Benvenuti a questo
nuovo capitolo. Sono molto grata a tutti coloro
che mi stanno commentando. Siete molto gentili e vi ringrazio per
avermi letto
sinora. La povera Adeline se ne è andata. Forse se
l'è cercata oppure, molto
più semplicemente, era convinta che quel matrimonio fosse
l'unica via
percorribile per lei.
A differenza di
Rosalie è cresciuta nella nobiltà, pur non
facendone parte e vede questa come unica soluzione. Che poi le cose non
le
vadano bene, bhé, è pura sfortuna.
LA DAMA COLOR CASTAGNA
Le esequie di Adeline
vennero celebrate
una settimana dopo. Nel frattempo, ci stabilimmo nella casa del vedovo,
per
poter aiutare la disposizione delle varie parti della cerimonia e tutti
gli
elementi legali del contratto che era stato stipulato al momento del
matrimonio. Questioni legali e religiose andarono a braccetto per tutto
il periodo e, in alcuni casi, l'una si fondeva con l'altra, al punto
che non si distinguevano tra loro.
Il duca De Guiche,
visto l'affollamento
nella dimora, sentenziò che sarebbe andato a far visita al
Principe. In
quell'occasione, la contessa provò a chiedermi di
accompagnarlo ma la cugina,
per qualche strano motivo, si intromise nella conversazione.
Benché
il fidanzamento sia stato stabilito, non è ufficiale e,
qualora la vostra
pupilla rimanga compromessa, rischiate di mandare a monte il
matrimonio, nel
caso l'interessato sollevi dubbi sulla paternità del
nascituro...disse, con dei
riferimenti velati che io colsi, senza peraltro comprenderli. L'unica
cosa chiara era che il rapporto amichevole tra le due era solo
apparente.
Fui comunque
riconoscente a quella dama,
dal momento che, senza quel vecchio intorno, avrei dormito sonni
più tranquilli,
senza dover sempre chiudermi a chiave nella stanza, fino al mattino,
come avevo fatto in tutte quelle occasioni, malgrado la contessa
tentasse di impedirmi di farlo.
La Polignac storse il
naso ma chinò la
testa.
Non riuscendo
comunque a sopportare
troppo la mia presenza aggirarsi per quella casa, decise di mandarmi a
fare
delle commissioni, insieme a delle serve che avevano il preciso compito
di
sorvegliarmi. Dovevo infatti acquistare degli abiti e dei gioielli da
lutto,
dal momento che non ne possedevo.
Finora, malgrado la
contessa mi avesse
fatto comprare degli abiti, tutto quello che possedevo era estremamente
colorato e quindi poco consono a quella triste circostanza. Fu questo
il motivo
per cui mi ritrovai a recarmi personalmente nel negozio di Madame
Bertin,
insieme a due cameriere. La strada quel giorno comunque era
completamente
intasata dalle carrozze e fu pertanto necessario percorrere la via a
piedi.
Quella soluzione, del
tutto eccezionale, sembrò infastidire le
mie accompagnatrici.
Evidentemente, non
avevano mai
apprezzato passeggiare.
Lo vedevo dal loro
muoversi incerte,
timorose e disgustate. Alla fine, mi voltai verso di loro. -Sono
davvero
desolata- feci- ma proseguire a piedi era l'unica soluzione. Dobbiamo
acquistare gli abiti ed i gioielli necessari.-
Le due sospirarono.
-Vi prometto che,
dopo le compere, ci
riposeremo un po' nel giardino vicino. La calca è meno
pesante in quel tratto e
la via per il palazzo dei De Florie più breve.- le esortai.
Non avevo molta
voglia di tornare là, a
dirla tutta.
Passare il tempo con
quella strega era
uno dei miei maggiori dispiaceri.
Commissionammo
rapidamente l'abito.
La Bertin aveva molti
modelli standard
e, malgrado le esortazioni delle mie accompagnatrici, scelsi un vestito
semplice e spartano. Eccedere negli addobbi significava mancare di
rispetto a
quella giovane...ed io non volevo.
Avrei offeso l'anima
di quella giovane.
-Portate gli acquisti
alla residenza
parigina dei Marchesi De Florie- mormorò con fare esperto
una delle mie
accompagnatrici, una volta preso atto che non avrei cambiato
idea.
La commessa
annuì, con un sorriso
compito sulle labbra.
Cercare dei monili da
lutto, invece, si
rivelò assai più complicato.
Le gioiellerie erano
più numerose e
questo aumentava le possibilità di scelta. Impiegammo molto
più tempo. Non
essendo fidanzata in modo ufficiale, e quindi ancora nubile, la gamma
di
pendenti e di collane era assai più ridotta. Mi ritrovai
così a guardare qua e
là, mentre le mie accompagnatrici ciarlavano di cose vuote e
scialbe. Fu
proprio mentre ero immersa nella vista delle varie pietre che urtai una
sagoma
poco distante da me.
-Oh- mormorai-
scusatemi...-
Le parole,
però, vennero meno.
La donna che avevo di
fronte era di
media statura, mora, malgrado non fosse più giovanissima, e
con due luminosi
occhi scuri. Indossava un abito color castagna, con una scollatura a
barca
assolutamente casta. Una collana di pietre in pasta di vetro terminava
il suo
abbigliamento.
Mi fermai a guardarla.
Nel complesso, era
una bellezza
assolutamente nella norma eppure, mi sembrava di vedere in lei qualcosa
in più.
Forse era la luce divertita e vagamente sfrontata nello sguardo... non
avrei
saputo dirlo.
-Sono io a dovermi
scusare.- fece, con
una voce da contralto, morbida e piena- la bottega è
indubbiamente molto
piccola.-
La fissai un
po'stranita, prima di
ricordarmi le buone maniere. -Ciò nonostante mi sono
comportata in modo assai
sgarbato. Il mio nome è Rosalie Lammorliere, Madame e vi
prego di accettare le mie scuse.- feci, compita.
La dama rimase
sorpresa.
-Lammorliere?-
domandò, stranita.
Annuii, senza aggiungere altro. Non riuscivo a capire il motivo di un simile atteggiamento.
-Sì,
Madame. Sono la
figlia di Nicole Lammorliere...la conoscevate?- feci, non del tutto
convinta.
La donna
impallidì per un momento.
Poco lontano,
cominciai a sentire dei
passi.
-In questo momento,
non posso
rispondervi.- disse, guardandosi attorno- Per voi è un
problema incontrarci tra un paio di giorni
nella chiesa di Notre Dame, poco prima della nona?-
Inarcai la fronte.
-Non sono sicura di
riuscirci.-
mormorai.
Gli occhi scuri della
donna si
illuminarono.
-Ve ne prego.-
rispose di nuovo.
Fissai a lungo quel
viso.
Così dolce.
Così
espressivo.
Accettai quasi senza
accorgermene.
La dama sorrise di
nuovo.
-Voi non sapete la
gioia che mi state
dando- disse, prima di dare un'occhiata ai gioielli- e, per i lutti, la
pietra
ideale è l'ossidiana.-
-Mademoiselle
Rosalie!- esclamò una
della cameriere.
Mi voltai un momento.
-Come fate a
cono...-provai a dire,
tornando alla dama...ma quando mi girai, ella non c'era più.
Mi rendo conto che
allora, avevo agito
in modo assolutamente sciocco.
La contessa aveva
determinato ogni
istante della mia vita, con una razionalità che rasentava il
maniacale. Ammetto
però che, dal giorno della separazione dal conte e con
l'avvicinarsi del mio
fidanzamento ufficiale, il suo umore era sensibilmente migliorato...e
non so se
era merito mio, del conte o dell'uomo che occupava il suo letto tutte
le notti.
Fatto sta che ero
riuscita ad ottenere
il permesso di potermi recare in chiesa. Era forse l'unico tratto della
mia indole che aveva sempre
apprezzato, perché denotava una condotta retta e pudica.
Ricordate però la promessa che voi mi avete fatto non aveva mancato di aggiungere, prima di congedarsi da me e lasciarmi usare una delle carrozze.
Sospirai a quel
pensiero.
E chi se lo
dimenticava?
Non passava giorno
che non mi venissero
rammentate quel genere di cose.
Istintivamente alzai
gli occhi al rosone
di Notre Dame.
La carrozza mi aveva
lasciato proprio
davanti alla chiesa e, non essendoci uscite secondarie era
più che palese che
non sarei sfuggita alla sorveglianza dei valletti della contessa.
Incerta mi
incamminai verso l'ingresso. Non c'era nessuno al suo interno...o
così mi sembrava
all'inizio.
La dama dall'abito
castagna era vicina
ad alcuni ceri, proprio nei pressi dello spazio del chiostro aperto al
pubblico.
Sentendo i miei
passi, si voltò.
-Vi stavo aspettando
Rosalie- disse,
l'ombra di un sorriso stampata in volto.
Mi guardai attorno,
con un moto
d'incertezza.
Ero stata molte volte
con Nicole in
quella chiesa. E' il luogo che la
città
ha dedicato alla Vergine. Merita di essere visitato, no?amava
dire, quando
Jeanne o io non mostravamo lo stesso entusiasmo. La chiesa, infatti,
era molto
distante dalla nostra casa eppure, Nicole non aveva mai smesso di farvi
visita...finchè la salute lo aveva permesso.
-Vi stavo aspettando,
Rosalie.- disse
una voce, a me familiare.
Mi voltai di scatto e
vidi il volto
sereno del conte, insieme alla dama che mi aveva avvicinato nel negozio.
Alla luce del sole
pomeridiano, potei
vedere meglio il suo viso. Un ovale perfetto su cui erano incastonati
degli
occhi intelligenti. -
-Signor conte-
esclamai, accorrendo da
lui- cosa ci fate qui?-
Jules sorrise.
-Ho preso dimora a
Parigi- rispose -
Jolande non lo sa. -
Lo guardai perplessa,
occhieggiando ora
lui, ora la dama.
-Non gli
interesserebbe comunque.-
rispose- Per lei sono solo il grigio topo di biblioteca che
è stata costretta a
sposare. Abbiamo fatto una separazione consensuale, completamente a
vantaggio
di mia moglie, peraltro.-
Istintivamente mi
misi a sedere su una
pietra.
Jules
avanzò, con passo zoppicante.
-La quasi
totalità dei beni provengono
da mia moglie. Economicamente parlando, non ero per lei di nessun
vantaggio ormai...ed io non sono così sciocco da non sapere
quando farmi da parte.-
proseguì ma io lo interruppi.
La dama mi
guardò incuriosita.
-Questo me lo avete
già detto- dissi-
adesso, però, la mia situazione adesso è
piuttosto precaria.-
Jules
sospirò.
-Questo- fece, prima
di guardare
adorante la dama mora- lo sappiamo bene. La morte di Adeline vi ha dato
del
tempo ma siete ancora in mano alla contessa.-
Chiusi gli occhi.
-Dovrò
sposare il duca De Guiche, l'uomo
destinato alla piccola Charlotte...un vecchio pervertito con la
passione per le
ragazzine...-cominciai, prima di essere interrotta da una risata roca e
bassa.
Alzai la testa di
scatto, fissando,
sorpresa e indispettita al tempo stesso, la persona che aveva
parlato...ovvero,
la dama con l'abito color castagna.
Jules sorrise
paziente.
-Perdonatemi se non
vi ho presentata-
disse il conte- questa donna è Isabelle de Saint Remy...la
mia Isabelle.-
La donna scosse la
testa, non senza
fissare Polignac con un calore a me nuovo ma non per questo spiacevole.
-Jules,
Jules...siete sempre un adulatore.- mormorò con affetto.
-E voi siete l'anima
del mio cuore.-
rispose questi, prendendole la mano.
Spalancai gli occhi.
Nicole non aveva mai
parlato della
famiglia di suo marito e le poche cose che ci aveva lesinato, con
estrema
parsimonia, erano che fosse un nobile. Non sapevo che avesse una
sorella. -Voi
siete...-mormorai.
Isabelle mi
guardò con calore.
-Sono la sorella
minore di vostro madre-
rispose, prima di addolcire il tono- ma questo...penso che il mio Jules
ve lo abbia già detto.-
Annuii.
-Vorrei davvero
parlare con voi
ma...-dissi mortificata.
Isabelle mi
osservò indulgente.
-Lo sappiamo-
rispose, guardando
Polignac- ed è questo uno dei motivi per cui ho chiesto
d'incontrarvi. Vorrei
che mi raccontaste come mai siete con la contessa. Jules me ne ha
parlato ma
non capisco perché stiate ancora con lei, pur sapendo il
vostro possibile
destino.-
Mi guardai
nervosamente le nocche poi,
senza sapere bene perché, cominciai a snocciolare tutto
l'accaduto: di come ero
finita a Versailles, di Oscar, della contessa e di tutto quello che
avevo
sofferto. Non so per quanto tempo parlai della mia vicenda ma quando
finii ero
come libera da un peso.
Isabelle si
massaggiò il mento, in una
mossa che mi ricordava vagamente colei che da sempre consideravo mia
sorella.
-Quello che dite è molto triste e penoso, nipote mia- disse-
e temo che parte
delle notizie che ora vi darò, saranno insieme un sollievo
ed un nuovo dolore.
Volete sapere?-
I canti gregoriani,
provenienti dalla
navata, raggiungevano le mie orecchie. Un suono lontano e ovattato, di
quieto
sottofondo.
-Sì-
risposi.
Isabelle
sospirò.
-E sia, allora.-
disse- Sappiate che
Yolande, la vostra madre naturale, è una grande
dissimulatrice e voi siete
stata ingannata. Lei non ha nessuna prova a vostro carico, tranne la
sua
parola...ed ora a corte, il potere della sua voce non è
più forte come un
tempo. La figlia del generale non potrà essere calunniata da
quella serpe. La
sua integrità e l'amicizia solida della regina la sollevano
da ogni sospetto.-
Mi raddrizzai di
botto.
- Come sarebbe a
dire?- feci- Io ho
partecipato al ballo di Versailles...-
Jules
inarcò la fronte.
-Ne fanno moltissimi.
La regina non si
ricorderà di certo della vostra presenza e, se anche fosse,
non ha mai messo in
dubbio la fedeltà dei De Jarjayes...figuriamoci se
darà credito alla parola
della mia non più consorte.- obiettò.
Quel rimbrotto mi
diede un improvviso
sollievo. Sapere che Oscar era completamente al sicuro da quella strega
aveva
alleggerito buona parte delle mie pene. -Meno male- sospirò.
-Quanto a Jeanne-
disse Isabelle-
neppure di lei hai più ragione di preoccuparti.-
La guardai.
Il volto della dama
era una maschera
seria e insieme dolorosa.
-Cosa intendete
dire?- chiesi.
Lei aprì
la bocca, salvo poi
richiuderla.
Un grave sospetto
attraversò il mio
cuore.
La dama
provò nuovamente a parlare ma
non riuscì a formulare nessun discorso.
-Ricordi, Rosalie,
quando udisti il
rumore di quei cavalli? E di quando la contessa ti impedì di
uscire?- disse
allora Polignac- Mentre mi occupavo delle mie faccende a corte, ho
udito alcune
cose...a proposito di un'operazione militare. Pare che qualcuno di
molto
influente a corte, avesse spifferato alle cariche dell'esercito il
nascondiglio
di Jeanne De La Motte. Pare che Madamigella Oscar abbia ricevuto
l'incarico di
catturarla, sebbene non fosse per nulla entusiasta della cosa...ma non
sono
riusciti a prenderla. Il convento abbandonato dove lei era nascosta,
insieme al marito,
saltò in aria, poco prima di fare l'incursione. Non essendo
riusciti a trovare i corpi, a causa della
violentissima esplosione, Madamigella Oscar dispose di porre due lapidi
simboliche
accanto a quella di Nicole Lammorliere, una volta venuta a sapere della
tomba
della vostra madre adottiva.-
In quel momento,
sentii il rumore di
qualcosa che si stava rompendo.
Avrei voluto dire
loro che non dovevano
prendermi in giro, che stavano dicendo un mucchio di bugie, che tutto
quello
che avevano raccontato era una falsa, che Oscar era ancora in pericolo
e Jeanne
era ancora viva.
-No!- esclamai,
mettendomi le mani negli
orecchi- Non può essere vero! -
Non volevo credere a
quello che mi
stavano dicendo.
Se quello che avevo
era sentito era vero
allora...
-Non posso essermi
sacrificata per
nulla!- gridai, mentre gli occhi minacciavano di lasciar scivolare via
lacrime
represse troppo a lungo. La contessa mi aveva ingannato.
-Purtroppo
è così- disse Isabelle- ma se
non ci credi domandati perché la Polignac si è
ostinata tanto a tenerti così
prigioniera nella sua casa, perché abbia perso tanto tempo
per la tua
educazione, quando in realtà potevi benissimo entrare in
qualsiasi casa nobile,
senza essere notata...e chiediti perché, al passaggio dei
soldati, ti abbia
vietato di uscire senza alcuna spiegazione.-
Quando tornai al
palazzo dei De Florie,
la contessa mi attendeva in salotto per parlarmi con urgenza.
-DOVE SIETE STATA?-
esclamò.
La fissai a mia volta.
Era arrabbiata...non che fosse una novità.
-A pregare.- risposi
- Non mi sono resa
conto delle ore che sono volate. Chiedo scusa.-
Yolande
assottigliò lo sguardo.
-Dovete smetterla con
queste scuse
infantili e pensare seriamente alle opportunità che il
futuro vi sta offrendo.
Proprio oggi pomeriggio, è venuto a farvi visita il duca De
Guiche...e
indovinate cosa è successo?- si lamentò-
E'toccato a me intrattenerlo...ME!
Dovevate essere voi a farlo.-
Chinai la testa.
-E NON ABBASSATE LA
TESTA COME UN MULO!-
strillò la dama- Ho impiegato anni per acquisire il favore
di un tale distinto
gentiluomo e non vi permetterò di farmi perdere i privilegi
che questa unione
porterà al casato.-
Obbedii, seppure a
malavoglia.
-Sto facendo tutto
quello che volete-
dissi, con un sospiro- per quale motivo non mi volete dire come stanno
Jeanne e
Madamigella Oscar?-
Per tutta risposta,
la contessa mi
schiaffeggiò con tutta la violenza che aveva. Traballai
leggermente, rimanendo
tuttavia in piedi. Le mani della Polignac erano lisce e ben curate, del
tutto
estranee al lavoro ed alla fatica. La sua forza non era niente in
confronto ai
palmi di chi aveva lavorato tutta la vita.
-Siete un'insolente!-
strillò- Non
capite che lo faccio per voi? Presto lascerete Parigi e i posti che vi
hanno
conosciuto, che vi hanno dato tutto il dolore che la povertà
potrebbe dare. Non avrete
più fame, né miseria. Tutti vi rispetteranno.-
La guardai
inespressiva.. e la contessa,
sotto quegli occhi, recuperò tutto l'autocontrollo. -Mi
rendo conto però che
voi siete assolutamente incapace di comprendere le mie preuccupazioni e
che non
meritate assolutamente questa gloria...la mia Charlotte, lei
sì, che ne era
degna! Presto, malgrado le mie perplessità, sarete una
ricca, ricchissima
duchessa della Borgogna...non avete alcun motivo di pensare a quelle
persone...sono cose assolutamente superflue.- sentenziò,
prima di andarsene.
Me ne rimasi alcuni
minuti sul
pianerottolo, senza dare accenno ad un qualche movimento. Le parole
della
Polignac mi avevano ghiacciato sul posto e, insieme a queste, si
accavallavano
le rivelazioni del conte e di Isabelle.
I silenzi della prima
trovarono risposta
nelle parole dei secondi.
D'un tratto, non
avevo più paura.
Ora, il capitolo
precedente era deprimente e questo purtroppo ne
mantiene i toni. Vi dico comunque che questa è l'ultima
volta che Rosalie piegherà
il capo. La contessa ha i giorni contati. Il conte interviene ai
margini,
insieme a Isabelle. Quanto ai monili da lutto, erano d'uso nell'800 ma
non so
se lo fossero nel 700. Capitolo altamente drammatico. L'alzamento del
rating
non era casuale. Isabelle è la zia di Rosalie e Jeanne,
completamente inventata
da me, donna assolutamente agli antipodi della Polignac e amante del
conte che,
purtroppo per lui, è già sposato.
E'stato scritto di
getto, speriamo che non ci siano errori.
Ringrazio
Questa storia
è tra le preferite di...
1 - Anthemys_a
[Contatta]
2 - garakame
[Contatta]
3 - Jaden96 [Contatta]
4 - Red Dark Angel
[Contatta]
e
Questa storia
è seguita da ...
1 - arcadia5
[Contatta] |