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Autore: controcorrente    12/10/2012    3 recensioni
Questo fu il mio primo vero incontro con coloro che avevano provocato la miseria in cui vivevo, malgrado i miei sforzi. Avevano portato via quel poco che avevo con un semplice battito di ciglia.
I nobili mi avevano fatto conoscere la loro indifferenza verso chi lottava ogni giorno per un tozzo di pane, considerando la loro vita come un qualcosa di accidentale e privo di ogni importanza. E fu proprio in quel momento che conobbi la luce e le tenebre di quel mondo fatto di agi e benessere.
Questa fic è dedicata a Rosalie e alla contessa di Polignac. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CORREGGERE

 

Il giorno successivo, cominciò la mia nuova vita presso i Polignac.

La contessa aveva stabilito per me una severa tabella di marcia.

Al mattino, lezioni di canto e pianoforte.

Nel pomeriggio, invece, ricevevo un insegnante privato di danza.

Uomini prezzolati e competenti…segno che, almeno sul piano della preparazione, la contessa era stata di parola.

Non aveva badato a spese, pretendendo il meglio per la mia istruzione.

Era sempre presente, durante ogni mia lezione, agitando il suo maledetto ventaglio. Io provavo ad estraniarmi, nella speranza d’ignorare la sua odiosa figura…ma non potevo fare niente contro l’ansia che mi opprimeva ogni volta che incrociavo i suoi occhi.

Provavo ad applicare gli insegnamenti che Madamigella Oscar mi aveva insegnato…ma lei, quando notava la scuola della mia benefattrice, inaspriva le sue prediche, come se fosse qualcosa che andava necessariamente corretto.

Alla fine, la mia pazienza terminò e, pur ingoiando il mio orgoglio, le domandai cosa la angustiasse.

E’la vostra natura, mia cara. La vostra innata spontaneità deve assolutamente essere corretta rispose un po’smielata o non sarete mai una vera dama…ed è mio desiderio che voi lo siate.

Non ebbi il coraggio di ribattere.

Era abbastanza palese che non avesse a genio nulla della mia persona. Non le piacevano le mie maniere, per quanto potessero essere affinate dopo la breve permanenza a casa De Jarjayes, e non apprezzava nemmeno l’educazione che riservavo alle cameriere che mi servivano.

Secondo lei, davo loro troppa confidenza.

Alla fine, per evitare di scatenare l’ira della contessa nei loro confronti, mi ritrovai costretta a non rivolgere loro la parola.

Mai scelta si rivelò più dolorosa.

Non avevo nessuno con cui parlare e spesso mi ritrovavo a fissare la finestra, con un’espressione persa nel vuoto. Mi ritrovai completamente isolata, preda dei miei pensieri.

Chissà cosa stava facendo Madamigella Oscar?

Chissà se mia sorella stava bene?

Quelle domande pungolavano continuamente la mia testa, dandomi il tormento.

Avevo provato a chiedere di loro alla contessa ma lei non sembrava intenzionata ad ascoltarmi. Si limitava a parlare di sé stessa, usando la voce esclusivamente per castigarmi e sopprimere la mia indole.

Posso dire, in tutta onestà, che quella dama non avrebbe mai approvato alcuna cosa di me, benché facessi l’impossibile per compiacerla e non scontentarla. Avevo il timore, infatti, che la sua ira potesse abbattersi sulle persone a me care.

Potevo dunque essere biasimata per questo?

Lei continuava a pressarmi con ordini e istruzioni precise e potei notare, non senza sgomento, che non ero mai lasciata completamente da sola. In qualunque luogo fossi, infatti, c’era sempre una cameriera, o un valletto, o persino la stessa governante a controllarmi.

Ogni particolare della mia nuova vita veniva poi rigidamente disciplinato. La contessa selezionò appositamente i libri che potevo leggere e ridusse drasticamente le mie uscite. La vostra pelle deve diventare come la porcellana. Va mondata di ogni crosta plebea che ancora vi ricopre fu il suo commento sprezzante…ed io incassavo, come ormai facevo da quando ero arrivata lì.

Non potevo combattere quella donna.

Lei era una dama potente ed io non valevo nulla.

Poteva dire tutto ciò che voleva, grazie al prestigio che aveva conquistato. Era merito suo, infatti, se ora la famiglia aveva tutte quelle ricchezze. In base alle chiacchiere che avevo udito al ballo di Madame Elisabetta, infatti, quella dama era riuscita ad incantare la regina grazie alla sua voce di soprano.

Posso affermare che quelle voci erano certamente vere. Una volta, sentii il maestro di musica congratularsi con lei per le sue doti canore ed io stessa ebbi la possibilità di udirla. Il mio insegnante, per forgiare il mio scadente talento nel piano, chiese alla contessa di dar prova della sua abilità.

La Polignac era un soprano puro.

La sua tecnica era certamente frutto di un lungo e costante esercizio…eppure, malgrado quella dote, non avvertivo nessun calore nel suo canto. Era tutto indubbiamente perfetto… ma non sentivo nulla, come se la perfezione formale avesse divorato il contenuto della musica stessa.

Un effetto ben diverso dalla musica di Madamigella Oscar.

A quel pensiero, il mio cuore si gonfiava di nostalgia. Lei era una musicista dilettante e non aveva mai dato mostra del suo talento a corte. Si trattava di un passatempo privato, a cui si dedicava nelle pause dalle mansioni di palazzo, quando non aveva voglia di esercitarsi con la scherma.

Le poche volte che la udii, mi sembrava di sentir vibrare, in quei tasti, la passione e l’anima viva e inquieta della mia benefattrice. Quando la ascoltavo, percepivo qualcosa…l’anima di madamigella.

La melodia della Polignac, invece, appariva al mio orecchio muta e insignificante.

Probabilmente la perfezione del timbro aveva scatenato qualcosa nella regina ma non a me che avevo visto la lordura di quella donna.

 

 

 

 

Una delle poche cose che mi vennero concesse, fu quella di cucire e ricamare. 

Era ritenuta una delle attività più consone ad una femmina di rango ed io, come ormai avevo fatto fin dall’inizio, non battei ciglio.

Cominciai a passare le mie giornate in quel modo, con un ago ed una stoffa in mano. La contessa sembrò approvare e, per qualche settimana, mi lasciò da sola…e, finalmente, potei respirare un po’.

Avevo sempre amato cucire. Era stata Nicole a insegnarmi quell’arte quando, essendo troppo piccola per aiutarla nella stiratura, me ne stavo in un angolo a fissare con ammirazione mia sorella Jeanne, mentre apprendeva tutti i rudimenti del mestiere.

Mi innamorai quasi subito dell’ago e del filo e la signora Lammorliere mi spronava a non abbandonare questo tipo di attività, talvolta aiutandomi nei punti più difficili.  Immagino che vedesse in questa mia passione un qualche futuro lavoro…e non potevo biasimarla.

Una sarta guadagnava molto meglio di una stiratrice.

In quei momenti, immersa nel silenzio pesante del palazzo dei Polignac, sentivo il peso della solitudine come qualcosa di meno opprimente. Era come se sentissi la presenza di Nicole, di nuovo vicino a me.

Eravamo di nuovo insieme, sia pure in modo completamente immateriale.

In quelle occasioni, scorgevo lo sguardo del conte che, passando vicino alla mia stanza, mi lanciava delle occhiate strane.

Spesso lo vedevo combattuto, mentre si perdeva nella sua muta osservazione.

-Vi serve qualcosa?- domandai un giorno.

Il conte, sentendo la mia voce, ebbe un sussulto.

-Perdonatemi- fece- ma ho come l’impressione di conoscervi. Vi sembrerò indubbiamente sfacciato ma…ecco, mi ricordate tanto la mia povera e sfortunata Charlotte.-

Un brivido freddo mi attraversò la schiena.

Quella domanda spiegava il suo atteggiamento. –Temo che questa somiglianza sia assolutamente casuale- risposi, tentando di celare il nervosismo.

Jules di Polignac sussultò di nuovo.

-Sì- fece mesto- forse, avete ragione.-

Non risposi.

La contessa, da quando avevo messo piede in quella casa, non aveva mai pronunciato il nome della figlia più giovane…e questa omissione, così ostentata, mi fece uno strano effetto. La morte di quella bambina era passata, grazie al nuovo potere del casato, come un incidente…eppure quel silenzio così marcato aveva il sapore di una dimenticanza tutt’altro che casuale.

Un’omissione che con l’andar del tempo cominciava a preoccuparmi.

-Signor conte!-esclamai, balzando in piedi e, incurante della stoffa che tenevo sulle ginocchia, mi incamminai verso il corridoi, a passo svelto.

Lui non si era allontanato molto e quando sentì che lo stavo chiamando, si voltò, fissandomi perplesso.

-Perdonatemi- feci, con voce un po’ansante- ma sono appena giunta in questa casa, dopo aver lasciato la mia famiglia. Mi hanno parlato tante volte di vostra figlia Charlotte…vi piacerebbe parlarmene?-

Jules stette un momento zitto.

Studiò il mio viso, alla ricerca di una qualche menzogna nascosta, poi scosse il capo.

-Ora non posso- disse malinconico- devo andare a Tours per degli affari. Tornerò tra quattro giorni ma vi prometto che vi racconterò della mia bambina. Mia moglie, dal giorno della sua morte, non ne fa più parola.-

 

 

 

 

Ero nella stanza insieme alla contessa. Eravamo sedute a due poltroncine.

La Polignac fissava il paesaggio fuori dalla finestra, mentre io leggevo un romanzetto alla moda, approvato dalla mia carceriera. Si trattava di una storia strappalacrime, fatta di donne insulse, avventure inverosimili e uomini troppo perfetti per essere veri. Li trovavo assolutamente noiosi ma la dama mi aveva obbligato a nutrirmi solo di quel genere di libri.

Parlare di storia, poi, era assolutamente inconcepibile.

Non sono letture appropriate per una gentildonna. Le mettono in testa strane idee, che non competono assolutamente al suo sesso era stato il suo commento, sprezzante e scandalizzato.

Dissi così addio a Livio e a Giovanna D’Arco. Avevo cominciato a leggere di quest’ultima poco prima di lasciare Palazzo De Jarjayes e, molto probabilmente, non avrei mai avuto modo di conoscerne la fine, con i miei occhi. Un vero peccato, soprattutto considerando che passare i pomeriggi in quel modo era mortalmente noioso.

- Ho saputo che amate cucire- disse improvvisamente la contessa.

Interruppi la lettura.

-Sì, Madame.- feci, un po’guardinga.

La Polignac aggrottò la fronte.

-Non mi piace il vostro tono strafottente- commentò- e credo che sia il momento di cessare con il cucito. Ho saputo che avete delle difficoltà nella danza e nella musica e non ha senso continuare con questo passatempo così…poco nobile.-

Nemmeno allora risposi.

-Dovremo inoltre migliorare il vostro portamento, limare quelle scorie rozze che ancora indossate. Portarvi ad un ricevimento, nelle condizioni in cui siete, è assolutamente inconcepibile.- continuò, con un tono quasi schifato.

Posai il libro.

- Mi sono già presentata a corte e nessuno ha obiettato.-replicai.

Lei mi guardò con sufficienza.

-Eravate a corte, certo - mi disse – e, come se non bastasse, eravate con Madamigella Oscar, quella donna vestita da uomo. La sua compagnia ha reso tutto più indulgente nei vostri confronti. Questo non significa che abbiate perso il vostro fare…grezzo.-

Nemmeno allora riuscii a rispondere.

La contessa si comportava con me in un modo che non riuscivo a comprendere. Vigilava in modo quasi ossessivo sui miei atteggiamenti, non perdendo l’occasione di criticarmi, anche in modo quasi offensivo. Mi feriva anche quando era ormai palese la sua vittoria e la mia resa…e più passava il tempo, più questa condizione cominciava a starmi più stretta di quanto già non fosse.

In verità, la contessa non faceva altro che continuare la preparazione che avevo cominciato a Palazzo De Jarjayes, niente di più, niente di meno. L’unica differenza era che tutte le nozioni apprese tra quelle nuove mura avevano un qualcosa di vacuo e ipocrita.

Passavo le mie giornate sempre allo stesso modo, conducendo, per volere della contessa, una vita quanto mai appartata.

Persino le cameriere evitavano le mie stanze. Fu un periodo estremamente noioso e non privo di angoscia. Avevo acconsentito alle richieste della contessa, soffocando ogni mio desiderio di ribellione…ma non potevo comunque non essere preoccupata.

Erano passate varie settimane dal mio arrivo a palazzo e non avevo più notizie del mondo esterno.

Cosa era accaduto a Jeanne?

Come aveva reagito Madamigella Oscar alla mia partenza?

Tutte quelle domande, per quanti sforzi facessi, sembravano destinate a non ricevere risposta.  La contessa faceva finta di non sentire  e, quando si degnava di ascoltarmi, liquidava la mia curiosità come qualcosa di poco appropriato alla mia condizione.

Ammetto che quei momenti mi frustravano.

Non volevo darle alcuna confidenza ma era colpa sua se ora mi trovavo in quella situazione.

Un giorno, dopo aver preso il coraggio a due mani, feci presente a quella donna che non avevo alcuna intenzione di avversarla e che avevo bisogno di sapere come stava Madamigella Oscar.

- Non vedo per quale motivo dovrei turbarvi con notizie simili- fu la risposta civettuola della Polignac- non siete più a Palazzo De Jarjayes e quello che chiedete non vi riguarda più.-

-Ma…- feci per dire.

-Così è- disse la dama- non ricordate più la conversazione avuta con Madame?-

A quelle parole, rimasi zitta.

-Ho detto alla madre di Oscar che mi sarei occupata della vostra educazione e che avrei fatto di voi una gentildonna, come si conviene.- fece- Siete diventata ora mia pupilla e, così facendo, avete rotto ogni contatto con quella stirpe.-

Sgranai gli occhi.

-Ma voi…-provai, sempre più ferita.

La contessa rise.

-Davvero credevate che vi avrei permesso di continuare ad intrecciare simili relazioni? Siete una povera sciocca- fece, scuotendo il capo- a volte non mi capacitò della vostra ingenuità.-

A quelle parole, crollai a terra.

Ero stata ingannata, per l’ennesima volta.

Un singhiozzo uscì a tradimento dalla mia gola, mentre il dolore riprendeva a scorrermi in corpo e le lacrime grondavano dai miei occhi, inarrestabili.

-Quante storie- continuò la dama, infastidita dal mio pianto- non avete alcuna ragione di fare così.-

Mi fermai di colpo.

-Avete una casa ed un futuro radioso che io sto intessendo per voi. Dovreste ringraziarmi per gli sforzi che sto facendo per adoperarmi al vostro avvenire. Non tutte le madri hanno la stessa premura che io sto adoperando per voi.- continuò- Sappiate che, malgrado tutto, io voglio il meglio per voi, anche se non siete nata da me e mio marito.-

 

Che brava mammina, la Polignac! Esemplare, non è vero? Purtroppo non avete ancora visto nulla…non dimenticate Charlotte! Intanto la contessa le sta imponendo una vita quanto mai ritirata, facendo il bello ed il cattivo tempo. In realtà, le sta dando un’educazione aristocratica standard. Oscar e André le hanno fornito un sapere più ampio e ora questa istruzione tradizionale va stretta a Rosalie.

   
 
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