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Autore: Heart InRussia    14/10/2012    1 recensioni
C'é qualcosa in noi che non potrà mai spegnersi del tutto
C'é qualcosa in noi che dobbiamo tener sempre acceso perché ci accompagna avanti
Qualcosa che abbiamo nelle vene, nelle mani e negli occhi.
E'il desiderio di vivere, anche quando tutto ciò che é intorno muore.
You may not understand
You could think everything is as you said
If you still think this way
Baby you should see the underworld.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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C’era un motivo se da sei mesi i suoi sogni erano più tormentati che mai e se viveva sulla terraferma.

Erano sei mesi che se ne era andata di casa.

Sei mesi che era iniziato l’unico tentativo di fuga che aveva.

Sei mesi che al tempo la separavano dal suo compleanno.

Era la principessa del regno di Agaer, l’ultima della dinastia; e da tempo immemore, da moltissime generazioni, nel castello era conservata una profezia che la riguardava e la predestinava come davvero ultima.

Perché quando fosse nata una Agart dalla coda rossa, i capelli castani, semi sirena e semi umana, la sua dinastia sarebbe morta con lei. L’ultimo Kossig avrebbe posto fine alla dinastia Agart, era scritto.

Poiché il popolo del regno di Chaos viveva sulla terraferma (confinante al regno di Agaer, in superificie anch’esso) anche lui aveva forma umana ma come ogni creatura di sangue reale poteva trasformarsi in creatura acquatica.

Ma c’era un “ma” a tutto ciò. Non scritto nella profezia (e infatti nessuno ci contava più di troppo) ma che costituiva una speranza ed erano quei diciott’anni, l’età a cui avrebbe assunto i poteri che spettavano ai reali Agart, come ad esempio la capacità di non essere più visibile o di uccidere un nemico…. E lì sarebbe stato davvero difficile prenderla.

Doveva puntare a quello, a guadagnare tempo, a rimanere viva per i due mesi che la separavano dal compleanno. Intanto era scappata di casa ed era un inizio: i suoi familiari non avrebbero saputo la sua meta, questo era il patto, per non confessare nulla quando lui sarebbe arrivato al castello; né lei avrebbe dovuto informar loro, o farsi sentire.

Entro qualche giorno sarebbe partita ancora, per non rimanere mai troppo a lungo nello stesso posto: ma dove sarebbe andata?

Andò alla finestra e lasciò vagare lo sguardo per le colline lontane, illuminate dal sole di mezzogiorno. Come si sarebbe mossa? Mancavano miglia e miglia per arrivare al centro abitato più vicino ma lei doveva assolutamente arrivarci. Doveva scappare.


Era furioso. Semplicemente furioso. “Sparita”? “Assente dal castello”? Le parole riferitegli gli rimbombavano nella testa. “Fuggita” pensava, fuggita chissà dove.

Mancava un mese e mezzo, sei settimane e non aveva idea di dove fosse. Ma non ci stava, che quella illusa non pensasse che scappare da lui fosse abbastanza per salvarsi la vita! Sentì crescersi dentro una tale rabbia, un tale odio per quella schifosa, che se l’avesse avuta davanti non solo l’avrebbe uccisa seduta stante, ma l’avrebbe ammazzata nel peggiore dei modi. Come osava?

“Cosa facciamo, principe”?

Il funzionario gli stava ancora davanti, aspettando un ordine. L’avrebbe mandata a cercare, ecco cosa avrebbe fatto. “Invia i Korenn”.

Quella notte si sarebbe recato lui stesso al castello degli Agart. Che non pensassero di passarla liscia. Dovevano soffrire.

Chiuse gli occhi cercando di calmarsi, di ricomporsi: e quando li aprì qualcosa al di là della finestra attirò la sua attenzione. Qualcosa che la fece sorridere.

Il mercato! Adorava quel mare di colori e sapori, quel fondersi di voci e dialetti. Si coprì i capelli con uno sciallo e uscì frettolosa dalla camera, scese velocemente le scale e iniziò a percorrere le vie di quel borgo, fondendosi nella folla. Una passeggiata tra le bancarelle le avrebbe schiarito le idee e magari avrebbe potuto comprare qualcosa per la cena.

Cinque ore dopo, a pomeriggio inoltrato, stava ancora girando per i banchi, tenendo in mano il suo pranzo e la sua cena, ovvero una mela. Quando si ha ancora un mese e mezzo di autonomia in cui mantenersi con quel che è rimasto dei soldi ricevuti, bisogna adattarsi a una dieta piuttosto povera.

Sarebbe andata avanti ancora un po’ a camminare per le vie lasciando vagare i suoi pensieri e sentendosi come una diciassettenne normale se un ragazzo non le si fosse parato davanti.

“Julia!” esclamò entusiasta. Lo squadrò e subito non le ispirò fiducia, per due motivi: innanzitutto non l’aveva mai visto prima e inoltre lei non si chiamava Julia.

“Mmm no, non mi chiamo così… Credo che tu abbia sbagliato persona” Disse e cercò di proseguire.

“Ma sì che sei tu!-replicò lui non lasciandola passare e continuando a sorridere. Un sorriso falso, impostato- Non ti ricordi di me? Forse non mi ricordo il tuo nome ma-“

“Smettila, non ti ho mai visto prima”

Lui si faceva sempre più vicino, lei poteva chiaramente guardarlo in faccia e fissare un paio di bugiardi occhi blu. “Forse allora mi sono sbagliato… Ti prego di scusarmi. Come ti chiami?”

Non le piaceva, non le piaceva per niente. Dove voleva arrivare?

In quel mentre un ragazzo dai capelli grigi (il dettaglio la colpì tantissimo) gli passò di fianco e diede a lui una gomitata. Il tipo dagli occhi blu sembrò riprendersi. “Ah si si ho capito con chi ti ho confuso! Scusami, scusami tanto!” Si girò e prese a correre dietro il ragazzo di prima, o almeno così le sembrò per un attimo.

Chiedendosi che razza di gente stava tra il popolo, sospirò e fece per infilarsi la mano sinistra in tasca per prendere i soldi necessari a comprare un’altra mela. Le era venuta fame. E fu allora che notò che i soldi non erano in tasca. Il ragazzo dai capelli grigi…. “EHI!” Gridò e iniziò a correre nella direzione dei due ladri. Se solo avessero saputo chi fosse…


Li vedeva, in fondo alla strada e accelerò. Non che potesse essere veloce come loro, ma capì dove stavano andando. Al fiume! Quella strada conduceva solo lì… non era l’unica in realtà, lei conosceva una scorciatoia. Svoltò a destra sperando con tutta se stessa di beccarli.


**

Lui e Takao ormai stavano rallentando, certi di averla lasciata chissà dove nella folla, probabilmente ancora inconsapevole di cosa fosse successo. Gli mise i soldi in mano. “Tutto sommato, un bel gruzzolo” mormorò il compagno che ora mentre camminavano, stava iniziando a contare il bottino.

“ Sì- confermò- possiamo ritenere di aver lavorato bene per oggi”

Ho lavorato, intendi! Sai che fatica a distrarla? Comunque quel che conta è il risultato, giusto? Guarda che roba”

Guardò le monete in mano all’amico. Effettivamente ne era valsa la pena…

“Sì però ora rimetti tutto dentro. Non è il massimo girare con soldi in mano…”

“Ti assicuro- disse qualcuno davanti a loro-che a volte anche tenerli in tasca non è il massimo.”

Alzarono il viso e videro la stessa cosa. Anzi la stessa ragazza. Ecco, questo non se lo aspettava. “Scappa” Sussurrò Takao.

*

A chi avesse guardato la scena dall’esterno, sarebbe parsa abbastanza inverosimile.

I due ragazzi correvano inseguiti da lei, che pur non riuscendo ad avvicinarsi a loro, più veloci, non li perdeva mai di vista. Per fortuna che aveva un buon fiato e che riusciva a stargli dietro.

Finchè tutti e tre non udirono la stessa cosa. Un suono di tromba. Delle urla.

“I Korenn! I korenn!!” Il grido arrivò forte e chiaro alla ragazza, che credette di morire. Non poteva essere.

Doveva scappare e subito!

Guardò spaventata i due ladruncoli, trovandosi improvvisamente loro complice. Ci fu un istante di smarrimento e poi il ragazzo dagli occhi blu, quello che l’aveva fermata, sussurrò: “Andiamo!” e ripresero a correre.

E mentre fuggiva con quanta forza aveva in corpo, ripensava a cosa stava succedendo: i Korenn erano individui dell’esercito Kossig… Spietati, crudeli, l’incarnazione del peggio che potesse venire in un borgo come quello. Cosa ci facevano? Nel suo regno poi…. Perché non erano nella terra di Chaos?

Era a conoscenza di rare incursioni loro nel regno di Aagar per fare bottino e seminare scompiglio. Ma ora le sembrava strano. Che la stessero cercando?

Se solo l’avessero vista… cercò di non pensarci e continuò a seguire i ragazzi davanti.

Attraversarono l’ultima parte della città e continuarono a correre finché non si trovarono davanti al fiume.

Pensava che finalmente si sarebbero fermati, dato che non c’erano più vie da percorrere, ma per sua fortuna uno dei due vide una carrozza che procedeva lentamente. “Lì!” gridò.

Raggiunsero il veicolo, aprirono lo sportello e si fiondarono dentro. “Accelera! Accelera!” Gridò Occhiblu incurante del fatto che era entrato dove non avrebbe assolutamente dovuto e che non aveva ancora guardato chi vi era. I cavalli, spaventati, iniziarono a correre con terrore del cocchiere e di tutti i presenti, tranne dell’unico legittimato a stare in quella carrozza. Il suo proprietario.


  
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