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Autore: RoseScorpius    30/10/2012    48 recensioni
Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (bhe, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva, e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Dio, magari li portava comunque, ma come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata.
… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

STORIA IN REVISIONE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie'
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Capitolo 31
E vissero tutti felici e parenti

 
E poi, beh, poi c'è il lieto fine.
Perché se è vero che la vita è fatta di probabilità e di circostanze che si verificano con la casualità del lancio di un dado, allora è matematico che, per quanto coglione tu possa essere e nonostante l'impegno che ci avrai messo per fare in modo che ciò non accada, prima o poi arriverà il momento in cui le cose ti andranno come avrebbero dovuto andare fin dall'inizio.
E magari non sarà il finale da favola che sognavi da bambina, magari tu non sarai una principessa e lui non avrà un cavallo bianco. Magari, in effetti, sarete solo due idioti che ci hanno girato attorno per anni senza mai riuscire a concludere niente. E magari continuerete anche ad esserlo, dopo: è impossibile, lo so benissimo, che dopo anni passati a portarti sfiga da sola di colpo tutto diventi rose e fiori e ci resti per sempre.
Ma la verità è che, quando arriverà quel momento, non te ne fregherà niente di tutto ciò.
Perché il vero lieto fine non è il famoso “e vissero tutti felici e contenti (possibilmente con orde di bambini urlanti e senza mai litigare)”.
Il vero lieto fine è il Per Sempre. O quasi...
 

***

 
Il giorno del matrimonio mi svegliai con un mal di testa martellante e con l'insopportabile sensazione di malinconia lasciata da un sogno troppo bello che si dissolveva davanti allo squallore della realtà. Tuffai la testa sotto le lenzuola e per qualche minuto tentai di immergermi nuovamente nell'atmosfera che mi aveva cullata nel sonno, ma la voce di Scorpius, il suo sorriso e quel leggero bacio sulla fronte erano ormai solo il ricordo di immagini mai esistite.
Diamine, Calvin, perché adesso devo pure mettermi a sognare queste cose?!
Mi trascinai giù dal letto, più depressa che mai, e andai a ficcarmi sotto la doccia. Il ché, comunque, non sortì grandi effetti, a meno di non voler considerare un “grande effetto” il fatto di essere riuscita a procurarmi ustioni sia da freddo che da caldo nel giro di trenta secondi. In effetti, ci voleva una certa maestria per riuscire nell'impresa.
Quando uscii dal bagno, trovai due cose che non erano come le avevo lasciate nella mia stanza: la prima era mia madre, che saltellava in giro come se l'avesse morsa un'Acromantula, la seconda era un grosso barbagianni che se ne stava appollaiato sul baldacchino del letto e la scrutava con una vaga aria di superiorità.
Inarcai un sopracciglio, perplessa quanto il volatile.
« ...Mamma? »
« Oh, Rose! » si riscosse lei, e mi marciò incontro tendendomi una pergamena.
Feci scorrere uno sguardo terrorizzato dalla sua espressione spiritata al foglio che stringeva tra le mani. Il fatto che mi avesse chiamata per nome lasciava ben sperare, ma avevo imparato sulla mia pelle che con mia madre non si poteva mai dare la propria salvezza per scontata. In secondo luogo sembrava davvero troppo su di giri, per i suoi e per qualsiasi altro standard, il qual segno dava adito ad interpretazioni per niente confortanti.
Tentai maldestramente di indietreggiare e di portarmi fuori tiro,  ma lei mi afferrò un avambraccio e mi ficcò la pergamena tra le dita.
« Sono arrivati i risultati dell'esame... » spiegò con voce concitata. « Spero non ti offenderai se ho già aperto la lettera, ma volevo assicurarmi che... oh, non importa! » e così dicendo mi strappò il foglio di mano prima ancora che potessi spiegarlo. « Hai preso Oltre Ogni Previsione! »
Mi lasciai abbracciare, stritolare, baciare sulle guance e torturare con qualsiasi altra esternazione di affetto mia madre ritenesse necessaria, anche se scoprii che non me ne importava molto di aver passato l'esame con un buon voto. In realtà, al momento avrei volentieri barattato una decina di Oltre Ogni Previsione in Trasfigurazione perché il sogno di quella notte fosse stato reale.
« È bello vedere che ti ricordi di volermi bene solo quando prendo un bel voto » commentai non appena mamma mi lasciò tornare a respirare.
Lei alzò gli occhi al cielo e replicò alla mia frecciatina con uno sguardo esasperato.
« Oh, avanti, lo sai che ti voglio bene sempre. Anche se... oh, sono così orgogliosa di te! Sapevo di aver fatto la cosa giusta a darti fiducia! Su, dimmi: cosa vuoi? » riprese, riacquistando immediatamente il tono eccitato e vagamente isterico di poco prima. « Un regalo? Al primo weekend libero ti vengo a prendere a Hogwarts e andiamo a fare shopping a Diagon Alley o... o dove vuoi, anche nella Londra Babbana. E poi potremmo cenare assieme, anche con Hugo, e... »
« Mamma » la interruppi.
Le posai entrambe le mani sulle spalle ed aspettai che si fosse calmata un po' prima di ricominciare a parlare.
« Hai un matrimonio oggi. Non dovresti essere da qualche parte a lisciarti i capelli o a indossare il vestito? »
Per un attimo vidi un lampo di panico sfrecciarle nelle iridi castane, poi sospirò e si lasciò cadere pesantemente sul mio letto, ignorando con una certa audacia la pila di calzini usati che erano stati gettati alla rinfusa tra le lenzuola nella speranza che qualche Elfo Domestico avesse la pietà di portarli via e lavarli. Gettai a terra un paio dei suddetti calzini per farmi spazio e mi sedetti accanto a lei, in paziente attesa.
La cosa andò un po' per le lunghe, ma dopo un paio di minuti di silenzio, mordicchiamenti di unghie e snervante tamburellare di piedi sul pavimento, mamma emise un gemito sofferente e si lasciò cadere di schiena tra i calzini sporchi.
« Non credo di essere psicologicamente pronta per risposarmi » dichiarò.
Sentii le mie sopracciglia inarcarsi sulla fronte senza che potessi fare niente per contenere la mia espressione scettica.
« E te ne preoccupi adesso? » chiesi.
La voce di mia madre si fece molto più alta e molto più isterica.
« Non sono matura abbastanza! »
Mi sfilai un calzino da sotto il sedere e lo gettai a terra, continuando a fissare la donna più matura e responsabile che conoscessi mentre se ne stava distesa su un letto sfatto e faceva i capricci come una bambina di tre anni e mezzo.
« Mamma... » grugnii, tentando di instillarle un minimo della razionalità che aveva evidentemente dimenticato in qualche recondito angolo del castello.
« Lo so, sono patetica » convenne lei prima che potessi terminare la frase. « E anche stupida. Oh, e isterica. Non dimentichiamolo. Sono incommensurabilmente isterica ».
Spalancai gli occhi, cominciando seriamente a ventilare l'ipotesi che i coniugi Malfoy le avessero gettato addosso una qualche strana maledizione che le aveva spappolato la corteccia cerebrale.
« Hai detto tutto tu, eh... »
Per tutta risposta lei si coprì il volto con le mani ed emise un lungo sospiro sconsolato.
« Oh, Rose, sto cominciando davvero a pensare che tu e Hugo non aveste tutti i torti, quando volevate impedirmi di stare con Draco. In fondo, io e lui siamo così diversi... e poi non siamo più tanto giovani: forse dovremmo occuparci solo dei nostri figli invece di sposarci e... e se poi qualcosa va male anche questa volta? Insomma, abbiamo passato anni a detestarci a vicenda; non credo che ora metterci un anello al dito sia una buona idea. Non lo credo per niente. Siamo stati stupidi e romantici ed impulsivi... Sono sicura che cambieremo idea appena sposati e non penso assolutamente di poter sopravvivere ad un altro divorzio. Non era questa la vita che avevo in mente alla tua età... »
Aprì uno spiraglio tra le dita per sbirciarmi con l'aria terrorizzata di chi improvvisamente si è trovato davanti ad una banda di Mollicci.
« Rose... » balbettò. « E se avessi sbagliato tutto? »
Per un attimo finii quasi per prenderla sul serio ed una piccola, microscopica parte di me suggerì di riprendere l'operazione LSD e di creare un piano C da adottare in situazioni di emergenza come quella.
In fondo non tutto è perduto. Non ancora”.
Ma poi, con un piccolo brivido, mi resi conto di non voler assolutamente che mia madre annullasse il matrimonio. Né, tanto meno, lo voleva lei.
« Mamma... » esordii per la seconda volta nel giro di due minuti, facendo del mio meglio per non suonare esasperata o eccessivamente conciliante.
D'altronde, supponevo che si avesse il diritto di essere un po' in paranoia, tre ore prima di sposarsi con l'ossigenatissimo erede di una delle casate Purosangue più ricche ed antiche d'Inghilterra. Io lo sarei stata.
Anche se dubito potrebbe mai capitarti, visto come si è evoluto ultimamente il tuo rapporto con Scorpius...
Lanciai un rotolo di carta igienica in testa a Calvin e lo cacciai malamente a piangere da un'altra parte, lontano dalla parte cosciente del mio cervello.
« D'accordo » sbuffai, e al diavolo la calma. « Non sono molto esperta di queste cose, ma immagino che sia normale andare nel panico prima di sposarsi. Cerca di calmarti e vedrai che... »
« Non provare a dire che andrà tutto bene! » sbottò lei. « Ci sono trilioni di cose che possono andare storte! Come, per esempio, il buffet potrebbe essere avariato e causare un'indigestione a tutti gli ospiti, oppure il gazebo potrebbe crollare e ferire qualcuno, o ancora... »
Quando si accorse di avermi praticamente aggredita, si azzittì bruscamente e tornò a distendersi tra le lenzuola con l'aria di un condannato al Bacio di Dissennatore. Il che, pur con tutto quello che Draco poteva meritatamente far pensare di sé, mi sembrava davvero un po' eccessivo.
« Scusa... » borbottò. « Sono un po' nervosa... »
Ma giusto un po'...
Scossi la testa e posai una mano sulla sua, trovandola fredda e sudaticcia.
« Mamma, lo so che è stata dura con Draco e che metà dei tuoi amici ti hanno praticamente disconosciuta per colpa sua, ma ormai il danno è fatto, no? » dissi, cercando di suonare logica e ragionevole.
A giudicare dal gemito che seguì le mie parole non ci riuscii molto bene. In effetti, a conti fatti, avrei potuto trovare un'argomentazione migliore.
« Ok, d'accordo, cancella quello che ho appena detto » ritentai. « Tu lo ami sul serio, no? Insomma, anche io pensavo che ti avesse dato di volta il cervello, all'inizio... cioè, diciamo pure per tutta l'estate... » tossicchiai, a disagio. « E questo non vuole neanche dire che il cervello non ti abbia effettivamente dato di volta. Ma quando ho letto la lettera che mi hai scritto prima di partire per il viaggio con Draco... beh, dopo le cose che mi hai detto di lui mi sembra davvero stupido doverti ricordare quanto lo ami, perché è così ovvio... »
Mi sforzai di sorriderle e, con mio sommo stupore, ci riuscii egregiamente.
« E anche lui ti ama, ci metterei una mano sul fuoco ».
A quel punto, prima che la faccenda si facesse troppo sdolcinata, mi sentii in dovere di aggiungere una smorfia, tanto per mantenere inalterate le antiche tradizioni.
« Certo, è pur sempre un irritante, biondo, Purosangue Malfoy ed è convinto che gli aeroplani siano delle armi di sterminio di massa... Ma sai, credo che potrei farci l'abitudine, ad averlo come vice-papà. Insomma, in fin dei conti non è poi così male... »
Dopo il finale imbarazzante del mio monologo, a cui seguì inevitabilmente l'autocombustione delle mie guance, ci furono alcuni istanti di silenzio, in cui mia madre mi fissò con gli occhi sgranati e né io né lei sembrammo riuscire a credere che mi fossi lasciata sfuggire quelle informazioni così compromettenti.
Non vogliocrederci. Da quando sono diventata così sentimentale?
Alla fine fu mamma a rompere il silenzio imbarazzante che si era creato.
« Q-quindi... ho... ho il tuo permesso di sposare Draco? » balbettò, incredula.
Davanti alla sua espressione stralunata, non potei che scoppiare in una risata sincera.
« Hai il mio obbligo di sposarlo, mamma ».
 

***

 
L'abitino rosa – oltre ad essere indiscutibilmente osceno – mi andava anche un po' grande, in modo che la stoffa si raccoglieva in pieghe mollicce attorno alla vita e ai fianchi per poi ricadermi  sgraziatamente fin sotto le ginocchia, facendomi sembrare ancora più bassa del solito. Il ché, visti i già pochi centimetri di cui mi aveva fornita Madre Natura, non era assolutamente necessario. Se poi ci si aggiungevano l'imbarazzante trucco infantile che era stato imposto alle damigelle dalla signora Malfoy e l'altrettanto umiliante fatto che sul volto di Dominique stesse benissimo lo stesso, guardando la mia immagine riflessa nello specchio non potei che sospirare, sconsolata.
Mi abbandonai contro lo schienale della sedia e nello stesso istante in cui ebbi la malaugurata idea di farlo sentii che una folta ciocca di capelli mi veniva estirpata dal cranio. Domi imprecò e riprese ad accanirsi sulla mia chioma vilipesa.
« Vuoi stare ferma? »
Persino Lily – che pure aveva i capelli più rossi dei miei – riusciva ad risultare guardabile dentro il suo abito da damigella.
Mentre io sembro un clown...
« Accidenti, Rose » sbuffò Lily, che stava osservando con aria rapita la delicata (non nel senso fisico del termine, chiaro) operazione repressiva in atto sulla mia testa. « È il matrimonio di tua madre! Che faccia avrai al suo funerale? »
Aprii la bocca per replicare, ma l'interesse di Lily nella conversazione si dissolse non appena la porta del bagno si spalancò, rivelando la figura impeccabile di Marshall.
« Buongiorno, damigelle, disturbo? » ci salutò allegramente, soffermandosi in particolare su Lily.
La più piccola dei Potter sobbalzò sulla sedia ed arrossì leggermente, ma si ricompose quasi subito.
« Marshall... » rispose, mentre io e Dominique ci accodavamo con due identici grugniti infastiditi. « Cosa ci fai qua? »
Marshall ridacchiò.
« La signora Narcissa è molto amica di mia nonna e così siamo stati invitati al matrimonio. Sai, intrallazzi fra Purosangue... » spiegò. « Tra l'altro, credo che io e Scorpius siamo cugini di terzo grado, o qualcosa del genere ».
Lily, considerato che Marshall era la sua ultima fiamma, non sembrò troppo contenta di vederlo. Al contrario, si alzò in fretta e si sistemò le pieghe del vestito, sorridendogli nervosamente.
« D'accordo, allora... ehm... che ne dici se io e te ce ne andiamo a fare un giro nel parco, lontano dagli altri, dove nessuno potrà vederti? » propose. Poi, con una smorfia preoccupata, aggiunse: « Non hai incontrato Al, vero? »
Marshall allargò un gomito in modo che lei potesse prenderlo a braccetto e le rivolse un sorrisino condiscendente.
« No, non ho ancora avuto la fortuna di sentire in prima persona i suoi piani per il nostro a quanto pare imminente matrimonio, ma in compenso tuo fratello James ha colto l'occasione per minacciarmi di morte ».
Lily si schiaffò una mano sul volto.
« Stupendo... sono uno più idiota dell'altro... »
In ogni caso non disdegnò il braccio che Marshall le stava porgendo e lo trascinò fuori dal bagno, presumibilmente alla volta di un luogo dove i fratelli non avrebbero potuto trovarli e dove loro due avrebbero potuto fare tutte le altre cose che si convenivano al caso.
Sospirai, pensando con una certa dose di velleità suicide che la felice coppietta in fuga dai parenti Weasley avremmo potuto essere io e Scorpius, se solo...
« Ahia! » esclamai, quando Dominique mi strappò l'ennesima ciocca di capelli.
Per tutta risposta lei imprecò e lasciò andare la complicata treccia che aveva tentato di comporre negli ultimi dieci minuti.
« Scusa... » borbottò, rabbuiandosi.
A quanto pareva, non ero l'unica ad essere molto più pensierosa e cupa del solito.
« Non fa niente ».
Mi strinsi nelle spalle e lisciai il tessuto della gonna con una mano, aspettando che ricominciasse ad intrecciarmi i capelli. Mi sembravano passati secoli dall'ultima volta in cui ci eravamo trovate nella stessa stanza senza che ci fosse una terza persona a mediare la conversazione e di colpo, sole io e lei, non sapevo bene cosa dire. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che solo due mesi prima avessimo passato il viaggio di ritorno da Hogwarts chiuse in uno scompartimento alla fine del treno, chiacchierando senza sosta delle nostre idiozie, quando ora a stento ci parlavamo. Nonostante fosse Domi – e la cosa non deponeva assolutamente a suo favore – mi resi conto che un po' mi mancava essere cugine-migliori-amiche. D'accordo, mi mancava molto.
Tossicchiai e mi sistemai meglio sulla sedia, visto che Domi non accennava a voler rimettere mano alla treccia. Certo, aveva fatto di tutto e di più per meritare ogni singola cosa orribile che avevo pensato di lei nell'arco dell'estate, ma in fondo avevo sempre saputo che era fatta così e che si ricordava dell'esistenza del resto del mondo solo quando le faceva comodo.
Da qualche parte fuori dalla finestra, probabilmente nella corte interna, provennero lo schianto di un incantesimo scagliato a vuoto e le urla di una voce che era inequivocabilmente quella di James.
« Ehi, Lily, calmati! Non volevo fare troppo male al tuo amico, lo giuro! Papà ha detto che non c'è bisogno di ammazzarlo, comunque... »
Un secondo schianto, più fragoroso del primo, annunciò rumorosamente che – no – Lily non si era calmata proprio per niente.
« TU LO HAI DETTO A PAPÀ?! »
« Certo che gliel'ho detto: è tuo padre, ti serve il suo permesso per frequentare qualcuno e poi ho pensato che... »
La terza esplosione fece tremare la vetrata della finestra.
« Accidenti, Lily, quella era una Cruciatus! »
« Vuoi vedere che so fare anche un'Avada Kedavra?! »
Gli schianti e le urla belluine di Lily – che intimava al fratello di tornare indietro a farsi ammazzare da uomo – furono piuttosto eloquenti sul fatto che James le credeva sulla parola e non aveva la minima intenzione di sperimentare di persona la sua abilità nelle Maledizioni Senza Perdono.
« Ha preso da zia Ginny, no? » commentai, tanto per spezzare il silenzio imbarazzante tra me e Domi.
Lei si limitò a fare un cenno d'assenso con il capo.
« Già ».
« James invece non so da chi abbia preso... » aggiunsi, posandomi un dito sul mento in quello che ritenevo essere un dignitoso atteggiamento meditabondo. « Spero che sia un gene portato dal ceppo Potter, comunque ».
Almeno questo spiegherebbe perché Al continua a campare in aria progetti matrimoniali senza la minima prospettiva di riuscita...
Domi emise un sospiro pesante di malinconia e di tante cose non dette. Alzai gli occhi sulla superficie dello specchio e vidi la sua immagine riflessa allontanarsi dallo schienale della mia sedia e andare ad aprire la porta del bagno.
« Torno subito... » sussurrò con un filo di voce. « Devo solo... »
E si richiuse la porta alle spalle prima di aver completato la frase. Decisamente, quella mattina Domi non era quello che si sarebbe potuto definire un distributore automatico di ottimismo e buon umore. Sbuffai e mi soffiai via dagli occhi una ciocca di capelli rimasta abbandonata fuori dall'acconciatura.
Che accidenti le prende, adesso?
Per un attimo fui sopraffatta da un moto d'irritazione, ma fu strano rendermi conto che non era assolutamente per via di Scorpius e della possibilità che se lo stesse lavorando per qualche losco secondo fine. Cioè, forse un po' anche per quello. Ma, in realtà, cominciai a riconsiderare l'assurdità dei castelli che avevo campato in aria su mia cugina e Scorpius: certo, di motivi per credere che stesse tentando di soffiarmelo ne avevo avuti, ma ne avrei avuti molti altri per non crederlo. Chiusi gli occhi e mi piegai sul ripiano del lavandino, posando la fronte sulla superficie fredda del marmo.
Ho davvero fatto bene a prendermela tanto con lei? O invece ho solo lasciato che un ragazzo rovinasse una delle amicizie a cui tenevo di più?
Più ripensavo alle cose che avevo fatto, detto e pensato negli ultimi mesi, più le idiozie e gli errori di giudizio che avevo commesso mi si stagliavano davanti agli occhi in tutta la loro colossale stupidità. Domi era alta, magra, bionda e bella in una maniera imbarazzante per qualsiasi altro essere di sesso femminile presente sulla faccia del pianeta, per non contare che era di un anno più grande di lui e che avrebbe potuto trovarsi un ragazzo molto più bello: perché avrebbe dovuto fissarsi con Scorpius? Dominique sapeva essere discretamente stronza quando voleva, certo, ma era davvero così stronza? E Scorpius? Scorpius mi avrebbe davvero presa in giro senza motivo, se gli fosse interessata mia cugina? No, tutti i litigi e le parole taglienti che c'erano stati tra di noi erano stati unicamente colpa mia e sua: Dominique non c'entrava più di quanto c'entrasse uno qualsiasi degli altri pretesti idioti che avevo addotto a giustificazione quando le cose non erano andate come avrei voluto.
O no?
Magari ci aveva davvero fatto la stupida e magari Scorpius era rimasto abbagliato dai suoi occhi azzurri e dai suoi capelli biondi, come un qualsiasi altro essere di sesso maschile avrebbe fatto. Ma era davvero quello il motivo per cui le cose tra me e Scorpius non avevano funzionato? Il mondo brulicava di ragazze più bionde e più belle di me, eppure la gente mediocre si innamorava e viveva felice lo stesso.
E se le avessi solo dato la colpa di tutto quello che non funzionava perché era più facile che ammettere di essere un disastro su tutto il fronte?
Magari negli ultimi giorni Domi aveva davvero tentato di convincere Scorpius a smetterla di trattarmi male. Magari, per una volta tanto, le cose erano proprio semplici come apparivano.
Rialzai la fronte dal piano del lavandino e scoccai uno sguardo malevolo al mio riflesso nello specchio.
Ciò non toglie che io sia immensamente arrabbiata con Domi, comunque”.
Perché, fino a prova contraria, io ero sempre stata la sua confidente per eccellenza e ora invece non avevo la più pallida idea del perché fosse così abbattuta. Pareva che si fosse addirittura andata a confidare con Scorpius (sempre che non fosse tutta una balla per coprire i loro loschi affari alla festa, certo...), mentre a me non aveva detto niente di niente per tutta l'estate, impegnata com'era a trattare male James, confabulare con Scorpius, essere più bella di me e covare gelosamente i propri stupidi segreti.
Calvin, che nel frattempo aveva smaltito la crisi di pianto e si era messo a prendere appunti sul mio flusso di coscienza con l'atteggiamento professionale di uno psicologo, mi lanciò un'occhiatina divertita.
Beh, non si può dire che tu non sia gelosa marcia di tua cugina. Ma forse non è Scorpius il vero motivo...
Dover dare totalmente, incondizionatamente ragione a Calvin per la prima volta da quando aveva avuto la malaugurata idea di comparire all'interno della mia scatola cranica era quanto di più umiliante potesse venirmi in mente, ma quella volta non ebbi scelta: la verità era che, più di tutto, ero incazzata come una iena perché Dominique sembrava aver trovato dei confidenti migliori di me. E non riuscivo a capire perché: d'accordo, io ero stata occupata ad infatuarmi di Scorpius e lei a stare dietro al proprio egocentrismo galoppante, ma Domi non aveva mai avuto una vera amica, all'infuori di me, e non mi sembrava per nulla verosimile che potesse avermi rimpiazzata così in fretta.
E comunque non è per niente detto che non abbia tentato di soffiarmi Scorpius.
Scossi la testa e lanciai l'ennesima occhiata infastidita allo specchio, che continuava a rimandarmi l'immagine di una patetica ragazzina lentigginosa travestita da confetto. Erano passati almeno dieci minuti da quando Domi era sparita oltre la porta e non si era ancora fatta viva per finire la treccia, che ormai si era decomposta in un informe groppo di capelli. Mi alzai dalla sedia e decisi di andare a sincerarmi delle sue condizioni, tanto per assicurarmi che non fosse stata rapita da un branco di Ippogrifi impermaliti. Quando aprii la porta, però, tutte le osservazioni sarcastiche che mi ero preparata circa lo stato dei miei capelli mi morirono sulle labbra.
« D-Domi? » balbettai, incerta.
Mia cugina alzò lo sguardo su di me e per un attimo i miei occhi incrociarono i suoi, rossi e lucidi di lacrime. Era seduta sul bordo del materasso e si cingeva la vita come se stesse cercando di trasmettersi un po' di calore con le braccia magre e pallide. Quando mi vide, la sua schiena ebbe un sussulto ed un singhiozzo soffocato le sfuggì dalle labbra.
« Va tutto bene? » chiesi, sorvolando sull'ovvio fatto che sembrava sull'orlo del suicidio.
In risposta ottenni una specie di rantolo disperato. Dominique si passò un dito sotto gli occhi per asciugare le tracce di trucco che le era colato dalle ciglia.
« Pensi che sia una troia, vero? » chiese a bruciapelo.
Preferii non rispondere: forse Dominique non era la causa prima delle mie disgrazie con Scorpius e forse mi mancava essere amiche, ma il mio giudizio in merito tendeva comunque più verso il sì che verso il no. Decisamente più verso il sì. Domi distolse lo sguardo dal mio e chinò il capo.
« Io... Io non volevo portarti via Scorpius » sussurrò. « Mi dispiace, mi dispiace tanto... È che avevo bisogno di qualcuno con cui parlare e lui era là e... »
Tacque di colpo e si attorcigliò nervosamente le dita in grembo. Poi, come se le fosse venuta in mente una questione d'importanza cruciale, alzò lo sguardo e si affrettò ad aggiungere: « Tu non pensi che lui mi piaccia, vero, Rose? »
Per la seconda volta, non risposi.
L'erba del vicino è sempre più verde, sai come si dice...
Domi sospirò e tornò a studiarsi le mani, cosa che avrebbe anche potuto essere molto nel suo stile, se invece di nascondere le lacrime il suo intento fosse stato quello di controllare lo stato dello smalto.
« Lo sai che io non ho molti amici, Rose » sussurrò. « La maggior parte della gente che conosco pensa che sia una stronza o una da “solo una scopata e via”. Ho solo voi cugini e con voi non potevo parlare di... »
S'interruppe nuovamente e strinse le labbra tra loro come se temesse di lasciarsi sfuggire una parola di troppo. Il trucco ormai le era colato lungo tutte le guance e quelle scie grigiastre sul volto le conferivano l'aspetto più triste che si potesse immaginare.
« Scorpius è abbastanza di famiglia da poter capire di cosa parlavo, ma non è un cugino » riprese, parlando a voce così bassa che dovetti fare un certo sforzo per ricostruire le sue parole. « E non potevo parlarne con voi, Rose, sennò cosa avreste pensato di me? »
Singhiozzò più forte e si nascose il volto tra le mani. Le vene, sugli avambracci e sul dorso delle mani, erano pericolosamente sporgenti ed il suo corpo magro – troppo magro – sembrava sul punto di spezzarsi ad ogni singhiozzo che lo scuoteva. Forse era dimagrita ancora, nell'arco dell'estate. Non ci avevo mai fatto caso, ma di colpo mi venne in mente che avrei dovuto.
« Avevo solo bisogno di un amico, Rose... mi... mi dispiace così tanto. Io non volevo... non volevo farti pensare che... E poi mi sentivo così in colpa e ho tentato di rimediare, di aiutarlo a sistemare le cose con te, ma... ti prego, Rose, non mi odiare... avevo solo bisogno di un amico... »
Rimasi immobile, in piedi di fronte a lei, a guardarla piangere senza profferir parola. Una parte di me si sentiva terribilmente crudele e avrebbe voluto lasciar da parte l'orgoglio per correre ad abbracciarla. Perché, in fondo, avevo sempre saputo che Domi era troppo fragile per il mondo in cui viveva.
Se dipendesse da lei, vivremmo nel Paese dei Balocchi e gli uomini sarebbero tutti Principi Azzurri.
Ma c'era pur sempre l'altra parte di me, quella che non riusciva a mettere da parte i dubbi e che mi costringeva a restare immobile lì dov'ero. Quella che continuava a pensare, nonostante tutto, che le stesse più che bene essere accasciata su quel letto a piangere da sola.
Ho già dovuto fare da psicologa a mia madre. E con Scorpius va tutto uno schifo: che cavolo, sono io quella che dovrebbe venir consolata!
Dominique si premette i palmi delle mani sulle guance e si asciugò le lacrime con un gesto secco. I singhiozzi si erano un po' diradati, ora, ma i suoi occhi chiari traboccavano ancora di lacrime e d'incertezza. Mi scrutò da sotto in su per alcuni istanti, come se stesse valutando una qualche ipotesi, e poi tirò su col naso e si spostò sul materasso, in modo da farmi spazio accanto a sé.
« S-se vuoi sederti... » spiegò, con voce tremante.
Poi, visto che non lo feci, si strinse le braccia contro il petto e ricominciò a parlare con un filo di voce.
« So che sei arrabbiata con me, però non devi esserlo anche con Scorpius. Se non ti vuoi fidare di me, fidati di lui, almeno... »
Finalmente, dopo una lunga e sanguinosa lotta alla quale Calvin aveva assistito senza saper bene con quale fazione schierarsi, la parte di me che voleva credere alla sua buona fede prevalse. Domi sembrava davvero troppo fragile, in quel momento, e in fondo avevo sempre saputo che era un'egocentrica di prim'ordine e che lo sarebbe rimasta. Ma era pur sempre mia cugina e non potevo non volerle bene.
Sospirai e andai a sedermi al suo fianco, sconfitta.
« Senti, lascia perdere Scorpius. Non importa, comunque, è acqua passata » mentii.
Non importa, comunque, ho mandato tutto all'aria” mi corressi mentalmente.
Dominique annuì mestamente.
« Posso dirti una cosa, Rose? » mi chiese.
La sua voce era tremante, insicura, ma lasciava trapelare un briciolo di determinazione in più. Di colpo, senza sapere bene perché, capii che era una cosa importante. Forse la conoscevo solo da troppo tempo.
« Sì ».
« È una cosa importante... » aggiunse Domi, facendo di tutto per evitare il mio sguardo. « E so che mi giudicherai anche se ora prometti di non farlo. Però... non ce la faccio più a tenermi tutto dentro... »
« Ti ascolto » dissi. « E ti prometto che non penserò male ».
Forse...
Accompagnai la mia risposta con un cenno del capo e raddrizzai la schiena.
In fondo,” pensai, con una discreta soddisfazione e una ancor più consistente dose di orgoglio, “al diavolo lei e le idiozie che ha blaterato sul fatto di non poterne parlare con noi cugini: sono pur sempre io la sua confidente numero uno”.
Ero così in attesa per la confessione che sembrava finalmente essersi decisa a farmi che, quando Dominique aprì la bocca per parlare di nuovo, non potei che restarci di cacca. Letteralmente. Perché quello che disse non si avvicinava nemmeno lontanamente alla confessione del secolo per la quale sarei stata disposta a concederle il mio perdono. Quello che disse, in effetti, non aveva il minimo senso.
« Mi piace James ».
Ci misi qualcosa come una decina di minuti per metabolizzare le sue parole. A quel punto, dopo aver scorso con attenzione la lista di tutti i James che conoscevo, mi decisi a chiedere: « Intendi James Stewart, di Corvonero? »
Ci fu una breve pausa, in cui io annuii con convinzione, nella certezza che in quel modo avrei convinto anche lei della veridicità delle mie parole, e Domi si morse le labbra. Poi scosse la testa.
Sgranai gli occhi e cominciai a spremermi le meningi, chiedendomi quali altri James sessualmente appetibili potessero esistere tra le conoscenze di mia cugina. Non che Stewart fosse particolarmente intrigante, in effetti, e poi aveva quindici anni, ma...
Calvin, cosa diamine stai facendo vestito in quel modo?!” sbottai, guardandolo con espressione scandalizzata.
Calvin, all'interno della mia scatola cranica, mi stava facendo i segnali di fumo. Il che, per i suoi standard, sarebbe stato anche piuttosto normale, se non avesse avuto i capelli inspiegabilmente scuri e se non avesse indossato la maglietta preferita di James. Mio cugino James. Che si trovava, tra l'altro, nella sconveniente posizione di essere anche cugino di Dominique.
Spalancai la bocca, folgorata improvvisamente dalla consapevolezza.
« James... Jamie? » balbettai, mentre Dominique arrossiva come un pomodoro maturo.
« Ma tu non sopporti James » obiettai, tentando di suonare razionale. « Lo tratti sempre da idiota... »
Il rossore sulle sue guance si fece più intenso. Non diede una conferma esplicita alle mie supposizioni, ma in fondo non ce ne fu bisogno. Anche perché Calvin aveva appena ripescato una serie di ricordi che non lasciavano molti dubbi in merito: Dominique infuriata perché avevo combinato un appuntamento tra James e Kathie, Dominique che cercava di incenerire la suddetta Kathie con lo sguardo, Dominique che sbirciava James con un'espressione strana appena credeva che nessuno la vedesse, Dominique che tentava maldestramente di provarci con James alla festa...
« Oh... » balbettai, senza sapere bene che altro dire.
Nella sua totale assurdità, la cosa aveva anche una certa parvenza di logica: James era troppo tonto per fare male ad una mosca. Goffo e tenero com'era, era probabilmente l'essere di sesso maschile che più si avvicinasse all'idea che aveva Domi del Principe Azzurro. O se non altro, almeno, era innocuo. Il che era già un gran miglioramento, visti gli stronzi che si era riuscita a trovare Dominique negli ultimi anni.
Anche se... Jamie. Merlino, ce ne vuole di coraggio per farselo piacere...
« Beh, questo sì che è un bel casino... » commentai, nel tentativo di spezzare l'imbarazzante silenzio che era calato.
Dominique mi lanciò uno sguardo dubbioso, come se non sapesse bene se aspettarsi una reazione a scoppio ritardato.
« Quindi... quindi non pensi che sia pazza, o che sia una cosa disgustosa, o che... »
« Sarebbe più disgustoso se tu ricominciassi ad uscire con Nott » le assicurai.
In realtà, ero ancora troppo stordita da quella notizia per formulare un'opinione sensata sul fatto che Dominique aveva una cotta per James. Cioè, mia cugina Dominique aveva una cotta per mio cugino James. Ovvero suo cugino James.
Mentre quella consapevolezza affondava lentamente nel mio subconscio, trascinandosi dietro bizzarre quanto inquietanti immagini di James e Dominique che pomiciavano sul divano della Tana, mentre Lily e Hugo si dichiaravano amore eterno e Lucy flirtava con Louis, cominciai a pensare che in effetti era solo questione di tempo prima che dessi di matto.
Cioè... Jamie!
La faccenda aveva dell'inquietante: a quel punto io avrei potuto lasciar perdere Scorpius per mettermi con un Elfo Domestico e la cosa non sarebbe risultata poi così assurda.
Dominique, però, sembrò così sollevata e così immensamente grata per le mie parole che non me la sentii di rimangiarmele. Rimasi a guardarla in silenzio mentre si asciugava le ultime lacrime e poi, lasciandomi ancora più sconcertata di quanto la sua rivelazione non avesse già fatto, mi rivolgeva un sorriso sincero.
« Non so come hai fatto a sopportarmi quest'estate, ma... grazie ».
Mio malgrado, fui costretta a ricambiare il sorriso.
« Non so come ho fatto a sopportarti in questi sedici anni, Domi. Ma immagino che sia questo che si fa, per la tua migliore amica ».
Poi, senza sapere bene chi aveva cominciato l'abbraccio, ci ritrovammo strette l'una all'altra, come quando eravamo delle pre-adolescenti imbecilli e ci rintanavamo in qualche remoto angolo della Tana per spettegolare dei nostri importantissimi segreti. Domi non aggiunse altro su James e gliene fui estremamente grata, perché non ero psicologicamente pronta ad affrontare le sue eventuali fantasie su di lui, ma fui certa che da quel momento avrei sentito parlare di Jamie molto più spesso. In fondo, avrei potuto anche farci l'abitudine, se questo significava riavere indietro la vecchia Dominique, quella un po' più sognatrice e un po' meno stronza.
« Allora » dissi, districandomi dall'abbraccio. « Finiamo di prepararci? »
Domi annuì e si passò la mano sulle guance sporche di trucco per l'ennesima volta.
« Tremo al solo pensiero dello stato in cui dev'essere ridotta la mia faccia... »
La sua risatina fu un po' forzata e vagamente isterica, ma non ci furono altri silenzi imbarazzati da quel momento. La cosa bella di essere cugine, oltre che migliori amiche, era che potevamo perdonarci e tornare ad essere quelle di sempre in un batter di ciglia.
 

***

 
La cerimonia, tutto sommato, andò bene.
Poco prima di entrare nella cappella Draco mi fermò per chiedermi nervosamente come gli stesse l'abito da cerimonia – d'altronde era ormai assodato che quel giorno ero diventata la psicologa di tutti – e solo dopo svariate domande terrorizzate sull'umore e sui sentimenti di mia madre riuscì a ricomporsi e mi liquidò con un: « Comunque cosa vuoi capirne, tu, di queste cose ».
Evitai di mandarlo a quel paese solo perché mi sembrava già abbastanza in crisi di suo. D'altronde tutti erano in crisi quel giorno, o difficilmente si sarebbero visti costretti a fare affidamento sulle mie inesistenti capacità di psicoterapeuta.
Ma almeno Dominique sembrava più serena rispetto a quella mattina ed io ero troppo felice di essere di nuovo la sua confidente preferita per non condividere il suo stato d'animo. Certo, se avessi smesso di immaginare lei e Jamie che si mangiavano la faccia nel salotto della Tana sarei stata più felice. E ancor di più lo sarei stata se Scorpius avesse smesso di essere così dannatamente perfetto in quell'abito da Purosangue e se Calvin avesse smesso di ricordarmelo con tanta insistenza (e senza vestiti).
Abercrombie, tu sarai la mia rovina.
Scorpius Malfoy a parte, però, il matrimonio filò così liscio che l'unico reale problema si presentò quando dovetti attraversare la navata reggendo il velo a mia madre, il tutto senza inciampare nelle scarpe alte che ero stata costretta a indossare per colmare la differenza d'altezza con le altre damigelle. Secondo Draco ci fu anche un secondo problema, in realtà, ma nessuno degli altri invitati trovò sconveniente il fatto che mio padre, dopo avergli fatto i migliori auguri per il matrimonio ed essersi raccomandato (con una discreta dose di minacce raccapriccianti) di trattare bene mia madre, gli avesse tirato un pugno nei denti. Nemmeno lo zio Perce trovò qualcosa da obiettare e, anzi, si limitò ad accettare una manciata di Galeoni da George, con una certa aria soddisfatta.
« Non tutte le questioni internazionali si possono risolvere con la diplomazia, in fondo » aveva dichiarato, sistemandosi la cravatta con un gesto pomposo. « In certe situazioni, per sancire alleanze durature o stipulare trattati di pace stabili, per quanto la cosa possa apparire paradossale, si rende necessario un atto di forza, come ad esempio accadde qualche anno fa quando, nell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, di cui sono il Vicecapo... »
A quel punto zio George e chiunque altro si trovasse nei paraggi si era dileguato, lasciando zio Percy solo con il suo gran discorso, che morì ben presto. Nel rinnovato silenzio che ne seguì, tutti gli occhi tornarono a posarsi su mio padre e sullo sposo, che erano ancora uno di fronte all'altro, papà con il pugno alzato e Draco con l'aria di chi è troppo oltraggiato per potersi riprendere dallo sconcerto entro la fine del secolo.
Mio padre si massaggiò le nocche ed infilò nuovamente la mano in tasca, annuendo in direzione del naso di Draco e del rivolo di sangue che gli era colato sul mento.
« Sì, beh... era a scopo preventivo » spiegò. « In caso ti venisse in mente di trattarla male o cosa so io... »
Draco gli scoccò uno sguardo assassino, ma si limitò ad asciugarsi il naso con una manica e gli rivolse un cenno affermativo.
« Certo che la tratterò bene, Weasley. Sono stato educato a dovere, io ».
Papà accettò il mezzo insulto con una smorfia e si fece indietro, in modo che anche gli altri invitati potessero congratularsi con i novelli sposi. A quel punto zio Harry, che quella mattina era stato ritrovato addormentato in un cespuglio di lavanda, con addosso null'altro che le mutande e quella che era stata in seguito identificata come una delle cravatte di Draco, si fece avanti ed annuì con un certo imbarazzo.
« Sì, ehm, Malfoy... » borbottò. « Fai come ti ha detto lui ».
Draco, altrettanto imbarazzato, si limitò a rivolgergli un rigido cenno d'assenso con il capo.
Per un attimo provai un moto di curiosità, ma poi – notando l'espressione feroce della zia Ginny e quella sconsolata dello zio – decisi che preferivo di gran lunga non sapere nulla di quella faccenda.
In fondo, nessuno dovrebbe sapere quello che succede durante le notti di addio al celibato. Soprattutto se ci vanno di mezzo delle pillole non ancora messe sul mercato...
 

***

 
Più tardi, quando ormai era quasi ora di cena, me ne stavo seduta nei prati attorno al castello, scrutando in silenzio il magnifico panorama della campagna francese. L'allegria portata dal matrimonio era scemata in fretta e dopo l'ennesima tartina al salmone non ce l'avevo più fatta a sopportare gli sguardi felici di tutti gli invitati che mi stavano attorno. Persino Dominique, qualche ora prima, si era dileguata con un sorriso smagliante e con James che la tirava impazientemente per il polso. Avevo più o meno dovuto minacciarlo di morte per convincerlo a farle provare la scopa nuova di zecca che aveva ricevuto in regalo dopo che i Cannoni di Chudley gli avevano proposto un ingaggio per l'anno seguente. E avevo dovuto adoperare minacce ancor più terribili con Dominique per dissuaderla dal dargli dello scimmione e per farle entrare in testa che nessuno avrebbe sospettato che era cotta di lui, se anche non lo avesse trattato come un cane rognoso. Ma ero abbastanza convinta che ne valesse la pena. Anche se l'immagine di James e Domi nel salotto della Tana continuava a farmi accapponare la pelle...
Sospirai e mi strofinai una mano sulle guance, trovandole umide di lacrime. Sembrava che tutti fossero felici, quel giorno. E di colpo, mentre me ne stavo seduta in un angolo ad ingozzarmi di tartine, quell'atmosfera gioiosa si era fatta insopportabile e mi ero sentita crollare addosso un'enorme tristezza. Perché, quel giorno, erano felici tutti tranne me.
È insopportabile. Come fa la gente ad avere tutta questa voglia di divertirsi e di festeggiare quando io vorrei solo sotterrarmi da qualche parte?
Certo, ero contenta per Draco e per mia madre, e per Domi, e per chiunque altro fosse contento in quel momento, però...
Però non sono contenta per me.
Perché c'era sempre lui. O meglio, non c'era.
Perché non riesco proprio a dimenticarlo...
Scorpius.
Il fruscio di steli d'erba e cespugli di lavanda che si piegavano e spezzavano sotto l'avanzata decisa di un paio di scarpe mi avvertirono del suo arrivo molto prima che si sedesse al mio fianco. Evitai di sbuffare solo perché accorgermi della sua presenza mi causò uno scompenso emotivo tale da mozzarmi il fiato per un paio di secondi, come dopo una corsa lunga e logorante.
« Ehi, Rose... » mi salutò lui, esitante.
Maledizione, ma queste entrate in scena ad effetto non poteva tirarle fuori un po' prima?
Prima che ci mandassimo vicendevolmente a quel paese, tanto per fare un esempio. Se non altro, comunque, il suo tono di voce non sembrava ostile. Tirai su con il naso e mi affrettai ad asciugarmi le guance dalle tracce scure di lacrime e trucco che vi erano rimaste. Per quanto fosse difficile crederci, avevo ancora un orgoglio ed una dignità, ragione per la quale feci di tutto pur di non guardarlo negli occhi mentre parlavo.
« Perché non sei a festeggiare con gli altri? »
Scorpius sospirò, come una maestra stanca di dover ripetere sempre le stesse cose ai suoi tardi studenti.
« Perché tu sei qua » rispose semplicemente.
Strinsi le lebbra in una smorfia d'indifferenza, nonostante sapessi che lui non poteva vedermi in viso e nonostante sapessi ancor meglio di non essere per niente indifferente alla faccenda.
« E allora? » chiesi, facendo del mio meglio per esibire un certo distacco.
« E allora ti dovrei parlare » sbuffò Scorpius. « Sai com'è, ora siamo quasi fratelli. Mi sembrava quantomeno dignitoso chiarire questa situazione, dal momento che in teoria ora tu potresti anche decidere di prendere il mio stesso cognome ».
Perfetto” pensai, triturando un fiore di lavanda tra i polpastrelli. “Ora mi dirà che gli dispiace per essersi comportato da stronzo e mi offrirà una parte del suo ingente patrimonio di famiglia in cambio di una serena convivenza come fratelli... Quale onore...
Feci del mio meglio per ricacciare indietro il magone che mi aveva ostruito la gola. Non volevo che sentisse la mia voce tremare, mentre parlavo, o peggio ancora che mi vedesse piangere. In realtà avrei preferito che se ne andasse e basta, visto che a quanto pareva non era venuto per rimangiarsi tutto e dichiararmi eterno amore.
Sì, perché, per quanto me la potessi raccontare, in fondo un po' ci speravo ancora.
Idiota”.
Mi morsi un labbro. Avevo la netta impressione che non sarei riuscita a mantenere la voce ferma e calma nemmeno se avessi aspettato di diventare una maestra di Yoga prima di aprire bocca nuovamente, perciò lasciai perdere a prescindere e posi la mia domanda.
« Sarà una cosa lunga, questo discorso? »
« Sì » disse Scorpius, smontando ogni mia residua speranza. « Sarà lungo ».
La sua voce sembrava decisa e, mio malgrado, fui costretta a prendere seriamente in considerazione l'eventualità di passare il resto del pomeriggio su quel campo di lavanda ad intrattenere fitti rapporti diplomatici con l'erede della nobilissima casata Malfoy.
Stupendo... ora non ci si può nemmeno più deprimere in pace...
« È proprio necessario? » chiesi in un ultimo, assai poco convinto, tentativo.
In fondo non si sapeva mai, magari si sarebbe reso conto che era una causa persa in partenza e avrebbe desistito prima che potessi perdere il controllo e scoppiargli a piangere sotto il naso, gettando alle ortiche ogni residua possibilità di mettere di nuovo piede a Hogwarts con uno straccio di dignità. Non sarebbe stato male evitare che una cosa del genere si verificasse, considerato che eravamo ufficialmente diventati quasi-fratelli e che presumibilmente la gente si sarebbe aspettata che ci rivolgessimo quantomeno la parola, da quel momento in poi. Cosa che, chiaramente, sarebbe stata fuori discussione se mi fossi gettata tra le sue braccia dichiarandogli eterno amore e lui si fosse ritratto e avesse ritirato le sue profferte di fratellanza con educato disgusto.
E dopo questa, Edipo può tranquillamente lucidarmi le scarpe... a me e a Domi...
Ci misi un po' per accorgermi che Scorpius non aveva risposto alla mia ultima domanda. Quando mi fu chiaro che sarebbe rimasto a fissarmi – perché sentivo che lo stava facendo, e con una discreta insistenza per giunta – finché non mi fossi voltata a guardarlo, mi arrischiai a lanciargli una rapida occhiata.
« Beh, e allora? »
Scorpius si sistemò il colletto dell'abito con un gesto palesemente studiato.
« Sì, direi che è proprio necessario » confermò con un sorrisetto.
Supposi che si sentisse molto soddisfatto per avermi costretta a guardarlo in faccia. Tornai a voltargli le spalle, prima che si accorgesse di quanto erano rossi i miei occhi: non ero sicura di poter addurre la scusa di una presunta allergia alla lavanda, come spiegazione. Non se ci tenevo a risultare credibile almeno in minima parte.
« Allora avanti, dimmi quello che hai da dirmi e facciamola finita » grugnii.
Scorpius tossicchiò.
« Suppongo che chiederti di non mostrarmi la schiena sarebbe troppo... »
« Già » concordai seccamente.
Per un attimo si sentirono solo il leggero soffiare del vento tra i cespugli di lavanda ed il fruscio di una pergamena che veniva estratta da una tasca e spiegata. Non riuscii a trattenere un piccolo sbuffo ironico.
« Che c'è, ti sei pure scritto il discorso? »
« Naturalmente » rispose Scorpius.
Di colpo, però, la sua voce non sembrava più tanto sicura. Se lo conoscevo abbastanza, doveva essere letteralmente aggrappato alla pergamena con una mano, mentre con l'altra si stava spasmodicamente sistemando gli occhiali a cavallo del naso. Doveva essere proprio il discorso del secolo, se era così nervoso.
Certo, dimenticavo che un Malfoy è pur sempre un Malfoy. Figurati se non farà un discorso degno di essere presentato davanti al Wizengamot: ci sarà pure un motivo se negli ultimi secoli i Malfoy si sono impastati le mani e pure tutti gli avambracci in qualsiasi intrigo politico accadesse in Inghilterra...
Strappai l'ennesimo stelo di lavanda e me lo arrotolai attorno all'indice, mentre attendevo l'inizio dell'ormai famigerata orazione. Scorpius deglutì e si schiarì la voce un paio di volte, poi un fruscio di carta m'informò che aveva sollevato il foglio.
« D'accordo, Rose » cominciò con voce solenne. « Spero che apprezzerai quello che sto per dirti, perché non è una cosa facile da dire. E tu in particolare dovresti saperlo molto bene ».
Prese un profondo respiro e poi, con voce concitata, iniziò a riversarmi addosso una frase dopo l'altra.
« Dopo quello che è successo negli ultimi giorni – diciamo pure nell'ultima settimana – e su cui credo non ci sia bisogno di soffermarci ulteriormente, perché sappiamo entrambi di cosa sto parlando – io credo di doverti delle scuse, Rose Weasley. Cioè... insomma... » s'impappinò. « Beh, sono certo di doverti delle scuse, ecco. E... quindi... sì, insomma... oh, accidenti! Aspetta un secondo... »
Strappai un secondo stelo di lavanda e cominciai ad intrecciarlo con il primo, con l'unico risultato di spezzarli entrambi.
« Fai con calma, non c'è problema » gli dissi con una vena d'ironia.
Quel discorso era appena iniziato e già lo detestavo dal più profondo del cuore, del cervello, di Calvin e di qualunque altra entità avesse voce in capitolo all'interno della mia instabile sfera emotiva. Odiavo tutte quelle formalità inutili, quelle frasi fatte disgustosamente diplomatiche e vuote e tutti quegli ampollosi artifici per dire le cose in modo diverso da come stavano realmente.
Un bel “ti detesto ma dobbiamo andare d'accordo e poi i tuoi cugini mi hanno minacciato di morte” sarebbe stato di gran lunga più gradito, per quanto mi riguardava. Ma Scorpius evidentemente la pensava in modo ben diverso, perché proseguì imperterrito con la propria filippica.
« D'accordo, bene... Come ti stavo dicendo poc'anzi, ti devo delle scuse. Nell'ultima settimana o giù di lì mi sono comportato scorrettamente nei tuoi confronti – … d'accordo, diciamo pure che sono stato uno stronzo – e ti chiedo scusa per questo. La verità è che ce l'avevo a morte con te ed ero arrabbiato perché ogni volta che sembrava che saremmo riusciti ad andare d'accordo finivamo sempre per rovinare tutto e per toglierci il saluto ed evitarci come se avessimo la Spruzzolosi. Ero stufo marcio di questa situazione e così, quando ho pensato che oltre a rovinare il rapporto tra di noi fossimo anche riusciti a rovinare quello dei nostri genitori, non ce l'ho più fatta a tenermi tutto dentro e... beh, sai cos'è successo dopo. Avrei dovuto chiederti scusa prima, probabilmente, ma ero ancora arrabbiato e poi pensavo che anche tu mi dovessi delle scuse, così ho aspettato che facessi il primo passo. Ma tu non lo hai fatto e io ho continuato a trattarti con freddezza per farti capire che ce l'avevo con te e volevo che ti scusassi per prima. In realtà, non pensavo di averti ferita così tanto. O forse sì, non lo so... insomma, mi dispiace. È che mi è sembrato davvero che per te andasse bene così, che avessi accettato quello che ti avevo detto in un momento di rabbia... Ho avuto paura che mi avessi preso alla lettera e che fossi intenzionata a non rivolgermi mai più la parola. E... Beh, forse è stato stupido da parte mia, ma quel pensiero mi ha fatto infuriare ancora di più. Ho cercato di stuzzicarti, di farti arrabbiare, di provocare una reazione, ma tu niente, sei rimasta come una statua di marmo, perfettamente indifferente. Allora ho pensato che forse avrei dovuto scusarmi io per primo, anche se era un po' tardi. Ma ormai tu stavi studiando notte e giorno per l'esame e... Insomma, non era neanche facile per me smetterla di comportarmi in quel modo di punto in bianco e ammettere di essermi comportato da idiota. Così... beh, ho aspettato. E in questi ultimi giorni ho provato ad essere gentile con te, per vedere se eri disposta a metterci una pietra sopra, ma tu non hai fatto altro che respingere qualunque mio tentativo di essere carino nei tuoi confronti... »
S'interruppe di colpo e nel silenzio che seguì le sue parole lo sentii ansimare, come se quel discorso e la concitazione che l'aveva preso mentre parlava a raffica lo avessero lasciato stremato. Mi arrischiai a lanciargli un'occhiata clandestina: aveva il volto arrossato e gli occhi scintillanti di un sentimento che non seppi ben definire. Rimase a squadrare la pergamena, ormai ridotta a poco più di una cartaccia stropicciata, con un'espressione di odio profondo, come se la ritenesse responsabile di tutti i suoi mali. Poi, all'improvviso, la strappò in due con un gesto secco ed estrasse la bacchetta dalla tasca.
« Incendio » borbottò, ed immediatamente la carta prese fuoco.
Rinfoderò la bacchetta e si alzò in piedi, pestando malamente un cuscinetto di lavanda sotto le scarpe di pelle di drago.
« Oh, sai che ti dico?! » sbottò. « Al diavolo! Al diavolo tu, tua cugina ed il suo maledetto discorso strappalacrime! »
Rimasi così allibita da quel suo repentino cambio d'umore che ne fui quasi spaventata. Mi affrettai a rimettermi in piedi, per fronteggiarlo ed eventualmente scappare, nel caso avesse deciso di attuare i piani omicidi che sembrava star covando in quel momento.
Scorpius mi piantò uno sguardo deciso negli occhi, uno di quegli sguardi che non ammettono repliche e che non mi sarei mai aspettata da lui. Aprii la bocca per chiedergli cosa diamine gli fosse preso, ma lui sollevò l'indice e me lo puntò contro, muovendolo su e giù come se avesse un concetto di basilare importanza sulla punta della lingua e fosse indispensabile che non lo interrompessi proprio in quel momento. Deglutii, piuttosto a disagio: il pizzicore agli occhi e la voglia di piangere mi erano passati del tutto, ma in compenso non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi da Scorpius nell'immediato futuro. Forse, dopotutto, era ancora arrabbiato con me e le minacce di morte dei miei cugini avevano solo peggiorato la situazione...
O forse sta solo dando di matto... Magari in realtà non approva per niente questo matrimonio e a furia di tenersi tutto dentro è impazzito completamente...
« Ok, stammi bene a sentire, Weasley » esordì Scorpius. « Perché non ripeterò due volte quello che ho da dirti ».
Non mi sfuggì il fatto che mi aveva chiamata Weasley al posto di Rose.
Scorpius annuì e borbottò qualcosa tra sé e sé, come se stesse cercando di darsi coraggio, poi tornò a piantarmi addosso quello sguardo duro e determinato.
« Non ho la minima intenzione di chiederti scusa » spiegò, dopo aver preso un gran respiro.
E questa volta lo fece con voce calma e ben scandita, come se in quella frase si celassero tutte le verità nascoste dell'universo e lui fosse lo scienziato che si faceva carico di rivelarle al mondo. Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, senza trovare nulla da dire, ma la fatica di replicare mi fu risparmiata, perché Scorpius a quanto pareva aveva appena iniziato spiegarmi le numerose verità dell'universo.
« E non mi interessa se ho torto marcio, non me ne importa proprio nulla » aggiunse, serafico. « Cancella tutto quello che ti ho detto fino a questo momento: non avrai nessuna scusa da me. Non dopo tutte le volte che ti sei comportata da mocciosa offesa e mi hai fatto stare di merda. E sì, non fare quella faccia, ho detto proprio merda. E la vuoi sapere un'altra cosa? Se le cattiverie che ti ho detto nell'ultima settimana ti hanno fatta stare male anche solo la metà di quanto tu hai fatto stare male me in questi anni, penso che tu te le sia meritate tutte, dalla prima all'ultima. Anzi, ti dirò di più: ci ho anche goduto a dirtele e a pensare che per una volta saresti stata tu la povera innamorata lasciata a marcire nei propri sentimenti mentre io ti trattavo male come tu hai sempre fatto con me ».
Probabilmente, con l'umore che mi ritrovavo quel giorno e dopo quello che mi ero appena sentita dire, in una circostanza analoga avrei avuto un collasso e sarei scoppiata in una di quelle crisi di pianto di ventiquattr'ore filate. Eppure Scorpius pareva tanto calmo, tanto sereno – tanto poco arrabbiato, insomma – che non potei fare altro che restare a fissarlo con gli occhi sgranati mentre lui continuava ad espormi la propria visione del nostro rapporto.
« Sì, lo ammetto, per una volta sono stato io quello che si è comportato da idiota e tu hai fatto la persona matura. Nessun problema, è andata così. Quindi? Quante volte sei stata tu a comportarti come una bambinetta viziata? E quante volte mi hai chiesto scusa per averlo fatto? Forse una, due volte. Magari, sì, io ti devo anche delle scuse, ma se facessimo il conto delle scuse che mi devi tu, potresti stare qua a ripetere “mi dispiace” per ore intere, come un grammofono rotto ».
Si concesse un fugace sorriso soddisfatto prima di riprendere a parlare.
« Dunque, in definitiva, mi terrò le mie scuse per me. Tutto sommato, ormai, dovresti anche averlo capito che non sono un santo, no? Insomma, pensi davvero che debba sempre essere io a fare i primo passo per sistemare le cose? O pensi che debba tornare da te con la coda tra le zampe ogni volta che ti dico quello che meriti di sentirti dire, solo perché ho una cotta per te dal primo giorno che ti ho vista? Immagino che ti risulti difficile renderti conto di certe ovvietà, ma se in questi mesi sono sempre stato gentile è solo perché non ho fatto altro che provarci spudoratamente con te. E dovresti saperlo che quando un ragazzo ci prova tende ad essere molto più galante del solito, a meno che non sia un totale cafone. Cosa che ritengo di non essere, nonostante abbia profuso un certo impegno nel dimostrare il contrario, ultimamente. Tu, piuttosto, hai dimostrato di essere discretamente idiota, visto che hai preso sul serio tutte le idiozie che ti ho detto dopo il San Mungo, quando era più che palese che fossero solo lo sfogo di un ragazzo cotto e senza speranze. Perché sì, tirati via quell'espressione dalla faccia, dopo che mi avevi avvelenato avrei certamente dovuto presumere che te ne importasse molto di me, non è così? Ma sorvoliamo, non è questo il motivo principale per cui ti sto dando dell'idiota. In effetti il motivo principale è adesso. Perché, onestamente, per l'unica volta che sono stato io a fare l'egoista egocentrico come hai sempre fatto tu, potevi anche sopportarmi e perdonarmela, invece di togliermi il saluto per il resto dei nostri giorni, no? Per non parlare del fatto che la prima volta che ho tentato di scusarmi mi hai messo a tacere e la seconda volta mi hai dato la schiena per tutto il tempo. Immagino tu possa capire che, dopo un po', ad una persona saltano i nervi ».
Fece una breve pausa e mi guardò intensamente attraverso le lenti degli occhiali, con due iridi verdi e brillanti come non le avevo mai viste.
« Io non ci credo, Weasley » dichiarò infine con voce ferma.
« A cosa non credi? » balbettai.
« Non ci credo » ripeté. « Non ci credo che ti sei già dimenticata di me, che te ne sei fatta una ragione e – tanti saluti – ora andremo a Hogwarts e sarà tutto come prima. Sei la persona più immatura e testarda che conosca, Weasley » sollevò gli angoli delle labbra in un sorrisetto vagamente spaccone. « E ti conosco, credimi. Non ci credo che hai lasciato perdere tutto ».
Da qualche parte, dentro di me, provai l'istinto di sibilargli che invece era proprio così, che avevo lasciato perdere tutto, come lui mi aveva detto solo poco tempo prima. Provai l'istinto di ferirlo nel profondo così come lui aveva ferito me, di ritorcergli contro tutte le sue parole e di prendermi la rivincita per la mia ultima, ingloriosa sconfitta. Invece mi limitai a scrollare le spalle, perché non mi andava di litigare, ma nemmeno di dargli ragione. Avevo giurato che non gli avrei lasciato vedere quanto ci stavo male e quello che mi aveva appena detto non cambiava la situazione.
Scorpius alzò gli occhi al cielo e poi tornò a puntarli su di me. Per un attimo, davanti a quello sguardo, ebbi il folle pensiero che avrebbe finalmente messo da parte la calma e mi sarebbe saltato addosso per strozzarmi. Ed in effetti la calma, almeno in parte, la perse, ma per il momento non tentò di assassinarmi.
« Merlino, Weasley, tu mi farai davvero impazzire prima o poi! » sbottò invece. « Devo per forza fare lo stronzo per convincerti che sono perdutamente innamorato di te e che non starò qua tutta la vita ad aspettare che tu te ne accorga? »
...
Ci fu una lunga pausa di silenzio dopo quelle parole, durante la quale ebbi tutto il modo di studiare ogni singola sillaba della frase “sono perdutamente innamorato di te” e di compierne un'accurata analisi logica, etimologica e grammaticale.
Sono perdutamente innamorato di te”.
Sì, mi avevano detto che lo era. Al lo ripeteva dal primo anno e ad un certo punto, probabilmente, me l'ero anche detto da sola. Eppure, quando sentii quelle parole uscire dalle sue labbra, fu come se le avessi sentite per la prima volta in tutta la mia vita, come se non avessero mai davvero avuto un senso in tutti quei film Babbani in cui le avevo sentite pronunciare.
Sono perdutamente innamorato di te”.
E io mi ritrovai perdutamente persa nei suoi occhi verdi, senza riuscire a spiccicare una sola parola. Probabilmente ora mi stavano anche tornando su le lacrime: in realtà, ero così scombussolata che non ero del tutto certa di dover essere felice. Mi sembrava tutto così surreale, in quel campo di lavanda, da qualche parte in Francia, nel parco di un castello...
E, dettaglio non meno importante, Scorpius continuava a guardarmi come se volesse strangolarmi.
Sbattei le palpebre imbrattate di mascara umido.
« T-tu... tu sei... »
« Sì, Weasley, hai capito benissimo quello che ho detto » mi interruppe Scorpius. Poi, prima che potessi anche solo pensare di rispondere qualcosa, tornò alla carica. « Ho passato anni ad aspettare che ci arrivassi. Ho fatto di tutto perché ti accorgessi di me: ti ho detestata, ho ricambiato le tue scortesie e poi ho cercato di essere gentile, ti sono stato amico, ho sopportato tutte le tue crisi isteriche, i tuoi momenti di schizofrenia, i tuoi comportamenti idioti... E sono rimasto ad aspettarti, nonostante tutto. Ma per te che cos'ero? Un giocattolo? Per divertirti un po' quando ti andava e poi piantarmi in asso?! È così dal primo anno con te, Weasley, e ti sarò anche piaciuto ad un certo punto, ma non hai mai smesso di trattarmi in questo modo. E allora, spiegami, cosa dovrei fare per farti capire che io non ti aspetterò per sempre? Sono stufo marcio di questo tira e molla: io voglio esserci sempre per te, non solo quando la cosa ti garba. E, se non è possibile, allora non voglio esserci proprio: non resterò a fare la comparsa nella tua vita, Rose » calcò il mio nome con forza, dopo tutti i “Weasley” che mi aveva rivolto. « Voglio il ruolo da protagonista, o niente ».
Sbattei le ciglia ancora e ancora, quasi aspettandomi che tra un battito e l'altro Scorpius, il castello in Francia ed il campo di lavanda sarebbero scomparsi, e restando sempre più stupita quando non lo fecero. Senza nemmeno accorgermi di quello che le mie labbra stavano facendo, mi sentii balbettare: « Ce l'hai già, il ruolo di protagonista ».
Per un attimo gli occhi di Scorpius si illuminarono di una luce strana, felice, ma di una felicità vagamente compiaciuta, come di un bambino un po' viziato che ottiene finalmente il regalo desiderato.
« Bene » disse infine con la voce piatta e distaccata che aveva usato spesso per apostrofarmi a Hogwarts.
Solo allora mi resi conto di quanto in realtà, dietro a quella voce, Scorpius non fosse per niente distaccato, e mi chiesi se non fosse stato così anche per tutti quegli anni. In fondo, era abbastanza risaputo che avevo due fette di bistecca di drago incollate sugli occhi.
Scorpius esitò ed il suo fiato, mozzato a metà di un respiro, aleggiò nell'aria tesa fra di noi. Per un attimo parve sul punto di mandare al diavolo il suo contegno e lasciare che fossero di nuovo le emozioni a dominare il proprio volto e le proprie parole, ma poi evidentemente cambiò idea, perché aggiunse: « E potresti evitare di piangere, per favore? Mi farai venire dei sensi di colpa allucinanti ».
Non potei fare a meno di trovare divertente il tono imperioso, e decisamente più falso di un Galeone di Lepricano, dietro cui si nascose.
In fondo, non sembra che voglia uccidermi davvero. Sta solo facendo un po' di scena”.
« Non sto piangendo » mentii, asciugandomi una lacrima che mi era scivolata lungo la guancia.
Scorpius represse una specie di sorriso e sbuffò.
« Certo che no. Fammi indovinare: ti è finita una pagliuzza nell'occhio ».
Annuii e mi asciugai anche l'altra guancia.
« Già ».
Restammo entrambi in silenzio, in uno di quei momenti imbarazzati che si protraggono sempre più a lungo di quanto dovrebbero.
Scorpius sembrava un po' insicuro, ora che aveva esaurito la scorta di parole arrabbiate a cui attingere. Dopotutto, anche lui doveva avere un orgoglio da salvare.
« Allora » sbottò Scorpius ad un tratto. « Mi vuoi o no? »
Tutto sommato, pensai che per quella volta avrei anche potuto sacrificare il mio, di orgoglio, per lui. Per quello che aveva detto.
Sono perdutamente innamorato di te”.
Pensavo di averlo perso, di aver rovinato tutto per sempre, ed invece lui mi voleva ancora.
« E con mi vuoi intendo sempre, anche quando avrai il ciclo vorrai incenerire il mondo intero » precisò. « Anche quando la tua famiglia ti farà impazzire e non avrai voglia di comportarti in maniera civile con nessuno ».
Non potevo lasciarlo andare: era questo che mi stava chiedendo, no? Mi stava chiedendo di essere io a chiedergli di restare, per una volta. Di essere io a perdonarlo senza pretendere delle scuse in cambio. Mi stava chiedendo di essere io a fare il primo passo, a fargli capire quanto ci tenevo a lui, in quello strano gioco in cui mi diceva di essere innamorato di me ed al contempo parlava come se volesse respingermi e farsi desiderare.
« Anche quando Grifondoro perderà contro Serpeverde nel campionato di Quidditch. Anche quando io farò il Malfoy e tu farai la Weasley e avrai voglia di Schiantarmi. Anche quando... »
« Sì, Malfoy, ti voglio! » sbottai. « Ti voglio, anche quando io mi comporterò da persona matura e tu ti comporterai da stronzo. Anche quando Albus ci proporrà liste con i nomi dei nostri futuri figli. Anche quando tuo padre ci sfotterà a morte e farà battutine imbarazzanti. Anche quando... »
« Anche quando ti dirò “sta' zitta e baciami”? » m'interruppe.
Rimasi a fissarlo, senza fiato e senza parole, mentre il mio cuore era probabilmente sul punto di collassare e consegnarmi ad imperitura memoria come la ragazza sana come un pesce che morì d'infarto a sedici anni.
Ha veramente detto “baciami”? Calvin, perché non fai nessun balletto sconcio quando serve?
Scorpius si morse il labbro inferiore e sembrò riconsiderare le parole che mi aveva appena vomitato addosso, pentendosene amaramente, supposi.
« Scusa » sospirò, come se la rabbia che lo aveva animato fino a qualche istante prima fosse scemata di colpo, lasciandolo svuotato e privo di forze. « Avevo bisogno di sfogarmi... Da qualcosa come cinque anni, credo ».
Ci misi un po' per decidere cosa e come rispondergli, mentre Calvin, all'interno dell'area ormai contaminata compresa tra le mie orecchie, sedeva sconsolato sulle pile di DVD dove aveva salvato i fastosi film mentali di dichiarazioni sulla Torre Eiffel, sotto la pioggia, con tanti cuoricini ed ancor più numerose crêpes alla Nutella. Nemmeno lui, che in fondo in fondo era un gran romanticone di pornoattore, sapeva bene come reagire di fronte a quella dichiarazione così diversa dalle scene che avevamo a lungo fantasticato. Sempre che di dichiarazione si potesse parlare, poi: io continuavo a propenderle per catalogarla sotto l'etichetta di “aggressione verbale”.
Eppure, al diavolo il cervello, mi resi conto che la parte irrazionale di me aveva già deciso dal momento in cui Scorpius aveva detto “sono innamorato di te”, o forse anche da prima. Forse da qualcosa come due mesi, in effetti. O magari da tutta la vita: in quel momento mi sembrava di essere sempre stata innamorata di Scorpius.
E non posso rovinare tutto per l'ennesima volta”.
Accettai le prime scuse sincere di quella giornata con un piccolo sorriso e stesi un braccio per posargli una mano sul petto. Sfiorai appena la stoffa scura e sottile della sua veste, con la punta delle dita, e sentii il calore della sua pelle attraverso il tessuto. Al pensiero che quella pelle calda e liscia potesse finalmente appartenermi come sentivo che la mia apparteneva a Scorpius, al pensiero di poterla sfiorare, toccare o anche solo guardare quando e come avessi voluto, sentii una scarica di brividi percorrermi il braccio e tutto il corpo.
« Ti è passato, adesso? » chiesi, senza più abbandonare i suoi occhi.
E al diavolo tutto!
Finalmente Scorpius mi degnò di un sorriso aperto e vagamente colpevole.
« Credo di sì... Posso baciarti sul serio? »
Arrossì parecchio nel pronunciare quelle parole e finalmente, nel tocco esitante con cui sfiorò la mia mano e poi risalì a carezzarmi il volto, riconobbi il vecchio Scorpius. Quello che portava un buffo paio di occhialetti rettangolari e che si rintanava negli angoli più remoti del giardino per leggere i suoi libri, quello che aveva buone maniere da vendere ma quando si trattava di fare il cavaliere con una ragazza s'imbarazzava sempre, quello così goffo e adorabile da chiedermi il permesso di baciarmi. Eppure Scorpius non era solo quello: mentre me ne stavo immobile, sospesa nell'attesa di quel bacio, mi resi conto che il vero Scorpius era un misto di tutte le facce che avevo visto o scorto di sfuggita in quell'estate: era educato, intelligente, riservato e sapeva essere la persona più buona del mondo quando non si sentiva minacciato, ma era pur sempre un Serpeverde, figlio unico, Malfoy, e negli affetti restava un po' viziato. C'erano cose che si rifiutava di dire e che esigeva fossero comprese, delle esclusive che pretendeva, e per tutto questo non pestava i piedi né s'impuntava. Semplicemente aspettava, chiuso nel suo mutismo offeso. E poi, se qualcuno invadeva il suo spazio vitale e lo feriva troppo, feriva a sua volta. Disintegrava, con una stoccata secca, un paio di frasi cattive. Era pur sempre un Serpeverde, pur sempre fragile, e aveva pur sempre bisogno di proteggersi. O di qualcuno che lo proteggesse, ogni tanto.
Sì, questa volta ero sicura di sapere chi era il ragazzo che mi stava davanti. Questa volta ero sicura di conoscere Scorpius davvero.
Forse sorrisi, a quel pensiero, perché Scorpius arrossì ancora. Fece per chinarsi su di me, poi cambiò idea e tossicchiò.
« Allora siamo d'accordo, la prossima volta che ce l'avrai con me ti leverai lo sfizio di mandarmi a quel paese e non mi metterai il muso? » chiese.
« Promesso » risposi. « E tu, la prossima volta che ti manderò al paese, mi lancerai una fattura ed eviterai di togliermi il saluto per una settimana? »
Scorpius ponderò le mie parole per qualche istante. Poi, con un sorrisino, acconsentì.
« Mi sembra un accordo equo.  Le Maledizioni Senza Perdono non sono comprese, suppongo ».
« Temo di no ».
« Me ne farò una ragione ».
Di nuovo, la conversazione naufragò in un silenzio imbarazzante e di nuovo tra di noi rimase la distanza di un bacio che nessuno si decideva ad iniziare. Le guance di Scorpius ormai erano color peperone, mentre le mie probabilmente stavano subendo un'eruzione vulcanica o qualche fenomeno geologico affine.
« Quello della notte scorsa... » sussurrai, tanto per riempire un po' quel silenzio. « Non era un sogno, vero? »
Scorpius sorrise e mi posò il pollice sotto il mento per sollevarmi il viso.
« La gente tende a sopravvalutare di molto l'effetto dell'alcool, quando si tratta del suo potere obliviante » convenne, chinandosi un po' di più verso di me.
Restavano forse una decina di centimetri, fra i nostri volti, e da quella distanza potevo distinguere le pagliuzze dorate nelle sue iridi verde chiaro. Come lui probabilmente poteva distinguere i miei pori che sprizzavano lava e lapilli ed i battiti accelerati del mio cuore, che rintoccavano nel silenzio come campane. Non era nemmeno così imbarazzante, finché la mia attenzione restava totalmente assorbita dal suo viso, dalle sue labbra, dai suoi occhi e dalla lieve pressione del suo braccio che mi aveva circondato la schiena...
Calvin sbuffò sonoramente, mandando in mille pezzi l'atmosfera idilliaca in cui mi sentivo immersa fino alle punte dei capelli.
Non dovevate baciarvi?” mi ricordò con una certa vena di sarcasmo.
Oh... ehm... già...
Alzai uno sguardo imbarazzatissimo su Scorpius e, certa che di lì a poco sarei morta di vergogna e che le mie guance sarebbero state ribattezzate una Ercolano e l'altra Pompei, dissi:
« Ora forse potremmo anche... sai, il bacio... »
Le guance di Scorpius si fecero di un rosso tanto intenso che per un attimo temetti che avrebbero soffiato il titolo di Ercolano e Pompei alle mie, ma lui si affrettò ad annuire.
« Sono assolutamente d'accordo ».
Poi – e a quel punto non seppi mai se fu lui a chinarsi o io ad alzarmi sulle punte dei piedi o se fummo entrambi – ci ritrovammo aggrovigliati in una matassa di braccia e mani e sentii il sapore delle sue labbra sulle mie. Grata, per la prima e presumibilmente volta in vita mia, di avere addosso quelle micidiali scarpe con il tacco, mi alzai più che potei sulle punte dei piedi.
Calvin! Calvin! Hai visto?! Guarda cosa sto facendo!
A quel punto l'unica cosa che dovette vedere Calvin fui io che perdevo ingloriosamente l'equilibrio. Scorpius mi trattenne per rallentare la caduta, ma invece di tirarmi in piedi lasciò che mi posassi con la schiena sull'erba e mi si distese accanto. O sopra. O mezzo sopra e mezzo accanto, insomma...
Calvin, perché di colpo sei tu quello con gli ormoni a posto?
« Non penso che ti dispiacerà troppo sporcare questo vestito, no? » ridacchiò Scorpius.
Per tutta risposta mi avventai sulle sue labbra ed infilai una mano tra i suoi capelli, stringendoli tra le dita. Scorpius ricambiò il bacio e i pochi ormoni che non mi erano ancora morti d'infarto scoppiarono come petardi, innescando uno spettacolo pirotecnico che mandò completamente in tilt il mio cervello. Così in tilt che non avrei nemmeno saputo dire cosa stavo facendo io, o cosa stavano facendo le mie mani, o quelle di Scorpius, o il resto del mondo, se non che – miseriaccia! – lo stavo baciando davvero.
Oh Merlino! Oh Merlino, Circe e Morgana! Calvin, ma hai visto? No dico, hai...
« Ehm-ehm... »
Mi bloccai di colpo, realizzando solo in quel momento di avere una mano ancorata sulla nuca di Scorpius e l'altra intenta a slacciargli il colletto della veste.
Calvin... hai sentito?” balbettai, inorridendo man mano che la lista di possibili equivoci per cui mi era appena sembrato di sentire la voce di Draco Malfoy si andava accorciando drasticamente.
Merlino, non può essere... non dirmi che...
Sbirciai timidamente oltre la spalla di Scorpius, mentre una banda di archeologi revocava ufficialmente il titolo di Patrimonio dell'Umanità a Pompei ed Ercolano per assegnarlo alle mie guance.
Draco Malfoy, in piedi a pochi metri da noi (che ci stavamo rotolando per terra avvinghiati come due salamandre durante il periodo della riproduzione, lo sottolineo), storse il naso.
« Mi dispiace interrompervi in un momento così cruciale, ma ci servirebbe la terza damigella per le foto... »
Accidenti! Porca miseria! Quel vaccone di Morgana...
Spinsi Scorpius di lato e mi affrettai a rialzarmi, tirandomi giù la gonna (perché diamine mi era risalita fino al fianco?!) e sistemando la scollatura del vestito (ma era sempre stata così bassa?!) con tutta la dignità che riuscii a racimolare. Quindi, sempre con estrema dignità, raccolsi le scarpe da terra (quando accidenti me le ero tolte?!), aggirai quelle di Scorpius (quando accidenti se le era tolte?!) e la sua cravatta (quando accidenti se l'era... gliel'avevo... no, aspetta, non volevo saperlo) e lo seguii verso il castello.
« Oh, sì, certo, le foto. Arrivo subito... stavo solo... cioè... ma adesso vengo... »
« Già, le foto » convenne Draco. « E... ehm... credo che tu abbia qualcosa come un cespuglio di lavanda tra i capelli... »








Note dell'autrice:
Non credo di poter commentare questo capitolo .Sono in uno stato emotivo a dir poco disastroso, complici le condizioni estreme in cui sto pubblicando questo capitolo (chiavetta Internet che prende e non prende, computer non mio e, quel che è peggio, Windows, casino in casa, i tecnici di fastweb che dovrebbero venire e non vengono, scleri vari...).
Appena riuscirò a riavere la mia connessione e il mio computer con Internet funzionante mi farò viva per rispondere alle recensioni. Per ora non ho altro da dire, perché sono in crisi da sto pubblicando il capitolo finale, sono ancora più in crisi perché è la terza volta che lo sto pubblicando e questo odioso Windows mi incasina....
D'accordo, sono veramente ridotta a uno straccio. Non credevo che pubblicare l'ultimo capitolo potesse farmi un effetto del genere, ma visto che evidentemente lo fa ora mi ritiro. Ci tenevo ad aggiornare per voi, perché so che vio ho fatte aspettare un sacco e non mi sembrava giusto farmi desiderare ancora. Spero che il capitolo sia una conclusione decente a questa storia, anche se probabilmente non è il finale romantico e fluffoso che vi siete aspettate. Se è comunque decente, lo dedico a Zuzallove.
Scusate per queste NdA pessime, ci risentiremo con l'EPILOGO, quando spero di riuscire ad essere un po' più lucida e a dire le cose che vanno dette.
Rose

   
 
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