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Autore: EnricoZapping    25/10/2012    1 recensioni
Si prospettava una normalissima gita.
Inutile dire che non lo sarebbe stata.
Questa è la storia di una nuova avventura semidivina in America, con protagonisti interamente nuovi. Sono passati 8 anni da quando Percy Jackson ha fatto sancire il patto degli déi, e ora un altro evento farà vacillare la pace nel mondo degli déi e degli uomini.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Airyn


Alla fine dei conti, arrivammo nello stato dell’Indiana, dopo aver raccolto cibo e qualche soldo (sia dollari che dracme d’oro) a casa di Aracne. Per quello che ne sapevo, adesso l’ingresso della via di Orfeo è in un parco di Indianapolis. Dico “adesso” perché è abbastanza variabile, come posizione: ogni due anni si riposiziona magicamente. Non chiedetemi perché.
Sta di fatto che il nostro benvenuto nell’Indiana non fu il migliore del mondo.
Avete presente il Minotauro? Avete presente di chi è figlio? A parte di Pasifae, intendo. Di un toro, dite. Ma non di un bovino qualsiasi, del Toro di Creta, un toro formato gigante con la pelle ultra-coriacea, due corna che sembravano fatte appositamente per conficcarsi nello stomaco di qualcuno, e che per giunta sputava fuoco. Avete indovinato, ce l’eravamo ritrovati davanti a Richmond, poco dopo aver passato il confine fra Ohio e Indiana.
La scena era più o meno questa: Louise che cercava (quasi inutilmente, dato che aveva la pelle resistente come lamiera d’acciaio rinforzata) di infilzarlo con i suoi pugnali, con le punte dei capelli bruciate assieme (cosa che l’aveva resa una discreta furia bovinicida), Christian che prova a congelarlo – sempre inutilmente, dato che a quello bastava un respiro e squagliava tutto il ghiaccio nel giro di metri – e io che provavo a calmarlo – non di farlo impazzire, ci sarebbe mancato soltanto di ritrovarcelo anche pazzo – suonando Frozen di Madonna al flauto.
“Ahhh! Vai all’Ade, βους αραιος!”, urlò Louise (e per chi se lo stesse chiedendo, voleva dire “bue maledetto”), caricandolo, con i pugnali sguainati, l’aria assassina e il makeup sciolto dal calore, cosa che la faceva assomigliare a un’attrice tragica nella scena clou dell’opera.
Il Toro sbuffò una fiammata che per poco non colpì Christian in testa, che però fortunatamente si abbassò il momento prima. Ad ogni modo, gli andarono a fuoco i capelli, e iniziò a correre intorno come un matto coi capelli incendiati.
Ok, la situazione era tragica. … Ecco, avete presente cosa significa “Deus ex machina”? Sostanzialmente, qualcosa che ribalta una situazione drammatica. Come l’idea che avevo avuto.
“Louise!”, gridai. “La tua borsetta!”
Quella smise per un attimo di pugnalare invano il bovino, si girò e senza pensarci troppo me la tirò. Ok, fantastico, a metà strada si era aperta da sola e volando mi rovesciò addosso una valanga di boccette di smalto, ombretti vari, un piumino da cipria in piena faccia, e trucchi vari. Ma non era il tempo di lamentarsi. Iniziai subito a frugare nella borsetta, che equivaleva grosso modo a cercare un ago nel pagliaio. Alla fine però, trovai quello che cercavo. La crema solare di Medea protezione 10.000. All’aroma di kiwi.
“Chris!”, chiamai, e quello corse da me, con i capelli che aveva spento congelandoli col suo tocco, risultando vagamente ridicolo. “Senti, ti fidi di me?”
“No.”, rispose lui, “Onestamente.”
“Vabbé, fa lo stesso! Togliti tutto – eccetto le mutande! – rovesciati addosso questo flacone e poi congelalo!”
“Ma dovrei toccarlo per parecchio tempo, per farlo! E nel frattempo mi incenerirebbe!”
“E a secondo te che cosa serve ‘stà roba? E’ una sorta di lozione magica che rende immuni al fuoco! L’ha usata anche Giasone.”, spiegai in fretta.
“Ah, ora capisco.”
… Cercai di non guardarlo troppo mentre si metteva quasi a nudo e si rovesciava la crema solare addosso, svitando il tappo. Per sicurezza se ne intrise anche le mutande (boxer azzurri, per le interessate), così se il Toro di Creta decideva di sbuffargli una fiammata addosso non rimaneva … incensurato.
“Ora, a noi due!”, disse lui, con l’aria di chi ha il mondo in mano. Caricò il toro, che gli sbuffò fuoco addosso, ma lui passò illeso fra le fiamme, e poi lo prese per le corna, si diede la spinta e gli salì sopra. Con quella crema addosso, quasi nudo, e per di più facendo acrobazie del genere, sembrava un atleta greco. … Se gli dite che l’ho detto, o meglio, pensato, giuro che vi faccio impazzire a forza di suonare La Marcia di Topolino.
Salito in groppa, tenne le mani salde sulle corna, mentre l’ammasso di manzo sputa fuoco si dimenava. In tempo niente, il gelo iniziò a spandersi sopra di lui. Le corna si rivestirono di brina, e nonostante il toro sbuffasse fuoco e continuasse a sbuffare, il gelo continuava ad avanzargli addosso, ricoprendolo lentamente. Nel giro di cinque di minuti, il Toro di Creta era ricoperto di uno strato di ghiaccio magico spesso cinque centimetri.
“Chris, sei grandioso!”, dissi io, e non lo abbracciai solo perché era ancora in versione atleta, ricoperto di crema all’aroma di kiwi.



Nathan


“Sveglia!”, urlai nell’orecchio di Austin. Nessun risultato. Le cose sono due: o ha il sonno ultrapesante perché è figlio di Hypnos, o ha il sonno ultrapesante di suo.
Presi la borraccia dell’acqua e gli spruzzai un po’ d’acqua sulla faccia. Effetto immediato!
“Glub! Pff! NATHAN!”
“Ehi, non ti volevi alzare”, mi scusai io.
“Non è un buon motivo per svegliarmi con l’acqua in faccia!”
“Abbiamo roba più importante di cui parlare, del tuo galateo sottozero, Nathan! E anche tu, Austin, muto.”, disse Anthea, e lo disse con un tono così perentorio che non ubbidirle sarebbe stata un’impresa.
“E cosa c’è di più importante, all’ordine del giorno?”
“Dove trovare Artemide”, ribatté lei. “Stanotte ho avuto un sogno.”
“Ehi, non era un incubo atroce che ti ha svegliato nel sonno? Se Artemide è in un posto da incubo, proporrei di cambiare sospettato.”, disse Austin.
“Non lo definirei un posto da incubo. E’ il Museo.”
“Museo? Quale? Esiste un museo del Metal? Se la risposta è sì, andiamo in qu-“
“Non un museo qualsiasi!”, mi interruppe lei. “Il Museo con la M maiuscola, quello che conteneva la Biblioteca di Alessandria, fondato da Alessandro Magno.”
“Punto primo, mi spieghi perché sarebbe finito in America, se ai tempi dei greci era ad Alessandria?”
“Ciò che i mortali ignorano è che il Museo è quasi un’entità viva. E’ legato al sapere umano, cresce con esso, e finché esiste l’uomo non può essere distrutto. Quando il glorioso regno di Alessandro cadde, e quindi, quando l’Occidente si dovette spostare, il Museo si mosse anch’esso.”
“Morale della favola?”, chiesi io.
“Abbiamo bisogno di un mezzo di trasporto per Seattle.”, annunciò lei.



???


“Grr! Non va bene!”, ruggii, e poi diedi un calcio alla parete.
“Non le fa bene adirarsssi! Si rilasssi.”, mi disse … una cara amica.
“Ma che cosa ne sai tu dei miei problemi!”, le risposi io, non molto rilassata. “Gli Déi mi stanno mettendo i bastoni fra le ruote! Presto arriveranno quegli eroi!”
“Non sssi preoccupi. Basssterà lei, a tenerli a bada. Non sssi ssscordi di che cosssa è capace, mia signora.”
Effettivamente, avevo bisogno di sentirmelo dire.
“E’ vero. Non possono nulla contro di me! Li schiaccerò come pulci! Zanzare! Mosche! Scarafaggi!”, dissi io, con parecchia enfasi.
“La mia sssignora si è calmata.”, rispose lei. “Me ne compiaccio.”
“Grazie, sorella, mi serviva proprio un po’ di incoraggiamento!”
“Perché non torna a ssscagliare frecce?”
“Buona idea.”



Angolo dell'autore. Ho volutamente lasciato questo capitolo privo del pezzo del team di Robert & co. perché a livello di trama quel gruppo era troppo avanti rispetto agli altri, avrebbe finito in anticipo. Ad ogni modo, si accettano scommesse sui personaggi misteriosi dell'ultimo paragrafo. :) Oh, ehm, Christian in mutande conta come fanservice? XD
  
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