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Autore: Lushia    20/10/2012    1 recensioni
La vita di una giovane Arina, costretta a crescere immersa nella vita quotidiana di una famiglia mafiosa, con i suoi problemi adolescenziali e le situazioni strane e nonsense che la circondano.
La sua allieva, una bambina di sette anni tutto pepe che non riesce a stare un attimo tranquilla assieme ai suoi amichetti.
Cosa è accaduto in passato e cosa accadrà?
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'KHR! 11^ Famiglia'
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Target 13 - Complotto

cover

Quando il sole si levò dall'orizzonte, in quel grigio martedì, la giovane Arina era già in piedi da un bel po', incapace di riuscire a dormire decentemente.
Il suo cuore batteva rapidamente, il sorriso non aveva mai lasciato il suo volto e aveva perso molto tempo sotto l'acqua della doccia, che l'aveva coccolata mentre era immersa nei pensieri.
Si era guardata allo specchio più e più volte, sistemandosi la chioma bionda e osservando gli scintillanti occhi verdi, pieni di euforia.
Erano solo le otto del mattino e la ragazzina si era già agghindata, con un abitino verde sopra una camicia bianca e fermato sotto il busto da una cintura.
Sospirò, osservandosi attorno. Era tempo di mettersi all'opera, perciò indossò un grembiule e prese l'aspirapolvere.

Canticchiò tra sé e sé, mentre lo passava con divertimento sul pavimento della piccola abitazione, spostando con cura le sedie e i mobiletti, pulendo ogni angusto angolo dalla terribile minaccia della polvere.
Dopo aver posato l'aspirapolvere, la ragazzina prese uno straccio e lo fece scivolare rapidamente sul tavolo e sugli scaffali.

- Bene, tutto è bello pulito e profumato! - sorrise, mentre gettava la pezza sporca nel contenitore dei panni da lavare.

Si stiracchiò, avvicinandosi ai fornelli e riflettendo sul da farsi. Voleva preparare qualcosa di buono, un pasto che avrebbe lasciato il ragazzo senza parole.
Annuì a sé stessa, prese un ricettario e fece scorrere l'indice sulla lista delle possibili pietanze. Una volta scelto il menu del giorno, controllò se fosse in possesso di tutti gli ingredienti.
Ovviamente una liceale di quindici anni, che viveva da sola e mantenuta da un tutore esterno, non disponeva di chissà quale grande varietà di ingredienti, perciò era già conscia che sarebbe dovuta andare a fare spese.
Prese il suo zainetto blu e uscì dall'appartamento, dirigendosi verso il supermercato più vicino.

- Dunque... uova, una confezione di besciamella, zucchine... mh -
Appena entrò nel negozio venne invasa da un'aria gelida che per poco non la congelò, nonostante l'estate stesse finendo faceva ancora abbastanza caldo e nei locali era onnipresente l'aria condizionata.
Si guardò attorno con curiosità, controllando gli scaffali e ritrovandosi a prendere prodotti che non servivano ma che, date le vantaggiose offerte, non potevano non essere acquistati subito.
- Uh, quest'olio è buonissimo... ah! Il tonno è in tre per due! Cavolo, questa confezione di fagioli a metà prezzo... -
Una confezione di detersivo e due pacchi di piatti fondi dopo, la ragazzina uscì finalmente dal negozio con un sorriso smagliante e saltellando si avviò verso casa.

Erano già le undici e si rimboccò le maniche, aveva tutta l'intenzione di preparare un pranzo squisito per Alessandro che, di lì a poco, sarebbe arrivato.
Accese l'mp3 che collegò alle casse e iniziò a lavare le zucchine, mentre si dondolava sulle note della canzone di una nota band americana.
Dopo aver fritto il contorno, mise a cuocere dei filetti di carne tenerissima appena comprati e pesò la pasta sulla bilancia, mentre aspettava che il forno raggiungesse una temperatura adeguata.

"Gli piacerà. Deve piacergli!" ridacchiò, canticchiando. "Sarà tutto perfetto."

Alla mezza il campanello suonò.

La giovane si apprestò a spegnere l'mp3 con rapidità e si lanciò alla porta, aprendola e rivelando un giovane dallo sguardo rilassato e sereno che lei abbracciò senza pensieri, tuffandosi sul suo petto e assaporando il suo profumo.

- Ben arrivato~ -
- 'Giorno, Arina. -
La fanciulla invitò il ragazzo ad entrare e Alessandro sembrò quasi stupito dalla tavola ben apparecchiata con stile elegante, il quale cozzava con l'arredamento moderno del piccolo appartamento.
- Wow, hai fatto le cose in grande.
- Perchè? Non ti piace? -
Lo osservò preoccupata ma lui scosse il capo, abbozzando un sorriso.
- Certo che mi piace, che domande. -
Prese subito posto, mentre osservava la fidanzatina che apriva il forno e vi estraeva una teglia con la pasta.
Arina preparò rapidamente due piatti e li portò a tavola, inebriando il ragazzo con il profumo della pasta con la besciamella, preparata con pezzetti di pancetta e piselli.

La ragazzina mangiò con gusto, mentre osservava il giovane fare altrettanto e le sue guance si riempirono di un leggero rossore.
Era felice.

- I tuoi genitori? Come stanno? -
Il ragazzo bevve un sorso d'acqua e mugolò, senza rispondere.
- … le cose non vanno bene? -
- Mh. -
"Non ne vuole parlare... non posso insistere." sospirò, decidendo di lasciar perdere la questione genitori. Non voleva fargli ricordare l'incidente per cui decise di restare in silenzio e continuare a contemplarlo di nascosto.

Quando Alessandro si sedette sul divano, dopo pranzo, accese la televisione e fece un po' di zapping tra i canali. Ogni tanto lanciava un'occhiata alla fidanzata, sembrava osservare il suo fondo schiena con insistenza, mentre lei lavava i piatti imbarazzata.
La giovane sorrise, nonostante tutto non le dispiaceva che il ragazzo le riservasse certe attenzioni.

Dopo qualche istante anche lei lo raggiunse, il giovane stava vedendo un film giallo con concentrazione ma, dopo pochi minuti, sentì le sue mani scivolare sul suo corpo.

Non le ci volle molto a capire le sue intenzioni e lo scostò, imbarazzata.

"No, no. Non ancora. Non posso!" scosse leggermente il capo, completamente rossa e incapace di dire qualsiasi cosa. Non era pronta per un passo così grande dopo così poco tempo che stavano insieme.
Il ragazzo sembrò contrariato, sbuffò e scostò lo sguardo.
La ragazzina si aggiustò la gonna con nervosismo, non riuscendo a trovare un discorso decente che potesse rompere quel momento di imbarazzo.

Alla fine i due optarono per un film horror su una rete privata e l'imbarazzo lasciò spazio alla paura della ragazza e alle risate del giovane.

Il ragazzo dai capelli violacei lanciò uno sguardo all'orologio appeso alla parete. Mosse le gambe e cambiò posizione, appoggiandosi allo schienale del divano.
La bionda staccò l'attenzione dalla televisione e l'osservò con inquietudine.
- … perchè sei così nervoso? -
Il giovane si voltò verso la fanciulla e la guardò con occhi vacui.
- Mi sembra palese. -
La bionda scosse il capo, pensierosa.
- Non capisco... -
- E' pur sempre la tua allieva, no? Se non mi accettasse? Sembra tenere molto a te. -
La ragazza divenne perplessa, se non delusa. Chinò il capo, sospirando.

"Lei." si ritrovò a pensare "Perchè parli di lei in un momento simile? Dovresti pensare a me!"
Ad ogni modo doveva tranquillizzarlo, sembrava davvero abbastanza a disagio.
Ma perchè?

- No, tranquillo... ti ha anche già visto, dopotutto... - arrossì, ricordando il bacio sulla panchina. Il suo primo bacio.
- Tra vedere e conoscere c'è una bella differenza. -

Il telefono squillò all'improvviso e Arina quasi non ebbe un colpo. Si alzò di scatto, afferrò l'aggeggio poggiato sul mobile e rispose velocemente.
Dall'altra parte si sentì una voce squillante e la bionda le parlò quasi con freddezza.
- State arrivando? D'accordo, vi aspettiamo. - concluse la chiamata, infilandosi il cellulare in tasca e sospirando, voltandosi a guardare il giovane che la stava osservando con curiosità. - Sarà qui tra due minuti, preparo un po' di limonata! -
Disse, cercando di sorridere. Non riusciva ad essere felice, non più. Era infastidita, avrebbe voluto dire a Nozomi di non andare, di lasciarli da soli.
All'inizio era felice che Alessandro la conoscesse ma, all'improvviso, iniziò a non sopportare più quell'idea. Come se non bastasse, Alessandro sembrava nervoso e continuava a mettere la bambina in mezzo a discorsi in cui non c'entrava nulla.
La bionda si bloccò davanti al portone d'ingresso, ricordandosi di quanto lui aveva insistito nell'incontrarla.
Inizialmente era sicura che lui volesse entrare di più nella sua vita, che volesse conoscerla meglio. Venuto a conoscenza della sua allieva, avrà pensato che incontrandola si sarebbe sentito finalmente parte della sua famiglia.

Ma, in quel momento, non ne era più sicura.

"... e se preferisse Nozomi a me?"

Scosse il capo, incredula. Come poteva preferire una bambina di otto anni a lei? Era assurdo e stupido, a meno che Alessandro non fosse un pedofilo.
Non voleva nemmeno pensare all'ipotesi che gli piacessero le bambine, dopotutto il giovane era attratto da lei molto prima di sapere dell'esistenza della sua allieva.
Non poteva aver programmato tutto solo per avere la piccola.

Tentò di scacciare quegli orribili pensieri, convincendosi che il suo fidanzato era nervoso soltanto perchè doveva incontrare la sua allieva e non sapeva se lei l'avesse o meno accettato.
Doveva essere così.

Si decise ad aprire il portone d'ingresso, lasciandolo socchiuso, per poi apprestarsi ad estrarre la bibita dal frigorifero.
Versò la limonata nei cinque bicchieri e ne porse uno al ragazzo, mentre lei beveva la sua.

Il giovane si issò dalla poltrona, sorseggiandola, mentre osservava sottecchi la fidanzatina che svuotava il bicchiere in un sol sorso e lo poggiava sul ripiano accanto ai fornelli.
Il viso di Arina era ancora molto confuso, quasi preoccupato.
Ormai era decisa a non pensarci più, voleva solo sperare che quella giornata passasse presto.
Lanciò un'altra occhiata all'orologio, erano le cinque e sei minuti e il ragazzo poggiò il bicchiere accanto a quello della bionda, prima di abbracciarla.
Arina sussultò, arrossendo per quel gesto che non si aspettava.

Ma il suo cuore era spaventato.

- Che peccato... che tu non abbia voluto fare qualcosa, poco fa... -

Spalancò gli occhi, tremando. Sapeva che il ragazzo aveva avuto pensieri indecenti, ma lei non si sentiva affatto pronta per quel passo.
E, in quel momento, era terrorizzata da qualcosa. A stento riuscì a rispondergli.
- ...A … Alessandro... ci sarà tempo per... per queste cose... -
Si sentì avvampare e il suo cuore palpitava rapidamente, mentre assaporava il profumo del ragazzo.
Il profumo che amava.

- Uhm, ma non c'è più tempo. -

Alzò il capo sconcertata, quando sentì qualcosa di freddo sfiorarle il viso.
Rimase immobile, incredula e senza dire nulla, osservando il giovane che si era scostato da lei e reggeva in mano una pistola, che teneva puntata alla tempia della ragazza.
- A... Alessandro...? -
- Perdonami, Arina. Mi sarebbe piaciuto divertirmi un po' con te, ma non mi hai dato questa soddisfazione. Peccato. -

Il suo cuore sobbalzò, nuovamente.
Il terrore, la paura, pensieri che vorticavano nella sua testa e il petto che sembrò bruciare.
- … Ma... cosa... -

Un ghigno si dipinse sul volto del giovane.
- Fra poco la piccola Vongola sarà qui e dovrò occuparmi di lei, quindi il tuo compito è finito. -

"Nozomi."

Tutto era bianco.
Non riusciva quasi più a ragionare, non sapeva cosa dire o come muoversi.
Provava solo un'immenso odio, dentro di lei.

"Nozomi. Sempre tu. E' sempre colpa tua."

Era stata lei a portarle via Alessandro. Le sue paure erano fondate, il ragazzo era interessato più a lei che ad Arina.
Non poteva crederci, non voleva crederci.
Quei mesi passati assieme erano svaniti all'improvviso.
Tutto per colpa di Nozomi?

- Il mio capo ha un conto in sospeso con Vongola Decimo e mi ha ingaggiato per questo lavoro. -
La ragazza scosse leggermente il capo, il freddo metallo che ancora premeva sulla sua tempia.

Frammenti di ricordi apparvero rapidamente davanti ai suoi occhi, tutto ciò che avevano vissuto fino a pochi istanti prima.
Menzogne.

Alessandro era un bugiardo, Alessandro aveva giocato con i suoi sentimenti.
Aveva dato il primo bacio ad una spia, probabilmente ad un assassino.
Si disgustò.

- Alessandro... - balbettò quel nome con disperazione e orrore, ma il ragazzo sembrò seccato.
- Piantala di chiamarmi così. Il mio vero nome è Fabrizio. -

La ragazza si morse le labbra, lacrimando. Il suo cuore finiva in pezzi, osservando l'immagine del ragazzo che si distorceva ai suoi occhi.
- ...dov'è... Alessandro... -
- Il vero Alessandro non l'hai nemmeno mai incontrato, è morto con i suoi parenti nell'incidente dell'altro giorno. Dovevamo liberarci di lui. -

"Dovevate liberarvi di lui?" quelle parole iniziarono ad attivare qualcosa dentro di lei. "...Il suo capo ha un conto in sospesso con Decimo."

Rabbia, odio, frustrazione.
E ancora odio.

Erano loro.

- ...Lhu....Lhumor... -
- Oh, come fai a conoscere...? - si bloccò, perplesso, finchè non sembrò capire la situazione. - Ma certo. Vongola Decimo. -
La ragazzina non parlò, restò ad osservare gli occhi di ghiaccio del ragazzo che non esprimevano emozioni.
Era un assassino, senza cuore, menefreghista e pronto a tutto per compiere la sua missione. Adesso lo vedeva per ciò che era... eppure lo amava.
Il cuore continuava a lottare con il cervello, che reclamava vendetta.

"Lui... lavora per chi ha ucciso i miei genitori." continuava a ripetersi. "Lui... mi ha dato mesi di illusioni e menzogne. Aveva un solo fine."

Arina portò la mano destra verso il petto, tremante, mentre le lacrime rigavano copiose il suo viso.
- Tu... tu non mi hai... -
Il ragazzo sbuffò.
- Mi stai davvero chiedendo qualcosa di così stupido? Per me sei solo un mezzo, non mi interessi per nulla. Certo, mi sarebbe piaciuto almeno abusare di te ma va beh, non si può avere tutto dalla vita. - il giovane scosse il capo, scrollando le spalle. - Dai, il pranzo non era male, ti ringrazierò con una morte rapida e indolore. -

Sentì dei suoni rimbombare all'esterno, provenivano probabilmente dall'androne del palazzo. Forse stavano arrivando, o forse erano altri inquilini che rincasavano.
Alessandro lanciò un'occhiata compiaciuta alla porta d'ingresso, per poi osservare lo sguardo vacuo della bionda.
Alessandro: Non temere, fra poco anche la tua cara allieva ti seguirà.

Il volto della bambina fece capolino tra i suoi ricordi scomposti, mischiati dentro il suo cuore.
La bambina che non voleva vedere per poter passare più tempo con il suo amato.
La bambina che lei pensava essere più importante per il suo ragazzo.
La bambina alla quale aveva attribuito la causa del doppio gioco di Alessandro.

Ma che colpa ne aveva, quella bambina? Di avere Decimo come padre?
Anche Arina era un po' figlia di quell'uomo, poichè l'aveva presa con sé come se l'avesse adottata. Inoltre, vedeva Decimo come una sorta di tutore.
Voleva bene a Decimo, voleva bene a Nozomi.

E l'aveva odiata, perchè la sua colpa è quella di essere figlia di Decimo.
Perchè l'obiettivo di Alessandro era solo Nozomi.

"La vuole uccidere. Vuole ucciderla per far disperare Decimo." la sua razionalità pian piano tornava, nonostante sentisse le budella contorcersi.
"Anche Nozomi è una vittima, proprio come me."

La mano sinistra della giovane scivolò nella tasca.
Li aveva con sé. Non li aveva quasi mai usati eppure fu Reborn a dirle di non separarsene mai, perchè sarebbe giunto il momento in cui avrebbe dovuto usarli.

“Reborn, il tutore di Decimo... voi sapevate che qualcosa di simile sarebbe accaduto?”

Voleva chiedere aiuto ma era sola, con l'indice del giovane che scivolava sul grilletto e una ragazza che presto morirà in un lago scarlatto.
Dopo di lei ci sarebbero state altre tre vittime. Dei bambini innocenti.

Un click risuonò nell'abitazione, ma fortunatamente nessuno era morto. La ragazza si era spostata e il giovane era indietreggiato, con il braccio graffiato e lo sguardo adirato.
- ...TU. -
Arina aveva dei lunghi artigli argentati che emettevano la fiamma verdastra del fulmine.
Stava osservando il ragazzo con sguardo apatico, nonostante i suoi occhi fossero disperati e pieni di suppliche silenziose.

Ma il ragazzo era senza cuore, al ragazzo nulla importava.
Era un maledetto assassino incaricato di uccidere la figlia di Decimo e chiunque gli si parasse davanti.

Il ragazzo non era stupido, si lanciò contro Arina e si abbassò rapidamente, colpendola alle gambe di soppiatto e riuscendo a schivarne gli attacchi solo per poter arrivare dietro di lei.
Arina aveva capito che voleva puntare al collo, perciò riprese l'ecquilibrio e si lanciò in avanti, voltandosi rapidamente e continuando ad attaccare con i suoi artigli, schivando gli spari del silenziatore.
Più d'una volta il giovane venne sfiorato dalle unghie e bestemmiò, arrivò accanto al tavolo e lo spinse violentamente contro di lei.
La ragazzina fece un rapido balzo e vi salì sopra, con lo stupore dell'assassino che, probabilmente, non si aspettava tutta quella agilità.

Lo osservò dall'alto, scrutando il viso spietato e adirato di un assassino.
No, quello non era Alessandro.
Il povero Alessandro non l'aveva mai nemmeno incontrato, era stato ucciso per vendetta.
Chissà quanto era dolce e simpatico quell'Alessandro, se solo lo avesse conosciuto.
Non potrà più sorridere, non potrà più stare con i suoi amici, non avrà mai più una ragazza e non potrà invecchiare con la sua famiglia.
Il povero Alessandro era stato ucciso perchè era una palla al piede, per chi stava utilizzando il suo nome per un piano diabolico.

Alessandro Demerito, così come sua madre e suo zio, erano vittime.
Altre vittime della Lhumor Corporation, assieme ai suoi genitori e ad altre persone uccise negli agguati di quattordici anni prima.
Agguati contro i Vongola, vendette contro Decimo.

Vite spezzate per la crudeltà e l'arroganza delle persone.

Anche lei sarebbe morta per motivi così futili? Si trovava di fronte un certo Fabrizio, un ragazzo che in realtà non conosceva affatto, che voleva ucciderla e teneva una pistola puntata verso di lei.

Lei, che era una vittima come tante altre.

Era una vittima solo perchè era vicina a Nozomi. Forse, se si fosse allontanata da lei e da quella vita, non sarebbe più stata usata da nessuno. Non sarebbe morta come Alessandro.
Ma Nozomi, invece? Non importa cosa avesse fatto per celare la sua identità, sarebbe stata sempre e comunque una vittima e un obiettivo.
Se Arina poteva salvarsi, Nozomi non poteva.
Il suo destino era segnato.

I suoi occhi si riempirono di lacrime amare. Lei, che tutti aiutava e che amava i suoi amici, aveva odiato la bambina perchè l'aveva trascinata nella sua vita.
Non aveva compreso di essere già dentro quel mondo sin da quando Decimo l'aveva presa con sé.
Non poteva più fuggire, così come Nozomi.
Avrebbe dovuto avanzare con lei.

In due potevano aiutarsi e potevano riuscire a vincere gli ostacoli.
In due potevano essere felici.

Il ragazzo sparò ancora e ancora, sfuggendole e riparandosi dietro il tavolo. Ma Arina, ormai, non vedeva più quel ragazzo come il suo amato fidanzato. Lo vedeva come un mero assassino dalla quale doveva difendersi.
Aveva tre bambini da proteggere, piccole vittime dell'odio degli adulti.
Non esitò un istante quando, dopo una finta, arrivò alle sue spalle e lo colpì con violenza, affondando gli artigli nella carne e infierendo ancora e ancora.

Ancora e ancora.

Pianse, mentre si muoveva meccanicamente sul corpo di Fabrizio.
Non conosceva Fabrizio, sapeva soltanto che era un uomo meschino e voleva ucciderla.
Per questo si era difesa, per questo i suoi abiti erano ormai scarlatti e lui era caduto a terra, agonizzante.

Le ferite erano multiple e profonde, sarebbe morto di lì a poco per dissanguamento.
Oppure, probabilmente, lo era già.
Ma non controllò, rimase immobile ad osservare il suo corpo straziato.
Gli unici rumori erano il ticchettio dell'orologio e il respiro affannoso della ragazza, le gocce di sangue che si staccavano dai suoi artigli, colpevoli di quell'atto.

Era diventata un'assassina, ma a causa di chi?
Non poteva odiare Decimo o Nozomi poichè non era colpa loro, ma del marcio che c'era nel mondo.

Si ritrovò ad alzare il capo verso l'ingresso dell'abitazione, immergendosi negli occhi della bambina.

Rabbrividì.

Quegli occhi chiari erano furiosi, fissi su di lei e pieni di odio. Sembrava tremasse e a stento si tratteneva dal piangere.

“No... Nozomi... io non....”

Cosa aveva visto? Cosa stava pensando? L'avrebbe ritenuta un'assassina?
Era buffo che poco prima l'aveva odiata e adesso aveva il terrore del suo giudizio.

- ...N... -
Non riuscì a pronunciare il suo nome, le parole non voleva uscire fuori dalle sue labbra.
Arina: N... U... Undicesima...
Capì che non aveva il coraggio di chiamarla per nome, non dopo che le aveva mostrato quella scena disgustosa.
Non dopo averla odiata dal profondo del suo cuore.

La bambina scosse il capo, quasi incredula.
- ...Lhumor...vero? - disse lei.
- ...eh? - Arina non sembrava aver capito bene, perchè aveva pronunciato quel nome?

Un pensiero le balenò nella testa.
Aveva capito tutto.

- ...prima i tuoi genitori e ora il tuo cuore... no... adesso basta. - la piccola scosse il capo ancora, indietreggiando.

Non la odiava. Non aveva frainteso. Aveva già capito tutto.

“Lei... lei vuole...”

- Undicesima... aspetta... non... - alzò il braccio verso di lei, come se volesse afferrarla, ma la piccola si era voltata ed era fuggita via. Quasi meccanicamente e senza esitazione, Arina si era lanciata al suo inseguimento.

Dov'era andata? Dov'era diretta? Sapeva come arrivare a loro? Stava scappando a caso perchè triste, oppure era diretta in un luogo ben preciso?
Nella sua abitazione c'era un cadavere pieno di sangue e in una delle sue tasche c'erano le armi del delitto. Come poteva andare via così, col rischio che qualcuno notasse gli schizzi di sangue sul suo vestito o trovasse il corpo di Fabrizio a casa sua?
Non sapeva più cosa fare o pensare, in quel momento aveva solo un'idea in testa.
Doveva salvarla. Doveva salvare Nozomi.

Era il suo compito sin dall'inizio.
Ma, in quel momento, iniziava a capire il perchè.
La doveva salvare dallo sbaglio che lei stessa aveva appena commesso, davanti agli occhi innocenti della bambina.
Doveva impedire che anche lei si sporcasse le mani di sangue.
Per odio, per rabbia, per vendetta.

Si fermò appena superato l'androne, osservando spaesata il vialetto. Davanti a lei c'era solo un Fabio sconvolto, che si guardava attorno.
- Nono-chan... è andata di là. Claudio l'ha seguita... - disse il bambino.

La ragazza non sembrò voler attendere un attimo di più, non dopo aver saputo che anche Claudio era stato immischiato in quella faccenda.
Portò automaticamente una mano in una tasca, prendendo il cellulare che aveva con sé e componendo un numero, prima di iniziare a correre più veloce che poteva.
Le gambe le dolevano, gli artigli insanguinati erano ancora riposti nell'altra tasca e i frammenti del suo cuore venivano sparsi lungo la strada che stava percorrendo.

   
 
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