Hitori de
Spalancò gli occhi, scoprendoli
umidi di lacrime.
La luce dell’abat-jour glieli
ferì, per cui distolse lo sguardo.
Osservò la camera in cui si
trovava. A giudicare dal casino, era proprio la sua.
Si alzò a sedere, con la vista
leggermente offuscata e la testa pesante. Non si era mai sentita tanto debole.
Probabilmente era dovuto al
malessere generale che provava da qualche settimana.
Si sentiva come se non avesse
dormito da anni.
-Congratulazioni, sei incinta.-
Incinta? Lei? Non poteva esserlo.
Si trattava sicuramente di un
errore.
Nella penombra scorse
finalmente la figura di Vincent.
Il suo primo impulso fu quello
di alzarsi e prenderlo a calci.
Non era un argomento sul quale
scherzare.
Deglutì, cercando di calmarsi.
Sentiva il rumore del proprio
cuore, assordante, aritmico.
-Puoi ripetere?- gli chiese,
spaventata.
Alla rabbia si era presto
sostituito il panico.
Vincent non scherzava. Mai.
-Aspetti un bambino.-
Il suo tono si era addolcito,
mentre pronunciava quella frase. In esso vi era un misto di emozioni
contrastanti, che andavano dal timore alla... gioia.
Possibile che potesse essere
felice per lei?
-E’ impossibile, i risultati
del test devono essere per forza sbagliati...- sussurrò Yuffie, incredula.
Strinse convulsamente le lenzuola
nei pugni chiusi, abbassando lo sguardo.
Anche in lei lottavano più
sentimenti; ma quello predominante era la prudenza.
E la paura di essere felice per
una notizia falsa.
La paura e la consapevolezza di
essere sola.
-Il risultato è sempre sicuro,
nel caso sia positivo.-
Si posò una mano sul ventre,
quasi involontariamente, lasciando che la disperazione la sommergesse.
Scoppiò a piangere.
Era un miracolo.
Era una maledizione.
Tentò di svuotare la mente e
pensare lucidamente.
Non aveva un posto dove andare.
Di sicuro, non poteva rimanere
con Avalanche. Non voleva rispondere alle loro domande. Non avrebbe saputo come
rispondere, in ogni caso. Avrebbe rovinato tutto.
Non poteva tornare a Wutai.
Suo padre non gliel’avrebbe mai
permesso.
Non aveva idea di quanto tempo
ancora avesse a disposizione prima che la lieta notizia si diffondesse.
Probabilmente era solo
questione di poche ore.
Se l’avesse scoperto Tifa...
Avrebbe dichiarato che con
l’aiuto di Avalanche se la sarebbe cavata.
E la ninja le avrebbe creduto.
Scosse la testa e cercò di
pensare a situazioni meno negative.
Doveva andarsene e decidere da
sola. Con calma.
Da sola.
Se non fosse stata da sola, il
problema di decidere se tenere o no il bambino non si sarebbe sicuramente
posto...
Non poteva farcela.
Non aveva idea di che cosa
volesse dire lavorare. Aveva rubato materia dall’età di sei anni e non
si era mai posta il problema di trovarsi un lavoro un pò più tranquillo.
Era fuori discussione che si
mettesse a rubare materia con un figlio a carico.
Non aveva soldi.
Poteva chiederli a suo padre,
come aveva sempre fatto, ma prima o poi avrebbe dovuto imparare a cavarsela da
sola.
-Ti senti bene?-
Si era quasi dimenticata della
presenza di Vincent.
La stava fissando, inespressivo
come sempre, così che, per un attimo, credette di aver immaginato quella
domanda.
Era troppo gentile per essere
stata posta da lui.
-Stai bene?- ripeté, calmo.
Annuì, stupita, asciugandosi le
ultime lacrime.
-Le valige sono accanto al
letto. Se hai bisogno di altro, puoi chiedermelo.- continuò l’ex Turk.
Era sorprendente come potesse
sembrare gentile pur rimanendo totalmente privo di espressione ed atono.
-Grazie, ma credo che questo
sia tutto quello che un essere umano possa fare per me...- ribatté lei, con un sorriso
triste.
L’uomo sembrò per un attimo
mutare d’espressione.
Forse nella penobra aveva visto
male.
-Com’è una vita in cui nessuno
sa che esisti? In cui non conosci nessuno?- chiese la ninja.
-Non credo che si possa
chiamare vita. E’ semplicemente un’ esistenza.-
-E qual’è la differenza?-
-Se ti accontenti di esistere,
la morte non ha nessuna importanza per te.-
-E la vita? Che cos’è?-
-Se vivi, senza alcun dubbio
t’imbatti in altri esseri umani, interagisci con loro... Provi una varietà di
sentimenti di cui non sospettavi neppure l’esitenza.-
-E tu vivi o esisti?-
-Non lo so ancora.-
Abbassò lo sguardo. Come poteva
lui sorridere sempre, nonostante fosse condannato a quel tipo di esistenza?
Persino quando le aveva annunciato che stava per morire, sorrideva con
malincolica eleganza.
L’ex Turk posò alcune banconote
sul comodino: -Me le restituirai quando ci rivedremo.- sentenziò, fissandola
per qualche secondo negli occhi, con tutta l’intensità che gli permettevano i
suoi occhi porpora.
Annuì. Era un tono che non
ammetteva repliche.
Lo osservò allontanarsi, sempre
più confusa.
Era un enigma vivente.
-E... Yuffie? Chiamami quando
ti sarai sistemata.- sussurrò, aprendo la porta.
Per un attimo la stanza si
riempì della luce e dei rumori che provenivano dal corridoio.
Poi tornarono di nuovo
l’oscurità ed il silenzio.
La principessa sorrise: -Avevi
ragione tu, Astharoth, è un angelo.-
L’angolo degli amichetti di
Chaos
Otto commenti per il primo
capitolo? Wow, questo sì che è un buon inizio!
Credo che molti ci abbiano
azzeccato, nel diagnosticare la “malattia” di Yuffie... Del resto, era
abbastanza evidente... Ho scopiazzato un pò dai libri pre-maman...
Per quanto riguarda l’identità
del padre del marmocchio, vi siete proprio dati alla pazza gioia...
Posso solo assicurarvi che non
è Azul... Non preoccupatevi... Intanto accontentatevi di sapere che si chiama
Astharoth e che non riuscirò mai a scrivere il suo nome in modo corretto...
E’ la prima volta che scrivo
Vincent quasi IC... E’ un miracolo... Ma perché è felice della lieta notizia?
(Risata satanica)
Bè, la risposta a questo
quesito la troverete alla fine della fic... ^_^