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Autore: LucyFire    11/10/2012    3 recensioni
Prendete Rea, una ragazza introversa, che volontariamente si esclude dal mondo circostante.
Aggiungete la sua migliore e unica amica, Laura, sempre sorridente e allegra.
Aggiungete un ragazzo appena arrivato nella loro cittadina, Eric, che vive per la popolarità.
Contate anche il capo della loro scuola, Ken, che fa una scommessa con Eric.
Cosa verrà fuori da questo gioco? Eric riuscirà a conquistare Rea?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 5

 

Mike: “E lui chi cazzo è?”

 

Sobbalzai come colto in flagrante. Non mi piaceva lo sguardo omicida che aveva il tipo, proprio per niente. Aveva una strana luce negli occhi, tipo indemoniato.

Era il suo ragazzo? Dal suo modo di fulminarmi molto probabilmente si.

«Lui è...» vidi Rea deglutire vistosamente, mentre cercava una risposta.

«Solo un mio compagno di scuola.»

Eh bella, un compagno di scuola non ti salva il culo facendosi prendere sotto da una macchina al posto tuo. Si sarebbe dovuta inventare qualcosa di più papabile per il tipo “sguardo omicida”.

«Un compagno di classe si fa prendere sotto da una macchina al posto tuo?» et voilà! Che avevo detto?

La vidi ammutolire all'istante. Forse dovevo prendere io la parola e far vedere quanto ero macho, giusto per salvarmi la faccia.

«Se è la tua ragazza lo posso capire, ma in questo momento lei è qui con me, quindi lasciaci un po' in pace e fatti un giro, ok?» mi mi erano uscite parole da un idiota geloso, stupendo: mi ero scavato la fossa da solo.

Probabilmente il tipo aveva qualche anno in più di me, ma poco me ne importava. Piuttosto ero ridotto malissimo quindi...

Oddio, stavo veramente pensando che avrei potuto fare a pugni con il ragazzo di Rea?

«Tu non mi dici dove devo andare mocciosetto. E tu come stai?» mi rispose infastidito, per poi addolcire il tono verso Rea.

Aho! Mocciosetto a chi? Stavo per aprire bocca ma, prima che potessi rispondergli a tono, Rea prese la parola.

«Sto bene Mike, qualche graffio ma grazie a Eric sono ancora tutta intera. Quindi lascialo in pace perchè se riesco a camminare in questo momento è solo grazie a lui.»

Bel caratterino, dovevo ammetterlo. Dalla faccia che fece “sguardo omicida” sembrò aver ingoiato un limone e niente mi potette dare soddisfazione come la sua espressione sorpresa mentre balbettava qualcosa di sconnesso.

«Va... va bene. Ti aspetto di sotto in macchina?» le chiese, abbassando il tono.

«Grazie mille.» rispondendo le si addolcì il tono. Doveva volergli molto bene.

Cazzo, gli avrei dovuti far separare se dovevo piacerle. Se, e come avrei fatto, sembravano in viaggio di nozze!

Appena “mangio limoni” uscì Rea si girò verso di me, accennando a un sorriso.

«Scusalo, è un bambinone troppo cresciuto. Ogni tanto fa l'immaturo.»

Si stava scusando per il suo ragazzo, ma che cosa carina e... orribile dal mio punto di vista.

«Non ti devi scusare per lui. Gli andrò io a parlare uno di questi giorni.» e questa da dove mi era uscita? Dalla parte del mio cervello “spacco-il-culo-a-tutti-e-me-ne-fotto”?

Dall'occhiata velenosa che mi riservò mi fece capire che la mia idea non le andasse molto a genio.

«Prova a farti vedere anche una sola volta sotto casa nostra e chiamo la polizia.»

Uhhh, che paura. Aspetta, casa nostra? Viveva con “mangia limoni”?

«Casa nostra? Cos'è, fra poco vi sposate te e quel broccolo?» solo pensare che lei stesse con un cafone come quello mi dava su i nervi. Aveva rifiutato me, e dico me – cioè dai, me! – per ben due volte e viveva sotto lo stesso tetto – e magari condividendo anche il letto – con quel “mangia limoni”? Semplicemente assurdo.

«Sposarci?» perchè mi guardava in modo così sbalordito? Si era messa pure a ridere, tanto per finire il quadretto e prendermi un po' di più per il culo.

«Perchè me lo chiedi?» ridacchiò ancora.

«Era così geloso che mi stava per uccidere con lo sguardo.» risposi infastidito dal suo attacco di risa. Provai a incrociare le braccia per apparire più figo, ma il risultato fu disastroso perchè quel semplice stiramento di muscoli mi fece uscire un gemito dal dolore.

Subito i suoi occhi si fecero vigili e alzò leggermente una mano come per toccarmi il braccio, per poi cambiare idea improvvisamente e riabbassarla.

«Ti fa tanto male?» sbuffai: mica ero una femminuccia mangiacazzi! Io avevo la mia dignità di uomo e i suoi sensi di colpa non dovevano preoccuparsi in alcun modo delle mie condizioni.

«No e smettila di preoccuparti.» la vidi mordersi lievemente il labbro, per poi abbassare la testa mentre fissava il pavimento. Ero stato troppo duro?

Ehh cazzo, dicevi la minima cosa antipatica e le femmine ci restavano male. E si chiedevano perchè i maschi erano poi così così stronzi con loro. Ma va' a capirle.

«Senti... io vado giù. Ci vediamo a scuola.» si vedeva che aveva voglia di andarsene, forse anche scappare da me.

In fondo ero il tipo che le aveva risposto male, no? Ma non avevo la presunzione di capire cosa cavolo frullava in testa alle ragazze, perciò meglio evitare di restare contaminato solo cercando di capire che cosa voleva lei.

Quando chiuse la porta e mi salutò con evidente imbarazzo però non potei fare a meno di pensare al fatto che a primo impatto mi era sembrata una persona forte, che non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno.

Questo prima dell'incidente... Nha, probabilmente lei pensava anche di essere responsabile di quello che era successo, cazzo.

Mi passai una mano sulla faccia pensando a quanto stavo diventando psicologo negli ultimi giorni. Pensavo troppo, cosa mai successa. Mi serviva una distrazione.

Bip.

Ehh cazzo, tutto ma non te stupida macchina.

 

 

 

Si era ingelosito, assurdo. Lo conoscevo a malapena da una settimana, ci avevo parlato pochissime volte, e si comportava in questo modo? Ma la domanda importante era: perchè?

Dovevo prendere le distanze di sicurezza prima di cadere dentro qualcosa di più grande. Non volevo né tanto meno potevo rimanere coinvolta in una storia sentimentale a così poco distacco dalla morte dei miei genitori.

Non potevo negarlo, lui era proprio un bel ragazzo e anche simpatico; forse un po' troppo sboccato e pervertito per i miei gusti, ma simpatico. Quando parlavamo del più e del meno le parole – come gli insulti! – mi venivano fuori normalmente, come se ci conoscessimo da anni. Certo, poco prima non avevo aperto bocca, ma era solo perchè ero in imbarazzo cronico.

Dovrebbero scrivere un libro su “Cosa dire alla persona che ti ha salvato la vita quando si risveglia e non sembra avercela con te anche se è colpa tua”. Sarebbe sicuramente andato a ruba.

Non che fosse morto o si fosse rotto chissà cosa – la macchina a quanto avevo sentito non andava a tutta questa velocità sparata –, ma solo il pensiero che si gettato per salvarmi mi aveva commossa e imbarazzata allo stesso tempo.

Quando avevamo parlato in ospedale si era dimostrato così dolce, ma pervertito allo stesso tempo come un cucciolo. Oddio, non che i cuccioli siano pervertiti cronici, ma ti viene la voglia di metterti a baciarli dappertutto e spupazzarli per bene.

Comunque, per quanto cuccioloso sembrasse, non dovevo legarmi a nessuno. Mi dovevo far bastare Laura e Mike, esattamente la mia migliore amica e il mio migliore amico/fratello. Niente ragazzi né tanto meno pensieri riguardanti queste questioni.

Il motivo era semplice: cosa o chi mi avrebbe detto che stavo insieme a una persona non perchè mi piacesse veramente, ma perchè avevo bisogno di qualcuno che chiudesse quel buco lasciato aperto un anno fa?

Appunto, nessuno me lo poteva garantire e io non c'avevo né la voglia né i motivi per provarci.

Vidi la macchina di Mike sfrecciare in mezzo al parcheggio – guidava sempre come un pazzo – e venire verso dentro. Aprii lo sportello e salii infastidita al solo pensiero dell'interrogatorio che mi aspettava dentro.

«Chi era quello?» ecco, già cominciavamo bene.

Mi girai verso di lui per rispondergli male. Ne avevo tutte le intenzioni e anche tutti i diritti di questo mondo.

«Il ragazzo che ha preso una macchina al posto mio. Non pensavo che saresti stato così cattivo con la persona che mi ha salvato.» fredda e pungente, giusto per fargli capire che c'ero rimasta male per il suo comportamento da “smamma bello che qui c'è l'eroe che salva la sorellina in difficoltà”.

«Ma che cazzo dici?! E' ovvio che gli fossi riconoscente, ma ti guardava in un modo strano.» stava parlando stringendo convulsamente il volante; avevo paura a guardare il contachilometri perchè sapevo che sarei schizzata sul sedile all'istante.

Mike era sempre così, impulsivo e bambino. La maggior parte delle volte era sopportabile, ma quando si metteva era veramente pesante.

«Dovrei preoccuparmi io di come mi guardano le persone, non credi? Tu non sei mio padre e non mi puoi dire niente: tanto lo so come ti comporti con quelle ragazze che porti a casa.»

Ormai eravamo arrivati ma lui non accennava a fermarsi. Anzi, mi guardava inferocito e stringeva i pugni convulsamente.

«Sono io adesso responsabile di te, cazzo. Lo zio non c'è mai, ma io si. Quindi non dire che non hai un padre, perchè hai me.»

Normalmente per quelle parole mi sarei commossa, ma quella volta o era la rabbia che trapelava da ogni sua parola o era il mio insisto, perchè ribattei spiccata e per niente intimidita.

«Ed è per starmi vicino che te ne sei andato questa estate?» dovetti beccare il punto giusto, perchè boccheggiò senza sapere cosa rispondere.

«Capisco. Ci vediamo Mike.» aprii la portiera e mi incamminai sul marciapiede.

«E adesso dove stai andando?»

«Non lo so. So solo che in casa per un po' non ci torno.» prima che potessi sentire la sua risposta sboccata iniziai a correre: mi serviva Laura e la sua allegria per risollevarmi il morale. Perchè cavolo le amiche abitavano lontano quando servivano?

Ricacciai indietro le lacrime, mentre ritornavo lentamente a camminare.

No sbagliavo. A cosa cavolo mi serviva un'amica? Lei non mi avrebbe riportata indietro nel tempo né poteva capire come mi potevo sentire.

 

Non so quanto stetti fuori casa, ma sono sicura che vidi l'alba il giorno dopo dal parco in centro.

 

 

 

Storia: 'na schifezza di materia, 'na schifezza di persone.

Erano passati quattro giorni dall'incidente ed esattamente due settimane dall'inizio della scuola, quindi avevo per la seconda volta le stesse materie del primo giorno. Una meraviglia insomma.

Ero combattuta fra l'idea di incontrarlo e prenderlo a schiaffi oppure quella di sperare che non ci fosse. Ovviamente il soggetto era sottinteso.

«Secondo me ti piace.» Laura e le sue perle di saggezza già mi accompagnavano mentre ci sedevamo ai nostri posti, facendo crollare le nostre tracolle per terra senza il minimo riguardo.

«Cosa?» anche se avevo già capito di chi parlava voleva fare la finta tonda, cercando di sviare il discorso per la maggior parte del tempo possibile.

«Quello nuovo e figo!» lo disse con così tanto entusiasmo che mi chiesi se stesse già preparando gli inviti per il nostro matrimonio.

«Credevo che quello “nuovo e figo” avesse un nome e che tu stessi insieme a Luca.» mimai con le mani le virgolette, mettendoci dentro tutto il sarcasmo possibile.

«Per apprezzare un bel ragazzo non devo mica essere senza fidanzato! Comunque...» ammiccò presa dai possibili pettegolezzi «è bravo a baciare?»

«Io di certo non glielo vedo a chiedere.» ma che razza di domanda era? Certo, immaginare quelle labbra che si avvicinano lentamente...

Shhh.

«Secondo me si. E' proprio bello con quegli occhi chiari... chissà come sono da vicino.» lei e le sue domande astruse. Però io sapevo la risposta, così semplice dopo che l'avevo osservato all'ospedale: impossibile dimenticarli, pochi se ne trovavano di quel colore così intenso.

«Azzurri, tanto azzurri.» mi chiusi all'istante vedendo subito l'espressione di Laura mentre metabolizzava quello che avevo detto.

Ops.

Avevo fatto la figura della stupida. Echeccavoli, mi stavo comportando da perfetta ragazza andata in brodo di giuggiole. Contegno!

Sentii un sospiro improvviso e familiare sfiorarmi la guancia e due mani sulle mie spalle.

«Stavate parlando di me?» voce già conosciuta che appartiene a una persona assolutamente da dimenticare.

«Si. Stavamo parlando di un cretino che ho incontrato l'altro giorno e che si crede un Dio.» ironia che straripava al massimo.

Cercavo di pensare che lucidamente a degli insulti più credibili, ma la sua vicinanza improvvisa mi aveva completamente destabilizzata.

Sbuffò. «E io che credevo che mi saresti appolipata addosso subito dopo avermi visto...» mi soffiò direttamente sull'orecchio, facendomi arrivare brividi non per l'eccitazione ma per la rabbia che stavo trattenendo.

«Speravi male. Non avrei motivi per farlo.» spostai lo sguardo dalle mie spalle a Laura. Cavoli, le mancava solo un pacchetto di pop-corn e la situazione era perfetta: ci fissava come si fissano gli attori preferiti in una sit-com.

«Ti devo ricordare dell'incidente?»

Mi irrigidii all'istante e non solo per quello che mia aveva appena chiesto. Mi era passato per la mente un pensiero, cioè che non mi facevo toccare in quel modo da un ragazzo da quasi un anno e la cosa... mi era un po' mancata, dovevo ammetterlo.

Il tocco di Ken era totalmente diverso da quello di Eric, che era delicato. Il mio ex era sempre irruento e non mi faceva mai carezze gentili, come invece stava facendo quel ragazzo che avevo conosciuto da pochi giorni. Passava sulle mie spalle delicatamente, quasi stesse sfiorando qualcosa di prezioso.

Mi piaceva.

«Non serve. Fra poco incomincia la lezione, va' al posto.» gli intimidii, cercando di spingerlo con le mani sulla pancia dopo essermi girata.

«Io ci vado solo se tu esci con me.»

«Se esco con te come fai ad andare al posto scusa?» ma che razza di ragionamento contorto era il suo? Aspetta, non è che intendesse nel senso di uscire uscire?

«Uscire con me dopo scuola. Non adesso.» mi spiego, distogliendo lo sguardo.

O non era abituato a chiedere appuntamenti o si vergognava, ma apprezzai comunque il gesto.

«Fatta, ma solo come amici ed è solo perchè mi hai salvata quel giorno. Non pensare che venga per te. Intesi.»

Mi fece un sorriso mozzafiato.

«Intesi.» si abbassò, tanto che credetti che mi avrebbe baciata lì, davanti a tutti. Forse lo speravo, perchè chiusi gli occhi, ma non sentii il contatto che mi aspettavo bensì un semplice e castissimo bacio sulla guancia che mi destabilizzò ancora di più.

Quando mi girai verso Laura, a lezione incominciata, vidi dal suo sguardo che non mi ero immaginata niente.

«Tu mi devi spiegare un po' di cose, bella.»

«Mettiti in fila, prima devo spiegarle a me.»

 

 

 

«Allora, dove vuoi andare?» avevo appena salutato Laura e mi ero seduta sul muretto, per aspettare Eric fuori dalla scuola al termine delle lezioni. Speravo di vederlo e costringerlo a sfruttare quella promessa che mi aveva fatto dire al più presto.

«Di cosa stai parlando?» mi chiese curioso.

«Di andare fuori no?» ma me l'aveva chiesto veramente o mi ero sognata tutto? Perchè dal suo comportamento sembrava che mi stesse come minimo prendendo in giro.

«Adesso?!» sembrò ingoiare un limone dalla faccia che fece per poi scoppiare a ridere.

«Io intendevo sta sera.» mi guardò come “ma ci sei o ci fai”? Si sentiva superiore, l'idiota.

«Oh.» e i vecchi incontri con gli amici al parco dov'erano finiti? Adesso tutti si conoscevano o in discoteca o in un festa?

Certo che me ne sono persa di cose quest'anno.

«Si... ok. A che ore ci troviamo?» riacquistai pian piano la mia fiducia mentre gli facevo l'ennesima domanda.

«Vorrai dire a che ore ti passo a prendere. Alle nove?»

Si mise le mani in tasca e come al solito si passò una mano fra i capelli: l'ennesimo modo per apparire figo e avere il controllo della situazione.

«Uh, certo.» vuol dire che aveva una macchina?

«A sta sera allora.» mi sorrise a trentadue denti.

«Si, ciao.» gli risposi nervosa, incamminandomi dandogli le spalle, mentre una vocina mentale strillava a squarciagola nella mia testa.

«Telefono telefono telefono TELEFONO.» Aprii la tracolla facendo ribaltare tutto dentro dalla furia con cui le rovistai dentro.

Composi velocemente un numero e un voce del paradiso mi rispose.

«Pronto? Rea?»

«LAURA! Aiuto!» la mia voce era allarmata così tanto che la feci preoccupare.

«No io non mi sono fatta niente: mi sono solo messa in un casino. Ti aspetto a casa mia alle tre.» le ordinai sicura che non si sarebbe tirata indietro.

A costo di far ribaltare tutto il mio guardaroba, avrei trovato qualcosa di carino: era troppo tempo che non uscivo e avevo voglia di vedermi... bella e presentabile.

«Ho bisogno di un'emergenza.»

«Cioè?»

«Sta sera esco.» spiegai in tre parole, tanto per farle capire lo sconcerto che avevo ancora per la mia stessa notizia.

«Mike ti porta da qualche parte?» voce annoiata.

Davvero la mia vita era diventata così da sfigata che uscivo solo con mio fratello? Dio, dove mi ero andata a nascondere tutto quel tempo?

«Non Mike, Eric.» ammisi.

Meno tre, due, uno... Strilletto acuto e volume da viva voce.

«ERIC?! Aspettami lì ADESSO!»

Mi chiuse la chiamata in faccia; in fondo era quello che volevo, no? Che fosse felice della notizia e che mi aiutasse.

Che il mio guscio si stesse finalmente allargando?

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma buongiorno care ragazze mie :)

Punto primo: mi scuso per la volgarità che può assumere la storia ogni tanto, però ci tengo a scriverla in modo diretto e senza... censure.

Punto secondo: ringrazio tutte le persone che l'hanno messa fra preferite/seguite/ricordate. GRAZIE (ovviamente anche a quelle che la leggono e la apprezzano).

Punto terzo: odio le scalette, quindi continuo a caso.

ADORO scrivere dal punto di vista maschile! Mi riesce anche meglio di quello da parte della protagonista credo :)

Se Re la devo descrivere come una che non sa niente delle cose “di moda” e con tutti i problemi di questo mondo (di cui non sono una grande esperta in realtà, quindi vado un po' a intuito per come si deve sentire), Eric lo posso fare come piace a me: ironico, dolce ma... pervertito.

Mi piace scrivere dal suo punto di vista perchè posso anche scrivere tutte le porcate che mi vengono in mente senza censure -ahah-.

Spero di non aver reso troppo noiosi questi capitoli, ma il bello sta per venire!

Non vi consiglio di dimenticare la scommessa, perchè Ken e Eric daranno una bella scossa alla storia fra qualche capitolo...

 

Anna

  
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