Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Nocturnia    12/10/2012    1 recensioni
Ci sono storie che affondano le loro radici nelle viscere dell'umanità.
Ci sono alcune storie - quelle brutte, quelle dal sapore tragico della profezia - che dipingono il proprio svolgimento con i colori della guerra e del sangue.[...]L'ho vissuta e infine compresa, abbracciandola. E nel suo abbraccio ho trovato una risposta.
Una fine e un inizio.
Genere: Fantasy, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Nel segno del sangue'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
loooooooooooo
Disclaimer: Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. L’intreccio qui descritto e i personaggi rappresentati sono copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


Tempus Tero


All'epoca ero solo una sciocca e acerba ragazzina di sedici anni, il singulto della perdita bloccato in fondo alla trachea e una pozza di urina a ricordarmi quanto paurosa fossi stata.
All'epoca non possedevo niente della rovente figura che era Addakra, neppure una libbra del suo coraggio.
Tutto in lei mi incuteva timore: dalle iridi uncinate alla violenza che metteva in ogni atto di giustizia.
Non sono come noi. Sono bestie. era solita ripetermi Anzi, meno delle bestie. Sono qualcosa che non dovrebbe neppure esserci su questo mondo, Dyen. Ficcatelo in quella zucca vuota.
Sorrido sempre a quel ricordo, perché era solo una bugia, seppur raccontata molto bene.
Però, credo che lei ne fosse veramente convinta.
Credo che, a gran voce, il suo cervello le impedisse di ammettere quello che si agitava in lei, quello che la corrodeva dall'interno, ogni giorno.
Quello per cui persi l'ennesima madre.

Mi ero nascosta dietro una roccia massiccia, il piccolo fuoco che avevo appiccato a malapena in grado di riscaldarmi.
Tremavo così forte che i denti battevano tra loro, il peso, l'enormità di quello che era accaduto che non mi dava neppure la forza di strisciare verso il legnetto e ravvivare le ceneri.
Avevo pianto talmente tanto da essere una maschera oscena di sporcizia e fuliggine, il lezzo della carne bruciata croste d'inferno.
Non osavo neppure riportare alla mente i visi di tutti i miei amici, di mia madre, di mio padre.
Non osavo rievocarli, immaginarli ancora.
Sapevo, con certezza assoluta, che sarei morta sotto quei ricordi, mi sarei accasciata al suolo, inerme.
E, vigliaccamente, non volevo morire.
Qualcuno, tempo dopo, mi insegnò che non vi era nulla di ridicolo nella fuga.
Qualcuno ebbe la forza di insegnarmi a vivere, di nuovo.
Quel qualcuno, però, mi aveva solo mentito.

Addakra la trovò ai margini della foresta, poco lontano dai confini, ormai prossimi, di Mordekan.
Per alcuni minuti la valutò in silenzio, nascosta nell'ombra e tra il fitto fogliame.
Sola, piagnucolante e ferita, le ricordava tremendamente un evo appena passato, l'eco di un colpo mai attutito veramente.

"Sei sola, ragazzina?"
"Non sono una ragazzina. E sì, sono sola."
Occhi rapaci la fissarono, facendola sentire indifesa, nuda.
"Sei una ragazzina. Ma sei viva ed è questo che conta, adesso."
"Gli altri... sono morti. Li ho visti."
Stropicciò il pesante mantello in velluto che recava il blasone della lamia, il marchio della famiglia Oronar.
L'uomo parve accorgersene solo in quel momento, alzando un sopracciglio.
"Sei nobile, ragazzina?"
"Per quello che può valere, sì. Appartengo agli Oronar di Umenarn."
"Commercianti." liquidò lapidario l'uomo "Ho presente."
"Lo trovi strano?"
"Cosa?"
"Che sia viva?"
"Sì. Voi nobili, di solito, siete i primi a crepare."
"So difendermi. Sono stata istruita a questo."
Lui sorrise, legandosi la livrea corvina con un laccio di cuoio.
"Persone intelligenti, i tuoi."
"Insegnami."
L'uomo la squadrò qualche istante, scoppiando poi a ridere.
Addakra lo ignorò.
"Insegnami a essere come te. Insegnami a combatterli. Insegnami a uccidere."
"Non sono un educatore dalla barba lunga e gli anelli d'oro, ragazzina. E a te non basta aver cucita una bestia mitologica sullo stemma per diventare divoratrice di demoni."
"Addakra."
"Uhm?"
"Addakra. Mi chiamo Addakra. E voglio che mi insegni." concluse caparbia, mostrandogli i palmi delle mani, coperti di sangue essicato.
L'uomo aggrottò le sopracciglia, il suo sorriso che si spegneva poco a poco.
"Tu come ti chiami...?" domandò titubante
Per tutta risposta, l'uomo si chinò verso di lei, rubandole metà del suo abbondante mantello e portandoselo intorno alle spalle.
Addakra sussultò, percependo, pelle contro pelle, quanto fosse più grande di lei, più imponente.
"Se impari bene, vivrai. Se impari male, creperai. Lo vuoi ancora fare?"
"Sì." esalò lei, continuando a fissarlo perplessa "Sì."
"Zanor. Mi chiamo Zanor. E se da adesso sono il tuo maestro, allora anche metà di questo mantello è mio. Sarà una notte fredda."
Addakra sorrise, stringendosi ulteriormente nella cappa vellutata.
"Grazie..."

E il primo pezzo aveva preso posto sulla scacchiera.

Quando decise di avvicinarsi, lo fece lentamente, per non spaventarla.
La ragazza balzò all'indietro, gridandole contro e schiacciandosi contro la spessa parete in roccia.
"Non avvicinarti! NON AVVICINARTI" singhiozzava portandosi una mano al volto, spiandone i movimenti con fare sospettoso e da animale braccato.
Addakra si fermò, inginocchiandosi di fronte a lei.
"Probabilmente hai corso molto... fino a non poter muovere un altro passo..." le mormorò gentile "ricordo quella sensazione... la ricordo benissimo..."
Si voltò di scatto, un grido inarticolato che faceva da epifania a uno stormo di gargoyle le percosse i timpani.
Scrutò attraverso i rami spogli e la nebbia, cogliendo la fugace vista di un movimento.
"Non ho scelta... non ho alcuna scelta..." la sentì uggiolare
Irritata, strinse nel pugno chiuso il rostro che si trascinava dietro da Silverkin, alzandosi.
"C'è sempre una scelta, ragazzina." berciò al suo indirizzo, prima di flettere le gambe e prepararsi allo scontro.
Dalla foschia emersero almeno una decina di demoni, alcuni armati, altri muniti solo delle gigantesche zanne.
Negli occhi della ragazza, Addakra scorse un terrore assoluto, coadiuvato da una rassegnazione patetica.
"Moriremo qui, vero?" chiese alzando le pupille dilatate dall'adrenalina su di lei.
Le rispose a denti stretti, dando le spalle all'armata e sovrastandola in tutta la sua figura.
"No. Finché sarò ci sarò io, di loro non rimarranno che carcasse per gli uccelli..."concluse estraendo le doppie balestre e girandosi "Non sono una preda, ragazzina. Sono il cacciatore."
Sparò in rapida successione, abbattendone almeno quattro, a cui seguirono i più piccoli quadrupedi e i due gargoyle.
Spiccò un balzo che la portò alle spalle del primo tagaririm, troppo lento e incastrato con la sua mazza nel terreno, quindi facile vittima delle sue frecce.
Ruotò la testa velocemente, cercando il secondo, e furono le urla stridule della ragazzina e farle capire che l'aveva evitata, per poi buttarsi addosso al suo nuovo giocattolo.
Ma si sbagliava.
Estrasse la granata dalla sacca appesa alla cinta e la lanciò verso il suo collo, in un movimento circolare che gli impedì di togliersela.
Dopo pochi attimi, dell'ultimo tagaririm non rimase che un corpo decapitato e un ammasso molliccio di cervello e sangue, la cui maggioranza aveva spruzzato il viso della ragazza.
Calò il silenzio nella piccola radura, il lontano gracchiare di un corvo che vomitava l'ultimo grano della clessidra di un tempo che Dyen non avrebbe più rivisto.
"Scegli ragazzina." sentenziò Addakra allungandole una pistola intarsiata nell'avorio e nell'argento "Essere preda o cacciatore."
Dyen l'aveva fissata dubbiosa, ma aveva comunque afferrato il calcio dell'arma, sancendo una tacita risposta.
Voleva vivere.

Se cercate una qualche forma di eroismo o di sindrome del salvatore in Addakra, sappiate che non ne troverete.
Era una donna ambigua e imperfetta, seducente nella sua avidità di femmina predatoria e crudele. Era la tricotomia del rosso sangue con cui dipingeva le pareti di un mondo logoro e consunto.
Era il nero della sua anima, della sua livrea, delle sue speranze.
Il bianco di un'innocenza perduta, mai più ritrovata, persa nella virilità di una belva dal volto umano.
Ma era quello che cercavo, quello di cui avevo bisogno: una guida.
Non fu né materna né rassicurante, ma salda e determinata.
La attribuii il ruolo di madre putativa, seppure avesse appena trentuno inverni.
Dopo quella notte, in cui mi aveva mostrato che c'era un altro modo di reagire, un modo per cui essere carnefice e non più vittima, mi assoggettai completamente alle sue regole, ai suoi insegnamenti.
Anni dopo, realizzai che non voleva creare un clone mostruoso e deforme di quello che già era lei: una lama feroce e divorante.
Voleva creare un erede, che portasse in sé i crismi di quello che LEI avrebbe potuto essere, ma che la storia aveva voluto diversa.
E in fondo, posso dire che ci sia riuscita.




Note dell'autrice:

Il tagaririm sono demoni, secondo la Cabala, che appartengono all'ordine dei litigiosi. Per il loro aspetto mi sono ispirata a questa immagine, ovvero i berserker.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Nocturnia