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Autore: Linduz94    27/10/2012    2 recensioni
Hinata è una ragazza troppo timida, tanto che il suo problema rende persino insopportabili alcune situazioni.
... e se due uomini oscuri cambiassero questa situazione?
... se la sua vita cambiasse radicalmente da un giorno all'altro senza avere la possibilità di confidarsi con qualcuno?
... se avesse per la prima volta la possibilità di proteggere le persone a cui tiene?
forse finalmente troverà il suo posto nel mondo...
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA




Era passata una settimana ormai da quello che chiamavo “incidente”.
Come di consueto al sabato andavo a ballare nella palestra per sfogarmi, e quel giorno ne avevo assolutamente bisogno.
Ero arrabbiata e mi sentivo terribilmente oppressa.
Mio padre mi aveva appena comunicato che aveva deciso di farmi seguire da un’analista.
Era convinto che quel mio problema in fatto di timidezza fosse troppo grave per essere semplicemente ignorato e quindi dalla settimana prossima avrei dovuto accogliere in casa mia uno strizzacervelli e avrei dovuto rispondere alle sue domande.
Il problema era che avrei dovuto nascondere qualcosa di troppo importante e la recitazione non era per niente il mio punto forte.
Entrai sospirando  nell’enorme edificio e passando davanti alla palestra indugiai qualche secondo.
Non mi ero più fermata ad osservare di nascosto Naruto giocare e, anche se avrei dovuto esserne sollevata, sentii una certa tristezza nel non vederlo lì a giocare in quel momento.
Mi mancava, e molto.
L’avevo evitato appositamente per una serie di ovvi motivi: la figuraccia fatta il sabato scorso, la paura di non riuscire a parlargli e soprattutto il segreto che dovevo nascondere.
Ero cambiata troppo nell’ultima settimana e se ne sarebbe accorto di sicuro.
Era già molto difficile nascondere il tutto a Tenten, dover fingere di avere il fiatone durante le lezioni di ginnastica a scuola, giustificare il perchè non inciampavo più con stupidi “sto più attenta a dove metto i piedi” e dover tardare appositamente i miei impressionanti riflessi.
Ero rimasta quasi sconvolta quando l’altro giorno avevo afferrato una mosca tra due dita senza il minimo sforzo.
Il tempo si era come fermato ed avevo avuto tutto il tempo necessario per capire come appoggiare le dita per fermare il suo volo senza, però, schiacciarla. Ed era stato veramente difficile contenere la mostruosa forza che avevo acquisito improvvisamente.
Già, non ero più la debole e sbadata Hinata di prima anche se fingevo con tutta me stessa di esserlo.
Ma, tranne il fatto che dovevo nasconderlo, tutto questo mi piaceva.
Entrai nella mia solita stanzetta e misi il mio solito cd.
Ripensai a mio padre e a come mi aveva trattata.
Con quella sua espressione di sufficienza, con quel modo di guardarmi come se fossi una nullità.
Per poco avevo rischiato di mandare tutto in frantumi e di rispondergli a tono quel pomeriggio ma quell’assurda lucidità che avevo acquisito sempre grazie a quel farmaco mi aveva fermata, la mia mente si era acquietata molto facilmente e avevo cominciato ad analizzare la situazione in modo freddo e distaccato.
Come se fossi stata una persona esterna a tutto, che assisteva da spettatrice alla sfuriata del Signor Hyuga.
Naturalmente però, appena mi ero allontanata da lui, con la testa piegata verso il basso, tutte le emozioni soppresse erano esplose ed era diventato un bisogno fisico andare a sfogarsi.
Misi la traccia n. 5 e Skylar Grey con la canzone “Words” cominciò a suonare.
Come al solito danzai, ma non mi servì il riscaldamento. Il mio corpo era perfettamente pronto per qualsiasi sforzo fisico. Sarebbe stato solo uno spreco di tempo.
Ogni volta però rimanevo meravigliata dai miei movimenti.
Riuscivo a fare i passi più impegnativi senza il minimo sforzo e questo mi portava un’enorme euforia.
Cercai di sforzarmi e tendermi sempre di più creando con il corpo figure complesse che, una settimana fa, senza riscaldamento e a quella velocità non mi sarei nemmeno immaginata di fare.
Mi stavo sforzando così tanto che mi sembrava impossibile non avere il fiato corto e non sentire il sudore che, se fossi stata la vecchia Hinata, a quell’ora mi avrebbero costretto a fermarmi.
Ascoltai la musica e la seguii cercando di liberare tutto quelle emozioni negative che avevo dentro.
Improvvisamente però mi bloccai in posizione eretta.
Avevo il viso completamente bagnato.
Sapevo sarebbe successo. Ballare non bastava.
Piangere invece avrebbe contribuito a farmi sentire meglio poi.
Mi accucciai per terra e strinsi le gambe al petto.
Piansi talmente tanto che arrivai persino a singhiozzare.
Eppure com’era venuto se ne andò.
Improvvisamente ero calma e lucida. Avevo avvertito una sensazione come di pericolo.
C’era qualcun altro in quella stanza oltre a me.
La canzone continuava la sua melodia eppure sentii anche un altro rumore, sembrava un sospiro.
Alzai la testa di scatto e spalancai gli occhi per la sorpresa.
In piedi appoggiato alla porta della stanza, che mi guardava con aria triste, c’era Naruto.
Ero sconvolta, da quanto tempo era lì?
Lui improvvisamente sembrò stupito come me. Forse non si aspettava che mi accorgessi così presto di lui.
Abbassai la testa di nuovo e mi alzai.
“B… buongiorno N-naruto” in fondo ero sempre la stessa timida. Soprattutto con lui.
Gli diedi le spalle e mi avvicinai allo stereo cercando di asciugarmi le lacrime.
“C…Come mai sei qui?” la mia voce era appena udibile, eppure esprimeva esattamente l’opposto della tempesta che stavo provando dentro.
“Ehm…. Ecco… avevo sentito la musica e così sono venuto a vedere” sembrava cercasse le parole giuste.
“D-da quanto sei qui?” speravo che non mi avesse vista ballare.
“Abbastanza” mi bloccai con la mano a mezz’aria mentre toglievo il cd dallo stereo. “Non è una novità vederti ballare”.
Mi voltai di scatto verso di lui. Mi stava guardando con un’espressione strana, quasi colpevole.
“C-c-cosa v-vuoi dire?” i battiti del mio cuore cominciarono ad accelerare.
Abbandonò lo stipite della porta e si avvicinò di qualche passo poi si fermò a circa tre metri da me con le mani in tasca.
Solo il fatto di averlo più vicino mi si arrossarono le gote.
Maledizione! Avevo la super potenza per spaccare il mondo ma non per affrontare una conversazione normale con un ragazzo? Anzi, con IL ragazzo.
“Ogni tanto, quando vengo a giocare e so che tu sei qui a ballare mi fermo a guardarti qualche minuto. Lo faccio anche quando vieni a ballare danza classica.” Il suo sguardo era attento, sembrava stesse valutando la mia reazione, che non tardò a venire.
Oddio. Forse aveva capito che c’era qualcosa di diverso in me, qualcosa di strano.
Arretrai di scatto trovando però dietro di me solo gli specchi a sbarrarmi la strada.
Lui spalancò gli occhi.
“No no no! Aspetta! Non mi fraintendere non sono un maniaco!” sembrava preoccupato adesso e sventolava le mani verso di me. “Cioè, si lo so, è strano che uno si fermi a guardare una ragazza che balla ma vedi,… io… ecco” si grattò leggermente dietro la testa “E’ che mi piace… guardarti… mentre balli, ecco” adesso aveva assunto un’espressione davvero buffa con il labbro inferiore piegato in fuori, gli occhi a guardare in alto e avrei giurato di vedere un leggero rossore sulle sue guance.
Mi rilassai automaticamente e abbandonai l’aria di sospetto.
Vederlo con quel viso così infantile mi fece sorridere e cercai a stento di trattenere una risata.
Gesto che lui notò subito e mi guardò con aria interrogativa.
“Scusa davvero non te la prendere” cercai di giustificarmi “ma sono sollevata”.
Lui sorrise a sua volta, anche se il suo sorriso era decisamente meraviglioso in confronto al mio.
“L’importante è che ti ho fatto sorridere” mi fece l’occhiolino e io arrossii di botto. “E sono riuscito a farti dire una frase senza balbettare” Ormai sentivo persino le orecchie in fiamme. “Direi che quasi quasi mi merito un premio”.
Il mio cuore perse un colpo. Ormai avevo perso la sensibilità del viso e la mia mente ormai galoppava a briglia sciolta.
Certe reazioni con lui che si comportava così, erano impossibili da evitare.
“I…io” balbettai altre parole scomposte senza senso, poi lo sentii ridere di nuovo. Era una musica.
“Tranquilla Hinata! Sei davvero troppo buffa, ma scherzavo riguardo al premio” mantenne il sorriso per un po’ e io mi rilassai automaticamente.
 
Gli diedi le spalle per finire di sistemare le mie cose e davvero mi sentii più tranquilla. Con lui dopotutto era sempre così.
“Comunque g…grazie…Per il complimento di prima“.
Lui sembrò pensare al perché lo avessi ringraziato. Dopo qualche istante sentii un “Aaah” sussurrato e seppi che aveva capito che avevo apprezzato quello che aveva detto sul fatto che gli piacesse guardarmi ballare.
“Figurati… Anche se.. Ultimamente balli in modo diverso” mi irrigidii un po’.
“I-in che senso?” 
“Sembri più energica, instancabile e… non so ma sembri quasi un’altra persona”
Cercai di ridere di quella definizione, però il suono mi riuscì un po’ forzato.
“Ma forse sono io che non ci capisco un’accidenti di danza!” rise di gusto e mi voltai a guardarlo.
Con quei capelli così chiari e spettinati aveva un’aria da bambino eppure tutto il resto sembrava urlare che ormai era diventato un uomo.
Si era molto alzato negli ultimi anni di statura, ed il fatto che giocasse a basket ne aveva favorito la crescita; ma si era anche notevolmente irrobustito, forse faceva palestra.
Notai anche una rada barbetta bionda che gli stava crescendo, forse si era dimenticato di rasarsi.
Lo osservai attentamente cogliendo ogni sua piccola parte di cui prima non avevo mai avuto l’occasione di notare; i capelli leggermente più lunghi, le labbra un po’ screpolate dal freddo, le spalle leggermente piegate in avanti in modo molto rilassato…
Tutti dettagli che forgiavo a fuoco nella memoria perché sapevo che non avrei potuto ammirarli spesso come in realtà desideravo.
Sospirando distolsi di malavoglia lo sguardo da quel corpo assurdamente perfetto per non sembrare io la maniaca e mi misi la borsa a tracolla.
“Beh forse è il caso che vada di là a giocare, gli altri saranno già arrivati”
Trattenni un ulteriore sospiro per non manifestare la tristezza che mi portava quell’affermazione.
Vidi che si allontanava verso la porta e credetti davvero che se ne sarebbe andato senza più dirmi una parola.
In fondo lui era sempre stato un tipo un po’ imprevedibile.
Per un attimo il mio istinto mi disse di corrergli dietro e di circondare quelle ampie spalle con le braccia, per fermarlo, perché non se ne andasse.
Poi però si girò improvvisamente verso di me, e io, inevitabilmente, rivolsi la mia attenzione sulle punte delle mie scarpe, timorosa che mi avesse scoperto ad ammirarlo.
“Ah Hinata?” rabbrividii mentre pronunciava il mio nome.
“S-si?”
“Non farlo più”
Spalancai gli occhi.
“Non piangere più”.
Scomparve dalla mia vista mentre restavo bloccata a fissare la porta. Quella porta da dove se n’era andato.
“No, non lo farò più. Naruto”
E sapevo che in qualche modo la mia risposta lo aveva raggiunto.
 
Camminavo a passo svelto per le strade ormai buie.
La mia casa, o villa, come mio padre desiderava fosse chiamata, non era molto lontana dalla palestra, per quello preferivo fare la strada a piedi; però ormai le giornate si erano accorciate parecchio e dovevo quindi arrischiarmi di camminare per quelle strade buie, illuminate raramente da qualche lampione solitario.
Non avevo paura che qualcuno mi facesse del male. Non più almeno.
Ma comunque avvertivo una strana sensazione di pericolo.
Velocizzai il passo ma ad un tratto sentii un suono strozzato, come di un urlo soffocato.
Rallentai e mi misi ad ascoltare meglio.
Più avanti, a circa sette metri di distanza sulla sinistra, si apriva una stradina stretta tra due case.
Mi sembrava di sentire un calpestio strano provenire da lì e molto lentamente mi avvicinai. Cercando di non fare alcun rumore.
Quando fui vicina all’angolo della casa mi sporsi leggermente per riuscire a vedere e non essere scoperta.
Il vicolo era molto buio, ma i miei occhi si abituarono quasi subito all’oscurità.
Vidi che c’erano alcuni cassonetti della spazzatura ai lati mentre più avanti una rete bloccava il proseguimento del passaggio.
Accanto alla rete c’erano due figure.
Mi focalizzai su di esse.
Una era più massiccia e robusta e stava sovrastando l’altra più minuta che era schiacciata contro il muro.
“Sta ferma! Adesso ci divertiremo insieme” mi si raggelò il sangue nelle vene. Non mi serviva sentire il tono sadico che caratterizzava colui che aveva parlato per capire che non stava succedendo nulla di buono.
La figura minuta sembrava essere una donna a giudicare dalle apparenze e continuava a gemere, come a pregare l’altro di lasciarla andare.
Se prima ero rimasta inchiodata dalla paura ora vedevo rosso dalla rabbia.
Quel porco non sarebbe riuscito a combinare un bel niente!
Senza nemmeno fermarmi a riflettere mi diressi verso di loro.
 
“Toglile le mani di dosso… Adesso!” stavo digrignando i denti dalla rabbia.
L’uomo si girò di scatto e poi sembrò rilassarsi di fronte alla mia figura.
Ovvio, come poteva sembrare un problema una ragazzina come me?
“Che c’è bellezza?” fece un ghigno malizioso. “Vuoi divertirti anche te con noi?”
Tremavo ormai dalla rabbia.
“Ti ho detto di toglierle le mani di dosso! Sei sordo per caso?”
Sembrò indispettirsi e per un istante rallentò la presa sulla donna che tentò la fuga.
Il bastardo però non si fece cogliere alla sprovvista e la afferrò per i capelli facendola sbattere contro il muro.
Questa si accasciò senza emettere più un suono.
Spalancai gli occhi stupita, guardando quel fagotto di vestiti per terra.
Lui nel frattempo si avvicinò a me e allungò il braccio per toccarmi.
Non fece nemmeno in tempo a sfiorarmi che con la mano sinistra gli afferrai il braccio.
“Che c’è ragazzina? Hai paura?” cominciò a ridere, ma il suo divertimento si trasformò in terrore quando cominciò a sentire la presa sul suo braccio farsi sempre più forte.
Ero consapevole che gli stavo facendo del male e che probabilmente l’osso si stava spezzando ma non mi importava.
Avevo solo voglia di sfogare quella rabbia che mi aveva causato.
Strinsi la presa con più decisione e sussultai quando sentii l’osso rompersi. A quel punto lo lasciai andare.
L’uomo quasi urlava dal dolore, ma non mi sentii per niente in colpa.
“Maledetta!” sputò tra i denti prima di scagliarsi contro di me.
Mossa più che sbagliata. Ebbi il tempo di analizzare tutto il suo movimento e di capire come contrastarlo nel modo più efficace.
Mi spostai di lato e quando fu abbastanza vicino gli afferrai il collo con la mano destra e lo sbattei per terra.
Cercai di contenere il più possibile la mia forza per non rompergli il cranio ma lo stordii comunque.
Ero arrabbiata, ma non ero un’assassina. Non avrei messo fine ad una vita, per quanto insulsa ed odiosa fosse.
“C-chi diavolo sei?” rantolò prima di perdere conoscenza.
Già, chi ero?
Mi alzai lasciandolo lì per terra e mi avvicinai di corsa alla donna.
La voltai con il viso all’insù e sentii se respirava ancora.
Per fortuna era solo svenuta, ma il colpo in testa le stava facendo perdere molto sangue.
Presi il telefono che mi aveva regalato Hanabi l’anno scorso dalla borsa e composi in fretta il numero dell’emergenza.
“Pronto?” mi rispose una voce di donna.
“Servono due ambulanze in un vicolo nella zona Est di Konoha” andai fuori in strada e mi guardai attorno.”Il vicolo si trova proprio di fronte alla macelleria, non molto lontano dalla palestra. Lì troverete un uomo e una donna gravemente feriti alla testa. La donna ha perso molto sangue, l’uomo invece è solo privo di coscienza.
Portate anche alcuni agenti della polizia. Lui l’ha aggredita prima di svenire”
“U-un momento chi è lei?” spensi la telefonata.
Mi riavvicinai alla donna e ricontrollai le sue condizioni. Non ne sapevo niente di pronto soccorso e mi limitai a controllare che continuasse a respirare.
Quando sentii in lontananza le sirene delle ambulanze mi alzai.
Dedicai un ultimo sguardo di disprezzo all’uomo che ancora giaceva a terra e poi mi allontanai di corsa.
Forse avevo trovato un modo utile per gestire ed utilizzare le mie nuove capacità.
Forse, almeno per una volta nella mia vita avrei potuto proteggere gli altri.
Continuai a correre senza mai voltarmi con la consapevolezza che non sarei più stata un peso per nessuno.
 




Spero che il capitolo sia piaciuto..!!!ù
E' stato un vero e proprio parto direi!
Holaaaaa
Linduz94



 
  
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