non che… aspetti un attimo!
Era successo circa un mese prima. Lei era da Haymitch e a un certo punto si era resa conto, con imbarazzante chiarezza, che appena pochi anni prima in quel periodo lei era in carcere. Aveva cercato come al solito di non pensarci, ma era al Dodici, doveva in teoria rilassarsi quattro giorni, e quindi non aveva in programma niente da fare. E il pensiero tornava sempre lì, come quando hai un dente che fa male e stai sempre a tormentarlo con la lingua, e nel giro di poche ore si sentiva ridotta a uno straccio.
Si era decisa a prendere qualcosa per farsi passare quell’ondata di depressione, ma aveva lasciato a casa le sue pilloline e la cosa era bastata a farla scoppiare in singhiozzi. Haymitch cavallerescamente (anche se a Effie rimaneva il sospetto che l’avesse fatto per non dover stare lì a sentirla frignare) si era offerto di recuperarle qualcosa lui, ed era ritornato con delle pastiglie strane fatte con le erbe.
-Le ho prese da Katniss, dice che è tutta roba naturale, è fatta con un’erba che si chiama iperico, mi pare…
-Iperico-, ripeté Effie ad alta voce, facendo eco ai proprio pensieri. Il dottore la guardò con un sorrisetto saputo e l’espressione da Bingo!
-È stato quello, signora. L’iperico vanifica l’effetto della pillola. Io procederei a farle altri esami, per essere certi che tutto proceda bene e accertarci di quanto sia avanzata la gravidanza, poi…
-Un mese. Più o meno un mese.
-Un mese cosa?
-Sono incinta di un mese.-  Effie saltò giù dal lettino dov’era seduta. –Bene, questo significa che devo riprogrammare tutta la mia vita a partire da… oh, a partire da ora! Ci sono così tante, tante, tante cose da fare! Prima di tutto devo chiamare il parrucchiere per spostare l’appuntamento, poi immagino che Haymitch vorrà saperlo, della gravidanza, non del parrucchiere, quindi dovrò partire con urgenza; potrò continuare a lavorare finché starò bene, e poi c’è da comprare tutto, spero di trovare ancora qualcosa di carino in questa città, e… insomma, non mi deve fare degli esami, lei? Su, su, su, che il tempo vola!
Il medico continuava a fissarla, a bocca aperta.

Haymitch stava cercando di dare il becchime a quelle fottute oche senza che loro gli si avvicinassero troppo, quando sentì suonare il telefono. Lo ignorò. Siccome il telefono continuava imperterrito a suonare, lui bestemmiò, lanciò tutto il becchime alle oche secchio compreso, e andò a rispondere.
Naturalmente era Effie. Sembrava avere un dono per saltare fuori sempre nei momenti più inopportuni.
-Haymitch, sei in casa, vero?
Lui alzò gli occhi al cielo. Non aveva mai voluto un maledetto cellulare e comunque lei lo aveva chiamato al numero di casa. –No, dolcezza, sono nel Due sotto a una montagna. Ah, le mie oche ringraziano: se gli scoppierà il fegato sarà solo merito tuo!
-Haymitch, smettila di dire sciocchezze, devo dirti una cosa.
Lui sbuffò. –Sono tutto orecchi.
-Come posso dire… è successo un piccolo piccolo piccolo incidente…
Lui si sentì gelare. –Un incidente?
-… Che porterà a una grande, grande, grande notizia!
-Dolcezza, devo preoccuparmi?
-Ma certo che no, non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi, figurati!
Non fece in tempo a chiedersi cosa diamine stesse combinando stavolta, che sentì bussare alla porta.
-Cazzo, tutti adesso… Effie, qui bussano alla porta…
-Beh, allora vai ad aprire, no?
Con una mezza bestemmia Haymitch andò ad aprire la porta.
E c’era lei. Con un sorriso dei più esagerati che le avesse mai visto sulla faccia. E con una torta in mano. E sulla torta (che era evidentemente una di quelle di Peeta) c’era una gigantesca scritta di cioccolato che diceva “Auguri papà!”.
Lui fissò la torta e poi lei e poi vide la faccia di lei e si sentì che il cuore stava facendo un po’quello che gli pareva. Tirò fuori la fiaschetta, indeciso se berla tutta in una volta o buttare a terra il liquore, dato che evidentemente provocava allucinazioni.
-Metti via quella cosa disgustosa e togliti dalla porta, Haymitch, così ti racconto come l’ho scoperto, è una storia davvero, davvero, davvero buffa!
Siccome lui non accennava a muoversi, lei lo aggirò e si diresse in cucina, continuando a parlare. Ad Haymitch arrivavano spezzoni di frasi, inframmezzati da una specie di ovatta che gli ottundeva il cervello. Pensò che probabilmente stava per svenire.
-Haymitch!
Sobbalzò. Lei era dietro di lui, le mani piantate sui fianchi.
-Ti sto parlando, sarebbe carino ricevere una risposta, sai? E sbrigati a venire in cucina, ho tagliato la torta, bisogna festeggiare! Su, su, su!
Lo prese per un braccio e lui la seguì meccanicamente. Effie lo fece sedere a tavola e gli servi una fetta di torta e intanto parlava, parlava, parlava senza sosta di cose come i vestitini, la cameretta, l’asilo…
-Mangia la torta, Haymitch, è davvero squisita!
Lui mangiò meccanicamente un boccone della torta di Peeta. La torta di Peeta. Di Peeta.
-Questa torta l’hai presa da Peeta.
-…anche perché insomma, lì gli insegnanti sanno quello che fanno e… sì, Haymitch, ovvio che l’ho presa da Peeta!
-Cioè, fammi capire… Cazzo, Effie, in pratica Peeta l’ha saputo prima di me? Ma come cazzo è possibile che l’hai detto prima a Peeta poi a me?
-Non essere sciocco, Haymitch, come avrei fatto altrimenti a farti la sorpresa della torta?
-Mi vuoi dire che hai pensato alla torta prima di pensare a dirmi che…
-Insomma, Haymitch, non stare a fissarti su questi minuscoli cavilli! Ti stavo dicendo che Camelia, perché ovviamente sarà femmina…
-Camelia?
-Sì, non avete questa graziosissima tradizione, qui, di dare ai bambini i nomi di fiori? E' una cosa tanto, tanto, tanto carina! Vedi che ti ho pensato?
Lui si accasciò sulla sedia. –Ho bisogno di bere.
-Posso concederti un brindisi, a patto che non esageri e che bevi dal bicchie… Haymitch!
Lui si era attaccato alla fiaschetta e stava tracannando come se non ci fosse un domani. Quando non ne poté più la sbatté sul tavolo, si asciugò la bocca con la mano e fissò Effie con gli occhi leggermente appannati.
-A Camelia!-, esclamò, prima di scoppiare in una specie di risata isterica.















Note: ci sono cose, al mondo, che è bene rimangano seppellite in una tomba senza nome nei meandri del pc, e sì, me ne rendo conto, questa storia è esattamente una di quelle cose.
L’avevo condivisa solo con le mie betamykette vannagio e OttoNoveTre, e nemmeno per farmela betare, ma con il solo scopo di fangèrlare come delle oche (quelle di Haymitch, suppongo). Abbiamo fanghèrlato come si conviene, OttoNoveTre mi ha pure suggerito alcune battute, era tutto divertentissimo, sennonché, inspiegabilmente, loro hanno cominciato a dire di pubblicarla. Ma non cedevo.
Solo che poi fila ha compiuto gli anni. E ho pensato che come regalo avrei dovuto metterla a parte di quelle cose impubblicabili che mi ha chiesto tante volte di leggere… Fra, spero che apprezzerai il pensiero, perché mi sto vergognando come pochi.
La storia si svolge qualche anno dopo a quella del capitolo precedente.
A tutti quelli che sono arrivati qui e non hanno chiuso la storia alla riga tre, grazie. A chi ha apprezzato l’idea, siete pazzi! Ma almeno vuol dire che non sono l’unica! grazie ancora di più.
Adesso provo a schiacciare “invio”, vediamo se ci riesco. Nel caso lo saprete, suppongo.
E ancora auguri, Fra! <3
   
 
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