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Autore: whatashame    02/10/2012    3 recensioni
Inghilterra 1200. La giovane Isabella Marie Swan lascia per sempre la casa di suo padre per le brume delle foreste di larici e le nebbie di Barnsdale. L'ignoto la attende ma qualsiasi futuro sembra migliore di una vita dove le viene negato persino il matrimonio con un vecchio e panciuto signorotto locale. Non ha scelta: può soltanto scappare dalle braccia del destino che la avvolge in trame tanto strette e dolci da soffocare.
E' il momento per la piccola Lady di smettere i preziosi broccati, i pizzi e le trine, per diventare solo e soltanto Bella, una donna.
(E' una Bella/Edward)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Capitolo 8





Atonement






Non uccidere.

Non rubare.

Non commettere atti impuri.


Jake, la persona migliore che conosca, Jake, che mi ha salvata tante e tante volte, Jake, che è un piccolo sole caldo al mio fianco, ha tante cose per cui chiedere perdono.


Onora il padre e la madre.

Non dire falsa testimonianza.

Non desiderare la roba degli altri.

Non desiderarne lo sposo.


Anche io ho il mio fardello da portare, ma non me ne sono mai pentita.


Ero una donna di Barnsdale da troppo poco tempo e non conoscevo ancora i peccati di Charlie, ma sapevo che se viveva alla radura dei tassi aveva anche lui qualcosa per cui fare ammenda.

In quell'inferno che seguì la nostra avventata escursione a Hartfield, per un intero infinito attimo ricordo con chiarezza che pensai che le nostre colpe erano venute a presentarci il conto.




***




Fu quando Charlie disse “Qui qualcosa non torna” che Bella se ne rese conto. Il vecchio marcante era madido di sudore e si torceva furiosamente le mani guardando fuori dalla sua ridicola botteguccia.

- Andiamo via. - Non poteva davvero essere stata la sua voce a pronunciare quelle parole, non voleva crederci: avevano fatto tutta quella strada e proprio lei suggeriva di tornare a casa a mani vuote.

- No! - strillò l'uomo agitatissimo – No signori, ancora un attimo - sembrava spaventato a morte.


Tutto le fu chiaro: era una trappola.


- Scappiamo! - urlò Bella precipitandosi fuori mentre Charlie e Jake la seguivano sguainando le spade.

Iniziarono tutti e tre a correre in mezzo al dedalo di viuzze del centro, urtando le bancarelle, rovesciando la merce e travolgendo i passanti che fuggivano via terrorizzati dalle armi che scintillavano al sole. Gli ambulanti imprecarono, delle galline fuggirono da una gabbia mentre un carretto si rovesciava da un lato, facendo piovere paglia dappertutto. Qualcuno iniziò a gridare, ma sopra tutte risuonò la voce del mercante - Fermateli! Fermateli! - strillava dalla soglia del negozio. Chissà quanti soldi gli avevano promesso per la loro cattura o se piuttosto avevano minacciato la sua famiglia nel caso non avesse collaborato con i Volturi.


- Bells, Bells che succede? - continuava intanto a domandare Jacob ansante, facendosi largo a spallate fra la folla.

Avevano quasi raggiunto i cavalli quando anche lui li vide. Erano solo in due ma era impossibile non riconoscere i mantelli scuri di chi serviva Aro.

Jasper e Garrett li stavano aspettando.




***




- Signori miei - la voce garrula dell'uomo con la barba li accolse festosa, quasi eccitata - Vi prego, non così in fretta. - Garrett adorava le sfide e gongolava all'idea di battersi. Jasper, alla sua destra, era in posizione di duello, la guardia bene alzata.

- Cedete il passo soldati - intimò Charlie parandosi di fronte a Bella - Quelle sono le nostre cavalcature. -

- L'ultima cosa che ci interessa sono le vostre bestie, puoi credermi sulla parola vecchio stolto - lo apostrofò Garrett.

- Cedete il passo - ripeté Charlie - E rinfoderate le armi. Non desideriamo batterci con voi. -

- Oh, noi lo faremmo anche, ma voi avete qualcosa che ci appartiene - sogghignò l'altro avanzando di un passo - Anche se confesso non mi sarei mai aspettato di poterla riavere così presto, né in così buona salute. -

Charlie lo fissò perplesso per un istante, senza capire.

- Lady Isabella Marie - si inserì la voce profonda e pacata di Jasper - Siamo qui per riportarvi da Marcus, vostro padre. I Volturi vi attendono con ansia. -

La potenza di quella rivelazione lasciò Charlie senza fiato, mentre Jacob si girò a fissare l'amica negli occhi, incredulo.

Lei gli restituì lo sguardo solo per un attimo, prima di abbassare la testa, la faccia deformata da una smorfia contrita e spaventata. A Jacob dovette sembrare un'ammissione di colpa, perché, tradito e pugnalato alle spalle, voltò immediatamente il viso, come se anche la sola vista della bocca bugiarda della ragazza gli facesse male.

- Lei non desidera venire con voi! - ringhiò in tono di sfida, mentre Charlie gettava una rapida occhiata alle proprie spalle. Bella aveva gli occhi di pietra e i pugni serrati tanto forte da graffiarsi i palmi con le unghie.

- Temo che quello che la signora desidera non sia argomento di alcuna rilevanza - dichiarò l'uomo dai capelli biondi con voce neutra. Non c'era alcuna cattiveria nel suo tono, si trattava piuttosto di una rassegnata costatazione, ma fu sufficiente ad infiammare gli animi. Jacob gli si lanciò addosso, mirando un fendente dritto alla testa. Jasper, più avvezzo alla spada, scartò di lato agilmente, ricambiando con la stessa cortesia. A Charlie non restò che bloccare l'altro soldato prima che potesse avventarsi anche lui su Jake.

In men che non si dica il cozzare delle spade divenne assordante e Bella strillò di spavento. Aveva assistito fin da piccola ai duelli di palazzo, agli allenamenti di Edward ed Emmett, ai combattimenti durante le giostre ed i tornei, ma era la prima volta che vedeva degli uomini usare la spada per ferirsi a vicenda.

La vita che lei e Carlisle avevano giurato di proteggere a tutti i costi aveva davvero poco valore. Edward glielo aveva ripetuto tante volte, mentre lo abbracciava di notte, la stanza odorosa di sesso e il fantasma delle guerre in Francia sospeso fra loro.

Jake con un balzo evitò un affondo di Jasper, indietreggiando. Il suo avversario era uno spadaccino esperto, compensava i centimetri che li separavano in perizia. Jacob combatteva con i muscoli, Jasper con la tecnica, ma non ci stava mettendo troppo impegno. Si limitava a difendersi e a cercare di disarmarlo. Garrett non sorrideva più. Precipitoso e istintivo come era sempre stato, si era scagliato contro il nemico immaginando un confronto rapido con un vecchio contadino incapace. Charlie, nonostante non fosse più giovane, si era dimostrato assolutamente superiore in destrezza e abilità, ferendogli un avambraccio e graffiando il suo orgoglio molto più profondamente.

Il clangore delle lame risuonò ancora e ancora, eppure il duello era in una fase di stallo, con Charlie che non aveva intenzione di approfittare del vantaggio sull'avversario per infliggergli il colpo di grazia, e lo strano gioco in difesa di Jasper, che stava sfiancando Jake mentre lui appariva ancora fresco e riposato.

Uno spettatore ignaro avrebbe erroneamente pensato che le due fazioni fossero in parità. Chi invece era pratico dei modi dei Volturi avrebbe capito che prendere tempo era l'obiettivo di Garrett e Jasper. Resisi conto di non poter lealmente vincere in uno scontro alla pari, gli uomini di Aro avevano impegnato gli avversari in una battaglia fatta di incursioni e ritirate rapide, che li impegnava totalmente, impedendo loro di raggiungere i cavalli. Sicuramente lo scompiglio del duello aveva suscitato clamore e la guardia cittadina sarebbe giunta a minuti portando rinforzi. I due pezzenti erano spacciati, pensò Garrett ghignando fra sé. Peccato, il suo avversario era un valoroso.

I soldati però, come chiunque non avesse mai vissuto a Barnsdale, erano troppo abituati a considerare qualsiasi creatura di sesso femminile - e Lady Isabella in particolare - assolutamente irrilevante fuori da una camera da letto. Una leggerezza imperdonabile dimenticarsi che gli avversari erano tre e la loro una condizione di svantaggio.

Lungi dallo starsene ferma e buona attendendo di esse salvata come una qualsiasi damigella in pericolo, Bella aveva troppo da perdere per non salvarsi da sola.

Sgusciò alle spalle dei soldati, verso i frisoni. Li liberò tutti e tre mentre pensava freneticamente a una possibilità di fuga per lei, Jake e Charlie. Per un momento, un attimo soltanto, prese persino in considerazione l'ipotesi di lasciarli lì, ma seppure a volte in vita sua era stata vigliacca, non era un'ingrata e doveva... anzi, voleva fare qualcosa per chi rischiava la vita e la libertà per lei. Inoltre era necessario che si scusasse con Jake, assolutamente.

Si guardò freneticamente intorno, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse esserle utile, mentre il rumore delle spade le faceva martellare il cuore nel petto. In preda ad una strana frenesia strappò a mani nude un ramo da un cespuglio di rovi, senza nemmeno sentire il dolore delle spine che le affondavano nella carne. Si girò a osservare i duellanti, e scossa da un brivido si chinò a terra raccogliendo una manciata di pietre e polvere con la mano libera. Poi sferzò le natiche dei due cavalli che aveva davanti con il ramo. Gli animali nitrirono, uno si sollevò sulle zampe posteriori, incombendo su di lei, ma Bella lo colpì di nuovo con forza, la disperazione che la rendeva più coraggiosa di quanto non fosse in realtà. I quattro combattenti interruppero lo scontro per vedere la causa di tutto quel trambusto e finalmente i due cavalli partirono al galoppo, puntando pericolosamente verso Jasper e Jake. Charlie approfittò della disattenzione di Garrett per assestargli un calcio ben piazzato in pancia, mandandolo a ruzzolare per terra, poi scattò verso uno dei frisoni in corsa riuscendo a salirgli scompostamente in groppa, aggrappandosi ai crini e alle sella. Bella mollò lo scudiscio improvvisato e trattenne per le briglie il terzo cavallo, piuttosto agitato da tutto quel movimento. Montò in arcione e spronò il frisone verso Jasper, che vedendo l'animale corrergli addosso arretrò lasciando Jacob libero. Bella tirò le briglie fermando la sua cavalcata folle ad un passo da Jake, che salì dietro di lei al volo. Con l'elsa della spada che reggeva ancora ben salda nella destra, Jacob pungolò l'animale per fargli riprendere il galoppo. Quello partì a razzo calpestando quasi sotto gli zoccoli Jasper che gli si era parato davanti per fermarli. Il cavallo si impennò, rischiando di disarcionarli, mentre Bella stringeva disperatamente le briglie con una mano per non cadere. Jasper si avvicinò di nuovo, mentre il cavallo scendeva sulle zampe anteriori, e quando ormai era vicinissimo Bella gli gettò in faccia i sassi che aveva stretto in mano fino a quel momento. Non riuscì a centrarlo perfettamente, ma la polvere gli finì negli occhi, costringendolo a chiuderli, mentre una gragnola di pietroline gli feriva il viso.

Quando li riaprì Bella, Jacob e Charlie erano già lontani.




***




Lanciarono i cavalli a tutta velocità sperando di guadagnare abbastanza tempo prima che gli sceriffi organizzassero un drappello d'inseguimento. Non persero tempo in chiacchiere, rimandando la conversazione a quando finalmente le nebbie familiari di Barnsdale li avrebbero fatti sentire al sicuro.


Dopo quelle che a tutti sembrarono ore il frisone su cui viaggiavano Bella e Jake era molto provato. Aveva dovuto trasportarli entrambi e l'animale non riusciva più a reggere il passo. Avevano anche perso un cavallo, e quello voleva dire molti soldi. Jake aveva insistito per essere lui a tenere le redini e aveva passato le braccia intorno a Isabella per stringerle. Non erano mai stati così vicini, sembrava quasi che lui l'abbracciasse, eppure non lo aveva mai sentito più distante.


- Rallentiamo. Ormai dovremmo essere al sicuro - propose Charlie, con la sua solita voce tranquilla e monocorde.

Jake annuì stancamente.

Il suo corpo sfiorava quello di Bella, seduta fra le sue gambe. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che fissarle nuca, respirando in silenzio il profumo dei suoi capelli.


- Tu... tu mi devi delle spiegazioni Bells - mormorò piano, soffiandole le parole nell'orecchio.

La ragazza si irrigidì, felice di averlo dietro la schiena e non poterlo vedere in faccia. Sentiva un groppo in gola al solo pensiero di quanto lo avesse deluso e non voleva leggere l'amarezza nei suoi occhi.


- Mi chiamo... mi chiamavo Isabella Marie, ma questo già lo sai. Ho diciotto anni. Mia madre era Renée Dwyer... - s'interruppe, mentre sceglieva con cura le parole da usare.


- Sai Jake, mi piace il nome che mi hai dato. Bella. E' semplice e puro, privo di tutte quelle formalità ipocrite con cui sono cresciuta. E' come se tu mi avessi fatta rinascere, e poi mi hai fatto sentire a casa: anche lei mi chiamava così, ma è morta da tanto tempo e io l'avevo quasi dimenticato - si morse le labbra, mentre una sua mano andava a stringere quella grande e abbronzata di Jake, salda intorno alle briglie.- Non volevo nascondervi niente, lo giuro. Sopratutto non volevo nascondere niente a te. -

Charlie ascoltava in silenzio, cavalcando al loro fianco, e sembrava fuori di sé.

- Mi hai mentito - sibilò il ragazzo pieno di livore.

- Non l'ho fatto! -

- Hai omesso! Hai omesso troppe cose! E non starmi a dire che c'è una differenza perché non me ne fotte un cazzo! Porca puttana, quelli ci stavano aspettando, ed erano Garrett e Jasper Whitlock in persona!!! Non si sarebbero scomodati per una ragazzetta in fuga. Mi devi una spiegazione! -


Era strano litigare abbracciati, quasi surreale.


- Per quanto possa lusingarmi l'idea - continuò Jacob abbassando la voce - Non erano lì per me. Chi sei Bella? Tu devi dirmi chi sei e cosa voglio quelli da te. -


- Mio padre è Marcus, il braccio destro di Aro Volturi. Ha sposato sua sorella Didyme e in seconde nozze mia madre. Suppongo fosse un'ordine di Aro o uno degli sghiribizzi di quell'essere eccentrico che era mio nonno, almeno stando a quel che raccontano i pettegoli a corte. Io non l'ho mai conosciuto, è morto poco dopo la mia nascita e in ogni caso non credo avrebbe apprezzato la mia compagnia: mi hanno detto che l'unico commento che ha fatto quando mi ha vista appena in fasce sia stato “femmina” seguito da bestemmia irripetibile. Nemmeno un anno dopo è morto. Era negli accampamenti a Nord e quando lo ricordano in chiesa il prete dice sempre “per difendere il suo re” e tutti si tolgono il cappello, ma ho sentito mormorare dalle sguattere che è morto nella tenda, mente si godeva i favori di una meretrice a basso prezzo. Gli altri miei nonni non li conosco e francamente non mi importa. Mia madre non parlava mai della sua famiglia e aveva interrotto tutti i contatti dopo che l'avevano costretta al matrimonio. So solo che non avevano nemmeno una stilla di sangue blu. -


Con la voce che sembrava sul punto di spezzarsi, Bella raccontò loro che suo padre non era cattivo ma incapace di vincere il proprio dolore, che aveva amato unicamente la prima moglie e forse nemmeno lei. Ignorava come fossero andate le cose prima della sua nascita, ma sapeva che si accompagnava a varie donne, anche quando era sposato. Lo faceva ancora, nonostante fosse ormai vecchio e brutto. Parlò di sua madre morta quando lei aveva dodici anni. Disse loro che Lord Marcus aveva accarezzato la possibilità di farla sposare a qualche vecchio riccone o che almeno questo era quello che aveva sempre creduto, e di quanto dovesse essersi sbagliata visto che non aveva mai provveduto ad organizzarle un matrimonio. Si morse con forza le labbra mentre le parole richiamavano indietro il dolore che aveva provato sentendosi un peso per suo padre, qualcuno di seccante a cui bisognava dare da mangiare, comprare vestiti e stoffe preziose per poi vendere al miglior offerente. Aveva sempre odiato la politica dei matrimoni, ma alla fine era arrivata persino a rimpiangere di non averne avuto uno imposto. Un vecchio bavoso e senza denti, magari, come quello che era toccato a Irina, che aveva pianto a lungo fra le braccia delle amiche e aveva continuato a piangere anche davanti al prete, sotto il velo. Se ne erano accorti tutti ma a nessuno era sembrato importare, almeno fino a quando il suo “lo voglio” non era stato talmente incomprensibile da costringere la testimone a rifilarle una gomitata per riscuoterla e farglielo ripetere di nuovo.

Confidò loro quali erano i suoi biscotti preferiti, quanto le piacesse oziare nel letto appena sveglia o stare nel laboratorio di sua madre a guardarla pestare bacche e diluire acidi, quanto era stata felice quando Marcus le aveva regalato una bambola. Parlò così tanto da sentire la lingua seccarsi, ma le sembrava di non riuscire più a smettere. C'era così tanto da raccontare, una vita intera, e i pensieri le uscivano di bocca affastellati e confusi. Non riusciva a focalizzarsi sulle cose davvero importanti perché non si rendeva più conto di cosa lo fosse davvero.


Jacob e Charlie l'ascoltarono in silenzio, entrambi profondamente turbati. Jake non disse nemmeno una parola, Charlie la interruppe un'unica volta.

- Quelli come te non dovrebbero mischiarsi con quelli come noi. - disse tetro - Può venirne fuori solo dolore. Per tutti. -

Bella perse il filo del discorso e Jake si mosse a disagio. - Non vorrai mica mandarla via?!?! - si preoccupò dando voce ai timori dell'amica - Andiamo, l'hai sentita, non può tornare lì! Non lo permetterò! - era arrabbiato con lei ma la sua lealtà non vacillava. Era stato lui a chiedere a Bella di seguirlo a Barnsdale e non l'avrebbe abbandonata.

- Non ho detto questo, Bella. Per il momento non racconteremo nulla agli altri di quello che abbiamo scoperto su di te. Non credo che Esme o Carlisle permetterebbero mai che ti mandassero via, ti sono troppo affezionati, ma la prudenza non è mai troppa. E poi tra poco è il solstizio e c'è la festa, non voglio rovinare l'umore a tutti. Tu però devi promettermi che racconterai tutto almeno a Jake. Un po' alla volta se necessario, ma non posso permetterti di mettere in pericolo il villaggio. -


Lei annuì e Jake le asciugò una guancia con la mano. Solo in quel momento si accorse che era bagnata di lacrime e che probabilmente aveva pianto tutto il tempo mentre rivelava loro la parte più intima e privata di sé.

- Bells, sicuro che non hai un marito o peggio... ?- esclamò Jake disegnando con la mano una curva all'altezza dell'addome.

Lei voltò la testa e lo fissò basita. Per tutta risposata il ragazzo scoppiò in una risata sguaiata, segno che la stava prendendo in giro per sdrammatizzare.

- Non sono né sposata né incinta pezzo di… - non le veniva in mente nulla di adeguatamente triviale e offensivo, quindi rimase come un'imbecille con la bocca aperta. Alle signorine per bene nessuno insegnava le parolacce e a Barnsdale la sua “puzza sotto il naso”, come diceva Embry, dissuadeva tutti dall'usare in sua presenza un linguaggio meno che appropriato.

Jacob rise di nuovo.

- Ma ti sembrano cose su cui scherzare in un momento come questo? - provò a farlo ragionare Charlie, ma Bella aveva smesso di piangere, le sua guance erano tornate di un bel cremisi intenso e gli occhi vispi.

- Jake, maledetto... cretino - lui quasi soffocò per il gran ridere - Non pensi che se fossi incinta dopo mesi che ci conosciamo mi si vedrebbe la pancia o... -

- Dai Bells scherzavo, non ti arrabbiare! E poi sono certo che il tuo sarebbe un bambino bellissimo!Senza contare che Renesmee sarebbe contentissima di diventare zia. -

- Oh mio Dio, sarebbe una disgrazia! - sbuffò Isabella volgendo gli occhi al cielo.

- Come puoi dire questo! Mamma snaturata: un bambino è un dono del cielo!-

- Beh, credo di non avere l'istinto materno! -

- Ma non ce l'hanno tutte le donne? -

- Allora io forse sono un uomo! -

- Attenzione signori, grandi rivelazioni! - sogghignò Jacob.

- Anzi no, sono nata sbagliata e nel corpo sbagliato! - si corresse pensandoci meglio.

- Bambini, la vogliamo smettere? - li riprese Charlie che incominciava ad essere stanco di sentire tutte quelle scemenze.

Si acquietarono subito.


- Bells - mormorò Jake gentile - Forse sei nata solo un un'epoca sbagliata. Magari un giorno per quelli del tuo sesso sarà diverso. Guarda il lato positivo: almeno adesso sei finita nel posto giusto. A Barnsdale c'è quanto di meglio tu possa desiderare: avrai la tua indipendenza, potrai inseguire i tuoi sogni e ci sarà sempre un otre di buon vino con cui fare baldoria... almeno finché dura -.

Lei girò la testa indietro per regalargli un sorriso - Io combatterò per difendere tutto questo – dichiarò risoluta.

- Ci conto - bisbigliò Jacob contro il suo collo.


Bella stava per riprendere il suo racconto quando un grido di agonia giunse alle loro orecchie.

- Cos'è? - sussultò Jake tutto ad un tratto circospetto - Un animale? -

- Forse è finito in una tagliola... sembrava soffrisse - ragionò Isabella.

- Non ci sono tagliole qui. Siamo tropo dentro Barnsdale e i cacciatori non ci vengono.- spiegò Charlie pratico - Noi ne abbiamo sistemata qualcuna in giro ma sono sicuro che nessuno dei nostri ne ha messe qui. Siamo sempre attenti a comunicare a tutto il villaggio la loro posizione onde evitare incidenti. -

L'urlo si ripeté di nuovo, più straziante e forte questa volta.

- Ma che diavolo... -

- Una persona! Jake, è una persona! - esclamò Bella agitandosi sulla sella.

- Cosa? Sei sicura? -

- No, ma dobbiamo andare a controllare, non possiamo lasciarla soffrire così! -

- Potrebbe essere pericoloso -

- O potrebbe essere qualcuno dei nostri, magari ferito dai soldati, o potrebbe essere qualche povero disperato che ha bisogno di cure. - esclamò scendendo svelta da cavallo. Rimase in ascolto, ma la foresta taceva.

- Non riesco a capire da dove viene! - si lamentò tendendo le orecchie - C'è nessuno? Ehi, c'è nessuno? - chiamò ad alta voce.

Le rispose il silenzio.

- Non vogliamo farti del male, ti prego credimi! Vogliamo solo aiutarti, dove sei? -

Il lamento arrivò flebile alle loro orecchie e prima che Charlie o Jacob potessero fermarla Bella si mise a correre fuori dal sentiero verso la voce - Sono qui, sto arrivando! - gridò inoltrandosi fra i cespugli con Jacob che la tallonava imprecando - Accidenti a te, maledetta pazza! Finirai per farci ucci... - urtò contro Bella che si era fermata di colpo e quasi la buttò a terra. - Ma che... -

Isabella era immobile, dritta come una fuso, la mano davanti alla bocca a trattenere un grido. Jacob seguì il suo sguardo, fino ad incrociare quello folle e sconvolto di Lea, la pazza dello Yorkshire, riversa a terra, il corpo scosso da spasmi e il ventre innaturalmente gonfio.




***




Edward pensava. Di nuovo.

Diverse fanciulle, di natali più o meno discutibili, avevano ripreso da qualche giorno il viavai dalla sua camera da letto. Era stato strano rendersi conto di quanto una routine ben consolidata in anni e anni di ripetersi sempre uguale a se stessa, adesso gli sembrasse tanto priva di senso. Forse dipendeva dal fatto che era stato monogamo per più di un anno e mezzo, constatò sprezzante. Un periodo breve rispetto ai suoi vent'anni di vita, ma abbastanza perché tutto gli risultasse anomalo e anche un po'... triste.

Con il corpo ancora caldo di piacere aveva lasciato che le sue gambe prepotenti lo conducessero, come facevano tutti i giorni, dove la mente rifiutava di mettere piede: la camera di Isabella.

Lì, seduto sulla sua sedia, davanti al suo tavolo, con addosso l'odore di un'altra, come per farle un dispetto, era rimasto tutte le sere a leggere il libro che gli aveva consegnato Jasper.

La copertina era di fattura pregiata, scura con degli intarsi dorati e alcune pietre a impreziosirne la parte davanti e la costa. Ad un'occhiata superficiale sembrava proprio un vecchio trattato di filosofia naturale, come ce n'erano tanti altri nel laboratorio di Renée Dwyer, la strega. Dopo essersi fatto consegnare le chiavi da Marcus, vi si era recato un paio di volte nella vana speranza di poter recuperare qualcosa che lo aiutasse nella sua infinita ricerca di Isabella, trovando unicamente polvere e sporcizia.


Aprì di nuovo quel maledetto libro e continuò a leggere da dove aveva interrotto la notte precedente. Il paragrafo illustrava le proprietà della belladonna e vi erano appuntati, con dovizia di particolari, i risultati di alcuni esperimenti condotti iniettandone il veleno su rane, topi e altri piccoli roditori. Chi aveva scritto quella roba doveva avere gusti piuttosto macabri e passatempi discutibili e grande era stata la sorpresa di Edward nello scoprire che l'autore altri non era che Lady Renée stessa.

Dopo aver frugato fra tutte le cose della strega, si era arreso all'evidenza che quella fosse la sua prima e unica opera. Non c'erano altri tomi vergati dalla stessa grafia piccola e sottile, così particolare e nervosa intorno alle “p” e le “f”, con l'occhiello delle “o” che la rendeva inconfondibile. La madre di Isabella aveva trascritto su quel volume il risultato dei propri strampalati esperimenti, annotandoli con cura maniacale, registrando meticolosamente data e luogo in cima alle pagine. La cosa che lo aveva lasciato ancora più esterrefatto però era stato accorgersi, proseguendo la lettura, che fra le pagine qualcosa esulava profondamente dai contenuti di un banale testo di scienze: qui e là, in mezzo a formule per distillati e indicazioni per l'uso di piante officinali, sbucavano i pensieri privati della signora Dwyer. Frasi scarne, mere registrazioni di eventi in poche parole all'inizio, ma che con lo scorrere dei fogli erano sempre più frequenti e diventavano pensieri articolati. Verso metà libro addirittura riuscivano a ricoprire mezza pagina.

Era rimasto esterrefatto nel rendersi conto che quello che stringeva fra le dita non era un semplice libro, ma una sorta di diario personale.

All'inizio le confidenze che la donna aveva condiviso con la pergamena non erano particolarmente significative; Lady Renée aveva scritto qualcosa sulla propria famiglia, aveva riportato la data delle nozze con Marcus e qualche sterile commento sul marito, sul figlio acquisito e la vita grigia che conduceva a palazzo. Il racconto si interrompeva bruscamente perché alcun pagine erano danneggiate e appiccicate fra loro, per passare direttamente a parlare di Isabella. Lady Renée aveva descritto quanto era stata felice quando era nata, come era stato bello per lei sentirla pronunciare “mamma” e difficile lasciarle muovere i primi passi senza correre ogni volta al suo fianco per impedirle di cadere.

Il diario si concludeva quando Bella, come la chiamava lei, aveva compiuto tre anni. All'inizio Edward aveva pensato che, avendo ormai esaurito quasi tutti i fogli, Lady Renée ne avesse comprato uno nuovo. Si era ricreduto però notando che c'erano ancora sei o sette pagine completamente immacolate in fondo. Era strano, ma era convinto che la donna non avesse ripreso a scrivere: Lady Dwyer aveva deciso di non raccontare più a nessuno di se stessa.

Sull'ultima pagina la strega aveva scribacchiato alcune frasi con l'inchiostro nero, un triste addio alla carta:


Non credo di essere mai stata infelice quanto lo sono oggi. Credevo che il giorno più triste della mia vita fosse stato quello del mio matrimonio, o quello in cui mi sono ritrovata sola e senza amore, ma ho dovuto ricredermi. Oggi ho visto mia figlia, la mia unica speranza, giocare da sola sul tappeto ai piedi del mio tavolo da esperimenti. Di solito osservarla mi riempie di gioia e calore, ma questa mattina mi ha scossa un brivido. Mi sono resa conto di una cosa: Bella è uguale a me, un uccellino in trappola, e temo che in questo maledetto palazzo condividerà il mio destino o un fato persino peggiore. Sempre ai margini, isolata e disprezzata da tutti, calpesteranno la sua vita e i suoi sentimenti, tutti i suoi desideri, come hanno fatto con me. Per il mio sangue e per colpa mia.

Sono sua madre, la amo con tutta me stessa e mi riempie di terrore.”


Edward chiuse il diario e vi si appoggiò sopra coi gomiti, stringendosi la testa fra le mani.

Era evidente, anche se gli faceva rabbia, il perché Isabella avesse deciso di portare con sé quel tomo. Aveva scelto di tenere nel cuore la madre, ovunque andasse, lasciando lui indietro.

Era ridicolo, ma ne era parecchio geloso e la cosa fra l'altro lo faceva anche infuriare.

Lady Renée era morta suicida, appesa per il collo ad una corda e nella sua immensa crudeltà non aveva fatto niente perché a trovarla non fosse quella bambina che scriveva di amare tanto. Erano solo belle parole le sue, in realtà era stata meschina e crudele. Aveva scelto di uccidersi e aveva lasciato Isabella da sola! Come poteva sua figlia non odiarla? Come poteva preferirla a lui? Lui, che aveva mille difetti, che forse l'aveva fatto nel modo sbagliato, in una maniera inaccettabile ai suoi occhi, ma che almeno aveva avuto abbastanza coraggio da tentare di tutto pur di restare insieme.

Era assurdo, rifletté fra sé, ma la persona con cui doveva contendersi le attenzioni della sua bella non era un altro uomo ma sua madre.

Non era uno scontro ad armi pari: non si può vincere contro un morto. Chi se ne va è sempre troppo perfetto. Chi resta invece continua a portarsi appresso quell'imperfezione che lo rende vivo, fatta di miserie e sbagli.

Lui aveva il suo carico di vergogna ad accompagnarlo: tutti i dispetti che le aveva fatto da bambino, il disprezzo, la freddezza, le volte in cui da adolescente l'aveva presa in giro e quando, ormai adulto, l'aveva portata nel proprio letto senza mai prometterle niente, come se tutto gli fosse dovuto.

Una volta quando era ancora quattordicenne, aveva persino tentato di affogarla.


Era una giornata torrida di Agosto e l'afa si incollava ai vestiti e nei capelli, rendendo tutti nervosi a frustrati. Le dame, intabarrate nelle stoffe pesanti degli abiti pomposi, a furia di sventagliarsi rischiavano i crampi alle mani, i cavalieri soffrivano nella cotta di maglia e lui e gli altri ragazzi avevano deciso di organizzare una piccola gita al fiume in cerca di refrigerio. Il Don, ad una mezz'oretta di galoppo, scorreva in una radura pacifica, ideale per far merenda sull'erba, ed erano tutti abbastanza ottimisti da pensare di poter sfuggire alle attenzioni dei maestri di spada e delle donne di compagnia per sgattaiolare via per qualche ora. Lui, Garrett e un altro paio di ragazzi, avevano sellato i cavalli, Alice aveva portato qualche amica, ognuna fornita di un cestino pieno di biscotti al miele, pane e frutta secca. Le ragazze avevano tutte l'età perfetta per una piccola ribellione innocente prima di essere rinchiuse in convento in vista del matrimonio e la voglia di far prendere un accidente alla propria nutrice non mancava a nessuna. C'erano Irina, Kate, Tanya e persino quell'antipatica di madamigella Stanley.

Jessica aveva un paio d'anni meno di lui e un carattere semplicemente insopportabile. Prepotente e dispotica, non brillava né per acume né per bellezza. Il sangue nobile, come il titolo, il suo bisnonno lo aveva comprato rimpinguando le casse del re anni prima, ma facevano tutti finta di non saperlo. Edward di solita la evitava come un'epidemia di colera, ma purtroppo era costretto a mostrarsi gentile per rispetto ai suoi genitori, ricchi e influenti. Quella volta Jessica si era portata appresso anche il suo ultimo trastullo: a dodici anni Isabella era un'adolescente timida e quieta, probabilmente così sola da accettare di farsi tiranneggiare da quella vipera coi capelli ricci. Sbuffando e protestando per la compagnia di due ragazze più piccole, di cui una spaventosamente antipatica, erano partiti armati di teli con cui stendersi al sole e asciugarsi dopo il bagno.

Tutto sommato, nonostante le chiacchiere con cui Jessica lo aveva rintronato cercando di catturare la sua attenzione, la giornata era stata molto piacevole, sopratutto perché Tanya aveva accettato di farsi baciare, nascosti all'ombra di un albero. Poi Edward e gli altri ragazzi si erano liberati di quasi tutti i vestiti per tuffarsi nell'acqua gelida, dove il letto del fiume disegnava una pozza quieta e la corrente era meno forte.

La ragazze avevano intrecciato ghirlande di fiori, raccontando ognuna i propri segreti alle amiche. Jessica aveva tenuto banco ciarlando di Sir Mike con cui aveva scambiato la promessa di matrimonio quell'estate stessa e che avrebbe sposato entro tre anni.

Isabella, silenziosa e schiva, era rimasta un po' in disparte. Sua madre era parecchio strana in quel periodo e lei era molto preoccupata: Renée non era mai stata così distante e disinteressata a quello che le succedeva intorno. Dimenticava gli alambicchi sulla fiamma e non ricordava quello che aveva detto o fatto cinque minuti prima. Passava le giornate a letto o rintanata in quell'olezzante laboratorio, apatica e triste. Poi scoppiava in lacrime senza preavviso, gridava e rovesciava i mobili. Per la sua Bella conservava sempre un sorriso, ma la ragazza era spaventatissima: persino Marcus si era accorto delle bizzarrie della moglie e, sebbene avesse sempre tollerato che la signora mantenesse un comportamento stravagante, la sera prima li aveva sentiti urlare e lui aveva minacciata di non farle più vedere la figlia se non metteva giudizio.

Rimuginando su questi pensieri si era allontanata dalle compagne, passeggiando da sola lungo la riva del fiume, fermandosi ogni tanto per raccogliere qualche fiore da regalare a sua madre al ritorno.

All'improvviso un paio di mani forti l'afferrarono per le spalle facendola girare su se stessa a precipitare ammollo.

L'acqua era gelida e le mandò una staffilata di freddo fin dentro ai polmoni. Per la sorpresa era caduta con la bocca aperta, facendosi entrare l'acqua nel naso. In quel punto il corso d'acqua era più profondo e non si toccava, quindi iniziò a mulinare gambe e braccia per riemergere. Il vestito scomodo rendeva i suoi movimenti impacciati ma con grande fatica riuscì a emergere in superficie, per poi trovarsi a un paio di metri la faccia tutta sorridente di Edward che stava di fatto morendo dalle risate. Incollerita e profondamente umiliata dall'essere oggetto di scherno, prese a nuotare con energia tentando di guadare il fiume e raggiungere la riva. Uscì dall'acqua furente e scarmigliata, sporca di fango, con mani e ginocchia sbucciate, mente Edward continuava a farsi beffe della sua goffaggine e ripeteva quanto fosse maldestra e stupida.

- Sul serio, sei andata giù come una sasso! - sghignazzò - E poi eri talmente persa ad inseguire una delle tue sciocche fantasie ad occhi aperti che nemmeno ti sei accorta che ero ad un passo da te!-

Isabella era arrabbiata, la gola le bruciava quasi quanto l'orgoglio e risalendo la riva si era procurata, lungo le gambe e le braccia, una bella serie di graffi e tagli che pizzicavano parecchio. Il vestito si era strappato in più punti e per ognuno si sarebbe presa una solenne lavata di capo, mentre un vistoso ematoma bluastro spiccava sul suo ginocchio destro.

Si sedette su una pietra vicina, con i piedi ancora nell'acqua, controllando i danni, mentre Edward allegro le saltellava intorno come un moccioso orgoglioso del suo scherzo infantile.

- Mi hai fatto male! - gracchiò Isabella sull'orlo delle lacrime.

Il ragazzo smise immediatamente di ridere - Non è vero! - protestò. Lei gli mostrò il ginocchio offeso, le ferite sui palmi e le braccia.

Edward la osservò attento. Aveva piccoli tagli ed escoriazioni superficiali, valutò clinicamente, ma niente che giustificasse tante lamentele. Era molto sporca, quello sì, la melma limacciosa del fondale del fiume le aveva inzaccherato l'abito e aveva perso una scarpa. L'acconciatura era sfatta e i capelli bagnati le piovevano dappertutto appiccicandosi alla testa, mentre il vestito le si incollava trasparente alla pelle, rivelando le forme acerbe. La manica destra era strappata e la gonna aveva uno squarcio che saliva dall'orlo fin quasi alla vita, scoprendo una porzione di pelle che Edward non aveva ancora mai visto in nessuna donna.

Mentre Isabella ignara di essere oggetto della sua ispezione e inconsapevole del suo essere piccola donna si strizzava i capelli e tossiva, il giovane ne approfittò per indugiare a lungo con lo sguardo sulla curva del seno e sulla gamba nuda. Poi finalmente la fanciulla alzò gli occhi, lo vide, arrossì e portò bruscamente una mano a coprire il petto.

- Mi hai fatto male. - ripeté avvampando - Sei un villano. Come ti sei permesso? - lo accusò non sapendo cos'altro dire per difendersi dall'imbarazzo.

- Ma quante lagne che fai! Era solo uno scherzo -

- Non era divertente! -

- Invece sì -

- Invece no! -

Edward alzò le spalle in un gesto di puro disinteresse.

- Non era affatto divertente, e scommetto che nemmeno mio padre sarà divertito quando glielo racconterò! - lo minacciò insolitamente spavalda.

L'espressione sorniona sul bel viso di Edward si trasformò in una smorfia di pura ira. Ma come si permetteva quella mocciosa? Marcus non gli faceva paura, ma La Strega sarebbe sicuramente andata a lamentarsi con suo padre e tutti sapevano quanto potessero essere noiosi i rimproveri di Aro.

- Brutta cretina! - l'apostrofò rabbioso - Possibile che tu non possa mai essere allegra e simpatica come tutte le persone normali? Il tuo sangue è troppo sporco per renderti un essere umano anche lontanamente decente? Era uno scherzo, uno scherzo!!! Ma tu no, devi rovinare tutto con i tuoi capricci - sibilò afferrandola per un braccio e tirandola in piedi con la forza.

Di solito Isabella era una persona mansueta e tranquilla, ma quella volta era troppo furiosa per sopportare le sue angherie - Ma che scherzo e scherzo! Potevo affogare! - gli sputò in faccia.

- No, ma a questo possiamo sempre porre rimedio! - gridò l'altro spazientito strattonandola per i capelli e spingendole bruscamente la testa sott'acqua. Con entrambe le mani fece forza sul capo della compagna costringendola a rimanere con la faccia sotto.

Isabella tentò di divincolarsi, scalciò e gli graffiò le mani con la proprie unghie, ma Edward era più forte e la intrappolava nell'acqua gelida. Non riusciva a respirare, l'aria era finita e sentiva le forze abbandonarla, colpì il suo aguzzino con tutta l'energia che le restava, ma il ragazzo non cedette di un passo. Aprì la bocca e l'acqua le entrò in gola, nel naso, fino ai bronchi, mentre un sibilo sordo le riempiva le orecchie.

Finalmente, Edward la strattonò di nuovo per i capelli tirandola in piedi e gettandola di peso sull'erba. Il corpo della ragazza fu scosso da spasmi violenti. Boccheggiò, tossì, sputò acqua e riprese fiato.

- Sei una scema, e questo è quello che meriti. Tutte quelle storie solo perché ti ho guardato! Che poi cosa ci sarà mai da guardare in te!?!? - sibilò chinandosi accanto al suo viso - Sei brutta, non dirmi che non lo sapevi... - ruggì ad un centimetro dalle sue labbra. Allungò una mano e le aprì la gonna lungo lo strappo prendendo ad osservarle le gambe, completamente scoperte. Bella lo lasciò fare, troppo spossata per protestare o coprirsi. Lui la guardò ancora per un attimo, poi si alzò in piedi. - Dirai agli altri che sei caduta da sola. Stupida come sei ci crederanno. Se solo provi a raccontare qualcosa a qualcuno te la faccio pagare, lo giuro. -



Edward scacciò quel ricordo che adesso gli faceva un male atroce sotto il costato e aprì di nuovo il diario della strega. Per la centesima volta lo sfogliò, rilesse la parti che più avevano catturato la sua attenzione, girò le pagine per fermarsi ancora una volta su quell'ammasso di fogli appiccicati.

Chissà cosa doveva esserci caduto sopra per incollarli tutti insieme. Resina? Cera d'api? Qualunque cosa fosse, chi era stato così maldestro da rovesciarlo? Isabella? Ne dubitava. Portava quel libro con sé dappertutto ma aveva una cura quasi maniacale per quel tomo, non avrebbe mai permesso che niente lo rovinasse. Forse era stata Lady Renée a versarci maldestramente qualcuno dei suoi intrugli: non era affatto improbabile, stando a quel che ricordava di lei. Perché allora si erano appiccicate solo le pagine nel mezzo e non tutto il libro? Se una sostanza vi fosse finita sopra avrebbe dovuto rovinare il tomo intero o magari solo una sua parte, ma quella iniziale o finale. A meno che il libro non fosse stato lasciato aperto, certo, ma perché abbandonare in bella mostra i pensieri confidati ad un diario segreto? E poi com'era possibile che qualcosa che fosse accidentalmente colata sulle pagine avesse potuto sigillarne solo alcune con così tanta cura mentre tutte le altre erano rimaste immacolate? Se non fosse stato completamente assurdo, avrebbe detto che qualcuno le aveva incollate insieme apposta. Non aveva senso! Se Lady Renée, Isabella, Marcus o chiunque altro non avesse voluto che venissero lette non sarebbe stato molto più logico strapparle e bruciarle?

Avvicinò una candela al diario, per osservarlo meglio. I fogli fusi insieme non erano moltissimi ma erano uniti con troppa precisione perché la cosa fosse casuale.

Con in dito accarezzò il bordo spesso di quell'ammasso di carta incollata e si stupi di trovarlo morbido, caldo e ricoperto da una bava vischiosa. Cosa diavolo...???

La candela! Accostandone la fiamma calda ai fogli aveva involontariamente sciolto la sostanza che li teneva insieme!

La sua mano volò rapida alla cintura e ne estrasse un pugnale. Avvicinò di nuovo lo stoppino al bordo delle pagine incollate e lo fece scorrere lungo tutto il loro perimetro. Ripete più volte l'operazione, attento a non bruciare nulla. Quando gli sembrò che la saldatura stesse per cedere infilò la lama tra i fogli, per iniziare a staccarli uno ad uno in preda ad una frenesia febbrile.

La curiosità lo stava divorando. Cosa c'era scritto su quelle pagine? Perché qualcuno le aveva unite insieme? E sopratutto perché Isabella non le aveva mai staccate? Possibile che lui avesse trovato il modo in pochi giorni mentre lei non lo avesse mai scoperto quando con quel libro aveva passato una vita intera? La conosceva troppo bene, sapeva che era una persona intelligente: se avesse voluto ci sarebbe sicuramente riuscita.

Esitò per un momento, dubbioso. Poi si diede mentalmente dello scemo.

Si stava facendo tante paranoie quando probabilmente fra quei fogli c'era solo una delle stupide pozioni di Lady Renée, magari uno di quegli esperimenti disgustosi con gatti dissanguati. Sempre ammesso che su quelle pagine vi fosse davvero scritto qualcosa e che il tempo non avesse reso le parole illeggibili.

Liberò anche gli ultimi fogli.

No, decise, doveva esserci qualcosa di importante lì sopra, qualcosa che la strega aveva nascosto ma non aveva voluto cancellare.

Ma lui aveva il diritto di frugare fra i suoi più intimi segreti?

Perché Isabella aveva scelto di non farlo? Rispetto? Paura?

Se sua figlia aveva deciso di lasciare alla donna i pensieri che aveva voluto più gelosamente custodire, potevano i suoi occhi indiscreti appropriarsi della vita degli altri?


Si diede dello scemo una seconda volta.

Lui era Edward Volturi e non si era mai preoccupato di onorare altri che se stesso. Non aveva rispetto per i vivi, figuriamoci per una strega morta che per di più odiava con tutto il cuore.


Aprì la prima pagina e lesse. Poi la seconda, la terza, la quarta e ancora.

Ricominciò da capo e capì molte cose, nessuna piacevole.

La prima, che era ancora una ragazzino ingenuo, la seconda, che quel castello sarebbe bruciato all'Inferno un giorno, con tutti i suoi abitanti.


Qualcuno bussò alla porta freneticamente. Edward chiuse il diario prima di lasciare che l'inopportuno disturbatore entrasse.


Sporco e con del sangue rappreso su braccio, Garrett entrò nella stanza seguito da Jasper, che aveva una ferita sul viso, e da Alice che stringeva una pezza umida fra le dita.

- Sapevo che eri qui. - lo salutò la sorella - Edward, abbiamo qualcosa da riferirti. Siediti perché non ti piacerà. -




***




Vorrei scusarmi con tutti per i tempi biblici degli aggiornamenti. Ho avuto una serie di problemi di salute che mi hanno tenuta in stand-by per un bel po' e non solo da questo sito. Grazie a chi mi ha contattata per sapere che fine aveva fatto la storia, mi ha fatto davvero piacere.


Un'ultima cosa, io sono su efp per leggere, non mi stancherò mai di dirlo. Scrivere ogni tanto mi piace, ma la lettura è ciò che di gran lunga preferisco. Scrivere non mi viene molto naturale e mi sembra sempre di esprimermi in modo contorto e macchinoso, aggiungeteci che nella vita ho scelto di fare tutt'altro e che sono un'eterna insicura. In altri fandom mi sono affidata ad un beta-reader e se qualcuno volesse proporsi per betare la storia un altro paio di occhi mi farebbero parecchio comodo. Anche solo per pochi capitoli. Non aggiorno alla velocità di un fulmine purtroppo, quindi non dovrebbe essere un lavoraccio. In ogni caso consigli su come migliorare, anime pie che mi spieghino perché diavolo in mezzo al capitolo cambi il format di alcune frasi, bacchettate quando faccio strafalcioni, etc. etc., sono sempre ben accetti.

   
 
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