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Autore: flors99    15/10/2012    28 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Ehm… Ehm… Eh… Uhm…Cominciamo dai convenevoli… ciao! Come va? Ah! Ok, no, uhm .questo approccio non va bene, sento già l’eco dell’orda inferocita… Eheh… Ebbene… comincerei col dirvi che… che… se mi uccidete non potrete leggere il seguito! Sono furba io, eh? xD
Mi dispiace così tanto! Mi sento uno schifo, questo è stato senz’altro il ritardo più lungo che io abbia mai fatto, non…non trovo le parole per insultarmi! Se avrete ancora voglia di leggere questo capitolo e di ascoltare le mie patetiche giustificazioni, mi trovate giù :(

 
 



 
 
 
Hermione aveva immaginato tante volte come dire a Harry o a Ron la verità.
 
Ci aveva pensato così tanto che era rimasta sveglia intere notti, in preda all’insonnia, riflettendo su quelle parole che non sembravano mai essere giuste o adatte da dire. Ci aveva riflettuto così costantemente che spesso Ginny l’aveva sorpresa con gli occhi sospesi nel vuoto, fissi su una qualsiasi nuda parete all’interno del castello, talmente concentrati da non vedere niente, neppure ciò che veniva posto loro davanti.
 
Hermione aveva immaginato tante volte come dire a Harry e a Ron la verità.
 
Mille ipotesi e possibili soluzioni si erano srotolate nella sua testa in quel lungo periodo, ma mai nessuna sembrava essere adeguata alla situazione; aveva provato più e più volte a creare discorsi, ma tutto quello che era venuto fuori erano una serie di frasi sconnesse, che prevedevano per lo più borbottii e mugugni.
 
Hermione aveva immaginato tante volte come dire a Harry e a Ron la verità.
 
Ma mai aveva immaginato questo.
Mai avrebbe potuto prevedere la comparsa di Ron durante la sua discussione con Draco, il suo viso stravolto e confuso, gli occhi pieni di delusione. Non avrebbe neppure potuto mai pensare che Harry lo venisse a sapere da qualcun altro.
 
Mai.
 
Eppure, per quanto la sua mente non fosse stata in grado di vedere così lontano, quelle situazioni assurde si erano avverate e lo sguardo che in quell’istante Harry le stava lanciando era la prova di come le cose fossero precipitate, scivolandole di mano, senza che avesse avuto la forza di frenarle.
- Harry, ascolta… – mormorò Ginny.
- Ah già. – la interruppe il Grifondoro, socchiudendo gli occhi. – Lavanda ha anche detto che tu eri a conoscenza di tutto quanto.
Un terrificante gelo impregnò le ossa di Ginny, dandole la spiacevole e dolorosa impressione di essere immersa in una vasca di acqua ghiacciata.
- I-io... – borbottò la rossa.
- N-noi… – borbottò nello stesso istante la riccia.
Quei balbettii s’interruppero all’istante quando l’espressione di Harry mutò: le labbra si serrarono con forza, curvandosi poi in modo impercettibile in un sorriso divertito, che, le due ragazze, troppo scosse, non intravidero neanche.
- Voi?
- Harry, non voglio che tu pensi che…
Quello che Hermione voleva dire, non lo pronunciò mai. In quell’esatto istante il Grifondoro scoppiò in una fragorosa risata, sotto lo sguardo sconcertato delle due ragazze. Rise in modo così sincero e spontaneo che se Hermione s’impietrì di fronte alla sua reazione incomprensibile, Ginny non riuscì a non sciogliersi di fronte al suo sorriso, nonostante sapesse quanto fosse delicata la situazione.
- Per Merlino! Dovreste vedere le vostre facce! – esclamò Harry, continuando a ridere. La Caposcuola inarcò le sopracciglia, chiedendosi se il suo migliore amico stesse bene, quasi tentata di poggiargli una mano sulla fronte per accettarsi delle sue condizioni di salute.
- Harry?
- Dovreste vedervi! Le… le vostre espressioni quando ti ho chiesto se eri incinta! – riprese a ridere, colto dall’ilarità della sua logica che ancora nessuna delle due ragazze era riuscita ad afferrare.
Quando Harry si accorse che sia Hermione, sia Ginny, lo guardavano come se fosse impazzito, si ricompose, schiarendosi la voce e riaggiustandosi gli occhiali sul naso.
- Perché mi guardate in quel modo? – chiese, confuso.
- Harry, esattamente, cosa ti ha detto Lavanda?
- Uh?
- La Brown cosa ti ha detto?
- Mi ha detto che Hermione era incinta già da qualche mese e che tu… – indicò Ginny. – …eri a conoscenza del suo segreto, ma non hai detto niente a nessuno. – chiarì con naturalezza.
- Uhm…ah, e tu…
- Io non le ho creduto, è ovvio! Ma ti pare, Hermione? Come potrei credere a una cosa del genere? So bene che la Brown è invidiosa di te e farebbe di tutto per screditarti.
Hermione spalancò gli occhi e smise di respirare, il pesante macigno che diventava sempre più pressante.
Harry si alzò dal divano.
- Andiamo, Herm! – ridacchiò. – Non crederei mai a una diceria del genere.
- Harry… – sussurrò la ragazza.
- Non so come una cosa simile sia venuta in mente alla Brown, ma so che sta mentendo, non devi preoccuparti.
- Ah…
- E poi insomma… So che tu e Ron non avete mai… mai… mai… insomma su… hai capito, no? – Harry si grattò la nuca, in imbarazzo, arrossendo per il timore di essere stato eccessivamente invadente. Hermione lo fissò ancora con uno sguardo immensamente triste: anche Harry, come Ginny prima di lui, aveva subito ipotizzato che Ron sarebbe stato il padre, se lei fosse stata in dolce attesa.
- Quando ti ho chiesto se eri incinta, non intendevo sul serio! Non ho creduto alla Brown neanche per un secondo, stavo solo scherzando. – le rassicurò. – Le vostre facce erano così buffe!
- Stavi… stavi solo scherzando. – sussurrò Ginny, mentre il gelo dentro di sé si trasformava in lava bollente.
L’espressione di Harry si addolcì.
- Siete le donne più importanti della mia vita, non dubiterei mai di voi. – concluse, accarezzando teneramente la guancia della giovane Weasley. – Dai, andiamo a chiamare Ron, ho una fame. – propose infine, già pronto ad andarsene.
Se non fosse stato per la mano di Ginny che stringeva la sua fino a bloccarle la circolazione, Hermione non sarebbe mai riemersa da quella sorta di limbo dentro cui annaspava; se non fosse stato per il suo sguardo implorante, probabilmente non sarebbe neppure riuscita a prender fiato; se non fosse stato per necessità, per quella bugia ormai protratta per troppo tempo, per quella verità che premeva per venir fuori, non una parola sarebbe fuoriuscita dalle labbra di Hermione, neppure il più fragile sospiro.
- Aspetta! – la sua stessa voce le parve irriconoscibile, così lontana da provenire da un’altra stanza.
Se non fosse stato per lo sguardo di Harry, neanche allora avrebbe parlato. Se non fosse stato per i suoi occhi che l’aveva guardata con affetto, fiducia e amore fraterno, il richiamo le sarebbe morto in gola e non avrebbe neanche tentato di forzare le proprie corde vocali.
 
Hermione aveva immaginato tante volte di come dire a Harry o Ron la verità.
 
Ma mai avrebbe immaginato di dover pronunciare quelle parole.
- Quello che ti ha detto Lavanda non era una bugia.
 
 

 
 
- Pss, Daphne!
- Mh?
- Daphne!
- Mh?
- E guardami, per Salazar! – Pansy tentò di strappare il libro dalle mani della bionda, guadagnandosi soltanto un’occhiata assassina e una fattura Orcovolante che riuscì a schivare per mezzo secondo. Daphne si risistemò meglio contro il tronco dell’albero al quale era appoggiata, rituffando la testa e i pensieri nel libro che aveva tra le mani, non curandosi della ragazza di fronte a lei che aveva assunto un’espressione omicida, profondamente offesa per il suo incantesimo d’attacco.
- Come osi?! – sbraitò per l’appunto la Serpeverde.
- Sto cercando di studiare, Pansy. – mormorò, senza prendersi il disturbo di giustificarsi ulteriormente.
- Sei proprio antipatica. – borbottò Pansy, imbronciata, controllandosi intanto che i capelli fossero tutti al loro posto. Se per caso Daphne, con la sua fattura, glieli avesse rovinati, fosse solo stato anche in minima parte, l’avrebbe schiantata contro quel maledetto albero sotto al quale si era sistemata da parecchie ore.
- Pansy, non disturbarmi, devo studiare. – ripeté la bionda, mentre sfogliava distrattamente un paio di pagine del libro.
- Ma è la vigilia di Natale! Stasera c’è anche il ballo! Come puoi anche solo pensare di studiare in un giorno simile?
- Pansy, io non ci vengo al ballo. – borbottò, aspettandosi tutta la sequela di prediche, che, ne era certa, si sarebbe scaturita da quella semplice affermazione.
- Eh? – chiese la mora dopo qualche secondo.
- Io non vengo alla festa. – ripeté a voce più alta.
Pansy la fissò stralunata.
- Eh?
- Pansy, maledizione! Quale parte di “io non vengo alla festa” non ti è chiara?
- TU NON VIENI? – scoppiò alla fine l’amica, capendo di aver sentito bene.
Daphne sospirò, alzando gli occhi al cielo. Sapeva che quella pazza psicopatica di Pansy avrebbe reagito in quel modo, si era quindi premunita per l’evenienza e aveva stilato una lista di giustificazioni e scuse per non doversi recare alla festa, con le quali sarebbe riuscita a convincerla.
- No, non mi è possibile, mi dispiace. – girò un’altra pagina del libro, sistemandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio.
- Ma… perché? Non puoi non venire!
- Ho detto di no, mi dispiace.
- No, Daphne! Non puoi fare così! Chiuderti in te stessa e lasciare tutto il mondo fuori, chiaro?
Daphne la fissò, alzando finalmente lo sguardo da quel libro che Pansy avrebbe tanto voluto bruciare.
- Non ho un vestito. – mentì.
Questa era una grandissima calderonata. Aveva l’armadio e il baule pieno di vestiti della stoffa più pregiata che si potesse trovare, dal più elegante al più informale, tutti comprati e fatti fare su misura da sua madre; nessuno di questi aveva mai visto la luce del sole, ovviamente.  
- Ah. – borbottò Pansy, leggermente scettica. Aveva certamente notato la particolare avversione di Daphne per i vestiti, ma non era così stupida da credere a una simile scusa. – Non importa, te lo presto io! – dichiarò.
A queste parole Daphne saettò gli occhi verso di lei, guardandola stralunata. Se c’era una cosa che si apprendeva non appena si conosceva Pansy, a parte la sua indole leggermente subdola, era il fatto che mai, mai, avrebbe fatto anche solo sfiorare i propri vestiti a qualcuno.
- Uhm. – tentennò, presa alla sprovvista. – …in questo periodo sono ingrassata, non mi starebbe mai un tuo vestito.
- Ma se sei più magra di me! – replicò Pansy, ostinata.
- Appunto! Sono troppo magra, quindi il tuo vestito non mi va di sicuro.
- Ma hai appena detto che sei ingrassata!
- Sì, infatti! Sono ingrassata, ma sono comunque troppo magra per mettermi un tuo vestito. – chiarì Daphne con una logica che a lei parve assolutamente impeccabile.
- Non è un problema, lo aggiusterò alle tue misure entro stasera.
Non sapendo più come ribattere, Daphne ripassò mentalmente la lista che si era preparata proprio per evitare una situazione di tal genere. 
- Pansy, non ce n’è bisogno, e poi devo fare le valigie per tornare a casa e non ho proprio tempo…
- Ti aiuterò io!
- …inoltre non mi sento neanche tanto bene, ho un forte mal di testa e se stasera uscissi potrebbe venirmi la febbre, che poi attaccherei anche a te e…
- Conosco un incantesimo per il mal di testa!
- …oltretutto devo prendere anche un mucchio di libri dalla biblioteca, che non sono sicura di trovare e sarebbe davvero un problema se non li trovassi…
- Li prenderai dopo le vacanze, cosa ti cambia?
- …e poi… e poi… B-blaise! – esclamò Daphne, paralizzandosi.
L’amica inclinò la testa di lato.
- Non vieni alla festa per Blaise?
- Ma no! – sbottò, scontrosa. – Blaise sta venendo qui!
Pansy si voltò con calma, facendo un piccolo ghigno non appena scorse l’amico dirigersi verso la loro direzione.
- Lo so. – confessò, una volta riportato lo sguardo su Daphne.
- Io me ne vado. – proferì la bionda, chiudendo il libro di scatto e alzandosi in piedi, troppo agitata anche solo per inveire contro Pansy.
- No! E’ venuto per te! È tutta la settimana che tenta di avvicinarti, non vanificare i suoi sforzi!
- Pansy, non…
- Magari vuol chiederti di andare alla festa con lui!
Le guance di Daphne arrossirono come bucce di mele mature.
- Ma certo, come se non sapessi che…
- Oh-oh è arrivato. – la interruppe. – Bene, vi lascio un po’ di privacy. A dopo! – la mora si defilò in modo fulmineo, più velocemente di quanto avesse mai fatto in vita sua.
Daphne, dopo aver scoccato un’occhiataccia alla figura di Pansy che si allontanava, fece finta (per quanto possibile) di non aver visto il compagno di casa e si risedette contro il tronco, immergendo completamente la testa nel libro. Evidentemente il suo piano non doveva essere molto ben costruito perché, qualche secondo dopo, l’ombra del ragazzo entrò nella sua visuale: Daphne non ebbe certo bisogno di alzare lo sguardo per capire a chi appartenesse. Nonostante tutto non staccò mai gli occhi da quelle righe, delle quali non ne aveva letta neanche mezza. Pregò che la terra si aprisse in quell’esatto momento e la inghiottisse, desiderando scomparire e dissolversi come una nuvola di vapore.
- Da, lo so che mi hai visto.
Sentire il soprannome che le era stato affibbiato non la infastidì come al solito, anzi le fece quasi piacere.
Lentamente, come se si fosse accorta solo in quel momento della sua presenza, abbassò il pesante tomo, fissando il Serpeverde negli occhi. Averlo così vicino la sconvolse non poco, anche se non lo diede a vedere: erano settimane che non si parlavano più; a parte per qualche monosillabo di circostanza non si erano mai più avvicinati da quando Daphne gli aveva tirato lo schiaffo. Non lo avrebbe mai ammesso, ma in fondo il suo amico le era mancato ed ora che si presentava lì, davanti a lei, con il solito sguardo di sempre, non riuscì a reprimere un sorriso sincero.
- Ciao. – sussurrò Blaise.
- Mh. – borbottò Daphne, ritirando le labbra in una linea rigida, testarda a mantenere un’espressione neutra per tutto il tempo.
- Come stai?
- Ok.
Blaise sospirò sedendosi vicino a Daphne e guardandola mentre lei immergeva nuovamente la testa nel gigantesco librone. Con uno sbuffo si allungò e glielo prese dalle mani, senza che la ragazza opponesse resistenza. Fin troppo docilmente la Serpeverde lasciò che il testo le scivolasse via dalle dita, spostando poi gli occhi ovunque ce ne fosse la possibilità.
- Ascolta, Da, io… C’è qualcosa che non va? – borbottò impacciato, non sapendo neanche lui cosa chiedere in realtà. – Hai…qualche problema con me? Sono giorni che mi eviti, se ho fatto qualcosa di sbagliato, io…
- No.
- No, non hai nessun problema, o no, non ho fatto nulla di sbagliato?
Daphne tornò a fissarlo e alzando semplicemente le spalle, rispose:
- No. – l’ennesimo monosillabo.
- Daphne, smettila di rispondere a monosillabi! È irritante!
- E allora perché non te ne vai?
Il lampo di delusione che vide passare negli occhi di Blaise a quelle parole, non lo avrebbe mai più dimenticato.
- Perché volevo chiederti una cosa.
 
Magari vuol chiederti di andare alla festa con lui!
 
Le parole di Pansy furono sufficienti a farle attorcigliare lo stomaco.
- Una cosa?
- Beh… Forse tu dirai di no, ma io… – il cuore della ragazza cominciò a battere furiosamente e quando incontrò gli occhi blu di Blaise, galoppò in modo ancor più frenetico.
- Allora? – lo incitò.
- Sai, è da un po’ che ci penso e…
Il respiro di Daphne si fece leggermente più veloce, carico di aspettativa e speranza, ma si impose di restare calma e non far vedere quanto in realtà fosse agitata.
- Il fatto è che… Voglio chiedertelo ora, altrimenti me ne pentirò di sicuro!
Gli occhi di Daphne, che non stavano neanche più fissando Blaise, si persero nella loro stessa immaginazione, a come Pansy l’avrebbe presa in giro quando avrebbe saputo che sarebbe andata alla festa con Blaise, a come Draco forse le avrebbe sorriso con lo sguardo, a come tutti li avrebbero fissati, cosa che lei non sopportava, ma che avrebbe potuto tollerare con Blaise accanto a lei…
- Per caso…
- Sì? – chiese infine impaziente.
- Hai qualche malattia?
Il cuore perse un battito, il fragile barlume di speranza appena nato cadde a terra frantumandosi in mille pezzi, le mani smisero di torturare le proprie dita; fissò Blaise con uno sguardo stralunato. Il film, che si accorse essere solo mentale, sfumò e si sfracellò come un fragile castello di carte.
- Eh?
- No, sai, hanno notato tutti che ultimamente sei di cattivo umore e gli studenti parlottano un po’ e… Appunto l’altro giorno ho sentito dire da Eleanor che avevi una qualche malattia complessa e particolare che…
Tutti i pensieri buoni che aveva avuto nei confronti di Blaise morirono in quell’esatto istante e negli occhi di Daphne al posto della confusione subentrò la furia.
- Chi Salazar sarebbe Eleanor? – sbottò irritata e furiosa del fatto che la gente parlasse alle sue spalle e soprattutto per quella domanda davvero orribile che il ragazzo aveva osato porle.
- Eleanor Branstone, una ragazza di Corvonero. Lei dice che sei sempre di malumore perché…
- E tu credi alle stronzate che racconta quella stupida?
Blaise arricciò il naso.
- Non è stupida, anzi è molto intelligente, non per nulla è finita a Corvonero. – ci tenne a specificare. – E poi non le ho creduto, infatti sono qui per chiederti conferma.
- E tu come fai a conoscerla?
- Ci sono uscito qualche volta l’anno scorso, ma…
- Tu hai fatto COSA? – sbraitò Daphne alzandosi in piedi. Sapeva bene di star facendo una scenata e di non averne nessun diritto, eppure sentiva anche la rabbia crescere e lei non era mai stata brava a contenerla o a nasconderla.
- Daphne, ma si può sapere cos’hai? Qualsiasi cosa io dica ti arrabbi! – sbottò l’amico. – Non so più cosa fare con te! Ogni volta che provo ad avvicinarmi, mi spingi via! Sei una bambina!
- Tu sei un idiota, Blaise.
Il Serpeverde a quel punto scoppiò. I suoi occhi divennero duri, il volto assunse un’espressione piena di rabbia, un’espressione irata che stonava sul suo viso, sempre contraddistinto da un sorriso dolce e genuino.
- Basta, Daphne, basta! Qui tra noi due, l’idiota non sono io.
Se la Serpeverde aveva l’intenzione di rispondergli, non riuscì a farlo; Blaise si alzò a sua volta, sovrastandola in altezza e costringendola a inclinare la testa per poterlo guardare negli occhi.
- Non scaricare i tuoi problemi su di me! Ero venuto qui per parlarti, per chiarire, ma mi sembra che sia impossibile!
- Te lo ripeto, allora, dato che tu non sei mai stato un granché nel comprendere le cose al primo colpo. – sibilò la ragazza, rivestendosi di una corazza spessa e dura quanto quella di un serpente. – Perché non te ne vai?
Lo sguardo di Blaise s’impregnò di un misto di delusione e rancore.
- Non so cosa tu abbia, Daphne e non m’interessa neanche saperlo. So soltanto che non ti riconosco più.
Quelle parole crudeli s’insinuarono tra i pensieri di Daphne, costringendo la sua mente a concentrarsi su ciò che aveva detto, senza via di scampo. Le fecero paura. Tanta paura da farle perdere un battito del cuore, abbassare lo sguardo non riuscendo a sostenere quello di Blaise, da pentirsi di come lo aveva trattato.
Allo stesso tempo le fecero rabbia.
 
Ma chi sei tu, eh?
 
Chi sei tu per farmi stare tanto male? Per ferirmi così in profondità?
 
- Vai via, Blaise. – bisbigliò.
- Lo farò, Daphne. Tranquilla. – replicò duramente. – Forse è meglio se torniamo ai discorsi monosillabi. – aggiunse poi, già pronto per andarsene.
- Giusto. – rispose lei.
Il ragazzo la fissò, a metà tra il deluso e l’amareggiato.
- Scusa, erano due sillabe. Ho sbagliato. – con quelle ultime parole, Daphne riprese il suo libro e si allontanò più in fretta possibile dal suo ormai ex-amico.
 
Lontana da lui, lontana dal cuore.
 
Se solo si fosse voltata indietro avrebbe visto gli occhi di Blaise riempirsi di tristezza; forse se avesse scorto quell’amarezza tanto profonda, sarebbe tornata sui suoi passi. Ma non la vide.
Fu proprio questo il problema.
 


 
- Scusa Hermione! Scusami, davvero, non volevo! – continuò a ripetere Luna, anche se la Grifondoro non la stava minimamente ascoltando.
- Io volevo catturare un Nargillo, ma ho sbagliato incantesimo, mi dispiace!
Hermione si strizzò i riccioli bagnati, increspati e scarmigliati dall’acqua.
- Non importa, Luna. – dove trovò la forse di risponderle non lo seppe neppure lei.
Prendendo la bacchetta pronunciò un incantesimo che asciugò i suoi abiti in un attimo. I suoi capelli si gonfiarono come un grosso palloncino, assomigliando più ad una matassa di qualcosa di non-ben-identificato, piuttosto che a una regolare chioma castana.
- Mi dispiace così tanto! Il Nargillo era sopra la tua testa, volevo scacciarlo e invece ti ho bagnata, scusami!
- Davvero, Luna… Non… importa.
 

- Non importa, Harry.
- Non importa? Non importa?! Io ti ho chiesto chi è il padre e tu mi dici che non importa?
- Non è questa la cosa più importante! – rispose Hermione con voce disperata.
 

- Stai bene, Hermione? Ti vedo un po’ sciupata.
- Certo. – rispose, sforzando le labbra in un sorriso finto fino all’inverosimile, ma che la Corvonero parve gradire lo stesso. – Ho solo… avuto un litigio con un amico. – bisbigliò.
- Tranquilla Hermione, se è un vero amico, ti perdonerà. – rispose Luna con scattante ovvietà e una genuinità senza pari.
La testa della Grifondoro si mosse in avanti per annuire, ma le sue labbra pronunciarono qualcosa che la sua mente rifiutava e che il suo cuore temeva.
- No, non credo.
 

- Stai scherzando, Hermione?
Possibile che tutti pensassero ad uno scherzo? Perché le cose dovevano essere rese ancor più complicate di quanto non fossero già?
- No, Harry.
Quante volte aveva immaginato la sua reazione, quante volte la sua mente aveva vorticato sulla possibile espressione che avrebbe assunto il suo viso, sulla possibile tonalità ci cui si sarebbero tinti i suoi occhi verdi, su ciò che avrebbe detto, fatto. Tantissime volte si era abbandonata a quei pensieri riflessivi e dolorosi e solo allora Hermione si rese conto di quanto avesse sbagliato. Tutto quel tempo sprecato a pensare a come confessare il suo segreto, avrebbe dovuto impiegarlo per racimolare il suo coraggio, sparito chissà dove, e guardare i suoi amici in faccia fin da subito, rivelando loro la verità.
Neanche lontanamente i suoi pensieri si erano avvicinati a quello che da lì a poco sarebbe accaduto.
 

- Cos’è accaduto Hermione?
La Grifondoro le lanciò uno sguardo dispiaciuto, per poi distogliere gli occhi.
- Scusa, Luna, ma non voglio parlarne. – lo mormorò a voce tanto bassa, che la Corvonero non sentì.
- Ho notato che negli ultimi tempi sei stata un po’ distante da tutti, soprattutto da Ron. Però ho anche notato che qualche giorno fa vi siete riavvicinati!
- No, non si tratta di Ron.
 

- Non è Ron il padre, non si tratta di lui. – mormorò dopo poco, cercando di cogliere mutamenti nella sua espressione. Non ve ne trovò. Harry aveva già intuito che non potesse essere Ron il padre, sia perché se tra l’amico e Hermione fosse successo qualcosa, l’avrebbe sicuramente saputo, sia perché aveva notato l’espressione restia della sua migliore amica a parlare di quell’argomento delicato. No. Non poteva essere Ron, nonostante fosse l’ipotesi più plausibile.
Harry si passò una mano sulla fronte, mentre Hermione analizzava tutti i suoi movimenti, le dita ancora strettamente legate a quelle di Ginny, in una presa ferrea, eccessiva quasi, ma che le permetteva di continuare a parlare.
- È Malfoy. – rispose la ragazza, anticipando la sua domanda.
 

- Allora hai litigato con Malfoy! – Luna continuò ad andare avanti con le sue supposizioni, mentre Hermione trovava a malapena la forza per rispondere. Normalmente non avrebbe permesso a qualcuno di immischiarsi in quel modo dei suoi problemi personali, ma Luna era una persona buona e nel suo sguardo leggeva soltanto il desiderio di aiutarla, capirla e questo la fece stare un po’ meglio. Man mano che rispondeva, anche se spesso erano monosillabi piuttosto che frasi intere, sentiva un peso andare via dal petto, diminuire d’intensità. Anche se il macigno non si spostava.
- Non devi dare ascolto alle cattiverie di Malfoy, Hermione, il sangue non conta. Tu resterai sempre la strega più abile e intelligente di tutta la scuola.
Hermione apprezzò il gesto che Luna stava facendo, tentando di rassicurarla con le parole, ma non la confortò.
Harry. Soltanto Harry avrebbe potuto far andare via quel peso che premeva sul cuore, lo sapeva. Così come sapeva che lui non era ancora pronto a salvarla.
La ragazza fissò la parete che si estendeva al di là della chioma bionda di Luna e ne esaminò tutte le sfaccettature, come in quei giorni aveva fatto sempre più spesso. I muri della scuola sembravano di un colore più vivace del solito o forse erano semplicemente gli addobbi natalizi che conferivano loro un colorito meno tetro. Per un attimo rifletté su come fosse stata decorata la Sala Grande in vista della festa di Natale, che si sarebbe tenuta quella sera stessa. Non un’emozione scalfì il suo petto al pensiero del ballo imminente, tanto atteso da tutti gli studenti di Hogwarts. Non un battito smuoveva il suo cuore, perennemente fermo nella sua posizione, tanto che a volte la ragazza si preoccupava di non sentirlo rimbombare nel petto come prima. Non una luce illuminava la sua figura, stanca e sciupata, ormai divenuta un’ombra di ciò che era in precedenza.
 
Hermione non provava più niente.
 
Non da quella sera almeno.
Non da quando aveva perso il migliore amico che la vita avesse mai saputo donarle.

 
- Harry io…
- No, Hermione no! Non dirmi altro per favore, non ce la faccio ad assimilare tutto insieme! – prima che la ragazza potesse ribattere, il Grifondoro aggiunse, con una punta di disprezzo. – Malfoy, Hermione? La stessa persona che per anni ti ha umiliata e insultata, come se fossi spazzatura? Voi due vi detestate!
- Io non lo odio, Harry, non più. – rispose la ragazza con voce più sicura di prima. Se c’era una cosa di cui era certa, era che non odiava Draco, non avrebbe mai potuto. E come poteva, se ogni volta che lo guardava il sentimento che predominava sempre sugli altri era l’amore incontrollato che non riusciva mai a reprimere? E come poteva quando vedeva le due facce di lui, quando riusciva a vedere l’altro Malfoy?
- Dopo tutto quello che ti ha fatto, che ci ha fatto… non avresti neanche dovuto permettergli di avvicinarsi a te! – esclamò, incollerito, chiedendosi cosa Merlino fosse passato per la testa alla sua migliore amica. – Mi spieghi cosa è successo, Hermione, per Godric?!
Non le avevano mai posto quella domanda, né Ron, probabilmente troppo scosso e amareggiato per doversi sorbire ulteriori particolari, né Ginny, che temeva di poterla ferire in qualche modo, ma alla quale alla fine aveva raccontato tutto ugualmente, sapendo di potersi fidare di lei come di nessun altro.
Con Harry sapeva che non sarebbe stato tutto così facile,  che non avrebbe potuto accantonare quella domanda e passare oltre. Harry la costringeva a rimettere in gioco le sue scelte, la obbligava a farla parlare, anche solo guardandola, perché i suoi occhi verdi erano pieni di affetto e fiducia e Hermione non aveva il diritto di infrangerla, di sporcare quella sincerità. E l’unico modo per dimostrare a se stessa di essere in grado di fidarsi e di dare altrettanto affetto in cambio, era semplicemente quello di raccontare quella parte di sé che aveva sempre celato fino a reprimerla.
Harry era la sua esecuzione, era l’ultimo tassello di un puzzle da ricomporre prima di poter finalmente uscire allo scoperto. Senza di lui, tutto sarebbe crollato sfracellandosi in mille pezzi, impossibili da ricomporre. Lui rappresentava la strada contorta che doveva attraversare prima di raggiungere il perdono per le colpe del suo cuore, per le bugie protratte troppo a lungo. Per questo in quel momento parlò. Come non aveva fatto con nessun altro, come non aveva fatto con Ron, come non aveva fatto neanche con Ginny. Parlò finalmente senza remore, senza freni: le parole uscivano, mentre altre velocemente prendevano il loro posto, per formare frasi e frasi intere, alcune senza senso, altre con significati addirittura troppo profondi.
Hermione non ricorda esattamente cosa successe in quel momento. Sa solo che ogni cosa nel suo cuore – la paura, il senso di colpa, la tristezza, la malinconia, il dolore – scivolarono via lasciando solo una scatola vuota. Sa solo che la scatola vuota che era divenuta il suo corpo, lasciò andare anche l’ultima parte di lucidità che le era rimasta, raccontando anche cose che forse avrebbe fatto meglio a tacere, non più in grado di fermarsi. Non era più Hermione a parlare, era solo una spettatrice di quel corpo vuoto che metteva insieme parole, fino a formare frasi e periodi. Le sembrò di vivere la situazione dall’esterno, si vide mentre raccontava tutto ciò che poteva a Harry, mentre forniva le spiegazioni e allo stesso tempo compiva la sua assoluzione.
 
Allo stesso tempo Hermione si stava perdonando.
 
Un perdono a cui agognava per poter finalmente riportare la serenità nel suo cuore e tutto ciò che le era mancato fino a quel momento. Quando il discorso finì, quando le parole cominciarono a mancare, ad affievolirsi, l’aria si fece più densa, così densa da poterla tagliare con un coltello. Magicamente Hermione ritornò in possesso delle proprie facoltà mentali, si rese conto di ciò che aveva confessato, anche di quei dettagli intimi probabilmente non richiesti, anche di tutto quel tormento che aveva giurato di non rivelare mai per non far preoccupare nessuno, persino del modo in cui Ron aveva scoperto della sua gravidanza e delle parole che si erano scambiati. Fortunatamente non aveva raccontato della visione di Draco che piangeva un anno fa, mantenendo così quella promessa che aveva fatto a se stessa, di non rivelare mai a nessuno l’esistenza dell’altra parte di lui, dell’altro Malfoy.
 
Draco.
 
Alzò lo sguardo, cercò Harry, lo vide immobile nella stessa identica posizione di quando aveva cominciato a parlare: non sembrava neanche più lui, ma una statua di granito, con lo sguardo freddo, inespressivo, o forse semplicemente ancora troppo incredulo e sorpreso per mostrare una qualsiasi espressione.
Ginny non chiese niente. Non ebbe neanche lei il coraggio di aprire bocca, vedendo il viso di Harry pieno di sconcerto. Entrambe le ragazze aspettavano che parlasse, Hermione attendeva la sua condanna, Ginny temeva la sua reazione. Il ragazzo non disse nulla di ciò che le due Grifondoro si sarebbero aspettate: si limitò a porre un'unica domanda.
- Da quanto tempo?
Nessuna risposta sarebbe stata corretta. Hermione avrebbe potuto rispondere che era incinta da tre mesi, ma sapeva che Harry voleva sapere da quanto tempo tutto era cambiato. Da quanto tempo era cominciata quella piccola bugia, poi sfociata in qualcosa di troppo grande per poter essere ancora nascosta.
- Da un anno, più o meno. Provo qualcosa per lui da… un anno.
Harry deglutì, distogliendo improvvisamente lo sguardo.
- Sono incinta da più di tre mesi.
Se prima Hermione non ricorda bene cosa sia successo, sa invece benissimo cosa vide in quell’istante, ricorda tutto. Tutto quanto, anche quello che non vorrebbe rivivere mai.
Lo sguardo curioso e attento di Ginny, alle sue parole contorte mai rivelate prima a nessuno, lo sguardo spaesato di Ron, appena giunto lì con loro, che cercava di comprendere quel discorso sconclusionato, lo sguardo di Harry… Merlino, lo sguardo di Harry.
Ciò che di più brutto da vedere ci possa essere al mondo era impresso nei suoi occhi, era intriso nel suo sguardo.
 
Delusione.
 
- Sei incinta da più di tre mesi… e non mi avevi mai detto niente?
Una delusione così forte, così lacerante che sembrava sconvolgere persino lui; i suoi occhi erano talmente stupiti di quel fatto, talmente increduli che Hermione avesse compiuto un gesto del genere, che riuscivano a ferirla come un’arma letale, senza che Harry sussurrasse la minima parola.
 
Delusione.
 
Quando Hermione scosse la testa, nello sguardo di Harry un lampo di puro dolore, che non ebbe la forza di nascondere, offuscò le sue iridi chiare.
- Harry, io… posso spiegare. – borbottò, dicendo la prima cosa che le venne in mente.
- Ma davvero? – replicò il Grifondoro, acidamente. – Sentiamo cosa hai da dirmi allora.
Hermione aprì e richiuse la bocca più volte. Non aveva la minima idea di cosa fare, i discorsi che si era preparata per prevenire quel momento erano scomparsi dalla sua testa, o, più probabilmente, non erano mai stati neanche presente. Sospirò pesantemente, chiedendosi come fosse possibile che non riuscisse a pronunciare una singola parola. Cosa si dice in casi del genere? Che le dispiaceva, che non avrebbe mai voluto farlo soffrire? Che gli voleva bene, che per lei era come un fratello e aveva sbagliato a non dirgli niente, a non fidarsi di lui?
- Tu lo sapevi?
Hermione trasalì, prima di accorgersi che Harry non si stava rivolgendo a lei. Parlava con Ginny. La mano della rossa la stritolò nella sua presa, il respiro della sua migliore amica si fece più veloce, Hermione percepì il suo cuore battere più forte.
- Sì.
Lo mormorò tanto flebilmente, che a malapena la Caposcuola lo sentì; ma Harry doveva aver udito perché l’ennesimo colpo di sofferenza sembrò trapassarlo da parte a parte, colpito proprio nel punto in cui avrebbe fatto più male. Quella semplice sillaba, comprese Hermione, fu una vera e propria tossina per lui. Fu un veleno terribilmente urticante iniettato dal morso del più crudele dei serpenti.
- Come hai potuto, Hermione? – chiese, Harry, afflosciando le spalle, sentendosi improvvisamente a pezzi. – Come hai potuto nascondermelo?
 
Non lo so, Harry. Non lo so.
 
- Io ti voglio bene, Harry. Tu per me sei mio fratello, non volevo farti soffrire. – non seppe perché pronunciò quelle parole, seppe solo che doveva farlo. Forse sbagliò, forse no. L’unica cosa che aveva importanza in quel momento era non vedere più la sofferenza che riempiva i suoi occhi verdi.
- Allora perché non ti sei fidata di me, Hermione, perché?
- Io mi fido di te, Harry! Ma…
- Ma cosa, Hermione? Più di tre mesi! Tre mesi!
- Avevo paura che mi giudicassi. – rispose, abbassando gli occhi, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo. – E che… mi allontanassi.
- Come hai potuto pensare una cosa simile? Davvero hai creduto che potessi farti una cosa del genere?
- No, ma…
- Sei la mia migliore amica, Hermione! Io…io ti sarei stato accanto! Come hai potuto anche solo pensare che ti avrei abbandonata? Ma che razza di persona credi che io sia?! – il tono aumentava, il timbro cresceva, le parole erano più forti, la rabbia era più grande.
 
Delusione.
 
- Ho sbagliato, lo so.
- Sono il tuo migliore amico, Hermione! O almeno… credevo di esserlo.
- Lo sei, Harry! Lo sei! Ti voglio un bene dell’anima e…
- Ed è così che lo dimostri, Hermione? Da Lavanda Brown! Ho dovuto sapere che eri incinta da Lavanda Brown, dopo più di tre mesi!
 
Delusione.
 
A quelle parole Hermione non seppe più ribattere. Cosa poteva dire, d’altronde, sennonché era a conoscenza del suo errore, sennonché in quel momento rimpiangeva tutte le volte che lo aveva guardato e gli aveva mentito, che avrebbe fatto di tutto per tornare indietro e non arrivare a quel punto di non ritorno?
Poi quelle parole. Quelle parole che aveva sempre temuto sentir pronunciare da Ginny, da Ron, da Draco o da chiunque altro.
- Mi hai deluso.
 
Mostro.
 
- Harry, forse sei un po’ troppo duro… – mormorò Ron.
- Non dire nulla, Ron. So che lo pensi anche tu. – replicò interrompendolo, ma rispondendo senza cattiveria, dicendo semplicemente la verità.
Rivolse di nuovo lo sguardo verso le due ragazze e di nuovo sentì quel malessere, quell’ondata di delusione, scaturito da tutte le parole che Hermione aveva rivelato. Di tutte quelle parole dette e non dette, di tutte quelle verità appena pronunciate, era stata una, che lo aveva praticamente affondato. Era stata una piccola sillaba a dargli la stoccata finale, a spingerlo definitivamente contro il burrone che lo stava inghiottendo, a dargli il colpo di grazia.
 
- Tu lo sapevi?
- Sì.
 
Guardare Ginny gli parve quasi doloroso.
 
Volevo chiederti una cosa, Ginny. Che cos’ha Hermione?
Non c’è motivo di preoccuparsi, Hermione sta bene.
 
Perché, Ginny? Perché anche tu?
 
Fidati di me.
 
Si era fidato. Gli aveva creduto ciecamente, senza dubitare neppure per un attimo di lei, senza riflettere se quella fosse la verità o meno.
 
Fidati di me.
 
Si era stupidamente fidato. Adesso ne pagava le conseguenze. Di nuovo quel veleno corrosivo gli inquinò il cuore, stritolandolo e frantumandolo senza alcun riguardo. Vedere gli occhi di Ginny prossimi alle lacrime, se da una parte gli fece desiderare di abbracciarla, dall’altra gli fece provare un moto di repulsione, impregnato della più cieca delusione.
- Mi hai deluso, Hermione. – ripeté con sguardo vacuo. – Ma tu, Ginny, ancora di più.
 
La stoccata finale.
 
L’esecuzione.
 
La presa delle loro mani intrecciate divenne debole, si sciolse, mentre entrambe le ragazze vedevano Harry andarsene velocemente. La mano della rossa tremò, mentre guardava l’amica. Quando Hermione notò l’espressione di Ginny ebbe un tuffo al cuore e pregò affinché non la rivedesse mai più. Perché gli occhi di Ginny erano identici a quelli di Ron, quando aveva scoperto che era incinta.
Furono la cosa più dolorosa che potesse mai vedere.
 
Il colpo di grazia.
 
 
- Sì! Gli ho dato il colpo di grazia!
Hermione si voltò di scatto verso una Luna sorridente.
- C-colpo di grazia?
- Ho eliminato il Nargillo che ti gironzolava in testa.
- Ah…
Fu a quel punto che gli occhi di Hermione colsero un dettaglio che prima le era sfuggito, troppo presa da quei ricordi che la tormentavano. Frettolosamente qualcuno stava camminando nella loro direzione e dopo qualche secondo riuscì a scorgere la figura di Daphne Greengrass, che procedeva con occhi circospetti che saettavano da ogni parte, come se stessero cercando qualcuno. Proprio quando credeva che le avrebbe oltrepassate, la sentì parlare.
- Granger. – una voce così fredda, Hermione, non ricordava di averla mai sentita, forse soltanto con Draco. – Cercavo proprio te.
- Greengrass. – mormorò stupita sia del fatto che le rivolgesse la parola, sia che non l’avesse apostrofata con qualche aggettivo poco carino.
- Devo parlarti, adesso. – chiarì la Serpeverde in tono pretenzioso e duro. – Magari senza Lunatica Lovegood e i suoi discorsi strampalati su creature che non esistono.
- I Nargilli esistono. – replicò Luna, troppo occupata a individuare le magiche creature per offendersi. Salutò Hermione, zampettando poi allegramente alle spalle di Daphne per lasciarle sole. Quando la Serpeverde fu del tutto certa che la bionda fosse sparita dal loro campo visivo, riportò il suo sguardo duro come la roccia, verso la Grifondoro. Quello che si apprestava a fare, o a dire, andava contro tutti i suoi principi morali; senza contare il fatto che se Draco l’avesse scoperto l’avrebbe uccisa con le sue stesse mani, prospettiva a dir poco non allettante.
- Volevi parlarmi, Greengrass?
- Cos’è quella faccia stupita? Non posso fare due chiacchiere con te? Devo avere il permesso, dovrei…
- No, no! Ma… Non ci siamo mai rivolte la parola, quindi sai…
Non che Daphne volesse davvero trattare male Hermione, semplicemente la sua pazienza si era esaurita durante la conversazione con Blaise, per cui la Grifondoro in quel momento era il suo perfetto capro espiatorio.
- Sarò breve, Granger, quindi ascoltami. – ribatté, non dando segno di averla sentita e appoggiandosi ad una colonna, lì vicino.
Hermione la scrutò incuriosita: non aveva mai avuto particolari scontri verbali o non con la Serpeverde, l’aveva notata, questo sì, era impossibile non accorgersi di lei. Quando era nei dintorni era capace di ammaliare tutto il genere maschile anche con un unico e semplice gesto, ed era altrettanto capace di raggelare chiunque con una sola, terrificante, occhiata. Persino in quel momento, osservandola Hermione sentì freddo. La sua figura, appoggiata alla colonna, assomigliava più ad una divinità greca, piuttosto che ad una persona in carne ed ossa: una bellezza eterea, ammaliante, ma fredda, quasi triste.
- Devi farmi un favore, Granger. – mormorò la bionda quasi sovrappensiero un attimo dopo.
- Io?
Daphne Greengrass, l’algida Serpeverde e fiera Purosangue, le aveva davvero detto che aveva bisogno di un favore?
Hermione la vide armeggiare con la tasca della gonna della divisa scolastica, per poi tirare fuori una busta bianca, del tutto spiegazzata. Daphne guardò l’altra ragazza negli occhi, con una punta d’indecisione; aveva bisogno di una conferma.
- Provi qualcosa per Draco, Granger? – chiese, ben sapendo di trovarla impreparata. Fu talmente spontanea quella domanda che Hermione non si prese neanche la briga di provare a non sembrare scossa. Il significato stesso della domanda poi, la scombussolò ancora di più.
- C-che?
- Uff, mi tocca pure ripetere. Ho chiesto “provi qualcosa per Draco, Granger?”
Perché Daphne le rivolse quella domanda, Hermione non lo capì mai. Sa solo che riuscì a risponderle dopo un lieve boccheggiare e un tremito incontrollato alle mani.
- Ma che domanda è?! No! Assolutamente, no! – rispose, veementemente, pregando Godric di non essere arrossita.
- Mh. – borbottò la bionda, guardandola benevola. – Ok, mi hai convinto.
A quelle parole le fece cenno di posizionarsi al suo fianco e quando Hermione fu abbastanza vicina, le porse la lettera che aveva rigirato tra le dita fino a quel momento.
- Lo sai che Draco frequenta babbanologia?
Se Hermione fu sorpresa di quella domanda, non lo diede a vedere, probabilmente perché era ancora scossa da quella precedente.
- Beh… è una materia obbligatoria e…
- Adesso è una materia obbligatoria, prima non lo era.
- E cosa vorresti dire?
- Niente, Granger, niente. Voglio solo che tu legga la busta.
Sempre più confusa da suo comportamento, esaminò quel pezzo di carta, chiedendosi se non nascondesse una qualche possibile insidia; era sempre meglio non fidarsi dei Serpeverde.
Dopo varie esitazioni si decise ad aprirla e a leggerne il contenuto.
 
“Dati i risultati ottenuti nella prima metà del semestre, e nel corso del precedente anno scolastico, la professoressa Charity Burbage invita il signor Malfoy a prendere seri provvedimenti, per risollevare i suoi voti in tale materia. Se ciò non dovesse succedere sarà costretto a ripetere l’anno e…”
 
- Ok, hai letto abbastanza. – sbottò Daphne, strappandole la missiva di mano, senza che Hermione avesse il tempo di finire.
- Ma… – la Grifondoro a quel punto s’irritò. – Insomma, Greengrass, cosa vuoi? Perché mi hai fatto leggere quella lettera? Cosa c’entra Dr…Malfoy?
- E’ molto semplice. – chiarì, come se spiegasse a un bambino che non bisogna rubare le caramelle. – Giorni fa la professoressa di Babbanologia mi ha detto di consegnare la busta a Draco, non appena avessi avuto l’occasione di incontrarlo… come hai potuto leggere anche tu, i suoi voti non sono dei migliori, d’altronde non è colpa sua, non riesce a distinguere tutti quei cosi che voi babbani usate e…
- Greengrass!
- Non interrompermi, odio quando qualcuno lo fa! – la gelò con un’occhiata che ebbe il potere di farle sentire freddo una seconda volta.
- Comunque, io non gli ho dato la busta.
- E io cosa c’entro?
- Smettila, Granger! Fammi finire di parlare!
Quando fu sicura che Hermione non avrebbe più detto nulla, riprese a sproloquiare.
- Ebbene, ora tu non devi credere che io sia propensa a stringere un qualsiasi tipo di amicizia con te, dato che, anche se la guerra è finita, ci sarebbero troppe radici da sradicare, quindi mi dispiace, ma non sono pronta e probabilmente non lo sarò mai, a essere tua amica, anche perché, per Salazar, Granger, seriamente, ma tu sei un soggetto davvero strano! Non sono neanche sicura che tu sia totalmente normal…
- Greengrass, cosa stai dicendo?
Daphne la fulminò con lo sguardo, per averla interrotta nuovamente, anche se comprese che effettivamente stava andando completamente fuori strada con le sue parole senza senso. Il suo modo di prendere il discorso alla “larga” probabilmente non funzionava più di tanto, dato che si stava dirigendo da tutt’altra parte rispetto al suo percorso iniziale.
- Uhm… Insomma, Granger…Voglio che tu chieda a Draco di venire con te per le vacanze di Natale. – sbottò tutto d’un fiato. – Non fare quella faccia, lo convincerai, anche perché quando verrà a casa tua avrà la possibilità di imparare i vari oggetti babbani e le vostre ridicole tradizioni, e in questo modo potrà recuperare il brutto voto in Babbanologia. Se userai quest’arma, non avrà molta scelta, Draco non ha la minima intenzione di ripetere l’anno, per cui…
- Stai scherzando, Greengrass? – fu tutto quello che Hermione riuscì a mormorare, più debolmente di quanto avrebbe voluto. – No, perché…
- Punto primo: ti ho detto di non interrompermi. Punto secondo: ti sembra che io stia scherzando?
Daphne, dovette constatare Hermione, effettivamente non aveva proprio la faccia di una persona che stesse scherzando, anzi sembrava maledettamente seria. Anche se questo non cambiava in alcun modo lo stato delle cose: non avrebbe mai potuto chiedere a Draco di venire con lei per le vacanze. Con quali occhi lo avrebbe guardato? Sempre tralasciando il fatto che se anche avesse avuto il coraggio di avanzare quella proposta, lui non avrebbe mai accettato e l’avrebbe schernita in tutti i modi possibili.
- No, non mi sembra che tu stia scherzando. – ammise la Grifondoro. – Ma io…
- Tu chiederai a Draco di venire con te, punto.
- Sei uscita di senno, Greengrass? Hai la minima idea di quello che mi stai chiedendo? Malfoy non accetterà mai e… e poi cosa ti fa credere che io voglia che venga con me?! – strillò quasi, la voce resa più acuta dal nervosismo.
- Granger, Granger, Granger… Certe cose non hai bisogno di dirle….
- Quali cose? – esclamò Hermione esasperata.
- Datti una calmata, Granger. Non ti fa bene agitarti nel tuo stato.
- Nel mio stato? Ma quale stat…Ah. Tu… – la mente logica e pratica della Grifondoro si attivò immediatamente, portandola davanti all’unica spiegazione plausibile. – Tu… sai?
- Sì… – ammise Daphne, con aria indifferente. – Draco è il mio migliore amico dopotutto.
Hermione schiuse le labbra dalla sorpresa. Non che non li avesse mai notati insieme, ma era convinta che tra i due ci fosse un rapporto completamente diverso, non certamente un’amicizia. Improvvisamente tutta quella situazione assurda la imbarazzò; divenne paonazza, le sue gote si tinsero di un colore più rosso delle bucce di mela.
- Ah… – rispose laconica.
- Non devi preoccuparti sul fatto che Draco potrebbe non accettare: basterà metterlo davanti alla situazione dei fatti e fargli presente che rischia di essere bocciato…
- No. – la interruppe Hermione, con tono categorico. – Non lo farò, Greengrass.
Non avrebbe costretto Draco a seguirla con uno stupido ricatto scolastico; non gli avrebbe dato un ulteriore motivo per odiarla. Inoltre, averlo in giro per casa, durante le vacanze natalizie, non avrebbe giovato per niente alla sua salute, anzi le avrebbe scombussolato la mente in modo a dir poco sconvolgente. Faceva fatica ad addormentarsi la notte, sapendolo a dormire nei sotterranei, figuriamoci sapendolo a dormire… dall’altra parte del muro. No, decisamente la cosa non era fattibile.
- Ascoltami bene, Granger. Tu devi farlo, per il suo bene e per quello di vostro figlio.
Hermione trasalì. Mai si sarebbe aspettata di sostenere una simile conversazione con l’algida Serpeverde di cui mormorava tutta la scuola. Si chiese perché stesse facendo tutto questo, dato la sua ormai nota indifferenza verso tutti coloro che non fossero del suo stesso sangue puro e del perché fosse arrivata a mentire a Draco, pur di consegnarle quella lettera. Infine si domandò anche perché si stesse comportando in quel modo, come se volesse aiutarla. Perché avrebbe dovuto farlo?
- Perché lo fai? – si riscoprì a chiedere, dando voce ai suoi pensieri.
L’espressione di Daphne s’indurì. Gli occhi divennero due lame trasparenti, pronte a colpire ovunque fosse riuscita a scorgere un segno di debolezza.
- Non credo siano problemi tuoi, Granger.
- Invece sì. – ribatté Hermione, caparbia. – Lo sono, visto che sarebbe casa mia quella in cui dovrei ospitarlo, visto che sarebbero i miei genitori quelli a cui lo dovrei presentare e in qualche modo dovrei anche dire loro che è il padre di mio figlio, di cui non sanno ancora assolutamente nulla! Quindi , sono anche affari miei.
- Ci sono cose che non puoi sapere, Granger. Non adesso.
Detto questo si voltò, decisa a non dire più neanche una parola.
- Come posso credere che la tua non è tutta una bugia? – esclamò Hermione.
Lo sguardo che Daphne le lanciò, la fece sentire sporca.
- Se anche io avessi mentito, Granger… In questa conversazione non sarei certo stata l’unica.
 
- Provi qualcosa per Draco, Granger?
- No! Assolutamente no!      
 

 
 
 
Quel giorno le ore si susseguirono velocemente, il sole calò per lasciare il posto alla luna contornata da un meraviglioso cielo stellato. Il tempo passò così in fretta che Hermione perse completamente il senso del tempo: aveva ripensato tutto il giorno alla conversazione con la Serpeverde, che definire inverosimile sarebbe stato un eufemismo, e più rifletteva più si convinceva del fatto che si fosse immaginata tutto quanto perché nella vita reale, la fiera e fredda algida serpe per eccellenza non le avrebbe mai chiesto – anzi, più che chiesto, ordinato – di invitare a casa sua Draco Malfoy, altra serpe per eccellenza, come se non fosse a conoscenza del suo odio profondo nei confronti di tutti i babbani.
Solo quando nella sua stanza entrò Ginny, si riscosse dai suoi pensieri che vorticavano impazziti, per concentrarsi sul vestito che si era messa praticamente per metà. Saltellò un po’ per la stanza, nel tentativo di chiudere la cerniera dell’abito, mentre l’amica ridacchiava. Finì di prepararsi abbastanza in fretta e sorrise leggermente notando come il vestito nero rispecchiasse perfettamente l’immagine che voleva dare di se stessa e le calzasse a pennello: non era eccessivamente elegante o vistoso, ma comunque adatto ad una festa.
Ginny si sedette sul suo letto esaminando come l’abito cadesse dolcemente lungo il suo corpo, nascondendo il grembo leggermente rotondo, sorridendo poi a sua volta, fiera della sua scelta.
Quel sorriso scomparve subito dopo, la lava bruciante che sentiva nel cuore aveva improvvisamente ripreso fuoco, facendole quasi desiderare di potersi strappare la pelle.
Hermione la guardò, con un’espressione interrogativa, nel suo sguardo scuro era impressa una muta domanda; Ginny scosse la testa, in segno di diniego. Non avevano bisogno di parlarsi, per capire a cosa la Caposcuola si stesse riferendo.  La più grande delle due ragazze sospirò affranta da tutta quella serie di eventi che stavano andando per il verso completamente sbagliato; si sedette al fianco di Ginny, accarezzandole dolcemente le lunghissime ciocche color del sangue, sentendola rabbrividire sotto le sue mani.
- Non volevo che si arrabbiasse con te, Ginny. Mi dispiace tanto. – Hermione pronunciò quelle parole a voce bassissima, mentre continuava ad accarezzarla sperando di farla stare meglio.
La piccola di casa Weasley si lasciò andare contro la sua spalla, mentre lo sguardo come sempre diventava lucido e pieno di dolore. Entrambe sapevano fin troppo bene quello che era successo. Da quella sera, da quando il tempo si era fermato, almeno nella loro testa, era cambiato tutto.
Hermione non credeva che la perdita di un amico potesse fare tanto male; aveva già sperimentato quel dolore quando temeva di aver perso Ron, ma era stato diverso. Con Ron si era convinta del fatto che più gli sarebbe stata lontano meglio sarebbe stato per lui e questa scelta, per quanto fosse dolorosamente insopportabile, era pur sempre giusta, molto più giusta di tutte le sue spudorate bugie.
Con Harry era diverso. Completamente.
Il suo migliore amico le mancava in modo terribile, così tanto da chiudere gli occhi e ritrovarsi a sperare che non fosse mai esistito, per permettere a quella sofferenza di dissolversi. Era atroce sperare di non aver mai conosciuto Harry, a causa del male che sentiva adesso che si era allontanato da lei. Era una cosa più che atroce eppure Hermione non poteva farci niente.
Ciò che più la feriva, era il fatto di essere fin troppo consapevole che, a causa sua, il rapporto tra Harry e Ginny si fosse sfracellato, frantumandosi in tanti piccoli cocci forse non più in grado di appaiarsi. La giovane Weasley non aveva mai fatto parola con lei di questo, né l’aveva mai incolpata di niente, ma Hermione, pur essendosi rifiutata di guardare negli occhi la realtà per molto tempo, non era né stupida, né tantomeno cieca. Ufficialmente, Harry e Ginny stavano ancora insieme, ma se qualcuno, per curiosità o interesse che fosse, avesse scavato più a fondo, sotto quella patina di finta serenità, non avrebbe trovato altro che due cuori sanguinanti, che si erano spezzati a vicenda. La tensione tra i due era così densa e forte, da soffocare sia loro stessi che gli altri, cosa che li portava a non parlarsi per molti giorni di seguito, proprio loro che non avevano mai potuto sopportare di stare lontano l’uno dall’altro per troppo tempo.
Vedere lo sguardo di Ginny, sempre dolce e luminoso, spento e distrutto, vederla accanto a Harry, una vicinanza dettata più dalle circostanze che dal desiderio, vedere la sua migliore amica desiderosa di far scivolare la sua mano in quella di Harry, ma un secondo dopo ritrarsi, per paura della sua reazione, tutto questo uccideva Hermione ogni volta come se fosse la prima.
Tuttavia, Harry e Ginny stavano ancora insieme. La crepa tra loro c’era, ma per quanto gigantesca e profonda che fosse, Hermione pregava affinché si sanasse il più in fretta possibile e che i suoi amici smettessero di discutere ogni giorno, per ritrovare un nuovo equilibrio. Se, per un crudele scherzo del destino, la loro storia fosse naufragata nella tempesta che stavano attraversando, Hermione non se lo sarebbe mai perdonato.
- Scusami, Ginny. Sono stata una codarda. – sussurrò abbracciandola, cercando di far cessare il tremore che le percorreva la spina dorsale. La situazione si era ribaltata: se in quei mesi era sempre stata Ginny a calmarla ed aiutarla, adesso era Hermione che si prendeva cura di lei come se fosse una bambina, non lasciandola sola neppure per un attimo. Specialmente in momenti come questo, quando le discussioni con Harry diventavano quanto mai aspre e feroci, quando neanche piangere serviva più a niente, neppure a consolarsi, quando il vuoto nel petto si allargava a dismisura, logorando e distruggendo ogni cosa, inghiottendo anche il più piccolo barlume di speranza, lasciando Ginny irrimediabilmente vuota e crudelmente distrutta.
 
Hermione era sempre lì, a sorreggerla quando cadeva.
 
Aveva pensato fin troppo a se stessa e si era ripromessa di non commetter mai più un simile errore, di far di tutto per veder rispuntare il sorriso sulle labbra di Ginny, impiegando tutto il tempo che era necessario.
- Dai, avanti. Preparati o faremo tardi.
Ginny sciolse di malavoglia l’abbraccio, soffermandosi per un attimo sui suoi occhi, prima di abbassare lo sguardo.
- Devo proprio venire?
- Ginny, sei stata tu a convincermi! Non puoi tirarti indietro adesso!
Hermione che doveva convincere Ginny ad andare al ballo. Oh, se si era invertita la situazione.
La giovane Weasley le lanciò un’ultima occhiata, un sorriso malinconico e nostalgico disegnato sulle labbra fini.
- Il vestito ti sta benissimo, Hermione.
 

 

 
- No.
- Dai!
- No.
- Dai!
- No.
- Ok, perfetto.
- Pansy, non ho voglia di venire, vacci da sola alla festa.
- Ascoltami bene, Daphne Greengrass, se tu osi non venire con me in questo preciso istante, tralasciando il fatto che tutti mormoreranno ancora di più se tu non verrai alla festa, rivelerò a tutti quanti che hai una cotta stratosferica per Blaise.
Daphne si limitò a lanciarle un’occhiata obliqua.
- Se ti conosco almeno un po’, so che non lo farai.
Era stronza, Pansy, questo sì. Era una Serpeverde fatta e finita, incredibilmente astuta e capace di elaborare piani geniali in pochissimo tempo, ma era sua amica e, in quanto tale, era più che sicura che non si sarebbe mai azzardata a mettere in atto la sua minaccia.
La mora s’imbronciò, constatando che effettivamente non avrebbe mai osato farle una cosa simile.
- Ma poi, per Salazar, ci sarà tutta la scuola! Chi vuoi che si accorga che io non ci sono?!
- Vuoi scherzare, Daphne? – replicò, Pansy, mettendosi le mani sui fianchi. – Lo sai che a questo ballo buona parte degli alunni viene soltanto per avere una scusa plausibile per ballare con te?! Oh, andiamo, sei la ragazza, per quanto mi costi ammetterlo, più bella di tutta Hogwarts, come puoi pensare che…
- Mhm. – mugugnò la bionda, interrompendola. Scosse leggermente la testa, lasciando che le lunghe ciocche color grano le ricadessero sulle gote, sperando così che il leggero rossore che l’aveva colta non si intravedesse. Merlino, i complimenti non le sortivano alcun effetto se a farglieli era un estraneo, ma quelli che provenivano da amici, parenti, o comunque qualcuno che conosceva, la mettevano profondamente a disagio e avevano il potere di farla arrossire come la più pudica delle bambine. Daphne si rendeva perfettamente conto di quanto tutto ciò fosse illogico e insensato, ma non poteva farci niente. – Ok. – borbottò, con una smorfia. – Forse se ne accorgeranno, ma non è questo il punto. Io non ho una cotta per Blaise, chiaro?
Anche questa era una grandissima calderonata, come quella di non avere neanche un vestito da mettersi. Sapeva bene Daphne che quel batticuore innaturale che la coglieva ogni volta che Blaise le era accanto e quell’ansia persistente che l’avvolgeva come un’ombra almeno nell’ultimo periodo potessero significare soltanto una cosa. Aveva già ammesso i suoi sentimenti con Draco, ma non si sentiva pronta ad ammetterli anche con qualcun altro.
- Allora perché non vieni?
- Perché… perché… no!
- Che motivazione profonda… – ironizzò Pansy, inclinando la testa di lato.
- Smettila!
- No, Daphne! – sbottò l’amica. – Sei tu che devi smetterla! Dov’è finita la persona indifferente a tutto e a tutti, che camminava sempre a testa alta?
La bionda contrasse le dita sulla coperta del letto. Pansy, volontariamente o meno, aveva toccato un tasto parecchio dolente. Dov’era finita quella ragazza orgogliosa che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno e che, soprattutto, non si sarebbe mai rifiutata di andare a una festa, a causa di uno stupido babbuino insensibile? Se lo chiedeva anche lei, a volte.
 
È sparita insieme al mio cuore, con cui Blaise si sta divertendo a giocare.
 
- Com’è possibile che tu ti sia ridotta a non andare a una festa solo perché non vuoi incontrare Blaise? – continuò Pansy, strappandola alle sue riflessioni.
- Io non ci vado per non incontrare quell’idiota. – replicò Daphne, mentendo nuovamente. – Non mi piacciono le feste!
Pansy rimase in silenzio per qualche secondo, sistemandosi poi vicino a lei.
- Hai paura, Daphne?
Paura? Ma quale paura? Quello che Daphne sentiva era un vero e proprio terrore, una terribile sensazione che le risaliva lungo le ossa e la soffocava in una stretta micidiale. Ma, ovviamente, questo non poteva certo ammetterlo.
- Cosa? – rispose, lanciandole un’occhiata assassina.
- Hai paura. – affermò stavolta Pansy, guardandosi le unghie.
- Io non ho paura di nulla! – sostenne.
- Allora dimostralo e vieni alla festa.
Daphne la fissò, arrabbiata con se stessa per aver fatto trapelare quanto fosse spaventata all’idea di dover rincontrare Blaise. Sospirò pesantemente, sapendo alla perfezione quale sarebbe stato l’unico modo per togliersi Pansy di torno; in fondo, rifletté, cosa mai poteva accadere di tanto orribile se avesse accettato? Aveva paura, certo, ma era una Serpeverde, sarebbe riuscita a cavarsela e uscirne indenne, come sempre.
- Ok, verrò.
 

 
 
 
Dei migliaia di aggettivi usati dagli alunni per descrivere la propria sorpresa e ammirazione nei confronti della festa, uno era il più calzante di tutti: meravigliosa.
O almeno fu quello che pensò Hermione, stretta saldamente al braccio di Ron, con gli occhi che luccicavano di meraviglia e di sorpresa per quella visione celestiale della bellezza sconfinata che il palazzo di Hogwarts aveva assunto. Il castello in occasione del Natale si era riempito di mille colori: drappi rossi e verdi, argento e blu, oro e bianco, e altre centinaia di brillanti sfumature che conferivano all’ambiente vivacità e allegria. I festoni cambiavano colore a intermittenza, suscitando l’ilarità dei più piccoli e l’ammirazione dei più grandi; ovunque spostasse lo sguardo, Hermione poteva scorgere incantevoli ghirlande e aghi di pino sapientemente intrecciati, calze e cestini natalizi che intonavano melodie di Natale, dolci e rassicuranti. Sopra le loro teste, milioni di candele incantate volteggiavano da una parte all’altra, intorno a qualche vischio appeso qua e là, che molti ragazzi evitavano accuratamente, arrossendo.
Con un’occhiata veloce la Grifondoro scorse Ginny al fianco di Harry. Quella dolorosa crepa era sempre lì, nelle gote pallide e incavate di Ginny, negli occhi terribilmente spenti di Harry, ma nonostante tutto questo, Hermione non poté fare a meno di pensare quanto fossero perfetti insieme, complementari; non riuscì a non notare quanto fosse bella la sua sorellina acquisita quella sera, nel suo vestito blu come la notte, che le ricadeva morbido lungo il corpo; quanto fosse bello il suo viso, incorniciato da riccioli rossi come il fuoco, dai quali spuntavano qua e là dei piccoli puntini d’argento, che assomigliavano a tanti fiori bianchi. L’unica pecca era il suo sguardo, sempre un po’ troppo triste, la linea della sua bocca, sempre un po’ troppo seria. 
Il sorriso non c’era.
Hermione sperò che ritornasse il più presto possibile, perché il mondo non poteva continuare ad esistere senza il sorriso di Ginny, senza la sua dolcezza e la sua esuberanza.
 
Perché Hermione non poteva continuare ad esistere senza di lei.
 
- Miseriaccia! – l’esclamazione di Ron la strappò dalle sue riflessioni, facendola sorridere. Anche se non vide la sua espressione, Hermione fu sicura che sulle sue labbra si stesse dipingendo un dolcissimo sorriso, probabilmente anche lui rimasto vittima dell’incanto della magia del Natale.
- Benvenuti studenti e studentesse! – salutò il vecchio preside. Silente iniziò un lungo discorso, che ammaliò ancora di più i giovani studenti, grazie al timbro di voce profondo ed espressivo. Con malinconica dolcezza toccò il cuore di ogni alunno, soprattutto di coloro che nell’anno successivo non avrebbe più avuto l’occasione di frequentare quella meravigliosa quanto unica scuola. Con triste nostalgia, osservò uno ad uno tutti i suoi studenti, soffermandosi in particolar modo sui più grandi trasmettendo loro affetto e serenità. Quando Silente finì di parlare, negli occhi di ognuno vi era un miscuglio di emozioni diverse. – Vi auguriamo di nuovo Buon Natale e spero che riceviate tutto l’affetto che ognuno di voi merita! – concluse il vecchio preside.
Ci fu un grande applauso, durante il quale molti cercarono maldestramente di nascondere i propri occhi lucidi. La McGranitt subentrò al posto di Silente, per dare un unico annuncio.
- Che la festa abbia inizio! – un secondo dopo un’orchestra magica aveva già cominciato a suonare le più svariate canzoni natalizie.
Gli studenti non attesero oltre e ognuno col proprio compagno presero a volteggiare sotto le mille candele appese sopra le loro teste. Hermione strinse il braccio di Ron ancora di più, non potendo fare a meno di sentirsi eccitata e felice, colta dall’euforia della festa.
- Uhm, Hermione, io non so ballare tanto bene. – borbottò il giovane Weasley con le guance in fiamme.
Hermione rise spontaneamente come non faceva da tantissimo tempo; non rispose, si limitò a sorridergli, prendendolo per mano e conducendolo verso la pista da ballo. Alla prima piroetta, ovviamente, Hermione inciampò e cadde tra le braccia di Ron. Risero entrambi, coscienti di quanto potessero sembrare goffi in quel momento, dato che nessuno dei due era mai stato un gran ballerino.
La musica cambiava continuamente, ogni canzone si susseguiva e, per quelle poche ore, Hermione si permise di dimenticare tutto quanto per qualche secondo: dimenticò il litigio con Harry, il suo dolore, il difficile rapporto con Draco, la tristezza e la malinconia che l’avevano avvolta in quei giorni e in quei mesi. Dimenticò tutto ciò che non era il sorriso dolce di Ron, le sue guance vermiglie, i suoi grossi piedi impacciati che avevano pestato i propri già due o tre volte. Di tanto in tanto gettava uno sguardo al resto della sala per cercare Ginny e, più segretamente, Draco. Si era accorta di lui, certo che lo aveva fatto. Sarebbe stato impossibile non notarlo: dubitava fortemente che una qualunque ragazza sarebbe stata in grado di non rimanere abbagliata almeno per qualche istante da lui quella sera, avvolto in un completo scuro che creava un irresistibile contrasto con la sua pelle marmorea. Aveva distolto lo sguardo il prima possibile, ma non abbastanza in fretta da impedire ai loro occhi di incontrarsi. Non si erano più guardati e forse per Hermione era stato meglio così, perché già un’occhiata era stata più che sufficiente per ripensare a tutto quello che avevano passato, al bambino, e soprattutto alle parole di Daphne quel pomeriggio.
 
Voglio che tu chieda a Draco di venire con te per le vacanze di Natale.
 
Parole che, la Grifondoro era sempre più fermamente convinta di essersi immaginata.
- Hermione? …bene? – la confusione le impedì di sentire una parte della frase di Ron, al quale sorrise, riportando la sua attenzione su di lui.
- Sì. – sussurrò, fermandosi per riprendere fiato. Non avevano saltato nessuna canzone e Hermione cominciava a sentirsi stanca; aveva il fiatone, gli occhi lucidi dall’emozione e, ne era sicura, le sue guance erano di un rosso vermiglio per l’impegno che aveva messo nella danza, anche perché evitare che ogni volta Ron le pestasse i piedi era stata davvero un’impresa. Eppure Hermione non si era mai sentita così felice, così viva.
- E’…bellissimo. – mormorò, senza fiato, continuando a guardare Ron, spostando contemporaneamente anche gli occhi sul resto della sala. – Tutto questo è meraviglioso! – esclamò come una bambina felice. Ron sorrise, gli occhi luminosi e brillanti.
- Tu sei bellissima, Hermione.
Il sorriso della ragazza si spense, mentre il suo cuore perdeva un battito.
- Io… – mormorò, abbassando gli occhi. – Io non mi sento bella, Ron.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, l’audacia di quel complimento era sparita un attimo dopo che l’aveva pronunciato: non gli rimase altro che guardarsi le punte delle scarpe, dondolandosi.
- Grazie. – riprese Hermione, per cercare di strappare via quel silenzio imbarazzante.
- Di cosa?
- Di esserci, anche se non me lo merito. – la ragazza appoggiò la testa sulla sua spalla, cullandosi nell’abbraccio tenero che ne seguì. Lasciò scappare via i pensieri, mise a tacere il cervello e quando anche l’ennesima canzone terminò le venne spontaneo stringere ancora di più Ron, come se lui potesse proteggerla da tutto quel male che fuori da quella stanza li attendeva.
Per questo, quando successe, non riuscì a rendersene pienamente conto.
Avvertì soltanto il movimento di dita leggere e gentili che le accarezzavano il viso, e con delicatezza lo sollevavano, fino a farle portare il volto all’altezza di quello di Ron. Sentì solo il proprio cuore battere sempre più forte e il respiro affannarsi leggermente, prima che delle labbra esitanti si poggiassero sulle sue, dolcemente.
Ebbe a malapena il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo, prima che il suo cuore intraprendesse una maratona con più di 300 ostacoli. Spalancò gli occhi, attonita dalla sorpresa di quel contatto, non sapendo cosa fare, cosa fosse giusto e non, e neanche cosa volesse lei in quel momento. Per il bene di Ron, sarebbe stato meglio allontanarsi, ma allora perché esitava? Perché il suo corpo non lo respingeva, ma anzi sembrava accogliere quel contatto? Perché sentiva una carezza sul suo viso e desiderava sentirla ancora una volta, ancora di più? Non fece in tempo a rispondersi perché per impulso, quasi dettato da un istinto naturale, schiuse timidamente le labbra, mentre le palpebre si socchiudevano lasciandosi andare. Chiudendo fuori il mondo e permettendosi di scoprirsi.
Si baciarono con dolcezza, con la tenerezza nei gesti e l’esitazione nelle mani, il cuore nello stomaco e le emozioni che il primo amore porta sempre. Si baciarono con affetto, quell’affetto incontrollato che li travolgeva sempre e li portava a non separarsi mai, anche nelle situazioni più avverse. Si baciarono con amore, perché sì, capì Hermione, era davvero amore quello che provava. Un amore diverso, completamente differente da quello che sentiva per Draco, ma non per questo meno sincero o intenso. Lei e Ron avevano condiviso tutto, tutto quanto, sempre. L’amore per Ron era qualcosa cresciuto pian piano e senza fretta, qualcosa che l’avrebbe sempre protetta e fatta sentire al sicuro. L’amore per Draco era qualcosa di travolgente, che la costringeva a rimettere in gioco tutte le sue carte, era un amore per cui bisognava rischiare.
 
Quanto sei disposta a rischiare, Hermione?
 
Si baciarono con sincerità, entrambi pienamente consapevoli dei propri sentimenti, di quanto fossero devastanti, e di quanto fosse assolutamente sbagliato quel momento. Entrambi desiderandolo. Si baciarono con tristezza, sapendo che quell’attimo era soltanto un istante rubato al tempo, un piccolo ritaglio della loro vita che non si sarebbe ripetuto mai più, ma che avrebbero sempre portato nel loro cuore, come il più caro dei ricordi. Si baciarono con un addio, uno struggente e malinconico addio. In fondo, quello era il bacio che non si erano mai dati, quello che i loro cuori avevano reclamato per tanto tempo, quel bacio che entrambi avevano desiderato in momenti diversi, ma che, sapevano, adesso era troppo tardi per farlo diventare qualcosa di più.
Quando le loro labbra si separarono, Ron rimase per un secondo con la fronte appoggiata sulla sua. Si allontanò poi lentamente, lasciandole una dolce carezza sulla guancia. La prima cosa che la ragazza notò fu la scintilla nel suo sguardo: fu qualcosa di triste, rassegnato e consapevole, ma allo stesso tempo felice, caldo.
 
Fu il più bel regalo di Natale e allo stesso tempo il più brutto.
 
Fu qualcosa che avrebbe sempre portato con sé.
- Ti amo, Hermione.
La ragazza sorrise, per quel che le riuscì, passandogli una mano sulla guancia, sfiorando il piccolo accenno di barba, la punta del naso. Gli sfiorò le labbra che aveva appena baciato, che per quell’attimo erano state solo sue e di nessun altro.
 
Devo lasciarti andare.
 
Lo memorizzò così come lo vedeva in quell’istante. Memorizzò le sue dolci parole, gli occhi che splendevano per lei, ma che avrebbero dovuto imparare a splendere per qualcun'altra. Memorizzò la figura di Ron che le confessava di amarla, consapevole che, anche col passare degli anni, il ricordo di quel momento le avrebbe fatto battere il cuore.
- Ti voglio bene, Ron.
Come se si fossero messi d’accordo, sciolsero la presa delle loro mani intrecciate e il mezzo abbraccio dei loro corpi.
- Sarai sempre la mia migliore amica.
- Sarai sempre mio fratello. – rispose la ragazza, con sguardo lucido. Una piccola parte del suo cuore che forsennatamente batteva nel petto cominciò a sanguinare dolorosamente, mentre il macigno cominciava pian piano ad alleggerirsi.
Sorrisero entrambi silenziosamente.
- Io vado, uhm, in bagno. – mormorò Hermione, dopo qualche secondo, cercando una qualunque scusa per allontanarsi.
- Io vado da Ginny. – bisbigliò Ron, abbassando lo sguardo. – Voglio parlarle, sapere come sta e soprattutto… sapere dov’è dato che non la vedo più. – aggiunse poi, cercando la sorella con lo sguardo senza trovarla. – Non vorrei che qualcuno... – Hermione sorrise teneramente, notando come la gelosia di Ron nei confronti della sorellina, venisse sempre fuori, indifferentemente dalle situazioni.
Quando la Grifondoro si voltò avvertì nuovamente il proprio cuore riempirsi di tristezza, ma per  ogni passo che metteva tra lei e Ron, il macigno si dissolveva sempre di più.
Riuscì a stento a farsi strada tra la miriade di persone senza rimanere schiacciata come una tartina. Uscì dalla Sala, sentendo finalmente la musica affievolirsi e il rumore scomparire pian piano, mentre si dirigeva verso il bagno lì vicino.
Hermione la maniglia della porta non fece in tempo neanche a sfiorarla. Ebbe soltanto pochi secondi per allungare le dita, prima di sentirsi afferrare, bruscamente. La paura la immobilizzò, cominciò a scalciare e ad agitarsi, ricordandosi con rammarico di aver lasciato la bacchetta nella sua camera; fu presa dal panico più totale quando capì che il suo aggressore era molto più forte di lei e non aveva la minima intenzione di lasciarla andare. Si maledisse per essersi allontanata dalla festa o per non essersi fatta accompagnare da qualcuno, ma giusto un attimo prima che potesse mettersi a urlare o qualunque altra cosa, riconobbe quella sensazione bruciante che aveva provato mesi prima, e sognato tante e tante volte, sempre più spesso. Smise di dimenarsi, a metà tra l’incredulo e la certezza che stesse sognando, soffocando a malapena un sospiro di sollievo.
Per la seconda volta della serata Hermione non capì più niente.
Fu solo in grado di voltarsi, vedere quel paio di occhi grigi a un millimetro dai suoi; quegli occhi per cui si era dannata l’anima e il cuore, occhi che ingannavano e punivano, che la facevano scivolare nell’oblio più fitto e nella disperazione più totale, quegli occhi che erano stati capaci di farle raggiungere il paradiso un attimo prima e buttarla nell’inferno un secondo dopo.
Ma prima che Hermione potesse anche solo formulare una domanda coerente, Draco le tappò la bocca, nel modo più semplice che esista al mondo.
 
Quanto sei disposta a rischiare, Hermione?
 

 
 
 





 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Angolo Autrice
 
Io credo che riceverò un basilisco in casa, ma forse è solo una mia impressione. Ok, da cosa parto prima? Dal finale (assolutamente perfido) lasciato in sospeso, oppure dalle scuse? Sono più propensa per la seconda, quindi….Le scuse!
Allora… Che posso dire… Ehm… La scuola è ricominciata! E quindi… I professori ci tartassano di nuovo (quest’anno abbiamo una materia in più), tra l’altro domani ho giusto un compito di fisica, per il quale non ho studiato un accidente, perché volevo finire di scrivere questo capitolo che proprio non voleva saperne di venir fuori. Mi dispiace tantissimo per il ritardo, dico davvero. So che sono imperdonabile, ma non ho davvero mai tempo, soprattutto questo è un capitolo molto importante, non potevo buttarlo via, avevo bisogno di tanto tempo per scriverlo, anche se questo so che non giustifica la mia lunga assenza.
Andiamo per punti, altrimenti mi perdo i pezzi per strada.
1. Com’è stato il vostro primo giorno di scuola? So che è un po’ tardi per chiederlo, ma spero che sia stato più piacevole del mio. (Io sono rimasta traumatizzata…-.-”) A proposito! Se volete una descrizione dettagliata sul primo giorno di scuola, passate a leggere la fan fiction di Slytherin_Ss dal titolo "Diciassette anni disastrati", la sua descrizione è particolarmente calzante.
2. Mi scuso ancora infinitamente, mi prostro ai vostri piedi, implorando perdono! Un altro dei motivi per cui ho ritardato così tardo è che… ho avuto la geniale idea di andarmi a incartare letteralmente nei contest. Ebbene sì…ho scoperto il mondo dei contest, terribile sciagura per tutti voi.
3. Uhm…Uhm…ammetto che il finale potrebbe essere stato un tantino perfido….anzi molto….anzi, forse un bel po’ ora che ci penso….probabilmente quasi tutti i lettori aspettavano questo momento da sempre e io l’ho interrotto proprio sul più bello….non so perché ho fatto questa bastardata in effetti…Sono sadica, eh? xD
Insomma che vi posso dire? Stella94 mi ha contagiato! E se la persona a cui mi riferisco, sta leggendo queste note, deve prendersela con se stessa ù.ù Io ho imparato da lei xD
Quindi… niente pomodori, chiaro?
4. Questo capitolo è molto denso! Succedono parecchie cose, per questo ho dovuto spezzarlo a metà: mi sembra che sia fin troppo lungo, sono quasi indecisa se dividerlo ulteriormente in 3 parti, ma d’altronde vi avevo promesso il capitolo della festa e almeno un pochino ce la dovevo mettere :) Comunque la festa non è finita, continuerà nel prossimo capitolo!
5. Vi è piaciuta la reazione di Harry? Ve l’aspettavate? Io me la sono sempre immaginata così, non so perché ma da quando ho cominciato la storia, ho sempre pensato che Harry avrebbe reagito in quel modo e non potevo certo cambiarlo u.u Le cose non sono molto semplici per il momento, ma presto si sbriglieranno vedrete ^___^
6. Ehm…per quanto riguarda la scena tra Ron e Hermione….Uhm…Vi prego, sostenitrici delle Draco/Hermione non linciatemi! Anche io sono pro Draco/Hermione, però….Che dire? La mano ha scritto da sola sul computer ._______.
7. Ringrazio quelle 3 ragazze che mi hanno dato tramite messaggio la spinta necessaria per terminare il capitolo: tonks, Slytherin_Ss e FedePluck93 ;)
8. Ringraziamenti: ringrazio quelle 19 dolcissime ragazze (19,19,19!!!!!! Ma siete impazzite?!? Ho avuto un collasso di gioia!) che hanno recensito lo scorso capitolo: Harry Potterish, Black_Yumi, cranium, Gio98, V e r v, tonks17, Slytherin_Ss, LadyFurianera, Felpick93, MadamaBumb, ladyathena, Nala_, Virus14, Alepotterhead, Draco the best, piumetta, Stella94, Notteinfinita e chiaram.
Grazie a tutti coloro che hanno recensito anche una sola volta questa storia, perché mi avete reso la persona più felice della terra.
9. Grazie anche a quelle dolcissime 7 ragazze che mi hanno segnalato all’amministrazione per le scelte: DracoMattyMalfoy, Felpick93, Slytherin_Ss, UraniaSloanus, aranciata, Darleen e Sasoriza98.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e non mi mandiate troppe maledizioni *occhi a cucciolo*
Vi mando un abbraccio stritolatore!
flors99
  
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