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Autore: SilviAngel    10/10/2012    7 recensioni
Qualcosa di assurdo era successo.
Per quanto Stiles fosse oramai avvezzo a considerare l’assurdo la sua quotidianità, quello era troppo anche per lui.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap. 6
“My first date” 
 
Stiles caracollò giù dalle scale e appena toccato il pavimento dell’ingresso, il campanello di casa trillò “Vado io pa’! Deve essere Isaac”
In un paio di passi raggiunse e aprì la porta, ritrovandosi il licantropo riccio davanti che dondolava impacciato sui talloni e con uno smagliante sorriso.
“Ciao Isaac, solo un attimo, recupero la giacca, le scarpe e arrivo” buttò lì Stiles senza guardarlo troppo a lungo, dato che si sentiva già arrossire e, infilandosi nel piccolo guardaroba che si trovava dietro la porta, sparì.
 
Con un attimo di esitazione e ritardo, Derek si decise a seguire il ragazzo scontrandosi però con l’ostacolo delle scale: le aveva sempre percorse in salita, mai in discesa e la sensazione di vertigine divenne evidente. Cercò di non pensarci e sentendo il suono del campanello, si costrinse a muoversi anche se con attenzione e lentamente. Riuscì a raggiungere il piano inferiore, proprio nell’attimo in cui la porta si apriva rivelando quel… quell’odioso, insulso, approfittatore di un beta biondiccio e slavato.
Se non fosse stato sicuro che non gli avrebbe arrecato alcun danno gli avrebbe azzannato le caviglie… oh sì! Forse avrebbe potuto farlo comunque, almeno per soddisfazione personale, ma chi lo avrebbe sentito poi Stiles! Dovette abbandonare l’idea, niente morsi, ma forse qualche ringhio ben assestato e qualche occhiata da cucciolo opportunamente indirizzata al suo ragazzino…
Per questo motivo ignorò lo sceriffo che lo chiamava e anche Isaac che ghignava alla sua volta e si fiondò nello spazio stretto che si apriva dietro la porta.
Trovò Stiles e guaendo mostrò un musetto triste e strappalacrime, posizionandosi davanti a lui inginocchiato a terra intento a legarsi i lacci delle scarpe.
“Derek, esco solo per qualche ora, non fuggo in Antartide!” ma il cucciolo non voleva sentire ragioni e agguantando una delle stringhe iniziò a tirare.
“Derek! Ora basta”
Al suono di quelle parole, nel piccolo ripostiglio giunse anche l’altro lupo che si piegò e, davanti all’espressione stupitao di Stiles, circondò con entrambe le mani il torso di Derek e senza fatica lo sollevo riuscendo a fargli lasciare il cordino.
L’Alfa si dimenava come un ossesso, piegando il corpo per quanto possibile e cercando di mordere o scalciare forte sperando di sgraffiare l’altro, ma purtroppo era talmente piccolo e la forza del licantropo era eccessiva per lui.
Infatti quando il biondo strinse le mani, per vendicarsi della perdita di tempo e del tentativo di rovinargli la serata, il cucciolo mugolò dal dolore. Stiles sentì qualcosa di diverso in quel suono e rimessosi in piedi andò alla ricerca dei due.
Isaac stava raggiungendo lo sceriffo, quando si sentì afferrare la manica e si voltò per ritrovare il compagno di scuola, che senza attendere oltre gli strappò il lupacchiotto dalle mani.
“Isaac, lascialo, gli stai facendo male” e portandoselo al petto, si diresse verso la cucina per affidarlo al padre “Tutto ok? Stai bene?”
Il cucciolo cercò ancora di convincerlo a restare, guardandolo con i suoi occhioni languidi.
“Un paio d’ore, solo un paio d’ore” e passandolo al padre, salutò entrambi.
Derek si lasciò andare a un piccolo sospiro di sconforto, e guardandolo allontanarsi convenne almeno su un fattore positivo, la maglietta che indossava perlomeno gli copriva decentemente il culo.
 
Appena Stiles chiuse la porta alle sue spalle trasse anch’egli un profondo sospiro e stirando le labbra in un accenno di sorriso si voltò verso Isaac, oramai era in ballo tanto valeva provare a restare in piedi ballando.
“Allora, d-dove mi porti?”
“Sorpresa… ma ci servirebbe la tua auto, ti spiace?”
“No, certo che no” e infilando le mani nelle tasche, rovistò finché non riuscì a trovare le chiavi e saliti in macchina si fece indicare la via.
 
Si fermarono quando la strada sterrata improvvisamente terminò davanti ai loro occhi.
“Siamo quasi arrivati” sorrise Isaac scendendo e chiudendo la portiera, subito imitato dal proprietario.
“Dove siamo?” domandò con un sottile velo di preoccupazione il castano.
“È sempre il bosco di Beacon Hills, solo che ci troviamo sul lato più vicino all’interstatale. Voglio farti vedere una cosa” Isaac si avvicinò e imprigionò la mano di Stiles nella sua, tirandolo impercettibilmente e inducendolo così a seguirlo.
L’aria era tiepida nonostante il cielo stesse volgendo ai colori della sera e alcune stelle già facessero capolino.
Camminarono per circa dieci minuti tra cespugli e fitta boscaglia e di tanto in tanto Stiles sentiva un piccolo groppo in gola fargli saltare un battito quando si rendeva conto che non sarebbe mai riuscito a tornare alla sua auto da solo. Ogni volta che ciò accadeva, Isaac se ne accorgeva perché serrava per un attimo la sua mano come se volesse tranquillizzarlo.
Nel silenzio del bosco, la voce del lupo si alzò “Ci siamo” e scostando con un braccio un intreccio di rami di rovo, mostrò un panorama mozzafiato.
Davanti ai loro occhi vi era un piccolo lago con la superficie ricoperta per metà da bellissimi fiori acquatici e da un lato vi era una coperta stesa con cura sull’erba.
“Hai fame?”
“S-sì” balbettò Stiles lasciandosi trascinare verso il pic-nic allestito e notando mano a mano che si avvicinava moltissimi dettagli: la classica cesta in vimini da cui sbucava il collo non di una ma di ben due bottiglie, una coperta perfettamente piegata, probabilmente pronta nel caso in cui avesse sentito freddo e poi agli angoli del plaid quattro grandi candele al momento ancora spente.
“Abbiamo impiegato più tempo del previsto e non pensavo che avrebbe fatto buio così in fretta, ma almeno avremo una scusa per accenderle subito” e lasciandosi cadere a terra, trascinò con sé Stiles che ebbe a malapena i riflessi per buttare la mano libera ed evitare di rovinare direttamente tra le braccia del ragazzo.
“Potevi lasciarti cadere, non mi sarei di certo lamentato” lo informò Isaac iniziando a ridere subito dopo e allungandosi verso il cestino.
Stiles si sistemò sulla coperta, né di fronte né accanto all’amico, ma in una sorta di innocua via di mezzo “Allora che hai preparato di buono?”
In silenzio Isaac dispose in mezzo a loro un piatto di crostini di pane e subito dopo un recipiente suddiviso in scomparti dove varie salse e intingoli fecero venire l’acquolina in bocca all’umano.
Fu la volta poi di due bicchieri e della prima bottiglia, che Stiles scoprì essere vino rosso, ma il licantropo non si fermò ed estrasse ancora una boule trasparente con all’interno quella che pareva essere una succulenta insalata di pasta e per finire fecero la loro apparizione, due ciotoline piene fino all’orlo di mousse al cioccolato.
“Sperò ti piaccia ciò che ho cucinato” disse sottovoce Isaac mostrando un barlume del ragazzo timido che era stato.
“Apprezzerò tutto senza dubbio, anche perchè sembra che qualcuno abbia accuratamente preso nota di ciò che prendo di solito a mensa”
“Beccato! Su dai mangiamo”
 
Cenarono, parlando di mille cose: dalla scuola allo sport, dai gusti musicali ai vari hobby che occupavano il poco tempo libero che rimaneva loro.
E così come sparì la maggior parte del cibo, così terminò la prima bottiglia di vino.
Il figlio dello sceriffo non riteneva di essere ubriaco, ma certamente l’alcool aveva sciolto quella tensione che sentiva legargli le spalle e lo aiutava a parlare e ridere per ogni nonnulla in piena libertà.
Anche se si fosse ubriacato, avrebbe potuto di certo fare affidamento su Isaac per il viaggio di ritorno, perchè ricordando una precedente esperienza con Scott, oramai sapeva essere praticamente impossibile far sbronzare un licantropo.
 
L’ultima a perire sotto i colpi di cucchiaio di Stiles, mentre Isaac rideva ricordando alcune sue memorabili figuracce durante gli allenamenti di lacrosse, fu la crema al cioccolato.
Il ragazzino non era del tutto consapevole – perché altrimenti si sarebbe vergognato fino alla fine dei tempi e preoccupato delle possibili reazioni – dei mugolii estasiati che emetteva mentre la gustava.
“Questa cosa è una goduria. Dimmi come diavolo fai a…”
“Davvero vuoi passare il tempo a scambiarci segreti di cucina?” lo interruppe il biondo strisciando sulla coperta e portandosi a contatto con il suo fianco, ma seduto in senso contrario.
“No, volevo capire come mai fossi così bravo in cucina?”
“Per la stessa ragione per la quale suppongo lo sia anche tu”
Stiles si rese conto della cazzata che aveva appena detto. Non ci voleva di certo una laurea in psicologia per comprendere che anche lui, non avendo più la madre e soprassedendo sul padre, aveva dovuto imparare ad arrangiarsi molto presto.
“Scusa…io”
“Non fa niente” facendosi ancora più vicino con voce sussurrata e sventolandogli la propria ciotola piena ancora per metà, aggiunse “Ne vuoi ancora?”
“Naaaaa… poi divento grasso” rispose con una smorfia prima di scoppiare a ridere.
“Su, di certo non diventerai una balena per un paio di cucchiaiate in più. Aaahh… apri la bocca”
E Stiles docile obbedì solo che, a toccare la sua lingua e a far esplodere nella sua bocca il gusto del cioccolato, non fu un cucchiaino, ma l’indice di Isaac completamente ricoperto di mousse.
La sua mente registrò la cosa, ma la sua lingua era oramai una causa persa e ripulì con attenzione e dovizia il dito che continuò a rimanere tra le sue labbra anche dopo che il dolce era stato del tutto trangugiato.
Quando Stiles si accorse che stava giocando in modo alquanto equivoco con quelle falangi, spalanco le labbra e arretrando di qualche centimetro, le costrinse a uscire dalla sua bocca. I suoi occhi osservarono il dito lucido della propria saliva rimanere lì immobile a mezz’aria e subito dopo si spostarono sul viso del ragazzo.
Isaac era a un’esigua distanza dal lui e stava fissando intensamente le sue labbra.
Il tempo sembrava essere scomparso e neppure riusciva a sentire i mille suoni del bosco.
Quasi scattò dallo spavento, quando, senza che se ne accorgesse, le mani di Isaac salirono a circondargli il volto e la sua voce prese a carezzargli calda e umida la pelle “Stiles… devo baciarti, io devo….”
La frase venne lasciata a metà, perché non resistendo al proprio desiderio il licantropo poggiò le labbra su quelle del ragazzino seduto impettito di fronte a lui.
Anche se all’inizio la partecipazione del castano era pressoché nulla, Isaac cercò di coccolarlo e vezzeggiarlo, gli leccò e morse le labbra, gliele succhiò con foga e quando oramai stava per gettare la spugna, ecco che Stiles si rilassò e gli permise di entrare.
 
Le labbra di Isaac esigevano attenzioni, lo pretendevano ed era piacevole anche se all’inizio era rimasto sorpreso, ma ehi era il suo primo bacio, aveva tutto il diritto di essere imbarazzato, impedito e un poco insicuro. Neppure si accorse di essere finito con la schiena sulla coperta e con il ragazzo che incombeva su di lui, quando la propria lingua venne toccata e sfiorata da quella di Isaac.
Nel momento in cui, alla lingua che scopriva e lambiva ogni anfratto della sua bocca, si aggiunsero le mani che si intrufolarono sotto la maglietta solleticandogli lievi la pelle nuda, come un argine che si sbriciola sotto la potenza di un fiume, Stiles comprese che era tutto eccitante e sconvolgente, ma al tempo stesso profondamente sbagliato.
 
Era sbagliato lasciare che Isaac lo baciasse in un angolo di Paradiso.
Era sbagliato lasciare che le sue mani vagassero sul proprio petto.
Era sbagliato lasciare che pensasse che stesse andando tutto bene.
Era, forse, sbagliato lasciare che la mente si chiedesse cosa stesse facendo quel botolo irritante che aveva lasciato a casa?
 
Puntando le mani sulle spalle del licantropo, fece leva e sperò che questi non usasse la sua forza per costringerlo a restare a terra.
Fortunatamente, il compagno di scuola era ancora il bravo ragazzo che aveva sempre conosciuto e non appena si accorse che l’amico si stava agitando sotto si sé, si scostò.
“Che c’è Stiles?”
“Io… io non… mi spiace Isaac, sei molto gentile, simpatico e sexy, ma…”
“Ma non ti piaccio vero?” concluse per lui il biondo con un innocente ma triste sorriso ad ornargli le labbra gonfie e umide.
Stiles non riusciva a dare fiato alla propria voce e annuì abbassando il capo.
“Ehi, guardami” e quando l’altro lo ascoltò continuò “Speravo di piacerti almeno un po’, ma non posso di certo obbligarti. È doloroso, perché tu mi interessi e parecchio, ma è andata così”
Alzandosi, allungò la mano verso il basso per aiutarlo a rimettersi in piedi.
 
In silenzio raccolsero tutto ciò che Isaac aveva portato e dopo essere tornati all’auto, con un bel po’di fatica almeno da parte di Stiles visto e considerato il buio, raggiunsero la casa dello sceriffo.
Entrambi scesero imbarazzati dalla Jeep e come in uno stereotipo da telefilm iniziarono a parlare in contemporanea. Isaac sorridendo e rimanendo zitto, costrinse Stiles a parlare per primo.
“Grazie per la serata e spero che potremo…”
“Rimanere amici?” chiese ironico il licantropo “Credo di sì, ma dammi tempo ok, dammi solo un po’ di tempo”
Il castano non ebbe il tempo di voltarsi e infilare la chiave nella porta che si ritrovò Isaac ad un soffio “Ancora un bacio, uno piccolo. Ti prego” e senza aspettare unì le loro labbra.
Prima di lasciarle libere e di dire loro addio, strinse tra le proprie quello inferiore ancora per un attimo come se volesse rubarne il sapore e poi arretrando entrò nella zona d’ombra tra due lampioni e si allontanò.
   
 
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