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Autore: effewrites    28/10/2012    6 recensioni
[COMPLETA!]
Dopo la disfatta di Crono, al Campo Mezzosangue sembra essere tornata la pace. Scott Walker ha quindici anni ed è un semidio, figlio di Apollo. Passa ogni estate al Campo, insieme ai suoi migliori amici Leighton e Alec. Fin'ora tutto sembra essere andato per il meglio, ma quando strane tenebre e agghiaccianti mostri iniziano ad attaccare, Chirone avverte i semidei che qualcosa di estremamente pericoloso si è risvegliato. E vuole vendetta.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Campo Mezzosangue'
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Dei ramoscelli ci salvano la vita.

 

Quando ero ancora un bambino, e le mie preoccupazioni erano più vicine a come sgraffignare qualche biscotto dalla credenza che a come salvare il mondo, un giorno vidi mia madre piangere. La mia mamma detesta piangere, mostrare il lato vulnerabile del suo carattere, e per questo sono rare le volte in cui l’ho vista con le lacrime che le scorrevano sulle guance.
Quella volta però fu diverso. Fu orribile. Singhiozzava e gemeva e tremava, ed ebbi tanta paura.
Poi pian piano la nostra casa cominciò a riempirsi di parenti, e una delle mie zie più paffute e gentili mi prese da parte e mi spiegò che tutti erano tristi perché il nonno, il papà della mia mamma, non c’era più.
Su di me, che avevo visto quel signore sconosciuto dall’aria severa davvero poche volte nel corso della mia vita, la notizia non fu di grande impatto. Piuttosto, mi rimasero impresse le lacrime di mia madre. Non ho mai smesso di domandarmi quanto grande doveva essere il dolore da lei provato, se era riuscito a spezzarla in quel modo. La domanda che mi tormentò e mi spaventò per molti anni della mia infanzia fu: quanto fa male perdere per sempre qualcuno che ami?
Non avrei mai voluto scoprirlo.
E invece adesso era troppo tardi.
 
«Non funzionerà ancora a lungo, dannazione!» imprecò Lena tremando, con le braccia rivolte al cielo a sostenere il peso del campo di vento ed energia elettrica che ci turbinava intorno. Il sudore le colava sulla fronte, rendendo la sua pelle ancora più brillante del solito; le ginocchia stavano quasi cedendo.
«Non respira, Scott, non respira!» piangeva intanto Leighton, china accanto a me sul corpo di Alec.
Nonostante il frastuono che mi circondava nella mia testa regnava il più assoluto silenzio. Mi sentivo come se intorno alla mia mente si fosse formata una vera e propria bolla, per isolarmi dal resto del mondo e permettermi di ragionare, cosa che altrimenti in quelle circostanze sarebbe risultata difficile, per non dire impossibile.
Alec era ancora vivo. Lo sapevo — no, lo percepivo.
Se se ne fosse andato, la vita non avrebbe continuato ad andare avanti in maniera così caotica. No. Sarebbe successo qualcosa. Il mondo si sarebbe fermato. Oppure a fermarsi sarebbe stato il tempo. Chi lo sa.
Okay, Scott, ragiona, ragiona!
Il mio migliore amico era vivo perché, nonostante l’orrenda bruciatura che spiccava sulla sua pelle pallida, nonostante la rivoltante puzza di carne bruciata, nonostante le lacrime disperate di Leighton, il suo petto continuava ad alzarsi e abbassarsi. Perché Leighton non se ne accorgeva?
È sotto shock, suggerì la mia mente. Probabilmente lo sei anche tu.
Grazie, cervello.
«Sco-ott» gemette Lena. Per qualche ragione il suo lamento sovrastò il pianto di Leighton, riportandomi alla realtà della situazione.
Alec.
Ate.
Pitone.
Scossi violentemente la testa e mi strofinai gli occhi con le mani. Dovevo assolutamente riprendermi.
«Dobbiamo allontanarci da qui» gridai. «Siamo ancora sotto il ventre di Pitone, se il campo di energia svanisse quel lucertolone potrebbe spiaccicarci in un battibaleno»
Lena voltò appena il viso per incrociare il mio sguardo.
«Mi dispiace» disse. «Non ho abbastanza forze per reggerlo»
La zittii con un cenno della mano, provando uno strano miscuglio di gratitudine e rabbia.
Non appena Ate aveva attaccato Alec, Lena aveva creato dal nulla un piccolo tornado con tanto di fulmini annessi, che ci aveva circondato e ci aveva isolato dalla dea, interrompendo il fulmine da lei scagliato contro il mio migliore amico. Forse Lena aveva salvato la vita di Alec, in questo modo. Forse.
«Ho un’idea!» esclamò d’un tratto la Cacciatrice. «Tu occupati di Alec, qui ci penso io!»
Annuii, mormorando un grazie che nessuno sarebbe riuscito a sentire. Voltai le spalle a Lena e andai ad accoccolarmi accanto a Leighton. Aveva poggiato la testa di Alec sulle sue gambe. Un qualcosa in quel gesto mi provocò una stilettata al cuore.
«Leighton» la chiamai a bassa voce, mentre un calore familiare iniziava a diffondersi nel mio corpo.
La figlia di Efesto mi lanciò un’occhiata, e subito vidi un barlume di speranza sul suo viso. Non so come e non so con quale forza, le sorrisi.
«Lascia che lo aiuti» le dissi, e lei annuì. Come se stessero aspettando solo quel cenno d’assenso, le mie mani s’illuminarono di una luce tanto abbagliante che Leighton dovette chiudere gli occhi. Al contrario, io non ne ebbi bisogno; con estrema delicatezza avvicinai le mani al petto di Alec, mentre cominciavo a canticchiare una melodia che riconobbi come una preghiera ad Apollo che ci avevano insegnato al Campo Mezzosangue.
La inframmezzavo a incitazioni mentali come “Andiamo, Alec, so che puoi farcela!” o “Resisti, amico”.
Trascorsero secondi, minuti, non ne ho idea.
La mia concentrazione era tutta sulla guarigione di Alec. Eppure, ad un tratto, mi accorsi che qualcosa stava cambiando: si era alzato un forte vento, e nell’aria si stava diffondendo un rumore di elettricità statica.
Che stava combinando Lena?
Proseguii nella mia preghiera senza mai fermarmi a guardare, neanche quando Leighton si strinse forte al mio braccio.
Sentivo il sudore colarmi ai lati del viso e lungo la schiena, mentre percepivo il mio corpo andare a fuoco come se avessi corso una maratona.
Tremavo, bruciavo, ero scosso da strane scariche d’energia, per un attimo mi sembrò anche si essere sul punto di vomitare persino l’anima. Ma non mi azzardai ad interrompere il contatto che avevo stabilito con Alec.
Poi, finalmente, la luce proveniente dalle mie mani perse d’intensità. Dopo un’eterna manciata di secondi, Alec sgranò gli occhi e inspirò profondamente, per poi lasciarsi andare a una serie di colpi di tosse.
«Bentornato» gli dissi, esausto ma al settimo cielo.
Lui mi scrutò in viso, forse cercando qualche traccia di ostilità. Ricerca vana. Si rilassò, e le sue labbra formularono un muto “grazie”.
Ad interrompere quell’altrimenti toccante scena ci pensò Lena, con un: «Adesso tenetevi forte!»
Il punto è: eravamo nel mezzo di una strada, circondati dal nulla. A cosa dovevamo tenerci, nel nome di Zeus?!
Non ebbi il tempo di farglielo notare. Il campo di energia si allargò di colpo, seguito da un forte impatto e da un versaccio di Pitone che mi fece rabbrividire. Dopodiché, la nostra unica protezione si dissolse nel nulla.
Mi guardai intorno: Pitone, disteso su di un fianco con il ventre bruciacchiato, stava rimettendosi in piedi con molta fatica; Ate osservava la scena dall’alto, imperturbabile.
«L’hai ferito, Lena. Quanta crudeltà!» esclamò.
Lena alzò le spalle. «Non preoccuparti. La prossima volta lo ridurrò direttamente in cenere»
«Bel colpo» esclamai, aiutando Leighton a rimettere Alec in piedi. Nonostante la mia guarigione era ancora molto stanco.
«Scott, ascolta» mi disse lui con un fil di voce. «Mi dispiace. Non sai quanto. Meriterei di finire al Tartaro»
«Chiudi il becco» lo zittii. «Non ti ho salvato la vita soltanto per sentirti dire che avresti meritato la morte»
Lui mi ignorò.
«Siete riusciti a incontrare le Ore?» domandò, prima che un violento attacco di tosse gli impedisse di parlare.
«Non parlare» fece Leighton. «Conserva le energie»
«No, dovete ascoltarmi! Le avete incontrate? Vi hanno dato qualcosa?»
Leighton ed io ci scambiammo uno sguardo, mentre Lena si avvicinava, approfittando di quel momento di tregua per recuperare le energie.
«Ecco, sì. Ma non sono esattamente quello che ci aspettavamo» scossi la testa. Ramoscelli. Stupidi, inutili ramoscelli. Ci avevano scambiato per figli di Demetra con la passione per il giardinaggio, o cosa?
Immaginavo che la notizia avrebbe sconcertato Alec, ma invece i suoi occhi verdi brillarono di una luce speranzosa. Poi, il figlio di Afrodite rise.
«Sicuro che non abbia battuto la testa un po’ troppo forte?» fece Lena. «Non abbiamo il tempo per una commozione cerebrale!»
Aveva ragione. Seppur con fatica, Pitone si stava rimettendo in piedi, e sembrava essersela presa a morte per il suo pancione abbrustolito, che ancora fumava. Bleah. Lucertola affumicata.
Ate, tanto per rendere la situazione un po’ più deprimente, con uno schioccare di dita richiamò a sé le sue care ombre serpeggianti che iniziarono a strisciare verso di noi, seppur con lentezza. In effetti, realizzai, erano fin troppo lente rispetto a come le ricordavo. E più traslucide.
Mh. Un istante. C’era qualcosa che…
Mi si accese una lampadina nel cervello.
Possibile che l’attacco a Pitone avesse in qualche modo indebolito Ate? Comunicai la mia idea ai miei amici, cosa che non fece altro che incrementare l’entusiasmo del tutto fuori luogo di Alec.
«Sono uniti da un legame. Ate e Pitone, dico. Per quanto quella strega affermi di aver recuperato la sua antica forza, lui è un mostro troppo potente per rimanerle sottomesso con le buone. Ate lo ha costretto in un legame grazie al quale lei trae forza da lui, che è obbligato ad obbedirle, ma c’è anche il rovescio della medaglia: se colpite Pitone, indebolite anche Ate» ci spiegò Alec.
Io, Lena e Leighton lo guardammo con tanto d’occhi.
«E questo lo sai perché…?» dissi.
Alec riprese un po’ di colore sulle guance. Sembrava imbarazzato.
«Io… lo so è basta, okay? Fidatevi di me»
Lena emise uno sbuffo, ma rimase in silenzio. Intuii che la scelta se fidarci o meno di Alec ricadeva su Leighton e me.
La figlia di Efesto ed io ci guardammo per un istante. Lei annuì leggermente. Ne fui sollevato.
«D’accordo» mormorai. «Quindi dobbiamo mettere ko il lucertolone»
Mi voltai a lanciargli uno sguardo, e mi accorsi che le ombre ci stavano raggiungendo. Non rappresentavano questa grande minaccia, però. Voglio dire, non in confronto a Pitone. Ad ogni modo, richiamai a me un fascio di luce brillante e lo usai come frusta per allontanarle.
«Più facile a dirsi che a farsi» commentò scoraggiata Leighton.
«Insomma, voi quattro!» rimbombò nell’aria la voce di Ate. «Spero abbiate finito di confabulare in quel modo!»
Aggrottai le sopracciglia. Pitone si stava riprendendo, e anche Ate stava recuperando la sua forza. Avevamo ancora poco tempo prima che ricominciassero gli attacchi serrati.
«Ragazzi» fece Alec. «I doni delle Ore. Ce li avete con voi, no? Usiamoli!»
Leighton, Lena ed io ci guardammo, con le stesse identiche espressioni sconfortate in viso. Sospirai.
Infilai una mano nella tasca ed estrassi il ramoscello con le bacche donatomi dalle Ore. Leighton e Lena fecero altrettanto.
«Ma che Tartaro…?» esclamò Alec sgranando gli occhi. «State scherzando?»
«Purtroppo no» grugnì Leighton, fissando il suo ramoscello in fiore come fosse la più astrusa delle equazioni matematiche esistenti.
«Dovremmo combattere una dea a suon di bacche in testa? Assurdo!»
Scagliai un’altra frustata di luce contro le ombre striscianti tanto per sottolineare il mio disappunto, che crebbe ancora di più quando vidi che le ombre, al tocco della frusta, si arricciarono per un istante ma poi ripresero a serpeggiare verso di noi. Perfetto. Intervallo finito.
Alec scosse la testa, rimuginando.
«Ate era furiosa quando è venuta a sapere che eravate arrivati per tempo dalle Ore. Questi rami devono significare qualcosa»                              
«Avremmo dovuto piantarli entro i confini del campo. Ci avrebbero difeso» Leighton scosse la testa. «Immagino che adesso dovremo arrangiarci in un altro modo»
Il versaccio di Pitone ci fece trasalire. Ci voltammo tutti insieme, con espressioni funeree, pronti a ricominciare a combattere.
Per cui, eccoci qui. Di nuovo. Secondo round.
Qualcosa mi diceva che sarebbe stato anche l’ultimo.
«Ragazzi, mi dispiace di avervi messo in questa situazione» mormorò Alec. «È stata tutta colpa mia. Se potessi tornare indietro…»
«Chiudi il becco!» esclamammo in sincrono le ragazze ed io. Nonostante la paura che mi angosciava, ridacchiai. In fondo ero in compagnia dei miei migliori amici. E di Lena. Che, be’, nonostante la conoscessimo da poco tempo si era conquistata a pieno titolo il suo posto nel gruppo.
Saperli al mio fianco rendeva l’idea dello scontro più sopportabile.
«Signori» esclamai. «Vediamo di prendere a calci un paio di sederi divini e lucertoleschi»
«Rettili, vorrai dire» mi corresse Lena.
La guardai. Ridemmo insieme. Non avevo più paura.
Le ombre di Ate crebbero sempre di più, e Pitone ci si avvicinò con fare minaccioso.
Stringevamo ancora nelle mani i rami delle Ore.
E fu in quel momento che successe.
 
Mi sembrava di essere finito in un frullatore.
Anzi, no: mi sembrava di avere in mano un animale impazzito. Il mio ramoscello aveva preso vita! Si stava agitando come fosse stato preda di una crisi epilettica, e non era il solo.
«Nel nome di Zeus!» gridò Lena quando un brillante arcobaleno di colori si diffuse dai rami.
Ci trovammo in pochi istanti circondati da fasci danzanti di luce colorata e bollente, che però non ci arrecava alcun danno, contrariamente a quanto stava accadendo a Pitone ed Ate.
Lui, il lucertolone, indietreggiò spaventato emettendo quei suoi versacci striduli, mentre la dea schiumava di rabbia e terrore: le sue ombre si erano ritirate, e lei si stava esibendo in un irripetibile sproloquio in greco antico che, mi parve di cogliere, accomunava ai nomi degli dèi alcuni epiteti non proprio nobili, ecco.
«Che cavolo sta succedendo?» esclamò Leighton. Non sembrava spaventata; stava ridendo.
«Non ne ho la minima idea» le risposi, osservando incantato il mio ramoscello luminoso.
Era una luce diversa da quella che ero abituato a maneggiare; questa sembrava più… eterea. Divina. Non esistevano termini adatti a descriverla.
«Come avete fatto?!» gridò Ate. «Come avete osato?!»
Be’, la verità era che non lo sapevamo neanche noi. Forse ne stavamo capendo ancora meno della dea, ma poco importava: avevo la sensazione che la situazione fosse stata appena ribaltata a nostro favore.
Lasciati andare, Scott, disse la voce di mio padre nella mia testa.
Nonostante fossi estremamente sollevato di sentirla di nuovo, non riuscii a non commentare con un: guarda chi si rivede!
Dai rami di Leighton e Lena partirono delle vere e proprie corde luminose che andarono ad avvilupparsi intorno a Pitone, che prese a dibattersi come un forsennato in preda al terrore.
«NO!» fece Ate, schiumando per la rabbia.
Prese a lanciarci contro delle vere e proprie sfere fatte d’ombra, che però si dissolvevano nella luce ancora prima di giungere a una distanza tale da costringerci a rivolgere loro la nostra attenzione.
Di fronte al potere dei doni delle Ore mi sentii un pochino colpevole: giurai a me stesso che non avrei mai più giudicato un’arma dal suo aspetto. Mai, mai, mai più!
«Scusatemi, avevamo tra le mani questa roba e neanche lo sapevamo?» disse Lena, dando voce ai miei pensieri.
Lei e Leighton tenevano ben stretti i loro rami con le rispettive corde di luce. Per quanto Pitone si stesse dimenando, nessuna delle ragazze si mosse di un passo.
Solo i fasci di luce del mio ramoscello continuavano a fluttuare nell’aria. Aggrottai le sopracciglia.
Apollo mi aveva detto di lasciarmi andare, per cui provai a rilassarmi. A non pensare a nulla.
Socchiusi gli occhi, godendomi il piacevole tepore della luce che mi circondava. Un formicolio caldo alla mano mi avvertì che stava succedendo qualcosa, ma tenni gli occhi chiusi e sospirai.
Quando finalmente decisi di alzare lo sguardo, dove prima c’era il mio ramoscello ora c’era uno splendido arco fatto di luce pura.
«Woh!» esclamai sconcertato.
Sentii Lena schiaffarsi una mano sul viso.
«Arco e frecce! Perché non ci ho pensato prima?»
Me lo chiesi anche io.
Ignorando le bestemmie, gli insulti e i ripetuti attacchi — del tutto inutili — di Ate, osservai un nastrino di luce allontanarsi dall’arco e allungarsi fino a raccogliere la mia spada, rimasta a terra dopo che avevo curato Alec. L’arma venne avvolta e trasportata fino all’arco dove, con mio immenso stupore, si trasformò in una freccia.
Senza pensarci due volte la presi e la incoccai.
«Ehi, ehi, ehi! Cos’è tutta questa fretta?» fece Alec. «Hai solo una freccia, sicuro che non mancherai il bersaglio?»
Mi voltai verso di lui.
«Amico, stai parlando con un figlio di Apollo. Io non sbaglio mai»
Osservai Pitone. Mirai. Presi un respiro profondo, e lasciai andare la freccia…
…che andò a colpire il mostro esattamente tra i due occhi gialli.
L’urlo di Ate fu talmente assordante da sovrastare persino quello di Pitone. Mi tappai le orecchie d’impulso, pensando a cosa avrebbero sentito tutti i mortali della zona a causa della Foschia.
«Non è finita qui, semidei! Non pensate di aver vinto!» gridò Ate, mentre il suo corpo perdeva consistenza ritornando ad essere ombra, come la prima volta che l’avevo incontrata nei miei incubi.
«Tornerò, lo giuro sul fiume Stige! E la prossima volta perirete tutti. Voi e i vostri dèi: soccomberete dinanzi alla mia ira!»
Quella sfilza di minacce cominciava a stancarmi.
«Come ti pare» esclamai. «Basta che torni da dove sei venuta»
E con un ultimo grido bestiale, mentre il mostro Pitone si dissolveva in una pioggia di cenere, della dea della Dissennatezza non rimase altro che nero fumo.
 
Considerando che per arrivare a New York avevamo impiegato interi giorni, il ritorno al Campo Mezzosangue fu stranamente veloce.
Forse perché dormimmo per tutta la durata del viaggio, in groppa a due nostri vecchi amici.
Mio padre ci aveva mandato ancora una volta i due grifoni che ci avevano accompagnati a New York quando avevamo perso l’autobus, e questo contribuì a rallegrarci ancora di più. Lena e Leighton si addormentarono non appena il loro grifone femmina iniziò il volo, e altrettanto fece Alec, seduto dietro di me sul nostro grifone.
Io no. Avevo una cosa da fare. Una promessa da mantenere.
Sentendomi un totale idiota, mentre volavamo sopra una distesa di soffici nuvole bianche chiusi gli occhi e provai a chiamare mio padre. Non avevo ancora ben chiaro come funzionasse il meccanismo della comunicazione mentale, ma sperai che invocare Apollo sarebbe bastato.
Dopo aver preso un bel respiro, cominciai a parlare mentalmente di Clizia, la vecchia fiamma di mio padre che viveva nel campo di girasoli.
Le avevo promesso che l’avrei aiutata. Adesso che avevo sconfitto Ate, mi sentivo in grado di farlo — più che altro, ero convinto che gli dèi me lo dovessero. Andiamo, chi è che negli ultimi giorni aveva rischiato la pelle mentre loro se ne stavano comodi comodi sui loro troni sull’Olimpo?
Pregai mio padre di liberare Clizia dalla sua prigionia; lo pregai di rendere la sua casa visibile agli umani, in modo tale che quella povera ninfa non dovesse più trascorrere la sua vita in una solitudine forzata; come ultima cosa, lo pregai di perdonarla.
Sei troppo buono, Scott, mi disse la voce del dio del sole facendomi sobbalzare. Per poco non caddi giù dal grifone.
Per favore, pensai.
Per un po’ no ebbi alcuna risposta. Il cuore mi sprofondò nello stomaco al pensiero di non essere stato capace di mantenere la promessa fatta a Clizia. Mi si formò un groppo in gola, ma inghiottii con forza.
D’accordo. Sarei andato di persona a far compagnia a Clizia. Non l’avrei lasciata sola come…
Come ho fatto io?
Sobbalzai e rischiai per la seconda volta di perdere l’equilibrio. Non c’era riuscita Ate a farmi fuori, lo avrebbe fatto mio padre. Involontariamente, per giunta.
Non è quello che volevo dire, gli risposi. Allora, la libererai?
Altro silenzio. Questa volta non commisi l’errore di distrarmi, per cui quando Apollo parlò di nuovo non mi colse di sorpresa.
Lo sai, figliolo? Sei proprio come tua madre: neanche a lei riuscivo mai a dire di no.
Sorrisi appena.
Grazie, papà, gli dissi.
Poi mi lanciai vincere dal sonno, e mi addormentai.
 
Una volta al campo la situazione degenerò.
In realtà assistetti solo in minima parte ai festeggiamenti in nostro onore organizzati dagli altri campeggiatori, perché Chirone insistette nel volervi portare di filato in infermeria. Apprezzai.
Alec era quello che tra di noi aveva maggior bisogno di cure, ma un po’ di nettare e ambrosia avrebbe fatto comodo anche a me e alle ragazze.
La storia del tradimento di Alec non si era diffusa, per quanto qualcosa mi dicesse che Chirone ne era venuto a conoscenza.
Riley venne a trovarci un paio di volte in infermeria — anche se dal suo comportamento era palese che venisse a controllare le condizioni di uno di noi in particolare — e in una di queste occasioni la ringraziai per non aver sparso in giro alcuna voce su Alec.
Mi aspettavo un qualche commento sarcastico, invece lei mi guardò con un’espressione amara e malinconica.
«Solo perché solo la figlia della dea della Discordia non significa che debba essere la stronza colossale che tutti credono io sia, non credi, Scott?» mi disse. Dopo quella volta non si fece più viva.
Incessanti furono invece le visite dei miei fratelli, e soprattutto di Jenny.
Volle sapere ogni singolo dettaglio della nostra impresa e si dimostrò parecchio interessata a Lena. Dopo un paio di visite io, che ero il suo adorato fratellone, venni snobbato alla grande per la figlia di Zeus.
Tra una visita e l’altra, i giorni passarono.
Riuscii a chiamare mia madre con l’iPhone e a raccontare a grandi linee le mie avventure, ma evitai di nominare Apollo; non so esattamente perché, ma non ero sicuro che questa ricomparsa di mio padre nelle nostre vite avrebbe potuto farle del bene.
La vita riprese a scorrere normalmente, anche se con qualche piccola modifica.
In primo luogo, Alec. Per quanto mi sforzassi di ignorarlo, entrambi sapevamo che qualcosa nel nostro rapporto era cambiato. Lui era ancora il mio migliore amico e lo sarebbe stato per sempre, ma il fantasma del suo comportamento a volte sembrava aleggiare tra di noi. Mi domandavo spesso quando sarebbe svanito del tutto.
Il rapporto tra Alec e Leighton, invece, degenerò totalmente. Certo, erano ancora amici, ma quell’affetto speciale che li legava era stato rimpiazzato da un cordiale rispetto reciproco. Poi un giorno venimmo a sapere che Leighton e un ragazzo della cabina di Dioniso stavano uscendo insieme. Alec sparì dalla circolazione per il resto della giornata, e quando lo rividi capii che non aveva preso affatto bene la notizia.
E poi, be’, c’era Lena.
Se durante la nostra impresa c’era stato modo di ridere, scherzare e — soprattutto — fantasticare su improbabili futuri, adesso che lei era tornata con le Cacciatrici di Artemide tutto era cambiato.
Certo, sapevo che quell’infatuazione mi sarebbe dovuta passare per forza, ma era difficile.
Chiamatemi stupido, ma sentivo che c’era qualcosa tra me e lei. Non so spiegarlo. Ma lo percepivo.
Per cui, quando seppi che lei e le Cacciatrici se ne sarebbero andate di lì a qualche giorno, entrai nel panico. Solo la sera precedente alla loro partenza riuscii a parlarle.
Ebbi la fortuna di trovarla da sola, vicino la stalla dei pegasi.
Ora o mai più, mi dissi.
«Così domani parti, eh?»
Lei sobbalzò, si voltò e mi lanciò un’occhiataccia.
«La prossima volta che mi arrivi alle spalle in questo modo sappi che non mi riterrò responsabile delle ferite che riporterai»
Alzai le mani in segno di scuse, e lei si rilassò.
«Artemide ha deciso che è tempo di andare. Adesso che non dobbiamo più preoccuparci di Ate siamo libere di tornare a viaggiare»
«Oh. E sai già dove andrete?»
Lei si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea. Talia ha proposto come meta una città in cui c’è un raduno di musica rock, ma non so se Artemide le darà retta» rise.
Cercai di figurarmi Artemide ad un concerto rock. Oh, dèi!
Ci fu qualche istante di imbarazzante silenzio. Lena non smise un attimo di guardarsi intorno con aria circospetta, come se fosse preoccupata che da un momento all’altro qualcuno potesse sorprenderla a parlare con me.
«Scott, credo proprio che dovrei andare» disse, nel momento esatto in cui io esclamai: «Credi che Ate tornerà?»
Quella domanda ebbe l’assurdo effetto di riportarmi per un attimo a settimane prima, quando avevamo condiviso esperienze uniche, quando avevamo combattuto fianco a fianco contro una dea e non eravamo stati la Cacciatrice di Artemide e il figlio di Apollo, ma solo Lena e Scott.
«Non tornerà» mormorò Lena, riportandomi di botto al presente.
«Ma se tornasse?» chiesi con foga, accorgendomi subito che le stavo ponendo la domanda sbagliata. «Tornerai anche tu? Cioè, voglio dire, le Cacciatrici—»
«Scott»
Mi sentivo le guance in fiamme.
«Molto probabilmente questa sarà l’ultima volta che ci vedremo per molto, molto tempo»
Silenzio. Mi accorsi che stavo trattenendo il respiro, e feci del mio meglio per dissimularlo.
«Quindi» deglutii. «Quindi questo è un addio?»
Lena annuì. «È stato bello conoscerti. Conserverò un bel ricordo. Spero che per te sarà lo stesso» sorrise, ma non sembrava a proprio agio.
Ora o mai più.
«Non voglio che tu sia solo un ricordo» dissi tutto d’un fiato. Iniziavo a sentire freddo alla punta delle dita, eppure la faccia mi stava andando a fuoco.
Lena aggrottò le sopracciglia. Poi un lampo di consapevolezza le illuminò il viso; sgranò gli occhi, e la sua espressione si indurì.
«Scott,no. Ti prego, dimmi che sto fraintendendo ogni cosa»
«È solo che speravo… insomma, credevo…»
«Sono una Cacciatrice, per l’amor degli dèi. Come puoi anche solo aver pensato…?»
«Lo so. Mi dispiace. Sono uno sciocco. Perdonami»
Rimanemmo l’uno davanti all’altra a fissarci le scarpe come fossero la cosa più interessante al mondo. Mi sembrava che il cuore avesse deciso di scoppiarmi nel petto. Non era così che avrei voluto dirle addio.
Sentii un rumore di passi, poi la mano di Lena si posò delicatamente sulla mia spalla.
«Fai un favore a te stesso e dimenticami»
Alzai di scatto la testa, ferito da quelle parole. Mi allontanai di un passo. Gli occhi grigi di Lena si riempirono di dolore.
«È che… ci sono cose che mi riguardano che tu non sai. Che potrebbero farti del male» sospirò. «Ma non mi aspetto che tu capisca i miei motivi. Mi dispiace, Scott, sono io che dovrei chiederti scusa. Sono sicura che un ragazzo fantastico come te troverà presto la ragazza giusta»
Non risposi. Mi limitai a fissare la figlia di Zeus senza aprire bocca, cercando di metabolizzare le sue parole.
Non ero abituato a reazioni del genere da parte delle ragazze, lo ammetto, ma stavolta era davvero diverso. Era innaturale.
Lena sorrise appena. «Devo andare. Addio, Scott»
La guardai andare via. Un mucchio di voci nel mio cervello gridavano tante cose diverse. Mille e mille risposte mi si affollarono in testa, ma solo quando Lena fu ormai sparita dalla mia vista mi azzardai a dar voce ai miei pensieri.
«A presto, Lena Storm» mormorai.
 

FINE

 
 
 
 
 
 
 
 
 

di prossima uscita:
 
Cronache del Campo Mezzosangue
La dea dimenticata











 

Oh cielo. Non posso crederci. Sono arrivata all'ultimo capitolo. 
Lo ammetto, scrivere la parola "FINE" mi ha commossa. Scott ormai è parte di me, come posso lasciarlo? Poi, per fortuna, mi sono resa conto che LA STORIA NON FINISCE QUI!
Questo è solo il primo capitolo di una saga. Il secondo capitolo, La dea dimenticata, verrà pubblicato tra qualche mese. 
Che dire? Mi ero preparata mentalmente tanti discorsi per salutare questa fanfiction, la prima long che ho completato, ma ora tutte le mie parole sembrano essere volate via.
Una cosa però devo dirla: GRAZIE. Grazie a voi che avete letto, che avete recensito, che avete fangirlato, che mi avete dato la spinta per continuare a scrivere. 
Scott non esisterebbe se non fosse per voi.
Vorrei poter regalare un Apollo personale a tutti voi che avete recensito dal primo capitolo, anche a quelli che hanno letto in silenzio, o a coloro che sono arrivati solo dopo ma che hanno amato comunque la storia.
Ho però dei ringraziamenti speciali:
grazie a Valeria e a Ida, che mi hanno incoraggiata a pubblicare il primo capitolo, due estati fa. Anche se il nostro rapporto non è più quello di prima siete sempre nel mio cuore, e vi voglio bene, non immaginate quanto;
grazie a Viola, che fangirla sui miei personaggi come nessuno a questo mondo e che spesso e volentieri mi minaccia di morte per via della mia lentezza nel pubblicare;
grazie a Elisa, altra fangirl scatenata che adoro in una maniera assurda, che ha seguito questa storia credo da sempre.
Grazie, grazie, grazie.
Vostra,
Effie.

  
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