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Autore: Ninfea Blu    14/10/2012    15 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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15

15 – Rientro a Palazzo Jarjayes

 

 

 

Il viaggio fino a palazzo Jarjayes era durato poco più di due ore, ma a Oscar era sembrato molto più lungo e interminabile.

Si era ostinata a guardare fuori dal finestrino per gran parte del tempo, ma le era parso di sentire il peso dello sguardo del suo attendente per tutto il viaggio.

In realtà, la sensazione era solo frutto della sua suggestione, perché André aveva mantenuto l’atteggiamento naturale di sempre quando viaggiavano insieme, e seppur segretamente compiaciuto, per un po’ era riuscito a fingere una sorta d’indifferenza al mutismo di Oscar.

Anche lui aveva contemplato quasi assorto il panorama distensivo che offriva la campagna e solo di rado si era soffermato ad osservare la sua compagna di viaggio di sottecchi, domandandosi dove stessero volando i suoi pensieri, sperando che tornassero all’ alba incredibile che li aveva visti insieme.

Nessuno dei due avrebbe resistito in perenne silenzio fino all’arrivo, Andrè meno di Oscar, che fra i due, era sempre stato quello più loquace e ciarliero. Quindi, lui per primo decise di rompere il ghiaccio e provare a intavolare una conversazione qualsiasi, anche la più banale.

“Si torna a casa; immagino già mia nonna smuovere tutta la servitù per il tuo rientro, farà tirare a lucido tutto il palazzo, comprese le cucine!”

“Già…” fu la risposta laconica di Oscar.

Seguì un breve silenzio che sarebbe potuto diventare più lungo, se André non avesse capito che avrebbe dovuto tirarle fuori le parole a forza. Decise che si sarebbe divertito a farlo.

A costo di provocarla.

“Le vacanze sono sempre troppo brevi, non trovi Oscar? Ah, io sarei rimasto ancora volentieri a Villa Recamier… - e fu volutamente ambiguo sul senso della frase - sono stato davvero bene.”

Sorrise dei suoi stessi pensieri e osservò la sua reazione: gli parve che lo sguardo azzurro si adombrasse lievemente.

“Sì, immagino…”

Altra risposta laconica condita forse di una nota ironica.

“Tu no, Oscar?” Chiese lui in tono disinvolto con l’evidente intenzione di stuzzicarla.

“Benissimo direi, ma bisogna tornare alla vita quotidiana, quella vera anche se è un po’ meno bella e piacevole.”

André si rilassò contro lo schienale di velluto, stirando leggermente le braccia.

“Eh già, lo so. Si torna alle levatacce, ai cavalli da strigliare, alle ronde a Versailles, ma ci saranno bellissimi ricordi a tenermi compagnia: le passeggiate all’aria aperta, il profumo dei campi al mattino bagnati di rugiada, quello del pane appena sfornato, le piacevoli serate a bere del buon vino… - rise accarezzando ricordi ancora freschi – e altre cose che rendono dolce l’esistenza.”

Si accorse dell’occhiata fulminea e sgomenta di Oscar, ma lui finse di non notarla.

“Sono tutte cose che potrai ancora avere, anche a palazzo Jarjayes.” obbiettò con ovvietà.

“Sì, hai ragione Oscar. Sai, mi chiedevo: tu credi che Danielle verrà a farci visita?”

“Perché lo chiedi? Senti già la mancanza della mia audace gemella?”

André si accorse immediatamente del malcelato tono sarcastico, nascosto dietro un sorrisetto di circostanza, troppo simile a una leggera smorfia di disappunto.

“Non pensi di ricambiare la sua ospitalità?”

“Non ne sento l’esigenza.”

André le oppose un’espressione dubbiosa.

“Ce l’hai con lei per qualche oscuro motivo?”

Oscar rispose tornando a guardare con eccessivo interesse il panorama fuori dal finestrino.

“Non ce l’ho con lei, ma tu non sperare che venga a palazzo Jarjayes, non nell’immediato.”

“Non capisco che vuoi dire; parli come se la cosa dipendesse da me.”

“Sei tu che hai trovato il soggiorno a villa Recamier particolarmente piacevole. Ci dev’essere un motivo preciso se ora mi chiedi di Danielle…”

“Semplice curiosità, la mia. Pazienza. Ci sarà un’occasione per incontrarsi, prima o dopo…”

Oscar lo guardò fisso.

“Non mi sembra banale curiosità, tu vuoi rivederla… - Non era una domanda questa volta; era piuttosto una constatazione dal sapore amaro. Ad Andrè parve di sentire sulla lingua il gusto della delusione di lei che scendeva fin nel suo cuore. - Lei non verrà.” Proseguì Oscar quasi con durezza.

Andrè aggrottò le sopracciglia.

“Sembri molto sicura di questo, ma potresti sbagliarti clamorosamente.”

“Non sbaglio André. Danielle non verrà, rassegnati.” Rispose secca.

“Me lo stai ordinando?” chiese quasi incredulo.

“No, è solo un consiglio… poi, fai come ti pare.”

“Cioè, vorresti dire che sarei libero di rivedere Danielle, se volessi?”

Oscar non seppe trattenersi oltre: parlò alzando la voce di un paio di ottave.

“Se non temi di scatenare le ire di mio cognato, puoi anche correre il rischio, André, ma stai attento: perfino un uomo mediocre come Leopold di Recamier potrebbe diventare improvvisamente abile con la spada!”

“Aspetta un momento: tu hai paura… per me?”

“Ci sono tanti sistemi per far sparire qualcuno; l’ omicidio di un servo per mano di un nobile offeso non interesserebbe a nessuno, tranne che alla sottoscritta! Ma la vita è la tua e sei libero di gettarla alle ortiche!”

Era davvero arrabbiata; Andrè si domandò se non fosse andato troppo oltre con la provocazione. Ma percepì anche la sua paura e provò tenerezza per lei, per quello strano, contorto senso di protezione che inconsapevole manifestava.

Provò a placarla.

“Ho il sospetto che tu abbia preso un abbaglio, Oscar: non ho intenzione di correre inutili rischi, né di comportarmi in modo sconveniente, o offensivo verso tua sorella, suo marito o chiunque altro.”

“Nessun abbaglio André. È tutto fin troppo chiaro.” Esclamò d’impulso, prima di sporgersi con la testa verso l’esterno della carrozza.

“Cocchiere fermati! Voglio scendere!” Urlò per farsi sentire dal postiglione che tirò le redini per bloccare la corsa dei cavalli.

La vettura si arrestò nell’arco di pochi metri e prima che André potesse avere il tempo di capire le sue intenzioni, la donna era già saltata a terra richiudendo violentemente la portiera.

“Oscar ma che fai?”

“Cocchiere riparti!”

La carrozza si rimise lentamente in moto, distanziandola, mentre Oscar pareva intenzionata a proseguire la sua marcia a piedi. Andrè si sporse oltre il finestrino a fissarla vagamente contrariato e preoccupato: conosceva la sua testardaggine e sarebbe stata capace di camminare a piedi per chilometri.

“No! Cocchiere si fermi! Oscar ma…”

“Ho detto di andare avanti! Cocchiere non fermare la carrozza! È un ordine!”

La vettura ripartì nuovamente e André ordinò di mantenere un’ andatura a passo d’uomo.

Oscar testarda più che mai, camminava di fianco alla vettura un poco più indietro mantenendosi sul ciglio della strada. Andrè la seguiva con lo sguardo, in verità piuttosto indispettito dal suo strano atteggiamento.

“Ma cosa diavolo stai pensando di fare?”

“Non lo vedi? Ho bisogno di camminare un po’.”

Poteva sembrare un banale capriccio, piuttosto inconsueto per lei; non gli ci volle molto per capire che stava solo cercando un modo di sfogare la tensione che la opprimeva.

A casa si sarebbe sfogata incrociando la spada con lui.

“E pensi di andare a piedi fino a palazzo Jarjayes? È un bel pezzo di strada, ma forse in due giorni ce la fai! Non essere ridicola e sali in carrozza, Oscar.”

“NON TI AZZARDARE A DARMI ORDINI, ANDRE’!” Ruggì inviperita.

André restò in silenzio qualche minuto; doveva aspettare che si calmasse.

Prese un respiro profondo; se si fosse lasciato vincere dall’esasperazione avrebbe solo peggiorato le cose; la conosceva abbastanza bene da sapere che era meglio non opporre alcun tipo di resistenza. Quando l’ebbe distanziata di qualche metro, fece fermare la carrozza all’ombra di un gruppo di grossi alberi che delimitavano il ciglio della strada.

Scese a terra e attese sulla strada polverosa, appoggiato a braccia conserte alla ruota posteriore che lei lo raggiungesse.

“Per favore Oscar, sii ragionevole; sali in carrozza e cerchiamo di comportarci come persone di buon senso. Se qualcosa ti dà fastidio è meglio parlarne con calma…”

“Sei tu che non hai buon senso, André. Non potevi proprio evitare tutto questo pasticcio?” fece lei, lievemente stizzita.

“Posso sapere di cosa mi accusi?”

Oscar si avvicinò alla carrozza, ma prima di salirvi si girò a guardarlo.

“Questa mattina ti ho salvato per la punta dei capelli, André. Ma dovevi proprio infilarti nel letto di mia sorella? E non sforzarti di negare, tanto so già tutto.” Quindi montò in carrozza senza attendere una risposta.

André la seguì all’interno dopo aver intimato al cocchiere di ripartire.

“Non nego nulla, ma tu cosa credi di sapere di questa storia?”

“Questa mattina vi ho sorpresi insieme.”

André dovette sforzarsi di non riderle in faccia.

“Tu non sai niente, Oscar.”

“Allora, dimmelo tu come stanno le cose, André; che cosa ti ha promesso? Cosa ti aspetti che accada? È la moglie già troppo chiacchierata di un conte che gode di notevole prestigio a corte…”

“Ed è tua sorella: è questo che ti disturba così tanto. Vorrei sapere perché. Spiegami Oscar: perché non vuoi che io stia con lei? È un volgare problema di classi sociali, o c’è dell’altro?”

“Mi chiedi perché?! Ma rifletti un momento: credi che lascerà il marito, i suoi figli, i suoi privilegi per fuggire con te? Mia sorella è una ribelle, ma non ha tanto coraggio.”

 

E io? Ne ho forse più di lei?

 

André sorrise ambiguo.

“Non sono così ingenuo e non mi aspetto nulla del genere. E sul coraggio di Danielle, io non scommetterei: è capace di lottare per prendersi ciò che vuole. E adesso vuole me.”

A quelle parole tanto schiette, Oscar ebbe paura.

“Oh, André… E tu vuoi lei, fino a questo punto?”

“Ho bisogno di essere amato, come tutti. Ti sembra così strano, Oscar? Sforzati di capire come mi sento, ma forse da te pretendo troppo.”

A quel punto André abbassò la voce che divenne roca e profonda, e le rivolse uno sguardo intenso e bruciante che le penetrò fin dentro l’anima.

“Vuoi farmi credere, Oscar, che non ti sei mai sentita così, nemmeno una volta? Non hai mai sentito quel fuoco bruciarti dentro, come un dolore fisico? Se lo hai sentito almeno una volta, sai di cosa parlo.”

Oscar rimase in silenzio, disarmata e sconvolta da quelle parole, incapace di ribattere, mentre pensava al fuoco che stava divorando lei solo da poche ore. Quella stessa fiamma possente che vedeva bruciare negli occhi verdi e bellissimi del suo amico.

Sospirò arresa, senza sospettare che quella fiamma bruciava per lei.

“Ah, ti prego, non voglio continuare ora questa conversazione. Il viaggio è ancora abbastanza lungo è voglio provare a rilassarmi un po’, se non ti dispiace.”

“Come vuoi tu, Oscar. Ma dovremmo riparlarne.”

La donna incrociò le braccia, sprofondò contro il sedile della carrozza e si girò dalla parte opposta, tirando le tendine.

Il resto del viaggio proseguì in un silenzio pesante fino a casa.

 

 

 

***********

 

 

 

 

Erano rientrati a palazzo Jarjayes da qualche giorno.

Oscar aveva ripreso immediatamente servizio a corte e faceva in modo che Andrè la seguisse a tutte le ore e in ogni circostanza, dalle esercitazioni militari, ai balli organizzati dalla regina fino a tarda notte.

Non gli concedeva mai troppo tempo libero e se le balenava il sospetto che il suo attendente stesse pensando a Danielle, lo distraeva coinvolgendolo in un’attività qualunque; un duello con la spada, una cavalcata, un lavoro da fare nelle scuderie. Per paradosso, era lei che non riusciva a distrarre i suoi pensieri dal ricordo di quell’alba passata con lui.

In realtà aveva il terrore che potessero vedersi di nascosto, e faceva di tutto perché ciò non accadesse, mentre il pensiero della sorella e André appartati come due amanti clandestini le procurava delle fitte di acuta e dolorosa gelosia.

 

-            André ci sono i cavalli da lavare e strigliare!

-            Svelto André, prendi la spada, dobbiamo allenarci…

-            André ricordati che devi curare la manutenzione delle carrozze…

 

Il giovane aveva il sospetto che facesse apposta ad essere così esigente, ma era il suo lavoro e non si tirava indietro, aspettando il momento buono per affrontarla a viso aperto.

Circa due giorni dopo il loro rientro a casa, il conte di Fersen era venuto a farle una visita inaspettata.

Il conte li aveva interrotti in giardino, durante un acceso allenamento con la spada che li stava coinvolgendo nel corpo e nello spirito, tra sguardi diretti, battute provocatorie e scontri fisici manifesti e ricercati. Spade in pugno, si erano annusati e misurati come avversari pericolosi.

Il pericolo però era di diversa natura.

 

-            Dimmi la verità, André: preferiresti andare a servizio a Villa Recamier? Mia sorella ti affiderebbe mansioni assai diverse…

-            Vuoi provocarmi, Oscar?

-            Forse… potrei sorprenderti, signor avventuriero...

-            Ora sei ingiusta: potresti restare sorpresa tu, mia bellissima amica…

-            Vuoi giocare con me, André? Potrebbe piacerti…

-            Oh, lo sai che non mi tiro mai indietro… cominciamo?

 

Durante la danza dei corpi sull’erba, nel clangore delle spade, vicinissimi, con le braccia tese sopra la testa, gli sguardi avevano indugiato in una sfida muta, per un lungo minuto, mentre Oscar si perdeva a seguire il profilo morbido di quelle labbra, tornando con la mente a quello che era accaduto tra loro nella stanza di Danielle. Le bocche troppo vicine, i respiri caldi e affannati sul viso, la tentazione si era scatenata per entrambi.

Ed era stato più forte di lei immaginare quali fossero i pensieri di André, che ricambiava il suo sguardo con la stessa intensità sconcertante. Pensieri della cui natura lei non aveva alcun sospetto.

 

Stai pensando a lei, André? Non lo fare… 

Ero io.

Ero io la gemella che tenevi tra le braccia, quella che baciavi con tenera passione. 

La stessa passione che intravedo perfino ora nei tuoi occhi.

E tremo di rabbia se penso che non bruciano per me, e per assurdo, forse stai pensando proprio a me, e non lo sai. Vorrei concludere questo duello, stringerti all’angolo senza difese, afferrarti la nuca e costringerti a baciarmi. Ti divorerei per questa fame che sento.

E allora, riconosceresti il vero sapore delle mie labbra? O le confonderesti con le sue? 

Non voglio che pensi a Danielle…

Dimenticala, ti prego…

 

 

Il conte di Fersen era arrivato in quel momento a rompere lo strano conturbante scontro; Oscar lo aveva accolto con gentilezza, una maschera del lieve imbarazzo per quella insolita intimità violata, ma senza provare quella strana ansia che la sommergeva ogni volta che incontrava lo svedese.

“Ottima prova di abilità, come sempre. Madamigella Oscar, sono venuto a salutarvi…” esordì il conte andandole incontro sull’erba, interrompendo il sensuale duello tra i due contendenti.

André abbassò la sua arma, si fece da parte e si ricompose in meno di un minuto.

Prese le spade e con discrezione seguì Oscar e il conte che entravano in casa.

Si fermarono in salotto dove Oscar offrì al suo ospite del vino della sua cantina.

“È stata vostra sorella a dirmi che eravate tornata presso la vostra dimora. Le avevo scritto un breve biglietto chiedendole di voi, pensando che foste ancora ospite a Villa Recamier.”

“Sono rientrata solo da qualche giorno, Fersen. Cosa vi porta da me?”

Chiese versando del vino bianco in due bicchieri di cristallo che André aveva posato sul tavolo davanti a loro. Il tono era formale e distaccato, ma il conte non parve notarlo.

“Ecco, volevo rivedervi e salutarvi un’ ultima volta, prima della mia partenza per l’America. Mi imbarco tra una settimana con le truppe del generale La Fayette.”

“In America? Ma laggiù c’è la guerra, Fersen. Perché volete andare così lontano e mettere a repentaglio la vostra vita?” domandò Oscar con sincera preoccupazione, mentre André si allontanava silenzioso dalla sala.

“Perché se resto in Francia, finirò per danneggiare solo la regina Maria Antonietta. In questi ultimi giorni ho riflettuto su molte cose che mi sono accadute di recente; stavo per compiere un errore irreparabile, un’ azione di cui non sarei stato orgoglioso Oscar, una leggerezza che avrebbe fatto soffrire la stessa regina. Ho già esposto troppo Sua Maestà allo scandalo; la simpatia che mi ha accordato mette in cattiva luce la sua persona, ma non posso rischiare di comprometterla ulteriormente col mio comportamento sconsiderato. Se restassi qui succederebbe esattamente questo e io, proprio perché le voglio bene, devo fare di tutto per evitarlo.”

Oscar intuì tutto, ma finse di non capire il vero significato di quelle parole che riguardavano anche lei.

“Non so esattamente a cosa vi riferite, ma siete sicuro che non esista un’altra soluzione? Potreste tornare in Svezia, per esempio.”

“No Oscar, mi verrebbe presto la tentazione di tornare qui, sono un uomo troppo debole. - Fersen portò il bicchiere alle labbra; ne bevve il contenuto in un sorso, prima di proseguire. - Io devo andare lontano… molto lontano. Credo di non avere altra scelta. Affido la regina alle vostre cure, Oscar…”

“Le spezzerete il cuore, Fersen…” constatò lei con tristezza, consapevole che quella notizia, solo poco tempo prima e in altre circostanze, l’avrebbe ferita.

Fersen emise un sospiro che sapeva di rassegnazione penosa.

“Avrei un ultimo favore da chiedervi, madamigella, e solo voi potete aiutarmi.”

“Ditemi pure...”

“Portate le mie scuse a Madame Recamier: credo di averla molto delusa al ballo. Mi sono preso delle libertà eccessive… che forse l’hanno offesa. Non era nelle mie intenzioni; diteglielo, vi prego… Rassicurate la contessa che troverà sempre in me, un amico sincero.”

Oscar fu colta da autentico stupore.

“Ma certo, non abbiate timore, Fersen.”

 

Alla fine della conversazione, il conte aveva posato il bicchiere vuoto sul tavolo e si era alzato per andarsene.

Andrè era ritornato mentre Fersen si allontanava verso l’ingresso del palazzo.

“In America… certo che è lontano. – Disse con voce incolore. - Non desideri rivederlo un’ultima volta, prima della sua partenza?” le domandò, per sondare il suo cuore.

Oscar guardò il suo attendente con un’ espressione imperturbabile.

“No. Spero che riesca a tornare sano e salvo.”

Rispose sicura, ma senza particolare slancio. Dopodiché si allontanò, lasciando in Andrè una profonda sensazione di sollievo.

 

 

*******

 

 

 

Mia sorella e André avevano lasciato la mia casa già da qualche giorno; senza reali motivi per restare oltre nella tenuta di campagna, io ero tornata a Parigi.

Non trovai Leopold, partito non sapevo per dove; probabilmente aveva raggiunto la sua amante.

Avrei voluto concentrarmi su altro, ma stavo ancora cercando di realizzare l’estrema portata della mia più recente scoperta.

Avevo assalito Ninette con mille domande sulla bambina - una figlia, dunque - sulla madre che non avevo capito chi fosse, su madame Lisette De Marchard e il suo ruolo, e su mio marito.

Ma la mia cameriera non aveva saputo fornirmi dettagli più precisi sulla faccenda.

Alla fine, sapevo solo che Lisette si era fatta carico della creatura – era lei la madre? - e immaginai che la sua improvvisa partenza da Villa Recamier fosse a causa della piccola bastarda.

Ma la cosa che mi aveva sorpreso di più era stato l’atteggiamento di Leopold. Sapevo di tanti uomini facoltosi e importanti, che nella stessa situazione abbandonavano al loro destino la loro amante e il frutto della loro passione peccaminosa; mio marito, no.

Lui non fece nulla di simile.

Sentiva dunque, il peso della sua responsabilità?

Oppure la sua amante lo teneva in scacco, in qualche modo poco ortodosso?

Sembrava che questa figlia avesse un’importanza estrema per lui, quasi l’amasse più dei figli legittimi che gli avevo dato io.

Era qualcosa che non riuscivo a concepire.

Mi pareva un’ offesa verso i miei figli, a cui Leopold aveva concesso sempre poco del suo affetto e scarse attenzioni, forse per dispetto nei miei confronti.

Potrà sembrare contraddittorio, ma provavo un profondo risentimento per mio marito, per quell’inganno che giudicavo perpetrato ai miei danni, tradita nel mio orgoglio ed esposta al ridicolo e all’umiliazione se fosse scoppiato uno scandalo.

Avevo sempre tollerato le avventure del mio consorte, finché erano distanti e lontane dalla mia esistenza, perché anche in quell’ipocrisia che era la nostra vita matrimoniale, evitavamo di comprometterci in situazioni difficili oltre che scomode.

Ma una simile vicenda rimetteva tutto in discussione.

E io dovevo sapere la verità.

Dovevo sapere chi era questa figlia, dove era nascosta, chi era la madre, questa donna misteriosa che si era insinuata così tanto nella vita di mio marito, e cosa avrebbe potuto rivendicare per sé: titoli, potere, denaro. Vicende che avevo già visto accadere troppe volte dentro i palazzi della buona società. Vedevo già l’ombra del ricatto a cui non avrei mai voluto cedere, allo scopo di ottenere favori dalla famiglia Recamier.

Spedii un mio messo sulla tracce del conte di Recamier, alla ricerca di prove o documenti compromettenti. Pochi giorni e il messo tornò dopo aver parlato con vari testimoni, ufficiali giudiziari e pubblici, tra cui il giudice che aveva avallato l’adozione e il notaio che aveva autenticato il certificato firmato da mio marito.

“La bambina è stata ufficialmente riconosciuta da vostro marito, madame: ora porta l’illustre nome dei Recamier. Però non mi è stato possibile scoprire dove sia e non si sa nulla della madre, la cui identità è stata mantenuta segreta. I documenti devono essere nelle mani di vostro marito, che li custodisce gelosamente.”

“Di madame Lisette De Marchard cosa mi potete dire? Potrebbe essere lei la madre della bambina?”

“Forse, ma non è detto.  Sappiamo solo che a suo tempo, il conte di Recamier pagò molti dei debiti che gravavano sulle terre e proprietà della famiglia Marchard.”

“Debiti, avete detto?” chiesi costernata.

“Sì, signora contessa. Più che altro, ipoteche sui beni immobili di famiglia. Una cosa abbastanza nota a molti, pare.”

“Oh! E perché io non ne sapevo niente?”

“Non lo so, signora contessa.”

Congedai il messo.

Dovevo avere quei documenti. Era una questione troppo intima e delicata, dovevo occuparmene personalmente.

Il mistero si infittiva sempre di più e tutto pareva una massa ingarbugliata impossibile da sciogliere, ma ne sarei venuta a capo. In qualche modo.

 

Avevo bisogno di chiedere aiuto ad una persona fidata e non mi venne in mente nessuno all’infuori di Oscar. E fu così che andai da lei.

Lungo il tragitto che da Parigi portava a Palazzo Jarjayes, non potei fare a meno di pensare che stavo per rivedere André.

Avevo avuto poco tempo di pensare a lui, presa dagli ultimi accadimenti, ma ora il ricordo delle ultime ore passate insieme, mi tornava alla mente con prepotenza; se col pensiero sfioravo le immagini della notte in cui avevo tentato di sedurlo, sentivo un fremito scorrere sotto la pelle e accendermi un fuoco doloroso dentro il petto che, nonostante tutto, non riuscivo a spegnere. Non avevo smesso di desiderarlo, di volere il suo amore per me e non ero certa di volermi arrendere, perché ero ancora convinta che Oscar non fosse capace di amarlo.

Avrebbe dovuto smentirmi lei stessa, cosa che non aveva ancora avuto il coraggio di fare.

Quando la mia carrozza si fermò davanti all’entrata del palazzo, la vecchia governante venne ad accogliermi.

“Cara Nanny, devo immediatamente vedere mia sorella, è in casa?” dissi, avanzando spedita verso l’ingresso, mentre la governante mi correva dietro cercando di mantenere il mio passo.

“Vostra sorella non è ancora rientrata da Versailles, ma sarà qui a momenti.”

“Bene aspetterò. Non c’è neppure tuo nipote?” continuai sfilandomi i guanti che posai su un mobile dell’ingresso. Davanti alla specchiera posta alla parete, sfilai le forcine che trattenevano il mio elegante cappello piumato.

“Andrè è con lei, la segue ogni momento, ultimamente. Sembra quasi che le sia diventato indispensabile. Oh, quei due ragazzi io non li capisco più, e anche Oscar è molto strana, da un po’, più inquieta del solito. Tutta colpa del generale, vostro padre!” Borbottò con veemenza e io risi sinceramente della sua ultima esternazione.

“Non cambi mai Nanny: non perdonerai mai mio padre per aver allevato mia sorella come un uomo.”

La vecchia Nanny non aggiunse altro, scosse la testa sconsolata e tornò dritta verso le cucine.

 

Speravo di avere un momento per parlare da sola con André, ma non sarebbe stato facile con Oscar nei paraggi.

Non attesi molto, comunque.

E contrariamente a quanto mi sarei aspettata, fu André il primo che incontrai.

Entrò nella piccola camera dove stavo aspettando il ritorno di Oscar. Fu quasi sorpreso di vedermi, e non potei ignorare il balzo che fece il mio cuore nel petto, appena lo vidi comparirmi davanti.

“Danielle, immaginavo che fossi tu. Ho visto la carrozza qui fuori.” Esordì con un sorriso meraviglioso che ricambiai in modo spontaneo.

“Ciao, André. È bello rivederti.”

“Sono felice anch’io d’incontrarti di nuovo. Come mai sei venuta?”

“Beh, il vero motivo è che oggi sono qui per parlare con Oscar.”

Mi guardò solo un attimo, incerto.

“Non l’hai ancora vista? Ha lasciato le scuderie prima di me; forse è stata bloccata nello studio del generale per una questione che riguarda le nuove nomine delle guardie reali.”

Mi alzai dalla poltrona e vi avvicinai a lui con l’impulso di abbracciarlo, ma mi trattenni dal farlo.

“Mi sei mancato, sai? Ho bisogno di parlarti; possiamo vederci più tardi, da soli?”

“Ma hai appena detto che vuoi parlare con Oscar…”

“Sì, ma devo parlare anche con te: ci sono alcune cose che ti devo dire.”

“Danielle, io non so se…”

“Ti prego! Ti prego, André, non dirmi di no; è importante.”

“Che cosa è importante?”

La voce di Oscar venne a interromperci in quel momento. Mia sorella entrò nella sala e io sperai che non avesse sentito tutto. Notai l’occhiata torva che lanciò al mio indirizzo, prima di puntare lo sguardo su André per spostarlo poi, di nuovo, su di me.

“Parlavo della richiesta che sono venuta a farti, oggi – le dissi decisa, - ho bisogno che tu mi faccia un grosso favore.”

“Che genere di favore?” mi chiese Oscar, accomodandosi in poltrona davanti a me. Io feci altrettanto. Solo André era rimasto in piedi, vicino alla parete ad osservarci.

“Vorrei tu facessi delle indagini per mio conto; ho bisogno della massima discrezione. Si tratta di trovare una persona.”

Oscar mi scrutò con attenzione, mentre io iniziavo a tradire un po’ di nervosismo.

“Sarà meglio che mi racconti tutto dall’inizio; ho bisogno di avere maggiori informazioni possibili. Chi è questa persona? Perché la stai cercando?”

Le raccontai tutto senza omettere alcun dettaglio. Le parlai della conversazione tra Leopold e la sua amante, sentita da Ninette, delle ricerche che avevo fatto fare per trovare le prove del tradimento di mio marito e dell’esistenza della bambina.

“Vorrei che tu trovassi questa donna e sua figlia. Voglio sapere chi sono e dove sono. – Mi alzai dalla poltrona, camminando avanti e indietro. - Voglio far annullare il riconoscimento. E voglio sapere quanto madame Marchard è coinvolta in questa storia; potrebbe essere lei la madre della piccola.”

“Non capisco perché tu abbia bisogno di me per fare questa cosa; potresti arrangiarti benissimo da sola. E se anche tu trovassi la bambina, che penseresti di fare? Vuoi allevarla tu? Non stai pensando di farla sparire, vero?”

“Oh, Dio Oscar! Certo che no! – Protestai inorridita. - Io voglio solo proteggere i miei figli e tutelare il prestigio della famiglia Recamier e il mio buon nome, quello dei Jarjayes. Non voglio che in futuro, una bastarda qualunque possa a venire a reclamare per sé dei diritti. Non permetterò mai che il nome dei Recamier venga associato a uno scandalo simile, e tu dovresti aiutarmi Oscar. È anche nel tuo interesse.”

“Quanta veemenza, Danielle. Peccato che non sempre il buon nome della famiglia sia tra le tue priorità, – ironizzò. - Comunque, io preferirei non essere coinvolta nelle tue beghe famigliari; non ti serve il mio aiuto, qui. Devi solo pagare un buon investigatore che faccia il lavoro.”

“Ti prego Oscar, ripensaci; mi fido solo di te. Non voglio affidarmi ad un estraneo per una faccenda tanto delicata.”

“Ma, non lo so… - mia sorella si portò una mano alla tempia continuando ad esitare. – Conosci già le intemperanze di tuo marito, e tu non sei meglio di lui come esempio di fedeltà. Non capisco perché prendi tanto a cuore questa vicenda.”

Notai l’occhiata critica che rivolse ad André che manteneva il silenzio.

Parlai con calma e fermezza.

“Io non ho messo al mondo dei figli illegittimi, trascinando mio marito nella vergogna. Ti prego Oscar, aiutami a trovare quella bambina. Non ti chiedo altro e non dovrai fare altro che reperire informazioni che poi mi comunicherai. Affronterò io quella donna e le sue pretese.”

Finalmente la convinsi.

“Va bene, ti aiuterò. Sei pur sempre mia sorella. Scoprirò dove si trovano la madre e la bambina e te lo dirò, ma non farò nient’altro.”

La ringraziai.

Ero pronta per andarmene, ma non volevo farlo senza prima parlare con André.

Dovevo vederlo. Da sola.

Con una scusa andai nelle cucine da Nanny; allontanai le sguattere e chiesi alla governante, in via riservata, di mandare il nipote da me, senza far sapere nulla a Oscar. Non mi preoccupai della sua espressione perplessa, ma le ribadii con fermezza la mia richiesta.

“Hai capito, Nanny?”

“Certo madame. Farò come volete voi.”

Avrei atteso in carrozza all’esterno della tenuta.

Sostai una decina di minuti all’ombra del fogliame degli alberi che crescevano sulla strada; André arrivò a piedi e quando fu vicino alla carrozza, gli chiesi di salire in vettura, perché nessuno ci vedesse. Tirai le tendine come ulteriore precauzione.

“Che cosa c’è Danielle? Perché hai voluto vedermi?”

“Continui a far credere a Oscar che io e te abbiamo una relazione. Invece, tra noi non c’è niente… e Dio sa quanto vorrei che ci fosse.”

André sospirò.

“Danielle, ti prego; non fare così…”

“Ho dei sentimenti, non posso soffocarli. Dovresti capirlo. E tu così mi stai usando; non lo trovo giusto. – Continuai di fronte al suo silenzio. - Intendi continuare a mentire a lungo, André? Come credi che reagirà quando scoprirà la verità? Così rischi di perderla per davvero.”

“Mi dispiace, Danielle. È un rischio che devo correre, perché lei capisca. Se fallirò, almeno avrò tentato. Come prima, non potrei andare avanti; non sono più disposto a soffrire in silenzio, mentre un altro uomo ruba il cuore di Oscar.”

Nel suo tono c’era insofferenza, forse stanchezza.

Mi avvicinai di più a lui, accostando il mio viso al suo, sfiorandolo con una mano; i nostri occhi s’incontrarono e mi parve di leggere nel suo sguardo verde un’ ombra d’incertezza.

“Ma a quale prezzo. Potresti ritrovarti con un pugno di sabbia in mano. Insegui lei, e potresti avere me. Totalmente. Senza condizioni. Cancellerei la tua sofferenza. Io ti amo, André. Ti amo come non immagini.” Confessai per l’ennesima volta.

Non resistevo più.

Quando lo baciai, André esitò solo un momento, prima di abbandonarsi con trasporto al mio bacio; sentii le sue mani accarezzarmi il viso, le braccia avvolgermi e io mi aggrappai a lui, vinta dall’ardore che mi assaliva.

Quando le nostre labbra si separarono, le sue braccia continuavano a stringermi convulse.

“Oh André, caro. Potremmo essere felici se tu volessi. Possiedi già la mia anima.” Bisbigliai sulla sua spalla vicina al suo orecchio, mentre i suoi ciuffi ribelli mi solleticavano la pelle.

“Oh, Danielle, faccio una fatica immensa a lasciarti andare. Sei così bella, così donna. Se Oscar avesse solo un grammo del tuo coraggio…” Si separò da me bruscamente e in quell’ attimo forse qualcosa si strappò dentro di me.

“Ma no. Non posso, per quanto io senta di desiderarti. Ti prego, non insistere ancora.”

Prima che potessi sperare di trattenerlo, era già sceso dalla carrozza lasciando vuote le mie braccia del suo corpo.

“André, no! Per favore, resta. Aspetta!” Lo implorai inutilmente, sporgendomi oltre il finestrino.

“Vai a casa, Danielle. –  Afferrò una delle mie mani che tendevo verso di lui e la baciò con devozione. – Vai a casa, ti prego.”

“André!”

“Va via, Danielle.”

Profonda amarezza in poche parole.

Rimase fermo vicino agli alberi, a guardarmi con una strana espressione triste, mentre la carrozza si allontanava dondolando lungo il sentiero. Sentivo le lacrime salire ai miei occhi mentre il dolore aggrediva il mio animo in un modo tale, che non avrei creduto possibile soffrire di più.

Non sapevo ancora, che nonostante tutte le mie accortezze, il nostro incontro non era passato inosservato; Oscar, nascosta tra la fitta boscaglia, aveva visto il suo attendente salire e scendere dalla mia carrozza. Era quanto bastava ad alimentare ulteriori sospetti in lei, oltre la sua formidabile, pericolosa gelosia.

 

 

Continua…

 

 

Eccomi qui, non ci speravate più, eh?

Invece torno a tormentarvi con questa storia.

Il titolo è un po’ banalotto, ma non mi veniva in mente altro.

In questo capitolo non succede nulla di eclatante – a parte Fersen che finalmente lascia definitivamente la mia storia - e allo stesso tempo, da qui prendono il via tutta una serie di cose che scateneranno gli eventi successivi. Voglio farvi una piccola anticipazione e vi dico che già il prossimo cap. potrebbe essere col botto.

Provate a immaginare perché…

Non conosco le procedure legate alle adozioni nel ‘700, quindi prendete tutto come una licenza letteraria. Se ne sapete più di me, illuminatemi.

Forse vi ha sorpreso l’atteggiamento di André, che potrebbe sembrarvi ooc… ma più ci pensavo, più lo vedevo comportarsi così con Danielle. In fondo, lei è la gemella di Oscar, una facile tentazione per lui, che non si risolve facilmente.

Ragazze, grazie sempre infinite per tutti i commenti, per l’attenzione che prestare alla storia e per l’entusiasmo che mi dimostrate leggendola. Spero che continui a piacervi, ma se per qualunque cosa non vi convincesse, non esitate a lasciare le vostre impressioni che tante volte mi sono state d’aiuto.

Un saluto e alla prossima… quando sarà. Ninfea

 

 

 

 

   
 
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