Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: Rico da Fe    27/10/2012    5 recensioni
Avete mai pensato alla Divina Commedia in chiave hetaliana?
Beh, Giappone ci ha pensato eccome, quella volta in cui si è perso nella spaventosa "selva oscura"!
Ma state tranquilli: ci penseranno Germania e Italia a salvarlo e a condurlo attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso, il primo venendo apposta dal Limbo, il secondo scendendo dall'Empireo per condurlo attraverso il Paradiso, luogo precluso a Germania...
Quali saranno le nazioni dannate? Quali le nazioni beate?
Scopritelo in questa spero esilarante rivisitazione della Commedia dantesca!
Genere: Avventura, Commedia, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axis Powers/Potenze dell'Asse, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Personaggi
 
Dante: Giappone
Virgilio: Germania
Beatrice: Italia
Le tre fiere: Hanatamago, Kumajirou e Mr. Puffin
 
 
 
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché l’indipendenza mia era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!

Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre nazion ch’i’ v’ ho scorte.

 
 
Giappone avanzò spaventato e tremante.
Quella foresta era davvero terribile! Persino lui, di solito così calmo e riflessivo, iniziava a scoraggiarsi: non avrebbe mai trovato l’uscita…
Continuò a camminare tra gli alberi, senza avere la minima idea di dove andare, finché finalmente non vide, al di sopra dei rami contorti, una verde collina illuminata dal sole.
Subito sentì rinascere la speranza; ma aveva appena incominciato a salire verso il colle, quando improvvisamente gli comparvero dinanzi, a sbarrargli la strada, tre orribili fiere: un orsetto polare (Kumajiro), un cane bianco (Hanatamago) e una pulcinella di mare (Mr. Puffin).
 
 
E la pulcinella di mare, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,

questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’indipendenza.

 
Giappone, con il cuore in gola, si volse da una parte e dall’altra: che fare? Dove andare? Ah, avesse avuto la sua fida katana…
Guardò con desiderio e dolore la collina, la sua salvezza, e fronteggiando le tre belve rientrò nella foresta.
Ah, era perduto!!!
Ma d’un tratto, accanto a sé, vide un bizzarro ed evanescente tizio biondo, muscoloso e con gli occhi azzurri.
"Tasukete di me", gridai a lui,
"qual che tu sii, od ombra o Stato certo!".

 
Rispuosemi: "Non Stato, Stato già fui,
e li parenti* miei furon germani,
prussiani per patrïa ambedui.

Nacqui sub Bismarck, ancor che fosse tardi,
e vissi a Berlino sotto ’l pazzo Hitler
nel tempo de li nazisti falsi e bugiardi.

Soldato fui, e lottai con quel giusto
figliuol di Roma che venne di Troia,

poi che ’l superbo Imper fu combusto.

Ma tu perché ritorni a tanta noia?
perché non sali il dilettoso monte
ch’è principio e cagion di tutta gioia?".
 
 
Giappone all’istante lo riconobbe e, felice, lo salutò:
 
"Or se’ tu quel Germania e quella fonte
che spandi di parlar sì largo fiume?",
rispuos’io lui con vergognosa fronte.

"O de le altre potenze onore e lume,
vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore
che m’ ha fatto cercar lo tuo volume.

Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
la bella guerra che m’ ha fatto onore.

Vedi la bestia per cu’ io mi volsi;
aiutami da lei, famoso guerrier e saggio,

ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi".
 
Ma Germania scosse la testa, continuando a guardarlo con espressione ferma.
 
"A te convien tenere altro vïaggio",
rispuose, poi che lagrimar mi vide,
"se vuo’ campar d’esto loco selvaggio;

ché questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide;

e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo ’l pasto ha più fame che pria.”

 
Spiego’ Germania, indicando l’apparentemente innocua pulcinella di mare.
E soggiunse:
 
“Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno;

ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi Stati dolenti,
ch’a la seconda morte ciascun grida;

e vederai color che son contenti
nel foco, perché speran di venire
quando che sia a le beate nazioni.

A le quai poi se tu vorrai salire,
nazione fia a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire;

ché quello imperador che là sù regna,
perch’i’ fu’ ribellante a la sua legge,
non vuol che ’n sua città per me si vegna.

In tutte parti impera e quivi regge;
quivi è la sua città e l’alto seggio:
oh felice colui cu’ ivi elegge!".

 
Giappone lo guardò, e con calma assentì, certo che seguire Germania fosse la cosa più saggia da fare (almeno lo avrebbe salvato da Mr. Puffin!)
E si avviò dietro di lui.
Ma a un certo punto, quando ebbe realizzato cosa gli aveva chiesto la nazione, Giappone fu preso da un dubbio: perché proprio lui?
Perché doveva visitare lui l’Inferno, e non qualcun altro?
Cedendo infine all’emozione chiese:
 
“Ma io, perché venirvi? o chi ’l concede?
Io non Sacro**, io non Prussia sono;
me degno a ciò né io né altri ’l crede.

Per che, se del venire io m’abbandono,
temo che la venuta non sia folle.
Se’ savio; intendi me’ ch’i’ non ragiono".

 
Germania si voltò a guardarlo, e disse, con la sua solita voce autoritaria e militaresca:
 
"S’i’ ho ben la parola tua intesa",
rispuose del magnanimo quell’ombra,
"l’anima tua è da viltade offesa;

la qual molte fïate l’omo ingombra
sì che d’onrata impresa lo rivolve,
come falso veder guerra quand’ombra.

Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch’io venni e quel ch’io ’ntesi
nel primo punto che di te mi dolve.

Io era tra color che son sospesi,
e nazione mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.

Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:

"Veh, o anima cortese germana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto ’l mondo lontana,

l’amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che vòlt’è per paura;

e temo che non sia già sì smarrito,
ch’io mi sia tardi al soccorso levato,
per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito.

Or movi, e con lo tuo tedesco ornato
e con ciò c’ ha mestieri al suo campare,
l’aiuta sì ch’i’ ne sia consolato.

I’ son Italia che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.

Quando sarò dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui".
Tacette allora, e poi comincia’ io:

"O nazione di virtù sola per cui
l’umana spezie eccede ogne contento
di quel ciel c’ ha minor li cerchi sui,

tanto m’aggrada il tuo comandamento,
che l’ubidir, se già fosse, m’è tardi;
più non t’è uo’ ch’aprirmi il tuo talento.

Ma dimmi la cagion che non ti guardi
de lo scender qua giuso in questo centro
de l’ampio loco ove tornar tu ardi".

 
“E quindi?” domandò Giappone, incuriosito.
“Fammi finire…” ribatté Germania, e continuò:
 
"Veh, da che tu vuo’ saver cotanto a dentro,
dirotti brievemente", mi rispuose,
"perch’i’ non temo di venir qua entro.

Temer si dee di sole quelle cose
c' hanno potenza di fare altrui male;
de l'altre no, ché non son paurose.
(ma siamo sicuri che sia Italia a parlare?!)
I’ son fatto da Dio***, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né arma d’esta crisi non m’assale.

Donna è gentil nel ciel che si compiange
di questo 'mpedimento ov'io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.

Questa chiese Belgio in suo dimando
e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando -.

Belgio, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov’i’ era,
che mi sedea con l’antica Irlanda.

Disse: - Italia, loda di Dio vera,
ché non soccorri quei che t’amò tanto,
ch’uscì per te de l’orientale schiera?

Non odi tu la pieta del suo pianto,
non vedi tu la battaglia che ’l combatte
su la fiumana ove ’l mar non ha vanto? -.

Al mondo non fur mai nazioni ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com’io, dopo cotai parole fatte,

venni qua giù del mio beato scanno,
fidandomi del tuo parlar militaresco,
ch’onora te e quei ch’udito l’ hanno".

 
Quindi Italia aveva mandato Germania a salvarlo! Giappone provò una stretta al cuore: Italia era stato suo compagno d’armi nella Seconda guerra mondiale, e gli aveva voluto un gran bene.
Ah, quanto aveva sofferto una volta saputo che era morto a causa di una granata esplosagli in bocca!
Ma Germania gli aveva appena detto (indirettamente) che era in Paradiso, e sapendo ciò Giappone si sentì confortato e pieno di speranza e coraggio.
Senza più dubbi ne paura, esclamò:
 
"Oh pietoso colui che mi soccorse!
e te cortese ch’ubidisti tosto
a le vere parole che ti porse!

Tu m’ hai con disiderio il cor disposto
sì al venir con le parole tue,
ch’i’ son tornato nel primo proposto.

Or va, ch’un sol volere è d’ambedue:
tu duca, tu segnore e tu maestro".

 
E seguì Germania attraverso la selva.
 
NOTE DELL'AUTORE:
All'inizio avevo pensato di invertire i ruoli di Germania e Giappone (e quindi Virgilio sarebbe dovuto essere Giappone), in modo da far quadrare la relazione "amorosa" tra Italia/Beatrice e Germania/Dante, ma siccome è Giappone che in teoria ha scritto Hetalia, ho pensato fosse piu' normale mettere il nostro Kiku nei panni di Dante...
In seguito si scopre perché Germania é finito nel Limbo...
Scusate per le eccessive parti in poesia, ma vi prometto che nel prossimo "Canto" ce ne saranno di meno!!!
Al prossimo Canto: PORTA DELL'INFERNO E GIRONE DEGLI IGNAVI!!!
* I parenti sarebbero i genitori: il kaiser Guglielmo , primo sovrano della Germania unita, e Otto von Bismarck, il primo cancelliere.
** Sacro Romano Impero: lui e Prussia, in pratica, non muoiono, bensi' il primo é Germania da piccolo che scende negli inferi ritornando da adulto, il secondo scende negli inferi quando Germania diviene una vera e propria nazione, ritornando solo al momento della Cortina di ferro e della divisione della Germania.
*** Non si dice forse nell'inno italiano: "...e Dio la creo' "???


  
  
  
  
  
  
  
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