15 – Rientro a Palazzo Jarjayes
Il
viaggio fino a palazzo Jarjayes era durato poco più di due ore, ma a Oscar era
sembrato molto più lungo e interminabile.
Si era ostinata a guardare fuori dal finestrino per gran
parte del tempo, ma le era parso di sentire il peso dello sguardo del suo
attendente per tutto il viaggio.
In realtà, la sensazione era solo frutto della sua
suggestione, perché André aveva mantenuto l’atteggiamento naturale di sempre
quando viaggiavano insieme, e seppur segretamente compiaciuto, per un po’ era
riuscito a fingere una sorta d’indifferenza al mutismo di Oscar.
Anche lui aveva contemplato quasi assorto il panorama
distensivo che offriva la campagna e solo di rado si era soffermato ad osservare
la sua compagna di viaggio di sottecchi, domandandosi dove stessero volando i
suoi pensieri, sperando che tornassero all’ alba incredibile che li aveva visti
insieme.
Nessuno dei due avrebbe resistito in perenne silenzio fino
all’arrivo, Andrè meno di Oscar, che fra i due, era sempre stato quello più
loquace e ciarliero. Quindi, lui per primo decise di rompere il ghiaccio e
provare a intavolare una conversazione qualsiasi, anche la più banale.
“Si torna a casa; immagino già mia nonna smuovere tutta la
servitù per il tuo rientro, farà tirare a lucido tutto il palazzo, comprese le
cucine!”
“Già…” fu la risposta laconica di Oscar.
Seguì un breve silenzio che sarebbe potuto diventare più
lungo, se André non avesse capito che avrebbe dovuto tirarle fuori le parole a
forza. Decise che si sarebbe divertito a farlo.
A costo di provocarla.
“Le vacanze sono sempre troppo brevi, non trovi Oscar? Ah,
io sarei rimasto ancora volentieri a Villa Recamier… - e fu volutamente ambiguo
sul senso della frase - sono stato davvero bene.”
Sorrise dei suoi stessi pensieri e osservò la sua reazione:
gli parve che lo sguardo azzurro si adombrasse lievemente.
“Sì, immagino…”
Altra risposta laconica condita forse di una nota ironica.
“Tu no, Oscar?” Chiese lui in tono disinvolto con l’evidente
intenzione di stuzzicarla.
“Benissimo direi, ma bisogna tornare alla vita quotidiana,
quella vera anche se è un po’ meno bella e piacevole.”
André si rilassò contro lo schienale di velluto, stirando
leggermente le braccia.
“Eh già, lo so. Si torna alle levatacce, ai cavalli da
strigliare, alle ronde a Versailles, ma ci saranno bellissimi ricordi a tenermi
compagnia: le passeggiate all’aria aperta, il profumo dei campi al mattino
bagnati di rugiada, quello del pane appena sfornato, le piacevoli serate a bere
del buon vino… - rise accarezzando ricordi ancora freschi – e altre cose che
rendono dolce l’esistenza.”
Si accorse dell’occhiata fulminea e sgomenta di Oscar, ma
lui finse di non notarla.
“Sono tutte cose che potrai ancora avere, anche a palazzo
Jarjayes.” obbiettò con ovvietà.
“Sì, hai ragione Oscar. Sai, mi chiedevo: tu credi che
Danielle verrà a farci visita?”
“Perché lo chiedi? Senti già la mancanza della mia audace
gemella?”
André si accorse immediatamente del malcelato tono
sarcastico, nascosto dietro un sorrisetto di circostanza, troppo simile a una
leggera smorfia di disappunto.
“Non pensi di ricambiare la sua ospitalità?”
“Non ne sento l’esigenza.”
André le oppose un’espressione dubbiosa.
“Ce l’hai con lei per qualche oscuro motivo?”
Oscar rispose tornando a guardare con eccessivo interesse il
panorama fuori dal finestrino.
“Non ce l’ho con lei, ma tu non sperare che venga a palazzo
Jarjayes, non nell’immediato.”
“Non capisco che vuoi dire; parli come se la cosa dipendesse
da me.”
“Sei tu che hai trovato il soggiorno a villa Recamier
particolarmente piacevole. Ci dev’essere un motivo preciso se ora mi chiedi di
Danielle…”
“Semplice curiosità, la mia. Pazienza. Ci sarà un’occasione
per incontrarsi, prima o dopo…”
Oscar lo guardò fisso.
“Non mi sembra banale curiosità, tu vuoi rivederla… - Non
era una domanda questa volta; era piuttosto una constatazione dal sapore amaro.
Ad Andrè parve di sentire sulla lingua il gusto della delusione di lei che
scendeva fin nel suo cuore. - Lei non verrà.” Proseguì Oscar quasi con durezza.
Andrè aggrottò le sopracciglia.
“Sembri molto sicura di questo, ma potresti sbagliarti
clamorosamente.”
“Non sbaglio André. Danielle non verrà, rassegnati.” Rispose
secca.
“Me lo stai ordinando?” chiese quasi incredulo.
“No, è solo un consiglio… poi, fai come ti pare.”
“Cioè, vorresti dire che sarei libero di rivedere Danielle,
se volessi?”
Oscar non seppe trattenersi oltre: parlò alzando la voce di
un paio di ottave.
“Se non temi di scatenare le ire di mio cognato, puoi anche
correre il rischio, André, ma stai attento: perfino un uomo mediocre come
Leopold di Recamier potrebbe diventare improvvisamente abile con la spada!”
“Aspetta un momento: tu hai paura… per me?”
“Ci sono tanti sistemi per far sparire qualcuno; l’ omicidio
di un servo per mano di un nobile offeso non interesserebbe a nessuno, tranne
che alla sottoscritta! Ma la vita è la tua e sei libero di gettarla alle
ortiche!”
Era davvero arrabbiata; Andrè si domandò se non fosse andato
troppo oltre con la provocazione. Ma percepì anche la sua paura e provò
tenerezza per lei, per quello strano, contorto senso di protezione che
inconsapevole manifestava.
Provò a placarla.
“Ho il sospetto che tu abbia preso un abbaglio, Oscar: non
ho intenzione di correre inutili rischi, né di comportarmi in modo
sconveniente, o offensivo verso tua sorella, suo marito o chiunque altro.”
“Nessun abbaglio André. È tutto fin troppo chiaro.” Esclamò
d’impulso, prima di sporgersi con la testa verso l’esterno della carrozza.
“Cocchiere fermati! Voglio scendere!” Urlò per farsi sentire
dal postiglione che tirò le redini per bloccare la corsa dei cavalli.
La vettura si arrestò nell’arco di pochi metri e prima che
André potesse avere il tempo di capire le sue intenzioni, la donna era già
saltata a terra richiudendo violentemente la portiera.
“Oscar ma che fai?”
“Cocchiere riparti!”
La carrozza si rimise lentamente in moto, distanziandola,
mentre Oscar pareva intenzionata a proseguire la sua marcia a piedi. Andrè si
sporse oltre il finestrino a fissarla vagamente contrariato e preoccupato:
conosceva la sua testardaggine e sarebbe stata capace di camminare a piedi per
chilometri.
“No! Cocchiere si fermi! Oscar ma…”
“Ho detto di andare avanti! Cocchiere non fermare la
carrozza! È un ordine!”
La vettura ripartì nuovamente e André ordinò di mantenere
un’ andatura a passo d’uomo.
Oscar testarda più che mai, camminava di fianco alla vettura
un poco più indietro mantenendosi sul ciglio della strada. Andrè la seguiva con
lo sguardo, in verità piuttosto indispettito dal suo strano atteggiamento.
“Ma cosa diavolo stai pensando di fare?”
“Non lo vedi? Ho bisogno di camminare un po’.”
Poteva sembrare un banale capriccio, piuttosto inconsueto
per lei; non gli ci volle molto per capire che stava solo cercando un modo di
sfogare la tensione che la opprimeva.
A casa si sarebbe sfogata incrociando la spada con lui.
“E pensi di andare a piedi fino a palazzo Jarjayes? È un bel
pezzo di strada, ma forse in due giorni ce la fai! Non essere ridicola e sali
in carrozza, Oscar.”
“NON TI AZZARDARE A DARMI ORDINI, ANDRE’!” Ruggì inviperita.
André restò in silenzio qualche minuto; doveva aspettare che
si calmasse.
Prese un respiro profondo; se si fosse lasciato vincere
dall’esasperazione avrebbe solo peggiorato le cose; la conosceva abbastanza
bene da sapere che era meglio non opporre alcun tipo di resistenza. Quando
l’ebbe distanziata di qualche metro, fece fermare la carrozza all’ombra di un
gruppo di grossi alberi che delimitavano il ciglio della strada.
Scese a terra e attese sulla strada polverosa, appoggiato a
braccia conserte alla ruota posteriore che lei lo raggiungesse.
“Per favore Oscar, sii ragionevole; sali in carrozza e
cerchiamo di comportarci come persone di buon senso. Se qualcosa ti dà fastidio
è meglio parlarne con calma…”
“Sei tu che non hai buon senso, André. Non potevi proprio
evitare tutto questo pasticcio?” fece lei, lievemente stizzita.
“Posso sapere di cosa mi accusi?”
Oscar si avvicinò alla carrozza, ma prima di salirvi si girò
a guardarlo.
“Questa mattina ti ho salvato per la punta dei capelli,
André. Ma dovevi proprio infilarti nel letto di mia sorella? E non sforzarti di
negare, tanto so già tutto.” Quindi montò in carrozza senza attendere una
risposta.
André la seguì all’interno dopo aver intimato al cocchiere
di ripartire.
“Non nego nulla, ma tu cosa credi di sapere di questa
storia?”
“Questa mattina vi ho sorpresi insieme.”
André dovette sforzarsi di non riderle in faccia.
“Tu non sai niente, Oscar.”
“Allora, dimmelo tu come stanno le cose, André; che cosa ti
ha promesso? Cosa ti aspetti che accada? È la moglie già troppo chiacchierata
di un conte che gode di notevole prestigio a corte…”
“Ed è tua sorella: è questo che ti disturba così tanto.
Vorrei sapere perché. Spiegami Oscar: perché non vuoi che io stia con lei? È un
volgare problema di classi sociali, o c’è dell’altro?”
“Mi chiedi perché?! Ma rifletti un momento: credi che
lascerà il marito, i suoi figli, i suoi privilegi per fuggire con te? Mia
sorella è una ribelle, ma non ha tanto coraggio.”
E
io? Ne ho forse più di lei?
André sorrise ambiguo.
“Non sono così ingenuo e non mi aspetto nulla del genere. E
sul coraggio di Danielle, io non scommetterei: è capace di lottare per
prendersi ciò che vuole. E adesso vuole me.”
A quelle parole tanto schiette, Oscar ebbe paura.
“Oh, André… E tu vuoi lei, fino a questo punto?”
“Ho bisogno di essere amato, come tutti. Ti sembra così
strano, Oscar? Sforzati di capire come mi sento, ma forse da te pretendo
troppo.”
A quel punto André abbassò la voce che divenne roca e
profonda, e le rivolse uno sguardo intenso e bruciante che le penetrò fin
dentro l’anima.
“Vuoi farmi credere, Oscar, che non ti sei mai sentita così,
nemmeno una volta? Non hai mai sentito quel fuoco bruciarti dentro, come un
dolore fisico? Se lo hai sentito almeno una volta, sai di cosa parlo.”
Oscar rimase in silenzio, disarmata e sconvolta da quelle
parole, incapace di ribattere, mentre pensava al fuoco che stava divorando lei
solo da poche ore. Quella stessa fiamma possente che vedeva bruciare negli
occhi verdi e bellissimi del suo amico.
Sospirò arresa, senza sospettare che quella fiamma bruciava
per lei.
“Ah, ti prego, non voglio continuare ora questa
conversazione. Il viaggio è ancora abbastanza lungo è voglio provare a
rilassarmi un po’, se non ti dispiace.”
“Come vuoi tu, Oscar. Ma dovremmo riparlarne.”
La donna incrociò le braccia, sprofondò contro il sedile
della carrozza e si girò dalla parte opposta, tirando le tendine.
Il resto del viaggio proseguì in un silenzio pesante fino a
casa.
***********
Erano rientrati a palazzo Jarjayes da qualche giorno.
Oscar aveva ripreso immediatamente servizio a corte e faceva
in modo che Andrè la seguisse a tutte le ore e in ogni circostanza, dalle esercitazioni
militari, ai balli organizzati dalla regina fino a tarda notte.
Non gli concedeva mai troppo tempo libero e se le balenava
il sospetto che il suo attendente stesse pensando a Danielle, lo distraeva
coinvolgendolo in un’attività qualunque; un duello con la spada, una cavalcata,
un lavoro da fare nelle scuderie. Per paradosso, era lei che non riusciva a
distrarre i suoi pensieri dal ricordo di quell’alba passata con lui.
In realtà aveva il terrore che potessero vedersi di
nascosto, e faceva di tutto perché ciò non accadesse, mentre il pensiero della
sorella e André appartati come due amanti clandestini le procurava delle fitte
di acuta e dolorosa gelosia.
-
André ci sono i cavalli da lavare e strigliare!
-
Svelto André, prendi la spada, dobbiamo allenarci…
-
André ricordati che devi curare la manutenzione delle
carrozze…
Il giovane aveva il sospetto che facesse apposta ad essere
così esigente, ma era il suo lavoro e non si tirava indietro, aspettando il
momento buono per affrontarla a viso aperto.
Circa due giorni dopo il loro rientro a casa, il conte di
Fersen era venuto a farle una visita inaspettata.
Il conte li aveva interrotti in giardino, durante un acceso
allenamento con la spada che li stava coinvolgendo nel corpo e nello spirito,
tra sguardi diretti, battute provocatorie e scontri fisici manifesti e
ricercati. Spade in pugno, si erano annusati e misurati come avversari
pericolosi.
Il pericolo però era di diversa natura.
-
Dimmi la verità, André: preferiresti andare a servizio a
Villa Recamier? Mia sorella ti affiderebbe mansioni assai diverse…
-
Vuoi provocarmi, Oscar?
-
Forse… potrei sorprenderti, signor avventuriero...
-
Ora sei ingiusta: potresti restare sorpresa tu, mia
bellissima amica…
-
Vuoi giocare con me, André? Potrebbe piacerti…
-
Oh, lo sai che non mi tiro mai indietro… cominciamo?
Durante la danza dei corpi sull’erba, nel clangore delle
spade, vicinissimi, con le braccia tese sopra la testa, gli sguardi avevano
indugiato in una sfida muta, per un lungo minuto, mentre Oscar si perdeva a
seguire il profilo morbido di quelle labbra, tornando con la mente a quello che
era accaduto tra loro nella stanza di Danielle. Le bocche troppo vicine, i
respiri caldi e affannati sul viso, la tentazione si era scatenata per
entrambi.
Ed era stato più forte di lei immaginare quali fossero i
pensieri di André, che ricambiava il suo sguardo con la stessa intensità
sconcertante. Pensieri della cui natura lei non aveva alcun sospetto.
Stai
pensando a lei, André? Non lo fare…
Ero
io.
Ero
io la gemella che tenevi tra le braccia, quella che baciavi con tenera
passione.
La
stessa passione che intravedo perfino ora nei tuoi occhi.
E
tremo di rabbia se penso che non bruciano per me, e per assurdo, forse stai
pensando proprio a me, e non lo sai. Vorrei concludere questo duello,
stringerti all’angolo senza difese, afferrarti la nuca e costringerti a
baciarmi. Ti divorerei per questa fame che sento.
E
allora, riconosceresti il vero sapore delle mie labbra? O le confonderesti con
le sue?
Non
voglio che pensi a Danielle…
Dimenticala,
ti prego…
Il conte di Fersen era arrivato in quel momento a rompere lo
strano conturbante scontro; Oscar lo aveva accolto con gentilezza, una maschera
del lieve imbarazzo per quella insolita intimità violata, ma senza provare
quella strana ansia che la sommergeva ogni volta che incontrava lo svedese.
“Ottima prova di abilità, come sempre. Madamigella Oscar,
sono venuto a salutarvi…” esordì il conte andandole incontro sull’erba,
interrompendo il sensuale duello tra i due contendenti.
André abbassò la sua arma, si fece da parte e si ricompose
in meno di un minuto.
Prese le spade e con discrezione seguì Oscar e il conte che
entravano in casa.
Si fermarono in salotto dove Oscar offrì al suo ospite del
vino della sua cantina.
“È stata vostra sorella a dirmi che eravate tornata presso
la vostra dimora. Le avevo scritto un breve biglietto chiedendole di voi,
pensando che foste ancora ospite a Villa Recamier.”
“Sono rientrata solo da qualche giorno, Fersen. Cosa vi
porta da me?”
Chiese versando del vino bianco in due bicchieri di
cristallo che André aveva posato sul tavolo davanti a loro. Il tono era formale
e distaccato, ma il conte non parve notarlo.
“Ecco, volevo rivedervi e salutarvi un’ ultima volta, prima
della mia partenza per l’America. Mi imbarco tra una settimana con le truppe
del generale La Fayette.”
“In America? Ma laggiù c’è la guerra, Fersen. Perché volete
andare così lontano e mettere a repentaglio la vostra vita?” domandò Oscar con
sincera preoccupazione, mentre André si allontanava silenzioso dalla sala.
“Perché se resto in Francia, finirò per danneggiare solo la
regina Maria Antonietta. In questi ultimi giorni ho riflettuto su molte cose
che mi sono accadute di recente; stavo per compiere un errore irreparabile, un’
azione di cui non sarei stato orgoglioso Oscar, una leggerezza che avrebbe
fatto soffrire la stessa regina. Ho già esposto troppo Sua Maestà allo
scandalo; la simpatia che mi ha accordato mette in cattiva luce la sua persona,
ma non posso rischiare di comprometterla ulteriormente col mio comportamento
sconsiderato. Se restassi qui succederebbe esattamente questo e io, proprio
perché le voglio bene, devo fare di tutto per evitarlo.”
Oscar intuì tutto, ma finse di non capire il vero
significato di quelle parole che riguardavano anche lei.
“Non so esattamente a cosa vi riferite, ma siete sicuro che
non esista un’altra soluzione? Potreste tornare in Svezia, per esempio.”
“No Oscar, mi verrebbe presto la tentazione di tornare qui,
sono un uomo troppo debole. - Fersen portò il bicchiere alle labbra; ne bevve
il contenuto in un sorso, prima di proseguire. - Io devo andare lontano… molto
lontano. Credo di non avere altra scelta. Affido la regina alle vostre cure,
Oscar…”
“Le spezzerete il cuore, Fersen…” constatò lei con
tristezza, consapevole che quella notizia, solo poco tempo prima e in altre
circostanze, l’avrebbe ferita.
Fersen emise un sospiro che sapeva di rassegnazione penosa.
“Avrei un ultimo favore da chiedervi, madamigella, e solo
voi potete aiutarmi.”
“Ditemi pure...”
“Portate le mie scuse a Madame Recamier: credo di averla
molto delusa al ballo. Mi sono preso delle libertà eccessive… che forse l’hanno
offesa. Non era nelle mie intenzioni; diteglielo, vi prego… Rassicurate la
contessa che troverà sempre in me, un amico sincero.”
Oscar fu colta da autentico stupore.
“Ma certo, non abbiate timore, Fersen.”
Alla fine della conversazione, il conte aveva posato il
bicchiere vuoto sul tavolo e si era alzato per andarsene.
Andrè era ritornato mentre Fersen si allontanava verso
l’ingresso del palazzo.
“In America… certo che è lontano. – Disse con voce incolore.
- Non desideri rivederlo un’ultima volta, prima della sua partenza?” le
domandò, per sondare il suo cuore.
Oscar guardò il suo attendente con un’ espressione
imperturbabile.
“No. Spero che riesca a tornare sano e salvo.”
Rispose sicura, ma senza particolare slancio. Dopodiché si
allontanò, lasciando in Andrè una profonda sensazione di sollievo.
*******
Mia sorella e André avevano lasciato la mia casa già da
qualche giorno; senza reali motivi per restare oltre nella tenuta di campagna,
io ero tornata a Parigi.
Non trovai Leopold, partito non sapevo per dove;
probabilmente aveva raggiunto la sua amante.
Avrei voluto concentrarmi su altro, ma stavo ancora cercando
di realizzare l’estrema portata della mia più recente scoperta.
Avevo assalito Ninette con mille domande sulla bambina - una
figlia, dunque - sulla madre che non avevo capito chi fosse, su madame Lisette
De Marchard e il suo ruolo, e su mio marito.
Ma la mia cameriera non aveva saputo fornirmi dettagli più
precisi sulla faccenda.
Alla fine, sapevo solo che Lisette si era fatta carico della
creatura – era lei la madre? - e immaginai che la sua improvvisa partenza da
Villa Recamier fosse a causa della piccola bastarda.
Ma la cosa che mi aveva sorpreso di più era stato
l’atteggiamento di Leopold. Sapevo di tanti uomini facoltosi e importanti, che
nella stessa situazione abbandonavano al loro destino la loro amante e il
frutto della loro passione peccaminosa; mio marito, no.
Lui non fece nulla di simile.
Sentiva dunque, il peso della sua responsabilità?
Oppure la sua amante lo teneva in scacco, in qualche modo
poco ortodosso?
Sembrava che questa figlia avesse un’importanza estrema per
lui, quasi l’amasse più dei figli legittimi che gli avevo dato io.
Era qualcosa che non riuscivo a concepire.
Mi pareva un’ offesa verso i miei figli, a cui Leopold aveva
concesso sempre poco del suo affetto e scarse attenzioni, forse per dispetto
nei miei confronti.
Potrà sembrare contraddittorio, ma provavo un profondo
risentimento per mio marito, per quell’inganno che giudicavo perpetrato ai miei
danni, tradita nel mio orgoglio ed esposta al ridicolo e all’umiliazione se fosse
scoppiato uno scandalo.
Avevo sempre tollerato le avventure del mio consorte, finché
erano distanti e lontane dalla mia esistenza, perché anche in quell’ipocrisia
che era la nostra vita matrimoniale, evitavamo di comprometterci in situazioni
difficili oltre che scomode.
Ma una simile vicenda rimetteva tutto in discussione.
E io dovevo sapere la verità.
Dovevo sapere chi era questa figlia, dove era nascosta, chi
era la madre, questa donna misteriosa che si era insinuata così tanto nella
vita di mio marito, e cosa avrebbe potuto rivendicare per sé: titoli, potere,
denaro. Vicende che avevo già visto accadere troppe volte dentro i palazzi
della buona società. Vedevo già l’ombra del ricatto a cui non avrei mai voluto
cedere, allo scopo di ottenere favori dalla famiglia Recamier.
Spedii un mio messo sulla tracce del conte di Recamier, alla
ricerca di prove o documenti compromettenti. Pochi giorni e il messo tornò dopo
aver parlato con vari testimoni, ufficiali giudiziari e pubblici, tra cui il
giudice che aveva avallato l’adozione e il notaio che aveva autenticato il
certificato firmato da mio marito.
“La bambina è stata ufficialmente riconosciuta da vostro
marito, madame: ora porta l’illustre nome dei Recamier. Però non mi è stato
possibile scoprire dove sia e non si sa nulla della madre, la cui identità è
stata mantenuta segreta. I documenti devono essere nelle mani di vostro marito,
che li custodisce gelosamente.”
“Di madame Lisette De Marchard cosa mi potete dire? Potrebbe
essere lei la madre della bambina?”
“Forse, ma non è detto.
Sappiamo solo che a suo tempo, il conte di Recamier pagò molti dei
debiti che gravavano sulle terre e proprietà della famiglia Marchard.”
“Debiti, avete detto?” chiesi costernata.
“Sì, signora contessa. Più che altro, ipoteche sui beni
immobili di famiglia. Una cosa abbastanza nota a molti, pare.”
“Oh! E perché io non ne sapevo niente?”
“Non lo so, signora contessa.”
Congedai il messo.
Dovevo avere quei documenti. Era una questione troppo intima
e delicata, dovevo occuparmene personalmente.
Il mistero si infittiva sempre di più e tutto pareva una
massa ingarbugliata impossibile da sciogliere, ma ne sarei venuta a capo. In
qualche modo.
Avevo bisogno di chiedere aiuto ad una persona fidata e non
mi venne in mente nessuno all’infuori di Oscar. E fu così che andai da lei.
Lungo il tragitto che da Parigi portava a Palazzo Jarjayes,
non potei fare a meno di pensare che stavo per rivedere André.
Avevo avuto poco tempo di pensare a lui, presa dagli ultimi
accadimenti, ma ora il ricordo delle ultime ore passate insieme, mi tornava
alla mente con prepotenza; se col pensiero sfioravo le immagini della notte in
cui avevo tentato di sedurlo, sentivo un fremito scorrere sotto la pelle e
accendermi un fuoco doloroso dentro il petto che, nonostante tutto, non
riuscivo a spegnere. Non avevo smesso di desiderarlo, di volere il suo amore
per me e non ero certa di volermi arrendere, perché ero ancora convinta che
Oscar non fosse capace di amarlo.
Avrebbe dovuto smentirmi lei stessa, cosa che non aveva
ancora avuto il coraggio di fare.
Quando la mia carrozza si fermò davanti all’entrata del
palazzo, la vecchia governante venne ad accogliermi.
“Cara Nanny, devo immediatamente vedere mia sorella, è in
casa?” dissi, avanzando spedita verso l’ingresso, mentre la governante mi
correva dietro cercando di mantenere il mio passo.
“Vostra sorella non è ancora rientrata da Versailles, ma
sarà qui a momenti.”
“Bene aspetterò. Non c’è neppure tuo nipote?” continuai
sfilandomi i guanti che posai su un mobile dell’ingresso. Davanti alla
specchiera posta alla parete, sfilai le forcine che trattenevano il mio
elegante cappello piumato.
“Andrè è con lei, la segue ogni momento, ultimamente. Sembra
quasi che le sia diventato indispensabile. Oh, quei due ragazzi io non li
capisco più, e anche Oscar è molto strana, da un po’, più inquieta del solito.
Tutta colpa del generale, vostro padre!” Borbottò con veemenza e io risi
sinceramente della sua ultima esternazione.
“Non cambi mai Nanny: non perdonerai mai mio padre per aver
allevato mia sorella come un uomo.”
La vecchia Nanny non aggiunse altro, scosse la testa
sconsolata e tornò dritta verso le cucine.
Speravo di avere un momento per parlare da sola con André,
ma non sarebbe stato facile con Oscar nei paraggi.
Non attesi molto, comunque.
E contrariamente a quanto mi sarei aspettata, fu André il
primo che incontrai.
Entrò nella piccola camera dove stavo aspettando il ritorno
di Oscar. Fu quasi sorpreso di vedermi, e non potei ignorare il balzo che fece
il mio cuore nel petto, appena lo vidi comparirmi davanti.
“Danielle, immaginavo che fossi tu. Ho visto la carrozza qui
fuori.” Esordì con un sorriso meraviglioso che ricambiai in modo spontaneo.
“Ciao, André. È bello rivederti.”
“Sono felice anch’io d’incontrarti di nuovo. Come mai sei
venuta?”
“Beh, il vero motivo è che oggi sono qui per parlare con
Oscar.”
Mi guardò solo un attimo, incerto.
“Non l’hai ancora vista? Ha lasciato le scuderie prima di
me; forse è stata bloccata nello studio del generale per una questione che riguarda
le nuove nomine delle guardie reali.”
Mi alzai dalla poltrona e vi avvicinai a lui con l’impulso
di abbracciarlo, ma mi trattenni dal farlo.
“Mi sei mancato, sai? Ho bisogno di parlarti; possiamo
vederci più tardi, da soli?”
“Ma hai appena detto che vuoi parlare con Oscar…”
“Sì, ma devo parlare anche con te: ci sono alcune cose che
ti devo dire.”
“Danielle, io non so se…”
“Ti prego! Ti prego, André, non dirmi di no; è importante.”
“Che cosa è importante?”
La voce di Oscar venne a interromperci in quel momento. Mia
sorella entrò nella sala e io sperai che non avesse sentito tutto. Notai
l’occhiata torva che lanciò al mio indirizzo, prima di puntare lo sguardo su
André per spostarlo poi, di nuovo, su di me.
“Parlavo della richiesta che sono venuta a farti, oggi – le
dissi decisa, - ho bisogno che tu mi faccia un grosso favore.”
“Che genere di favore?” mi chiese Oscar, accomodandosi in
poltrona davanti a me. Io feci altrettanto. Solo André era rimasto in piedi,
vicino alla parete ad osservarci.
“Vorrei tu facessi delle indagini per mio conto; ho bisogno
della massima discrezione. Si tratta di trovare una persona.”
Oscar mi scrutò con attenzione, mentre io iniziavo a tradire
un po’ di nervosismo.
“Sarà meglio che mi racconti tutto dall’inizio; ho bisogno
di avere maggiori informazioni possibili. Chi è questa persona? Perché la stai
cercando?”
Le raccontai tutto senza omettere alcun dettaglio. Le parlai
della conversazione tra Leopold e la sua amante, sentita da Ninette, delle ricerche
che avevo fatto fare per trovare le prove del tradimento di mio marito e
dell’esistenza della bambina.
“Vorrei che tu trovassi questa donna e sua figlia. Voglio
sapere chi sono e dove sono. – Mi alzai dalla poltrona, camminando avanti e
indietro. - Voglio far annullare il riconoscimento. E voglio sapere quanto
madame Marchard è coinvolta in questa storia; potrebbe essere lei la madre
della piccola.”
“Non capisco perché tu abbia bisogno di me per fare questa
cosa; potresti arrangiarti benissimo da sola. E se anche tu trovassi la
bambina, che penseresti di fare? Vuoi allevarla tu? Non stai pensando di farla
sparire, vero?”
“Oh, Dio Oscar! Certo che no! – Protestai inorridita. - Io
voglio solo proteggere i miei figli e tutelare il prestigio della famiglia
Recamier e il mio buon nome, quello dei Jarjayes. Non voglio che in futuro, una
bastarda qualunque possa a venire a reclamare per sé dei diritti. Non
permetterò mai che il nome dei Recamier venga associato a uno scandalo simile,
e tu dovresti aiutarmi Oscar. È anche nel tuo interesse.”
“Quanta veemenza, Danielle. Peccato che non sempre il buon
nome della famiglia sia tra le tue priorità, – ironizzò. - Comunque, io
preferirei non essere coinvolta nelle tue beghe famigliari; non ti serve il mio
aiuto, qui. Devi solo pagare un buon investigatore che faccia il lavoro.”
“Ti prego Oscar, ripensaci; mi fido solo di te. Non voglio
affidarmi ad un estraneo per una faccenda tanto delicata.”
“Ma, non lo so… - mia sorella si portò una mano alla tempia
continuando ad esitare. – Conosci già le intemperanze di tuo marito, e tu non
sei meglio di lui come esempio di fedeltà. Non capisco perché prendi tanto a
cuore questa vicenda.”
Notai l’occhiata critica che rivolse ad André che manteneva
il silenzio.
Parlai con calma e fermezza.
“Io non ho messo al mondo dei figli illegittimi, trascinando
mio marito nella vergogna. Ti prego Oscar, aiutami a trovare quella bambina.
Non ti chiedo altro e non dovrai fare altro che reperire informazioni che poi
mi comunicherai. Affronterò io quella donna e le sue pretese.”
Finalmente la convinsi.
“Va bene, ti aiuterò. Sei pur sempre mia sorella. Scoprirò
dove si trovano la madre e la bambina e te lo dirò, ma non farò nient’altro.”
La ringraziai.
Ero pronta per andarmene, ma non volevo farlo senza prima
parlare con André.
Dovevo vederlo. Da sola.
Con una scusa andai nelle cucine da Nanny; allontanai le
sguattere e chiesi alla governante, in via riservata, di mandare il nipote da
me, senza far sapere nulla a Oscar. Non mi preoccupai della sua espressione
perplessa, ma le ribadii con fermezza la mia richiesta.
“Hai capito, Nanny?”
“Certo madame. Farò come volete voi.”
Avrei atteso in carrozza all’esterno della tenuta.
Sostai una decina di minuti all’ombra del fogliame degli
alberi che crescevano sulla strada; André arrivò a piedi e quando fu vicino
alla carrozza, gli chiesi di salire in vettura, perché nessuno ci vedesse.
Tirai le tendine come ulteriore precauzione.
“Che cosa c’è Danielle? Perché hai voluto vedermi?”
“Continui a far credere a Oscar che io e te abbiamo una
relazione. Invece, tra noi non c’è niente… e Dio sa quanto vorrei che ci
fosse.”
André sospirò.
“Danielle, ti prego; non fare così…”
“Ho dei sentimenti, non posso soffocarli. Dovresti capirlo.
E tu così mi stai usando; non lo trovo giusto. – Continuai di fronte al suo
silenzio. - Intendi continuare a mentire a lungo, André? Come credi che reagirà
quando scoprirà la verità? Così rischi di perderla per davvero.”
“Mi dispiace, Danielle. È un rischio che devo correre,
perché lei capisca. Se fallirò, almeno avrò tentato. Come prima, non potrei
andare avanti; non sono più disposto a soffrire in silenzio, mentre un altro
uomo ruba il cuore di Oscar.”
Nel suo tono c’era insofferenza, forse stanchezza.
Mi avvicinai di più a lui, accostando il mio viso al suo,
sfiorandolo con una mano; i nostri occhi s’incontrarono e mi parve di leggere
nel suo sguardo verde un’ ombra d’incertezza.
“Ma a quale prezzo. Potresti ritrovarti con un pugno di
sabbia in mano. Insegui lei, e potresti avere me. Totalmente. Senza condizioni.
Cancellerei la tua sofferenza. Io ti amo, André. Ti amo come non immagini.”
Confessai per l’ennesima volta.
Non resistevo più.
Quando lo baciai, André esitò solo un momento, prima di
abbandonarsi con trasporto al mio bacio; sentii le sue mani accarezzarmi il
viso, le braccia avvolgermi e io mi aggrappai a lui, vinta dall’ardore che mi
assaliva.
Quando le nostre labbra si separarono, le sue braccia
continuavano a stringermi convulse.
“Oh André, caro. Potremmo
essere felici se tu volessi. Possiedi già la mia anima.” Bisbigliai sulla sua
spalla vicina al suo orecchio, mentre i suoi ciuffi ribelli mi solleticavano la
pelle.
“Oh, Danielle, faccio una fatica immensa a lasciarti andare.
Sei così bella, così donna. Se Oscar avesse solo un grammo del tuo coraggio…”
Si separò da me bruscamente e in quell’ attimo forse qualcosa si strappò dentro
di me.
“Ma no. Non posso, per quanto io senta di desiderarti. Ti
prego, non insistere ancora.”
Prima che potessi sperare di trattenerlo, era già sceso
dalla carrozza lasciando vuote le mie braccia del suo corpo.
“André, no! Per favore, resta. Aspetta!” Lo implorai
inutilmente, sporgendomi oltre il finestrino.
“Vai a casa, Danielle. –
Afferrò una delle mie mani che tendevo verso di lui e la baciò con
devozione. – Vai a casa, ti prego.”
“André!”
“Va via, Danielle.”
Profonda amarezza in poche parole.
Rimase fermo vicino agli alberi, a guardarmi con una strana
espressione triste, mentre la carrozza si allontanava dondolando lungo il
sentiero. Sentivo le lacrime salire ai miei occhi mentre il dolore aggrediva il
mio animo in un modo tale, che non avrei creduto possibile soffrire di più.
Non sapevo ancora, che nonostante tutte le mie accortezze,
il nostro incontro non era passato inosservato; Oscar, nascosta tra la fitta
boscaglia, aveva visto il suo attendente salire e scendere dalla mia carrozza.
Era quanto bastava ad alimentare ulteriori sospetti in lei, oltre la sua
formidabile, pericolosa gelosia.
Continua…
Eccomi qui, non ci speravate più, eh?
Invece torno a tormentarvi con questa storia.
Il titolo è un po’ banalotto, ma non mi veniva in mente altro.
In questo capitolo non succede nulla di eclatante – a parte
Fersen che finalmente lascia definitivamente la mia storia - e allo stesso
tempo, da qui prendono il via tutta una serie di cose che scateneranno gli
eventi successivi. Voglio farvi una piccola anticipazione e vi dico che già il
prossimo cap. potrebbe essere col botto.
Provate a immaginare perché…
Non conosco le procedure legate alle adozioni nel ‘700, quindi
prendete tutto come una licenza letteraria. Se ne sapete più di me,
illuminatemi.
Forse vi ha sorpreso l’atteggiamento di André, che potrebbe
sembrarvi ooc… ma più ci pensavo, più lo vedevo comportarsi così con Danielle.
In fondo, lei è la gemella di Oscar, una facile tentazione per lui, che non si
risolve facilmente.
Ragazze, grazie sempre infinite per tutti i commenti, per
l’attenzione che prestare alla storia e per l’entusiasmo che mi dimostrate
leggendola. Spero che continui a piacervi, ma se per qualunque cosa non vi
convincesse, non esitate a lasciare le vostre impressioni che tante volte mi
sono state d’aiuto.
Un saluto e alla prossima… quando sarà. Ninfea