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Autore: PeaceS    27/10/2012    3 recensioni
Quell'anno scolastico era stato così intenso, probabilmente Lily - come tutti gli altri - non lo avrebbe dimenticato facilmente.
Avevano conosciuto tutti l'amore, quello che fa mancare il fiato, quello che entra sotto pelle e non lascia più, rimanendo lividi indelebili; avevano conosciuto il dolore, mera conseguenza del cuore che pompa senza volersi fermare.
Avevano conosciuto l'amicizia, quella che resta, quella immortale. Hogwarts quell'anno aveva assistito a risate, lacrime, esaurimenti nervosi dati dallo studio, marachelle, il solito Quidditch e le solite dispute tra i dormitori. Hogwarts, ancora una volta, era stata partecipe di quella vita fatta di emozioni, sentimenti, dubbi e brividi.
Hogwarts li stava salutando, ma non stava dicendo addio, perché - come sempre - per chiunque avrebbe voluto tornare, casa loro sarebbe sempre stata lì a dare il "benvenuto".
- Storia scritta a quattro mani con sfiammella, mia eterna ispiratrice. -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Teddy Lupin, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Angolo autrici: Siamo arrivate alla fine di questa storia, anche se fine non può considerarsi, visto che io e sfiammella abbiamo in mente già il sequel; ogni tassello è andato al suo posto, ogni storia ha avuto una fine, anche se non tutte ne hanno avuto uno lieto. Non dimentichiamoci della realtà, nostra eterna nemica.

Ringraziamo chi ci ha inserito nelle preferite, seguite e ricordate e i piccoli angeli che ci hanno spronato, recensendo questa nostra piccola pazzia; speriamo di incontrarvi anche nel sequel, presto sui grandi schermi.

Grazie, di tutto.

 

Ultimo capitolo

 

 

 

 

"A sfiammella, che con me ha scritto questa storia.

Sei la mia musa ispiratrice, colei che mi consola e mi guida, colei che ha condiviso i miei dolori e le mie gioie.

Ti amo, piccola"

 

 

 

 

L'ultimo giorno di scuola è come un ammenda di ogni peccato: chiunque, in un modo o nell'altro, cercava di chiedere scusa per uno sbaglio fatto durante l'anno, e si trovava lì, seduto a quell'unico e grande tavolo imbandito, alzando i calici in onore di un'altro anno passato.

Alcuni studenti chiedevano perdono ai professori per i guai di troppo, le lezioni mancate e le marachelle fatte di nascosto, sorridendo a mo' di scuse; i fidanzatini si tenevano per mano, accarezzandosi di nascosto e ringraziando per quell'altro anno passato insieme. I primini potevano sospirare in pace, avevano superato l'anno, e probabilmente non vedevano l'ora di approdare nuovamente tra quelle mura, incantati anche loro dalla magia che Hogwarts emanava.

Incantati dall'odore di casa.

Per quelli che avevano affrontato l'ultimo anno, invece, la questione era diversa: c'era chi si guardava con una certa malinconia attorno, chiedendosi cosa avrebbe fatto senza lo sguardo dei professori alle spalle, quelle mura a proteggerli e le risate, l'inverno, la propria Sala Comune, la gioia che solo gli amici sapevano portare; c'erano tante emozioni in quel tavolo, tutte così sentite, tutte così vissute.

Lily le sentiva, si guardava attorno e le sentiva sue; le bastava guardare negli occhi tutti quei ragazzi per capire cosa provassero. Eppure c'era anche rancore, disprezzo, odio, e poteva ferire, distruggere. I suoi occhi marroni scivolarono al tavolo dei professori, e lì si sentì morire: Ted Lupin ricambiava il suo sguardo fieramente, un'occhio gonfio e un sorriso biricchino dipinto sulle labbra piene, non voleva negarle l'ultimo saluto, quell'addio che a Lily bruciava.

Stava andando via.

I capelli erano azzurri, le guance rosee, l'abbigliamento impeccabile; Ted era tornato allo splendore iniziale, faceva mancare il fiato tanto era bello, avvolto nel suo alone di tranquillità e serenità.

Le stava dicendo addio.

Lo vide sfiorarsi il petto con i polpastrelli e si ritrovò a sorridere, abbassando timidamente lo sguardo; non aveva dimenticato quel gesto, quello che le aveva insegnato lei da piccola, per dirgli che non lo avrebbe mai tradito, per dirgli che lo avrebbe sempre amato, anche quando la lasciava da sola per stare con Victorie.

Lui le stava promettendo amore eterno, non quello delle favole, ma quello reale, palpabile, che faceva male da sanguinare; loro portavano i segni, le cicatrici e i sfregi, e li portavano con orgoglio, li mostravano con fierezza.

« Addio » l'aveva mimato con le labbra, con un espressione triste che la ferì.

Lily scosse il capo, sfiorandosi anche lei il petto.

« Ciao, solo ciao » e lo era.

Non era un addio, ma semplicemente un saluto.

Chi si ama non si lascia, ma si ricorda, ci si ritrova, sempre.

« Mia » aveva perso il lavoro per marcare il territorio, aveva quasi ucciso uno studente per dirgli che lei era sua e di nessun'altro. Era stato così rude e violento, non l'aveva mai visto così arrabbiato in vita sua, tranne quella volta con Jamie, che senza volerlo aveva rotto la foto incorniciata dei suoi genitori.

I suoi occhi mandavano lampi tant'erano furiosi, i capelli neri, l'espressione di chi è capace di compiere un omicidio; era così arrabbiato che qualcuno avesse osato ferirla, solo lui aveva quella prerogativa, lo sapeva Lily, lo sapeva lui.

Camminava con i pugni chiusi tra quei corridoi, la cravatta allentata, la camicia stropicciata, le labbra gonfie, l'occhio rossastro colpito da mani forti: Lily aveva visto la scena a rallentatore, come in uno di quei film babbani.

Derek camminava a testa bassa, con la borsa a tracolla e lo sguardo interessato alle scarpe di ottima fattura: lei lo aveva avvertito, anche se non si aspettava quella furia: come un tornado l'aveva travolto, afferrandolo per la collottola della divisa e sbattendolo al muro, facendogli battere la testa contro le mattonelle di pietra fredda;

« Questo è per avermela portata via » un pugno caricato con troppa enfasi e un grido, Derek cercava di proteggersi, ma Ted lo superava di parecchie spanne.

« Questo è solo per aver pensato di poterle fare del male » non esisteva la magia, solo l'esigenza della carne, del corpo al corpo, di sfogare la rabbia che racchiudeva in quegli occhi; Ted nemmeno aveva preso la bacchetta tra le dita, si era fiondato su Derek e aveva cominciato a colpire.

Occhi, zigomi, labbra, naso. Lily sentiva lo scricchiolio delle ossa, i gemiti del suo ex fidanzato, ma non riusciva a muoversi. Gli studenti avevano circondato quello spettacolino, James se ne stava fermo, con il mento ritto e le braccia incrociate, Dom aveva abbassato lo sguardo, girando il viso e andando via.

« Questo è per averle fatto male » Derek era caduto in ginocchio e Ted l'aveva colpito con un calcio nello stomaco. Stava diventando carne da macello, non reagiva, era lì e gemeva, pregandolo di smetterla; Lily socchiuse gli occhi, ripensando a tutte le volte che lei lo aveva pregato di smetterla, facendolo accanire solo di più.

Le gambe erano di cemento, come le sue lacrime; non riusciva a provare pietà per Derek, lui non ne aveva mai provata per lei, mai.

« Cosa sta succedendo quì? Merlino... professore! » aveva urlato la Mcgranitt, facendosi spazio tra gli studenti e fissando Ted, che l'aveva guardata con il mento ritto e gli occhi meno cupi, sfogati da quella rabbia che aveva tenuto in corpo, come acido.

« Succede che do' le dimissioni, professoressa » aveva detto Ted, colpendo Derek con un ultimo calcio e dando le spalle alla preside, che aveva le labbra coperte dalle mani chiuse a coppa. Si era bloccato quando l'aveva vista e poi aveva sorriso, poggiando un dito sulle labbra in segno di silenzio; era passato vicino a lei, sfiorandole la guancia con i polpastrelli, toccandole appena i capelli e andando via.

Le stava urlando "ti amo" in silenzio, con le mani e con gli occhi, con quel tocco e quel sorriso; lo stava facendo anche in quel momento, seduto al tavolo dei professori un po' ferito, ma orgoglioso. Molto probabilmente non si sarebbero visti più, lui sarebbe andato via, e lei sarebbe stata male.

 

Lily scosse il capo, distogliendo lo sguardo da Ted e posandolo al tavolo dei Serpeverde, dove Dominique giocava con il cibo, stringendo le posate tra le mani pallide; si sentiva così in colpa nei suoi confronti: da quel giorno lei e James non avevano più fatto pace, tenendosi a debita distanza; James era ritornato il solito, idiota giocatore di Quidditch, fiero di essere Grifondoro e delle conquiste giornaliere.

Un fiero Grifondoro dagli occhi tristi, che guardava sempre verso la casa nemica, che si perdeva sempre in ricordi che non erano affatto lontani; lei, invece, in passato così conservatrice, era diventata l'ombra di sé stessa, un fantasma pallido, irriconoscibile.

Aveva tagliato i suoi meravigliosi capelli biondi, che ora a malapena le sfioravano l'orecchio, lasciando libero il suo viso; sembrava dimagrita, gli occhi azzurri erano sbiaditi, vuoti, le labbra perennamente tese in una linea sottile, come se non fosse più capace di sorridere.

Rigel le accarezzava il capo di tanto in tanto, sfiorandole con le labbra il collo, e Lily poteva vedere James stringere i denti fino a sentirli scricchiolare.

Stupidi, stupidi, stupidi.

Erano così stupidi, avevano lasciato andare qualcosa di stupendo come l'amore, i brividi che ne comporta, la passione, i baci, le risate trattenute. Avevano lasciato andare loro stessi e la propria felicità.

« James sta per compiere un omicidio, lo fermi tu o lo fermo io? » sospirò Rose al suo fianco, giocava anche lei con il cibo, sbuffando di tanto in tanto e colpendo James con delle patate al forno.

« Finiscila di colpirlo con le patate, lo farai arrabbiare solo di più signora "ho perso la mia verginità con uno che non era il mio ragazzo" » sibilò sarcastica, sogghignando nel vederla sbiancare.

La vide sbirciare verso Rigel, che prestava attenzione a tutti tranne che a lei; Lily sorrise, accarezzandole con dolcezza la spalla. La piccola Rosie, così ligia alle regole, così ansiosa di ferire gli altri, per una volta aveva seguito il suo cuore e non la ragione.

Non gliene faceva una colpa, se non avesse accettato - molto probabilmente - lo avrebbe rimpianto per sempre.

E cos'è una vita fatta di rimpianto?

Una vita che non valeva la pena essere vissuta.

« Stavo scherzando, Rosie, rilassati » mormorò Lily, mentre la sentiva sbuffare.

Rose aveva perso un ancora, un porto sicuro, una spalla sempre presente e un braccio perennamente teso, ma aveva scoperto il significato della parola amore; Rose aveva fatto l'amore, ne aveva sentito i brividi, e li aveva fatti suoi, senza aver paura di tremare tra quelle braccia. Rose aveva conosciuto anche il dolore, quello che ti fa urlare, piangere, disperare, ma che ti fa' sentire viva; aveva afferrato l'occasione al volo, però, senza aver paura delle conseguenze.

Lily era orgogliosa di lei, di come avesse affrontato l'amore a testa alta, prendendolo per le corna e domandolo, come aveva fatto con il dolore che lui le aveva procurato.

« Rigel nemmeno mi guarda » la sentì dire, mogia.

« Reazione perfettamente normale, direi » disse Lily, sorridendole appena.

Con la coda dell'occhio vide Scorpius fissare insistentemente nella loro direzione, come attratto da una calamita: stronzo, ecco cos'era, ma conoscendo suo padre e suo nonno, Lily, non poteva aspettarsi un comportamento diverso; l'aveva avuta, e ne andava fiero.

Aveva posseduto Rose Weasley, accarezzato i suoi capelli rossicci, goduto delle sue gambe pallide intrecciate al suo busto, della sua espressione appena dolorata, ma inondata di piacere. Scorpius Malfoy era fiero di aver accarezzato quel corpo, di averlo baciato fino a sentirsi male, di aver spinto in lei fino a farle gridare il suo nome.

Rigel non ne era stato così contento quando l'aveva saputo, ma non aveva reagito come Ted; mai dirsi che una serpe reagisce come un Grifone o alla Babbana! Lui era un pitone, avvolgeva la sua preda con finezza, l'avvelenava lentamente, non si sporcava le mani. Questo lo sapeva Rosie, lo sapeva Scorpius e lo sapeva anche lei, che quel giorno aveva visto la morte negli occhi neri di quel Serpeverde ferito.

Scorpius aveva tenuto troppo la bocca aperta, e questo non era piaciuto all'amico; Lily era sicura che oltre a colpire Scorpius per averlo tradito, l'avesse fatto anche per Rose. In un modo o nell'altro l'aveva perdonata con quel gesto, facendole capire che non era arrabbiato con lei, per aver ceduto all'amore di sempre, ma con lui, che non era innamorato, ma gliel'aveva portata via, senza preoccuparsi di lui, che era come un fratello, che le voleva bene come non aveva voluto bene a nessun'altro.

Non aveva detto nulla a Rosie quando lei gli aveva detto tutto, con gli occhi alti e il mento ritto; era stata coraggiosa e orgogliosa, come una Grifondoro. Semplicemente le aveva dato le spalle, ciondolando per Hogwarts come uno zombie, come se un dissennatore gli avesse risucchiato via l'anima, poi il resto era stato una sequenza confusa di immagini: Lily ricordava solo di aver visto, con terrore della Mcgranitt e divertimento di Rigel, Scorpius Malfoy appeso per le mutande al cornicione della Torre D'Astronomia.

Aveva rischiato di spezzarsi l'osso del collo se fosse caduto, e la preside non si era risparmiata con le punizioni. Rigel poi li aveva ignorati entrambi.

Aveva ignorato Scorpius, che aveva detto a Rosie di non essere pronto a frequentarla, di dimenticare quello che era successo tra di loro. Aveva ignorato Rosie, che aveva schiantato Scorps con espressione disgustata, sputando ai suoi piedi e dandogli le spalle, fiera come una regina che non lascia cadere tanto facilmente la sua corona.

Si era rinchiuso nella sua corazza di ferro, si era nascosto dietro quella maschera che l'aveva nascosto da secoli, celando il suo dolore e la sua delusione. Ritrovando sfogo nella sua solitudine.

 

« Domani a cena ci sono anche i Scamandro » li scosse Lorcan, parlando della sua famiglia in terza persona.

« Davvero? » si intromise con finto fare indifferente Albus, mangiucchiando del rosbeef.

« Sì, e indovina? Ci sarà anche quel pezzo di figone che ti piace tanto! » ridacchiò perfidamente Lorcan, mentre Albus si strozzava con la carne, fucilandolo con gli occhi verdi.

Lysander, al fianco del fratello, rise, dando alcune pacche sulle spalle del ragazzo, che si scostò come si fosse bruciato; Albus Severus Potter si ricompose perfettamente, lisciandosi la divisa con fare professionale.

« Siete due idioti » sbuffò infatti, mentre Lily ridacchiava, coprendosi la bocca con una mano.

« Ma che hai capito? Parlavo di me! » disse infatti Lorcan, facendogli l'occhiolino.

« Rimani sulla tua sponda, fratello, è un consiglio » sibilò Lysander, dandogli uno scappellotto sulla nuca e facendo arrossire Albus per quel "marchiamento" del territorio per niente velato. Lily vide la smorfia di suo fratello James e sorrise, accarezzando i capelli neri di Albus con dolcezza; nessuno più di lui meritava di stare bene, e sperava, in cuor suo, che quella volta Lys non avesse paura di mostrarsi per quel che era.

Al era fragile quando si parlava del suo orientamento sessuale, solo perché gli altri lo consideravano diverso, quando amava come e più degli altri.

« Ti voglio bene » sussurrò a bassa voce Albus, poggiando il capo sulla sua spalla e stringendosela contro, socchiudendo gli occhi. No, non c'era niente di diverso, nel suo caro e dolce fratellino; non contava chi si amava, ma come lo si amava. Al poteva amare una donna, un uomo, una dottoressa, un pirata, a lei non interessava: rimaneva sempre il suo Al, quello piccolo e indifeso, timido e aggressivo.

« Anche io » rispose Lily, baciandogli la guancia con affetto. E sapeva che anche a Jamie e suo padre non interessava, affatto; l'importante era che nessuno lo ferisse, perché allora avrebbero saggiato l'ira dei Potter.

Perché nessuna donna o uomo che sia aveva il diritto di fargli del male.

Quell'anno scolastico era stato così intenso, probabilmente Lily - come tutti gli altri - non lo avrebbe dimenticato facilmente.

Avevano conosciuto tutti l'amore, quello che fa mancare il fiato, quello che entra sotto pelle e non lascia più, rimanendo lividi indelebili; avevano conosciuto il dolore, mera conseguenza del cuore che pompa senza volersi fermare.

Avevano conosciuto l'amicizia, quella che resta, quella immortale. Hogwarts quell'anno aveva assistito a risate, lacrime, esaurimenti nervosi dati dallo studio, marachelle, il solito Quidditch e le solite dispute tra i dormitori. Hogwarts, ancora una volta, era stata partecipe di quella vita fatta di emozioni, sentimenti, dubbi e brividi.

Hogwarts li stava salutando, ma non stava dicendo addio, perché - come sempre - per chiunque avrebbe voluto tornare, casa loro sarebbe sempre stata lì a dare il "benvenuto".

   
 
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