Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: Rico da Fe    30/10/2012    4 recensioni
Avete mai pensato alla Divina Commedia in chiave hetaliana?
Beh, Giappone ci ha pensato eccome, quella volta in cui si è perso nella spaventosa "selva oscura"!
Ma state tranquilli: ci penseranno Germania e Italia a salvarlo e a condurlo attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso, il primo venendo apposta dal Limbo, il secondo scendendo dall'Empireo per condurlo attraverso il Paradiso, luogo precluso a Germania...
Quali saranno le nazioni dannate? Quali le nazioni beate?
Scopritelo in questa spero esilarante rivisitazione della Commedia dantesca!
Genere: Avventura, Commedia, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axis Powers/Potenze dell'Asse, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Personaggi:
 
Nazioni ignave (neutrali)
Caronte: Romano
Minosse:Russia
 
 
 
'Per me si va tra le nazion dolenti,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra le perdute menti.
 
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina Mesopotamia,
lo sommo Egitto e 'l suo rettore.
 
Dinanzi a me non fur nazioni create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate l’indipendenza, voi ch'intrate'.
 
Queste parole, scure e minacciose, campeggiavano sull’immenso portale di pietra dinanzi al quale Giappone e Germania si erano fermati.
Il sole era ormai basso sull’orizzonte, e tingeva di arancio le chiome sinistre degli alberi alle loro spalle.
Giappone indicò la scritta sulla porta che si ergeva maestosa e lugubre di fronte a loro.
 
«Maestro, il senso lor m'è duro».
 
Germania gli rispose, col solito tono autoritario e profondo:
 
«Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta.
 
Noi siam venuti al loco ov' i' t'ho detto
che tu vedrai le nazioni dolorose
c'hanno perduto il ben de l'intelletto».
 
Poi, voltatosi, tese la mano verso i due monumentali battenti.
Con un fragore assordante, simile al rombo di un tuono, la porta di pietra si aprì lentamente, rivelando all’interno la più completa oscurità.
I due entrarono.
Così come si era aperta, la soglia rocciosa si chiuse, lasciandoli al buio.
La prima cosa che colpì la nazione furono le grida: gemiti, pianti, rantoli e strida riempivano l’intero ambiente, un vastissimo corridoio scuro e maleodorante, ampio quanto una cattedrale.
Man mano che si addentravano in quell’enorme e raccapricciante budello, i lamenti si facevano sempre più strazianti.
Non riuscendo più a trattenere la curiosità, Giappone chiese alla sua guida:
 
«Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent' è che par nel duol sì vinta?».
 
Germania, continuando a camminare spiegò:
 
«Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
 
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li Stati che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
 
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli».
 
Giappone sgranò gli occhi: quindi quelle erano le nazioni ignave, cioè quelle nazioni che erano sempre rimaste neutrali senza mai schierarsi con nessuno in guerra!
 
E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.
 
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
 
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
 
E Giappone guardò e passò.
Fece appena in tempo a scorgere una lunga fila di nazioni che correvano dietro a un vessillo bianco e senza stemma, perennemente punti da vespe e mosconi; poi udì lo sciacquio di un corso d’acqua.
Si voltò, ormai dimentico delle nazioni neutrali, e intravide un fiume lordo e limaccioso scorrere pigramente davanti a loro.
Raggiunta la sponda, Giappone notò una grande folla ammassata davanti alle acque melmose.
Incuriosito, domandò a Germania:
 
«Maestro, or mi concedi
ch'i' sappia quali sono, e qual costume
le fa di trapassar parer sì pronte,
com' i' discerno per lo fioco lume».
 
La nazione trapassata, con calma e pazienza, rispose:
 
«Le cose ti fier conte
quando noi fermerem li nostri passi
su la trista riviera d'Acheronte».
 
Quindi quel fiume era l’Acheronte… ricordava quando Grecia gliene aveva parlato, dicendo che era un fiume dell’oltretomba sul quale un tizio traghettava le anime dal mondo dei vivi a quello dei morti.
Si riscosse dai suoi pensieri quando udì lo sciacquio di una barca che si avvicinava.
Osservò incuriosito la figura che la guidava: un tizio molto simile a Italia, ma più alto e robusto, con uno strano ricciolo sbarazzino al lato della fronte e lo sguardo bellicoso.
Gli occhi, simili a braci ardenti, saettavano qua e là tra i morti.
Avvicinatosi alla sponda, il traghettatore inveì:
 
«Bastarde voi, nazioni prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
 
E tu che se' costì, nazione viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
 
Aggiunse indicando Giappone, ma questi non si mosse.
Vedendolo lì imbambolato, lo strano tizio soggiunse:
 
«Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
Giappone, per tutta risposta, guardò Germania, che fece un passo avanti e apostrofò il traghettatore:
 
«Roman, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».
 
Il nocchiere, che rispondeva al nome di Romano, divenne paonazzo per la rabbia, ma bisbigliando solo un mesto: “Stupido crucco mangia patate…” li fece salire sulla barca, che gemette sotto il peso di Giappone.
Inveendo contro di esse intimò alle altre nazioni morte, a colpi di remo, di salire a bordo.
La barca si staccò dalla riva e attraversò il fiume denso e livido, per poi approdare sull’altra riva, dove gli Stati trapassati poterono scendere.
Giappone, con le orecchie fumanti (Romano non aveva fatto altro che bestemmiare durante tutta la traversata contro Germania…), seguì il suo mentore, che ignorò il colorito saluto del traghettatore e si allontanò dall’Acheronte.
Giunsero cosi’ in una vasta e verdeggiante vallata, dove cespugli e prati punteggiati di fiori si alternavano davanti alle bianche mura di un castello.
“Alla faccia dell’Inferno…” pensò Giappone.
Tuttavia, nonostante quel luogo sembrasse molto sereno e felice, non si udivano altro che sospiri.
Germania, all’improvviso mogio e assorto, con gli occhi bassi disse a Giappone:
 
"L’angoscia de le genti
che son qua giù, nel viso mi dipigne
quella pietà che tu per tema senti.

Andiam, ché la via lunga ne sospigne".
 
Giappone non poté fare altro che seguirlo attraverso quella bella vallata.
Assorti, camminarono per un po’ in silenzio finché Germania esclamò:
 
"Tu non dimandi
che Stati son questi che tu vedi?
Or vo’ che sappi, innanzi che più andi,

ch’ei non peccaro; e s’elli hanno mercedi,
non basta, perché non ebber battesmo,
ch’è porta de la fede che tu credi;

e s’e’ furon dinanzi al cristianesmo,
non adorar debitamente a Dio:
e di questi cotai son io medesmo.

Per tai difetti, non per altro rio,
semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio".
 
Giappone fu colto da un’improvvisa tristezza: quindi quello era il Limbo, dove erano raccolte tutte le nazioni che non avevano conosciuto Dio, o non lo avevano adorato nel modo giusto…
Guardo’ Germania con una stretta al cuore: lui era protestante, si era ribellato tempo addietro al Papa, e questo lo condannava a restare lì per sempre, senza poter gioire delle grazie del Paradiso.
Mentre camminavano, Germania si fermò a parlare con Turchia, con Antica Grecia, con Egitto, e infine, con gli occhi lucidi di ammirazione, con il grande Impero Romano.
Lasciatisi alle spalle il triste Limbo, giunsero in un vastissimo spiazzo, dove, in mezzo alle stalattiti, sedeva un immenso gigante sorridente con i capelli biondo platino e gli occhi viola.
Al collo portava una sciarpa bianca, mentre a coprirgli il resto del corpo solo un drappo bianco sui fianchi.
 
Stavvi Russia infantilmente, e ghigna:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.
 
Dico che quando la nazion mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
 
vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la sciarpa tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
 
Giunti ai piedi dell’immensa figura, tra i quali si apriva un varco che conduceva oltre, Russia li fermò.
 
«Kol kol, tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Russia a me quando mi vide,
lasciando l'atto di cotanto offizio,
«guarda com'entri e di cui tu ti fide;
non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!».


Ma Germania, veemente, gli rispose:
«Perché pur gride?
Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».
Rispondendo con un largo sorriso e un minaccioso “kol kol kol”, la colossale nazione li lasciò passare.
Ancora rabbrividendo per il pericolo scampato, Giappone tentò di aggrapparsi a Germania, ma, dimenticandosi che questi era bello che morto (e quindi impalpabile), rovinò sul terreno.
Fece pero’ in tempo a vedere un grande baratro, agitato da una furiosa tempesta che scuoteva e trascinava innumerevoli nazioni con sé, prima di perdere i sensi.
 
Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.
 
Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.
 
La bufera infernal, che mai non resta,
mena li Stati con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.
 
 NOTE DELL'AUTORE:.

Per cercare di accontentare un po' tutti e sembrare meno palloso, ho ridotto il numero dei versi. Se pero' preferite averne di piu', allora il Canto III fa per voi: GIRONE DEI LUSSURIOSI E DEI GOLOSI!!! QUALI NAZIONI SARANNO PUNITE STAVOLTA???
  
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