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Autore: flors99    04/11/2012    31 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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Daphne si addentrò tra la massa di persone, cercando di comprendere l’astruso motivo che aveva portato Pansy a rifugiarsi in un angolo della Sala Grande, nascosto alla vista di molti studenti e in particolar modo dei professori. Un campanello d’allarme risuonò nella sua mente: se avesse trovato la sua amica in qualche particolare attività, sarebbe stato un incontro a dir poco imbarazzante, per cui prima di scostare il festone che la separava dal punto in cui Pansy si era nascosta, vi accostò l’orecchio alla ricerca di qualche particolare suono che l’avrebbe fatta tornare indietro. Dopo qualche secondo, in cui il principale rumore dall’altra parte della tenda era stato il ronzio e lo smuovere di qualche oggetto, si convinse di poter entrare. Spostò gli occhi per essere sicura che nessuno l’avesse seguita e alzò il drappo che in quel momento aveva cambiato tonalità di colore, passando dall’argento al rosso.
- Ciao, Daphne! – la salutò Pansy, con un sorriso larghissimo, mentre prendeva da una boccetta un particolare liquido e ne metteva una punta in una provetta; ripose poi l’oggetto, che sembrava contenere chissà quale pericolosa pozione, su un ripiano più in alto accanto a un tavolo.
Daphne stava per chiederle cosa stesse facendo, ricordandosi poi di un Corvonero del settimo anno che qualche giorno fa aveva chiesto a Pansy di preparargli una pozione e la ragazza aveva risposto che gliel’avrebbe consegnata alla festa, ovviamente non prima di aver ottenuto qualcosa in cambio. Perché la mora avesse scelto proprio quel giorno, rimaneva un mistero, nonostante Daphne glielo avesse chiesto più volte.
- Ciao. – mormorò, avvicinandosi.
- Ho finito la pozione, gliela darò stasera. – annunciò Pansy, soddisfatta.
- Perché proprio stasera? Ti stai perdendo la festa. – constatò Daphne.
- Dovevo soltanto terminarla, ci ho messo pochi minuti. – la corresse. – Inoltre questa è la prima notte del mese in cui c’è la luna piena: la pozione non funziona se viene preparata in altri giorni.
- Perché non gli consegni tutta la boccetta, invece che solo una goccia in provetta?
- Se gli consegnassi tutta la pozione, sarebbe un disastro! – ridacchiò Pansy, prendendo con sé la provetta.
- E perc…? – quello che Daphne voleva chiedere non uscì mai dalle sue labbra. Sfortuna volle che in quel momento i suoi piedi reclamassero pietà e avessero deciso di cedere: infatti, la bionda calzava dei tacchi altamente vertiginosi (era stata costretta a metterli per cause di forza maggiore), motivo per cui, non abituata affatto a quella scomodità, barcollava in cerca di equilibrio, molto spesso precario. La Serpeverde inciampò in un oggetto non-ben-identificato, o più probabilmente nei suoi stessi piedi e per non spiaccicare la faccia per terra, si aggrappò proprio al ripiano sopra il quale Pansy aveva riposto tutta la pozione. Il suddetto ripiano, ben poco abituato a pesi del genere, crollò. Non che Daphne pesasse chissà quanto, ma non si poteva certo dire che quel pezzo di legno, vecchio e antico come l’intero castello, avesse chissà quale resistenza. La boccetta si ruppe sulla sua testa causandole un dolore lancinante, mentre i vetri si sparsero sul suolo e il liquido le cadeva lungo il corpo.
Accadde tutto in meno di un secondo, tanto che per un istante entrambe le ragazze rimasero immobili, sconcertate.
- Per Salazar! – esclamò poi Pansy, spaventata. Daphne non riuscì a muovere un muscolo, sia per la fitta di dolore alla testa, sia leggermente scossa dal colpo che aveva appena ricevuto. – Daphne, ti sei fatta male? – con estrema praticità, Pansy recuperò la bacchetta che si era premunita di portare e rimosse tutti i cocci, controllando che non ce ne fossero nei suoi capelli; le curò una piccola ferita che aveva sulla guancia destra, probabilmente causata da un pezzetto di vetro penetrato nella carne. Mormorò un ferula e due piccole garze le fasciarono un dito e un cerotto si pose sulla sua gota.
- Ahia. – borbottò infine Daphne.
- Porco Salazar, Daphne! Fai attenzione, Merlino! Per un attimo ho creduto tu avessi un trauma cranico!
- Ahia. – ripeté la bionda, massaggiandosi la chioma. – Fa male.
Pansy sbuffò, mentre la scrutava per accertarsi delle sue condizioni di salute, poi il suo viso improvvisamente sbiancò.
- D-Daphne, dimmi che non hai b-bevuto la pozione.
- Eh?
- Avevi la bocca chiusa, vero? Non è che per sbaglio hai ingerito un po’ di p-pozione? – chiese, con una strana sensazione ad annodarle la gola.
Il sapore che la bionda sentiva nella sua bocca e che prima aveva già mandato giù sapeva bene non appartenere alla sua saliva. Eppure in quel momento si chiese cosa ci fosse di tanto terribile nel fatto che un po’, anzi un bel po’, di quel liquido fosse finito nel suo stomaco.
- Forse… qualche goccia. – bisbigliò.
- Qualche goccia?! – Pansy prese a girare intorno ad un unico punto. Anche dalla distanza a cui si trovava, Daphne riuscì lo stesso a udire le sue imprecazioni.
- Pansy, cosa c’era nella pozione? Mi verranno i brufoli? Mi si cospargerà la faccia di qualche strano…
- No! – la interruppe la mora. – No, niente di tutto questo, ma… insomma… è una pozione che su ognuno di noi ha un effetto diverso e… tu… come ti senti, stai bene?
Daphne rifletté per un attimo: tranne che il mal di testa causato dalla botta e il liquido che avvertiva bruciare in fondo alla sua gola, non riscontrava nessuna strana sensazione nel suo corpo. Probabilmente Pansy si preoccupava troppo, lei non avvertiva nessun cambiamento e anche se lo avesse percepito probabilmente non sarebbe stato nulla di particolarmente grave, se la sua immagine sarebbe rimasta la stessa e non avrebbe subito danni.
- Mi sento bene, abbastanza bene, sì.
Pansy arricciò le labbra, per niente convinta, mentre con la bacchetta le asciugava i capelli bagnati e ripuliva il vestito dell’amica (che tra l’altro era suo!), dalle piccole gocce di sangue e dal liquido della pozione.
- Oh, insomma, cosa c’era in quella maledetta pozione? – sbottò infine Daphne, accorgendosi dell’espressione della mora.
- È, anzi era, una pozione che… risveglia gli istinti… o qualcosa di simile, ma… tutti hanno sensazioni e bisogni diversi, per cui non so esattamente cosa potrebbe succederti; la pozione varia a seconda di chi la ingerisce.
- Ah. – rispose Daphne laconica.
- Forse sarebbe meglio che tornassi al dormitorio, se vuoi ti accompagno…
- Io tornare al dormitorio? Giammai! – esclamò, infervorata. Un attimo dopo aver pronunciato quelle parole si stupì di se stessa; Pansy la guardò in modo strano.
- Uhm… allora… torniamo di là. – propose la mora insicura.
- Mhm. – acconsentì l’amica mugugnando, non sapendo che avrebbe fatto molto meglio ad ascoltarla.
 

 
 

Era rabbia.
Era malessere.
Era qualcosa che auto lesionava.
 
No, probabilmente erano tutte queste cose messe insieme.
 
Non riusciva a definire ciò che provava, ma non era certo una novità che lui non fosse in grado di dare un nome alle proprie emozioni. D’altronde non c’era mai riuscito.
L’unica cosa che percepiva e che poteva contraddistinguere bene era quella rabbia gigantesca che lo stava travolgendo, avvolgendolo con le sue spire. Stringeva tra le mani un bicchiere, ma non abbastanza affinché la pressione lo rompesse e si frantumasse in mille pezzi. Percepì a malapena una presenza accanto a lui, probabilmente un Serpeverde, ma non vi badò, troppo concentrato sulla scena da cui non aveva ancora distolto lo sguardo.
Theodore Nott osservò il biondo, seguì i suoi occhi fino a notare ciò a cui probabilmente stava prestando attenzione; fece una smorfia di disgusto vedendo la Mezzosangue baciarsi con Lenticchia in mezzo agli altri alunni, ma sorrise poi beffardo vedendo l’espressione di Draco. Nonostante fossero compagni di casa, gli studenti dalla divisa verde–argento erano pur sempre persone subdole e fin troppo meschine; mai nessun Serpeverde che si rispetti avrebbe perso l’occasione di schernire qualcuno o di peggiorare ancora di più il suo malumore. Se Theodore fosse stata una persona più comprensiva, gli avrebbe messo una mano sulla spalla e avrebbe mormorato qualcosa per distrarlo dalla scena che sembrava dargli, inspiegabilmente, fastidio. Ma era un Serpeverde. E i Serpeverde approfittano di qualunque frattura per allargare la crepa, con chiunque capiti loro a tiro. Per questo, quando Theodore si accorse della presa sul bicchiere di Draco, facendo un cenno verso la Grifondoro, sussurrò malignamente:
- Ti piacerebbe, eh?
Un secondo dopo il bicchiere si frantumò tra le dita del ragazzo. In mille pezzi.
Lo sguardo s’indurì, affilandosi come la lama di una spada.
Theodore si rese conto forse di aver detto qualcosa di sbagliato ed eccessivamente invadente, perché provvide subito a fuggire in fretta e furia, non allettato dalla prospettiva di doversi sorbire la rabbia del biondo Serpeverde.
Un secondo prima Draco li aveva visti baciarsi. Un secondo dopo erano spariti. Prima che la sua mente partisse per la tangente e realizzasse le ipotesi più assurde, notò che la Granger si stava dirigendo fuori dalla Sala Grande. Si guardò per un attimo la mano con cui aveva rotto il bicchiere, come se si fosse accorto solo in quel momento del danno che aveva causato; rialzò gli occhi, leggermente confuso, individuando la Grifondoro che ormai era fuori dalla stanza. Non avrebbe dovuto seguirla. Proprio come non avrebbe dovuto seguirla qualche mese fa, quando lei se ne stava andando via, traballante, dalla festa.
Non avrebbe dovuto farlo, eppure l’aveva seguita lo stesso.
Non avrebbe dovuto neanche in quel momento, eppure ancora una volta, lo fece lo stesso.
Perché lui stava diventando pazzo. Perché lui non poteva più convivere con tutte quelle emozioni che lei faceva fluire dentro di lui, ogni volta che la incrociava; chi si credeva di essere per maneggiarlo così?
 
Non avrebbe dovuto seguirla.
 
Ma lui aveva bisogno di ritrovare se stesso.
 
Sono incinta.  Il padre del bambino è qui con me, Draco.
 
Perché non me lo hai detto? Perché avevo paura!
 
Stava impazzendo.
 
Non avrebbe dovuto seguirla.
 
Non avrebbe dovuto ma lui, comprese, era già pazzo.
Pazzo ad annullare in quel modo e soprattutto per una come lei anni di difese, protezioni e muri innalzati contro gli altri e contro se stesso. Pazzo a voler assecondare le sue sensazioni.
Ma quella volta decise di seguire il suo corpo e non appena la razionalità fu messa a tacere, gli fu facile andarle dietro, con l’illusione che quel gesto fosse dettato dall’istinto e non dal suo stesso cuore dolorante.
 
Può un cuore sanguinare silenzioso?
 
Proprio come la volta precedente in quell’istante risuonò il primo rintocco della mezzanotte.
 

 
         
 
Se Daphne fosse stata una ragazza meno orgogliosa, probabilmente avrebbe fatto marcia indietro e seguito il consiglio di Pansy tornando nel dormitorio, non appena aveva cominciato ad avvertire strani sintomi. Probabilmente se fosse stata meno testarda, sarebbe schizzata via dalla festa non appena la testa aveva cominciato a girarle e l’aveva colta l’improvviso desiderio di mettersi a saltare davanti a tutti; dopo un piccolo attimo di smarrimento aveva però deciso che quella sensazione strana fosse stata soltanto un raro momento, che non si sarebbe ripetuto. Aveva capito quanto in realtà si stesse sbagliando, non appena aveva scorto Blaise tra tutti gli studenti e il suo primo istinto, invece che insultarlo come suo solito, era stato quello di corrergli incontro e abbracciarlo come se fosse un orsacchiotto. Aveva capito che forse aveva un problemino quando per poco non aveva estratto la bacchetta per avadakevrizzare una ragazza che si era avvicinata a Blaise per chiedergli di ballare con lei. Aveva compreso che probabilmente la situazione era completamente degenerata mentre pronunciava l’incantesimo e Pansy l’aveva bloccata giusto in tempo per evitare commettesse una pazzia.
Se fosse stata meno orgogliosa se ne sarebbe andata.
 
Ma non lo era.
 
Per questo, in quel momento, mentre declinava l’ennesimo invito per il ballo, cercò di riordinare i suoi pensieri scombinati.
Non riuscendoci affatto.
Il suo intento di fare mente locale si era trasformato in un ragionamento dettagliato su tutti i modi possibili con cui avrebbe potuto uccidere la piovra avvinghiata al braccio di Blaise. Si stupì di come la cosa le desse fastidio, ancora più del solito; si massaggiò le tempie, chiedendosi cosa le prendesse.
- Come stai, Daphne?
- Male, Pansy.
- Ehm…Forse faresti meglio a…
- Cosa? – sbottò, nervosa, senza smettere di tenere d’occhio la biondina che ancora osava ballare con Blaise.
- Ecco, stai uccidendo Blaise con lo sguardo. Non so, è un po’ inquietante come cosa…
- Io NON sono minimamente interessata a quello stupido babbuino con il cervello più piccolo di un boccino, solo non riesco a capire come faccia a sopportare quella piovra che gli sta attaccata come un koala e se qualcuno osa pensare che IO possa essere gelosa di lui, allora si è ingoiato almeno un litro di puffole puzzolenti, dato che IO non provo assolutamente niente e anzi, sono perfettamente a mio agio e…e…e…brutto…brutto stronzo! – Pansy, scioccata dallo sproloquio dell’amica, volse a malapena lo sguardo verso il ragazzo, per scoprire che stava baciando “la piovra”, che Daphne per qualche oscura ragione odiava tanto.
- Ecco, vedi? VEDI? Lo fa apposta! Sa che la mia SENSIBILITA’ verrà urtata vedendo una scena così macabra e oscena e lui fa di tutto per mettermi a disagio, ma non ci riuscirà, perché IO sono superiore a queste cose e, come ho già detto, ma che riaffermo fortemente per evitare eventuali equivoci, sto benissimo e quell’inutile essere non può neanche minimamente sperare di condizionare il MIO umore! Tutto chiaro, Pansy?
La mora sbatté gli occhi, prima di riprendersi.
- Ehhhh sì, Daphne. Certo, hai ragione…
- E’ abbastanza OVVIO che ho ragione, non essendoci alcun motivo per dubitare delle mie innocenti parole, dato che…
- Daphne, se davvero non t’interessa quello che fa Blaise, perché stai pronunciando un incantesimo non verbale contro la piovra?
La bionda bloccò a mezz’aria la bacchetta puntata davanti a sé, chiedendosi quando l’avesse tirata fuori. Appena se ne accorse, la nascose dietro la schiena, come se potesse farla scomparire.
- Ehm… è stata una triste piega degli eventi! Ebbene io… – disse con enfasi la bionda Serpeverde. – …volevo mettere alla prova la tua fedeltà! Capire se eri disposta a vedere il sacrificio di un babbuino pigmeo idiota o se saresti stata capace di resistere fino alla morte!
- La… mia… fedeltà? – domandò Pansy, stralunata. – M-morte?!
Daphne si massaggiò le tempie sentendo un improvviso dolore alla testa; chiuse gli occhi per un secondo, giusto il tempo di un battito di ciglia. Quando li riaprì il suo sguardo era leggermente diverso: guardò Pansy in modo curioso, per poi assumere un aria solenne e fiera.
- Ah, bei tempi, quelli! Io ho dimostrato la mia fedeltà più e più volte durante il mio ciclo vitale! Tu avevi ancora il pannolino e io già combattevo mostri e Dissennatori, insieme a Fierobecco e ai Thestral, in nome della più alta giustizia!
- Daphne…
- Ma io no! Non ho mai ceduto di fronte al pericolo, bensì ho sempre resistito, mantenendo la mia dignità e il mio orgoglio immacolati in tutti i secoli a venire!
- Porco Merlino. – imprecò Pansy, rendendosi conto dell’effetto collaterale della pozione. Avrebbe potuto farle un incantesimo per farla stare zitta, ma non voleva che cominciasse ad agitarsi e fare scenate di fronte a tutti, attirando ancora di più l’attenzione di quanto già non lo facesse per conto suo.
- Oh, ma quali cattive parole odono sentir le mie orecchie da gentil donzella? Fanciulla mia, il tuo linguaggio inappropriato è decisamente poco consono…
La mora smise di ascoltarla definitivamente, cercando un modo per portala via; avrebbe potuto chiedere a Draco, ma era sparito chissà dove; l’unica soluzione per trascinarla via definitivamente era… Blaise.
- Ascoltami bene, Daphne. Tu resta qui, ok? – la fece sedere in un punto qualsiasi della sala, un luogo in cui i professori che erano rimasti di guardia non notassero il suo stato a dir poco strambo o più semplicemente non udissero i suoi discorsi privi di logica.
- No! Non puoi andartene, sto cercando di aiutarti ad affinare le tecniche del tuo linguaggio…
- Ok, ho capito. Torno subito, promesso.
Sparì tra la folla velocemente e agguantò Blaise per un braccio, strattonandolo in malo modo. La biondina-piovra la fulminò con poca grazia, ma Pansy non vi badò neppure.
- Blaise, vieni con me.
- Ma…
- Adesso! – esclamò con tono perentorio, non ammettendo repliche.
Il ragazzo si lasciò trasportare, piuttosto contrariato e a dire il vero anche un po’ maldisposto, non capendo quale fosse il motivo di tutta quella fretta e maleducazione.
Lo capì quando, raggiunto il luogo in cui Daphne sarebbe dovuta rimanere, la trovarono intenta a nominare “cavaliere” un gufo, trovatosi nel luogo sbagliato al momento decisamente sbagliato. Cosa ci facesse lì un gufo poi, era un mistero. Ci avrebbero pensato dopo.
Con la gamba di una sedia in mano, Daphne cominciò a parlare.
- Per i poteri a me conferitemi da… beh, effettivamente da nessuno, ma possiamo anche dire da me stessa, non fare quella faccia! – puntò minacciosa un dito contro il povero gufo confuso. – IO sono perfettamente in grado di nominare cavaliere qualcuno, vai pure a controllare tutte le schede su di me e troverai che ho sempre servito con onore il mio paese e la mia nobiltà e generosità non conoscono confini! Ebbene, io per tutti questi esaurienti motivi, ti nomino mio cavaliere personale, addetto alla mia difesa e per il bene del popolo…
Pansy e Blaise si guardarono allucinati.
- Ha bevuto una pozione, più o meno, anzi… le è cascata in testa e… forse… ha avuto qualche effetto collaterale.
- Forse? – ironizzò Blaise. Lanciò un’occhiata a Daphne, cercando di sopprimere la rabbia che provava nei suoi confronti e tentando di dimenticare, almeno per il momento, il disprezzo che gli era stato riservato quel pomeriggio, come se fosse il più misero degli essere umani. Mise a tacere l’orgoglio, nonostante la tentazione di lasciare la bionda in quelle condizioni fosse davvero forte.
- La riporto al dormitorio, è meglio che non rimanga qui. Se qualche professore dovesse vederla, la sospenderebbero per aver assunto sostanze proibite. – decise.
Sebbene l’intento di Blaise fosse quello di fare una battuta, nel suo tono di voce comparve una nota di serietà e di preoccupazione che inquietò Pansy non poco.
- Vengo con te.
- Non credo sia una buona idea. Se usciamo in troppi se ne accorgeranno. – disse Blaise, pratico, notando già come la McGranitt li stesse guardando severamente con un’espressione che non prometteva nulla di buono.
- Già, non ci avevo pensato. – convenne Pansy, anche se preoccupata.
- Daphne? Daphne, senti, devi andare via… Mi senti? – la mora scrollò la sua amica, anche se quest’ultima non sembrava aver recepito il messaggio.
- Nossignore! Io non vado da nessuna parte, sarebbe un affronto privare questa festa della mia cotanta nobile presenza!
- Sì, sì…
- E tu… – Daphne puntò un dito contro Blaise. – …chi saresti? Un cavaliere errante venuto in mio soccorso? Sei arrivato tardi, perché ho già trovato un fido valletto, che…
- Non… non ci riconosce neanche? – chiese il Serpeverde, un po’ stranito.
- La pozione non dovrebbe avere questi effetti. Probabilmente il fatto che le sia caduta in testa ha attivato più facilmente un possibile effetto collaterale. Ma… non lo so, non sono sicura. Sembra che… che… – Pansy, esitò a parlare.
- Che? – sbottò il ragazzo.
- Che… vada a momenti. Prima mi sembrava che non stesse bene, ma… era lucida, insomma… mi riconosceva, sapeva dov’era… adesso… adesso no! Forse tra qualche minuto le passerà e…
- E assumerà qualche altro comportamento. – completò per lei Blaise.
- Già. – assentì Pansy. – Blaise, sai dov’è Draco? Magari lui può farla ragionare, diciamo. – aggiunse poi.
- In questo stato Daphne non ascolterebbe nessuno. Comunque no, l’ho intravisto prima con Nott, ma adesso sembra essere sparito.
- Draco, Draco… – mormorò a quel punto Daphne. Inclinò la testa di lato e riabbassò le braccia lungo i fianchi, assumendo un’espressione triste. – Draco, mi ucciderà… – sussurrò in un soffio leggerissimo, mentre nei suoi occhi si accendeva un barlume di lucidità. – L’ho fatto per lui… – mormorò in un sussurro ancora più tenue, gli occhi vacui e colmi di così tanto dolore, da poterci immergere un cuore spezzato. – Non… non volevo che si sentisse… solo… non di nuovo.
- Cosa sta dicendo? – chiese Pansy, confusa.
Blaise, aggrottò le sopracciglia, uno strano luccichio a balenare nel suo sguardo.
Il secondo dopo, tutto tornò come prima, cioè prima che Pansy pronunciasse il nome del Serpeverde: Daphne perse lo sprizzo di lucidità appena ritrovato e si voltò verso il gufo, con espressione solenne.
- Ebbene, adesso, mio prode valletto dovrai servirmi per il bene dello… – Daphne non concluse la frase perché venne bruscamente strattonata dal ragazzo che le afferrò un braccio, senza gentilezza. La Serpeverde si dibatté, blaterando qualcosa sul fatto che le stava facendo male con la sua stretta e che le dava profondamente fastidio la sua maleducazione, ma Blaise riuscì a trascinarla via nonostante le sue lamentele e proteste.
- Torno subito, Pansy. – l’avvisò il ragazzo, voltando per un attimo lo sguardo.
Pansy annuì confusa, seguendoli con lo sguardo mentre si allontanavano, con un’espressione corrucciata disegnata sul volto.
Qualcosa non le tornava, c’era un dettaglio che le era sfuggito; provò a non pensarci, prendendo la mano di un ragazzo che l’aveva appena invitata a ballare. Nonostante tutto qualcosa di quello che era appena caduto l’aveva lasciata profondamente perplessa; solo dopo l’ennesima piroetta se ne rese conto.
 
La pozione risveglia gli istinti.
 
Non aveva considerato questo aspetto. Aveva dato per scontato che la pozione avesse avuto solo degli effetti collaterali su Daphne, ma non aveva assolutamente pensato al fatto che, prima o poi, il vero effetto del suo intruglio sarebbe potuto venir fuori da un momento all’altro. Con il viso improvvisamente pallido, si chiese se non avesse commesso l’errore più madornale della sua vita, nell’aver lasciato Blaise e Daphne da soli.
 
 

 
 
Era smania.
Era desiderio.
Era ustione.
 
No, probabilmente erano tutte queste cose messe insieme.
 
Era qualcosa di così forte, di così grande che Hermione si sentì sbalzare fuori dal suo stesso corpo e dalla sua stessa mente, per tutto quello che stava provando e che sentiva arrovellarsi senza freni dentro di sé. Qualcosa di così intenso che non credeva potesse mai arrivare a percepire, neanche con l’immaginazione. Qualcosa che soltanto nel buio della notte, con nessuno che ascoltava i suoi pensieri, lei aveva desiderato tanto da star male, da non dormire, da sacrificare il suo sonno salutare per quella smania, per quell’intensità che avrebbe voluto sentire su di sé, ma che aveva sempre giudicato impossibile da provare. Qualcosa che poteva sembrare sbagliato per lei, per ciò che era successo, per le conseguenze che avrebbe portato e che forse non sarebbero state giuste, ma anzi dolorose; eppure quel momento era così giusto da far male.
 
Come può una cosa tanto sbagliata renderti così felice?
 
La prima cosa che pensò fu che quella fosse solo una fantasia. Una bellissima fantasia, fin troppo reale, ma del resto i suoi genitori le avevano sempre ripetuto fin dall’infanzia che lei aveva una grandissima immaginazione. La seconda ipotesi che avanzò fu che quello fosse soltanto uno stupido e crudele sogno. Un sogno illusorio, nato per tormentala. Sì, perché solo nei suoi sogni più nascosti e proibiti Draco Malfoy la stringeva forte, in una presa a dire poco ferrea, mentre la baciava sempre di più, sempre più a fondo. La terza cosa e ultima cosa che pensò fu un'unica parola.
 
Merda.
 
- Malf-f… – riuscì a malapena a mormorare prima che il ragazzo la zittisse.
Immaginazione, sogno o realtà che fosse, Hermione pensò che fosse una dei più bei momenti che le fossero mai capitati. Probabilmente fu per questo motivo che, di nuovo, non pensò alle conseguenze, ma lasciò semplicemente che l’istinto prendesse le redini di quel momento e la conducesse lungo la strada che il suo cuore stava srotolando sotto i suoi piedi. Forse perché non ne aveva la forza o forse perché aveva talmente desiderato baciarlo ancora un’ultima volta, che in quel momento l’idea di allontanarlo la faceva star male. Forse fu soltanto per puro e semplice egoismo.
 
Per avere e portare sempre nei suoi ricordi quel piccolo e singolo attimo d’illusione.
 
Non aveva mai dimenticato davvero il sapore delle labbra di Draco, quello che le avevano fatto provare. Non aveva mai dimenticato la bruciante sensazione delle sue mani sul proprio corpo, la scarica di brividi appuntiti come aghi di pino che le perforavano la pelle, dandole l’impressione di essere immersa in una vasca di acqua contemporaneamente ghiacciata e bollente.
Per un attimo non poté fare a meno di confrontare quel bacio con quello che aveva dato a Ron. Baciare Ron era stato qualcosa dettato dalla situazione, spontaneo e semplice, di cui non si era pentita, di cui mai si sarebbe fatta un rammarico. Era stato un bacio dolce, le sue labbra esitanti, non c’era stata fretta, soltanto tranquillità, sicurezza. Baciare Draco andava al di là di ogni sua immaginazione: era un bacio violento, un bacio che pretendeva, fatto di morsi e di scontri, un bacio che provocava ustione, smania e desiderio, un bacio per cui bisognava saper rischiare.
 
Quanto sei disposta a rischiare, Hermione?
 
Baciare Draco le faceva perdere completamente il lume della ragione, smarriva del tutto ogni più piccola traccia di razionalità, cedendo soltanto al puro e semplice istinto. Draco non chiedeva, pretendeva. L’aveva quasi costretta, nel primo attimo di sbigottimento iniziale, a schiudere le labbra e a muovere la lingua insieme alla sua, e adesso non le lasciava neanche riprendere aria.
- Ch… c…  – venne nuovamente interrotta e il suo cervello si spense definitivamente sotto la sua bocca vorace. Draco lambiva ogni parte di lei, dappertutto: il palato, la lingua, le labbra. Non si fermava neppure per riprendere fiato e Hermione iniziava a sentirsi piacevolmente svenire.  
Si dimenticò di tutto. Tutto tranne il calore secco delle loro labbra, dei polmoni che si distendevano e si contraevano alla ricerca di ossigeno, della pelle che si accendeva e si scaldava, del calore che man mano crepitava e saliva nel petto. Se ne avesse avuto la forza o la minima volontà, Hermione lo avrebbe allontanato per chiedergli spiegazioni, per sapere cosa Merlino gli fosse preso, ma sinceramente in quell’istante non le importava più di tanto, per questo si limitò a stringersi di più a Draco, appigliandosi sempre alla certezza che non avrebbe mai avuto una simile possibilità. 
Percepì il proprio corpo avvolto dalle braccia del ragazzo, stringerla come aveva sempre voluto, come a non volerla più far andare via.
 
Come a voler abbattere i loro confini.
 
Si lasciò semplicemente condurre dall’istinto, chiuse gli occhi, affidandosi a lui. Avvertì le sue labbra allontanarsi dalle proprie in cerca di ossigeno; Hermione, per quell’attimo, detestò quanto mai il bisogno fisico di prendere aria dato che l’aveva separata da Draco; ma un secondo più tardi la sua bocca era stata nuovamente presa d’assalto e il ragazzo le aveva strattonato bruscamente la nuca per poterla avvicinare ancora di più.
Quando il Serpeverde si spostò per baciarle la guancia e tracciare una linea immaginaria dalla sua mandibola al collo, Hermione credette davvero di rimanerci secca. Le nocche del Serpeverde le sfiorarono la pancia e la ragazza dovette serrare le labbra per non gemere; si morse il labbro inferiore, lo martoriò finché non sentì sul palato l’acre sapore del sangue. Forse se si fosse concentrata su quel piccolo dolore non avrebbe perso completamente il senno, ma Draco non le concesse neanche quella piccola via di fuga. Abbandonando il suo collo, le labbra del ragazzo liberarono le sue dalla presa dei denti, leccandone poi il contorno, come se avesse l’intenzione di curarla dalla ferite.
Hermione era più che certa di stare impazzendo.
Poi, in un attimo, la sua mente svanì.
Svanì all’interno del ricordo di mesi prima. E Hermione si rese conto di aver già provato quelle sensazioni, di essere già impazzita. Ricordò come si era lasciata andare, tanto da portare a qualcosa di catastrofico e allo stesso tempo stupendo. Probabilmente se avesse lasciato ancora una volta che gli eventi si susseguissero, vi sarebbero state conseguenze inimmaginabili. Ma mentre la mente lavorava, il cuore di Hermione diventava pian piano un bocciolo di fiore: si apriva, si schiudeva, splendeva. Era lui a baciarla. Stavolta non c’era l’alcool nelle loro vene, non c’era l’acre sapore che di un sogno che sarebbe finito presto; c’era solo quel fuoco rovente da cui si sentiva assorbire e quella felicità incontrollata che si espandeva pian piano dentro di lei. Eppure, stavolta, tra cuore e ragione vinse la seconda.
 
Si era già bruciata una volta, non poteva rischiare ancora.
 
Quanto sei disposta a rischiare, Hermione?
 
Facendo appello a tutta la sua forza di volontà, costrinse le sue mani ad abbandonare i capelli di Draco e a poggiarsi sul suo petto, per spingerlo via.
Era sbagliato. Per lei e per lui. Soprattutto per lei. Perché Draco non provava ciò che invece lei sentiva crescere ogni giorno di più, Draco non aveva la benché minima idea di cosa fosse capace di provocarle con semplici gesti o parole. Ed Hermione, col fuoco, non voleva giocarci più.
 
Mi sono già bruciata una volta.
 
Per questo con la forza della disperazione, aprì i palmi sul suo petto duro come roccia e fece forza per allontanarlo. Ci riuscì, probabilmente per merito di Draco, lei sola non sarebbe mai riuscita a spostarlo neppure di un millimetro.
Il cuore le andò in gola, quando vide il viso di Draco vicino al suo, i capelli biondi scombinati dalle dita che vi aveva immerso, le gote leggermente più colorite del solito e le labbra gonfie per i baci; riuscì a trattenere a malapena il feroce impulso che le gridava di baciarlo di nuovo.
- È sbagliato… – mormorò, il corpo scosso ancora dai tremiti e il respiro ansante. – Noi non… – si bloccò improvvisamente, spalancando gli occhi. Le mani cominciarono a tremarle, gli occhi le s’inumidirono e guardò Draco come se non lo avesse mai visto prima. I sensi si amplificarono, percepirono improvvisamente l’aria calda sulla pelle, quasi compatta, corporea, come un panno steso. I rumori che percepiva, scricchiolii, soffi e sussurri si sovrapposero e si confusero l’uno con l’altro, senza più possibilità di distinguerli. Tutti, tranne uno. Tranne un leggero movimento che faceva più rumore di qualsiasi altra cosa. Lo sentì. Lo sentì chiaramente. Sotto le sue dita, sotto la pressione del suo palmo, percepì chiaramente il cuore di Draco…
 
battere.
 
Forte, fortissimo, come il suo.
 
Allora ce l’hai un cuore.
 
Un cuore bellissimo che batteva sotto il suo palmo e Hermione potrebbe giurare di non aver mai provato sensazione tattile più meravigliosa.
 
Tum, tum, tum.
 
Un cuore che ricordava quello di un uccellino impazzito, un battito d’ali leggero, frizzante e dolcissimo, di una dolcezza unica.
 
Tum, tum, tum.
 
Allora ce l’hai un cuore, Draco.
 
Il primo suono dell’uomo, il primo rumore, la prima musica.
 
Allora ce l’hai un cuore.
 
Tum, tum, tum.
 
Un cuore che batte, che vive. Un cuore che può provare emozioni, che qualcuno un giorno potrebbe ferire, che potrebbe sanguinare, proprio come il mio.
 
Tum, tum, tum.
 
Hermione strinse le dita sulla sua maglia, credendo che da un momento all’altro l’emozione di assurda e incontrollata felicità sarebbe riuscita a sopraffarla. Guardando Draco, i suoi occhi grigi, così intensi e pieni, il suo viso, così privo di maschere, non riuscì a non mormorare.
- Draco…
Avvertì il cuore che tanto l’aveva incantata perdere quattro o cinque battiti, mentre il corpo si irrigidiva, tanto che a Hermione che aveva la propria mano appoggiata sul suo petto parve di toccare una pietra. Draco continuò a guardarla, ma non era più davvero lì, non con lei per lo meno. Respirò profondamente, socchiuse gli occhi grigi, momentaneamente attraversati dalla confusione, vulnerabili come mai lo erano stati.
 
Poi scomparve.
 
Il Serpeverde chiuse le palpebre per un attimo e un secondo dopo le riaprì.
Quello che Hermione vide la terrorizzò.
 
Malfoy.
 
- Lenticchia non bacia poi così bene se poi ti sei fatta consolare da me.
Un freddo ghiacciato risalì sulla sua spina dorsale, percorse la sua schiena, facendola tremare.
 
Il fiore che era divenuto il cuore di Hermione appassì e cadde sul terreno.
 
- Che hai, Granger? Sorpresa che io me ne sia accorto?
Il suo cuore, ormai irrimediabilmente crepato, cadde a pezzi a quelle parole crudeli e a quella cattiveria espressa; attese il dolore che, sapeva, sarebbe arrivato, che non avrebbe sicuramente avuto la pietà di risparmiarla.  Fu una scossa, una percussione, come un colpo di frusta che flagella un corpo senza alcun riguardo.
 
Una frustata.
 
- A dire il vero sì. – rispose Hermione, con le labbra in procinto di riversare fuori tutta quell’amarezza che sentiva e gli occhi pronti a cedere di nuovo. – Sono sorpresa che tu mi abbia tenuto d’occhio. E poi quello che facciamo i-io e Ron non… sono affari tuoi.
 
Tempo prima nel buio della notte, Hermione aveva espresso un desiderio.
 
Non che il suo tormento finisse, non che non dovesse più soffrire, non che le sue paure, i suoi dubbi e le sue incertezze cessassero di colpo di esistere.
 
Tempo prima nel buio della notte, Hermione aveva espresso un desiderio.
 
Non la felicità. La felicità può essere tolta in qualsiasi momento, infrangersi nel più breve dei secondi, senza che quasi si abbia il tempo di rendersene conto.
 
Tempo prima nel buio della notte, Hermione aveva espresso un desiderio.
 
Quello di non vedere mai più il nero negli occhi di Draco, di non dover mai più sopportare quell’enorme e tremendo supplizio.
 
Così neri da farle provare l’acre e amaro sapore della paura, da farle perdere il respiro, addirittura dimenticando la procedura di quel semplice gesto.
Così neri da farle attorcigliare lo stomaco, stringere il cuore, ridurla in un misero stato, sentendosi peggio di chiunque altro.
Così neri da farle desiderare di svanire senza lasciare alcuna traccia, di dissolversi attraverso l’aria, scomparendo il più in fretta possibile.
 
- Sai, non è facile non notare due piovre avvinghiate l’uno all’altra in procinto di accoppiarsi. Quello che mi sorprende è che non abbiate deciso di farlo lì, davanti a tutti.
Le guance di Hermione assunsero una graziosa tonalità di rosso accesso. Gli lanciò un’occhiata di puro disprezzo, pregna unicamente di umiliazione e amarezza.                 
- Questo non è vero. – ringhiò.
- Ah no, Mezzosangue? – replicò, inarcando le sopracciglia. – Dimmi, cos’hai provato, Granger? Cos’hai sentito per lui? – insinuò con tono dolce e mellifluo, da cui trapelava una buona dose di velenoso sarcasmo.
- Malfoy…
La ragazza indietreggiò, sempre più soggetta e spaventata da quegli occhi freddi e gelidi, talmente diversi da quelli che aveva visto prima, caldi e luminosi.
- Allora, Granger? Voglio una risposta. – Con una mossa veloce, così veloce che Hermione non se ne era neanche accorta, Draco la intrappolò contro il muro: le afferrò i polsi e senza stringere troppo li riunì in una mano sola, per poi alzarle il viso con l’altra.
- Malfoy, lasciami! – esclamò, in preda al panico. Non che temesse che lui le facesse del male, almeno non fisicamente, ma guardare quegli occhi così diversi da prima le provocava troppo dolore.
 
Quegli occhi neri, così neri da farla sentire sporca.
 
- Hai provato per lui, quello che hai provato per me? – le soffiò in un orecchio. – Rispondimi, Mezzosangue.
- Malfoy, cosa… cosa vuoi?! – Hermione arretrò ancora, toccando il muro con la schiena. – Cosa t’importa?
La Grifondoro deglutì non potendo fare a meno di chiedersi come potesse Draco essere in grado di interscambiare così le sue due facce e come potesse lei sentirsi in paradiso un attimo prima e all’inferno un attimo dopo.
- Hai provato per lui, ciò che provi quando sei con me?
Hermione tentò di liberarsi, ma non ci riuscì.
- Cosa ti fa credere che io abbia provato qualcosa per te? – esclamò, il tono inacidito dalla consapevolezza di non essere riuscita a nascondere cosa la sua vicinanza le provocasse. Non che ci avesse provato, comunque.
- Io lo sento, Granger. – bisbigliò il Serpeverde a voce ancora più sottile, ancora più sibilante. Ancora più Malfoy. – Ti sento rabbrividire sotto le mie mani, ti sento tremare quando mi avvicino… – la incastrò completamente tra il suo corpo e il muro, lasciandole i polsi, ma bloccandola in modo che non potesse sfuggirgli. – Io sento come il tuo corpo reagisce vicino al mio… – portò il suo viso all’altezza del suo, sfidandola con gli occhi, sfidandola con l’intero corpo, sfidandola a osare.
 
Malfoy.
 
Hermione tremò e fece di tutto perché le sue mani non corressero alle sue spalle, perché il suo palmo non si posasse ancora una volta sul petto di Draco per sentire il suo cuore. Il bacio precedente sembrava solo un sogno, una visione lontana e impossibile da raggiungere; vedendo lo stato delle cose, Hermione si chiese se non se lo fosse immaginato. Si schiacciò il più possibile contro il muro, conscia che più gli stava vicino, più si faceva del male; mantenere le distanze da lui, dopo aver riassaporato quel bacio rovente, era un dolore tanto fisico quanto mentale.
- Percepisco i segnali del tuo corpo. – ripeté, con un tono di voce dolcissimo, l’ennesima tentazione del serpente prima di affondare i denti sulla sua vittima, iniettandola del più tossico dei veleni.
Draco le sfiorò il naso col proprio, sfidandola ancora, sfidandola sempre, sfidandola a cedere. Proprio come prima, la baciò prendendola completamente alla sprovvista. Ma stavolta fu incredibilmente diverso: era un bacio che esigeva e non dava niente in cambio, che Hermione non voleva, ma in cui si ritrovò avvolta ancor prima che riuscisse a sfuggirgli. Era un bacio prepotente, forte e feroce.
 
Era la puntura di una spina contro un fiore delicato.
 
Cercò di liberarsi, di sfuggire a quell’assalto, ma la sua forza fisica non poteva neanche sperare di sopraffare quella di Draco.
 
Lo sai che è sbagliato, Hermione.
 
La ragazza strinse le labbra, decisa a non rispondere a quel contatto che, sapeva, era stato fatto solo per umiliare, denigrare, ferire. Si divincolò con forza, cercando di sgusciare via dalla sua presa ferrea, agitò le gambe, provando ad allontanarsi, mugolò di dissenso, ma neanche allora Draco la lasciò andare. Il ragazzo la costrinse a schiudere le labbra con forza, baciandola con rancore, rabbia e altro che non era pronto ad ammettere; come un incendio quel fuoco insostenibile divampò nuovamente in ogni parte della Grifondoro che si ritrovò a rispondere a quel bacio sbagliato.
 
Eppure, ancora una volta, il tuo cuore non può farne a meno.
 
Pochi secondi dopo, il ragazzo la lasciò andare, troppo tardi o forse troppo presto.
- Hai visto, Granger? – la sfidò nuovamente con un ghigno disegnato sulle sue labbra.
Quando Hermione si rese conto di cosa era successo, di cosa aveva fatto e delle sue parole, i suoi occhi si riempirono di vergogna. Vergogna per se stessa.
Era stato un gioco. Un gioco per farla cedere, per dimostrare come il suo corpo avrebbe reagito vicino a lui, come lei avrebbe perso razionalità di fronte alla sua irruenza.
Era stato un misero e schifoso gioco.
 
Un gioco crudele.
 
D’istinto la sua mano si alzò per colpirlo. Uno schiaffo che non andò mai a segno, perché Draco la fermò a mezz’aria.
- Non provarci neppure. – sibilò.
- È solo un gioco per te? – gridò allora Hermione, tentando di liberarsi. – È tutto… un maledetto gioco?! Io sono questo per te? Un giocattolo? – gridò rabbiosamente, il tono pregno di disperazione e umiliazione.
- Ti è dispiaciuto così tanto, Granger? – replicò annoiato, come se fosse indifferente. – E allora perché non ti sei tirata indietro?
 
Solo un gioco.
 
- Volevi umiliarmi, Malfoy? – sussurrò lei qualche attimo dopo. – Volevi umiliarmi? Ci sei riuscito, ci sei riuscito alla perfezione. – esalò con un rantolo.
 
Un rantolo così sofferente da ricordare un animale ferito.
 
Se Draco provò stupore dinnanzi alla sua confessione, non lo mostrò. Una maschera di puro gelo lo divideva dalla Grifondoro, anche se sotto tutto quel muro, sotto tutta quella protezione il sangue scorreva senza fretta.
 
Può un cuore sanguinare silenziosamente?
 
- Stammi lontano, Malfoy.
Forse fu il tono, la rabbia, i suoi occhi pieni di qualcosa di simile all’odio, forse fu tutto questo insieme, ma Draco la lasciò andare, liberandola dalla sua stressa, senza mai staccarle lo sguardo di dosso.
- Non darmi ordini, Mezzosangue. – sbottò, offendendola come molte altre volte in quegli anni.
- Forse io sono solo una Mezzosangue, Malfoy. – ammise la ragazza, a voce bassa. – Ma tra noi due non sono io quella che dovrebbe vergognarsi di essere ciò che è.
- Attenta a come parli, Granger.
Il Serpeverde indurì la mascella, mentre i suoi occhi lanciavano lampi.
- Tu sei solo, Malfoy, proprio come quella notte di un anno fa! - gridò. - E sai qual è il motivo? Perché nessuno potrebbe mai tenere a qualcuno come te!
Quelle parole gliele urlò con crudeltà, dritte in faccia. Gliele urlò con lo scopo di ferirlo, con il fine di fargli del male, così come lui la umiliava continuamente. Fu solo cattiveria quella che la spinse a pronunciare parole tanto spregevoli e sprezzanti, perché quel dolore che sentiva non riusciva a tenerlo tutto per sé; aveva bisogno di passare il fardello anche a qualcun altro.
Riuscì nel suo intento, anche se poi il senso di colpa la fece pentire di ciò che aveva detto.
 
Quelle parole ferirono. Tanto.
 
Forse troppo.
- Vattene, Granger.
 
Una voce così gelida che avrebbe raffreddato anche l’inferno.
 
La ragazza sussultò spaventata da ciò che aveva visto passare nei suoi occhi e dalla sua espressione minacciosa.
- Io… – si chiese per un attimo se fosse il caso di scusarsi, ricordandosi poi di tutti gli insulti e le cattiverie che lui non aveva certo evitato di elargirle in quei lunghi anni.
- Vattene, adesso. Lo dico per il tuo bene.
 
Minaccia.
 
- Ma…
- Ho detto “Vattene” – Draco scandì bene le parole, sibilandole in modo tanto glaciale da abbassare la temperatura del corridoio.
Mentre lo fissava con gli occhi in cui cominciava a farsi strada il terrore, la ragazza si rese conto di come ancora una volta fossero riusciti a rovinare tutto quanto, di come quel bacio che a lei era sembrato un bellissimo sogno si fosse trasformato in un incubo. Di come fossero sempre pronti a farsi del male e a ferirsi a vicenda; di come il rischio significasse annullarsi.
 
Quanto sei disposta a rischiare, Hermione?
 
Lo aveva visto senza maschere, ma al primo segno di cedimento il muro si era innalzato nuovamente, più duro che mai. Quello che aveva visto prima l’aveva resa felice, il resto l’aveva terrorizzata. Perché doveva essere tutto così difficile?
 
Perché doveva rischiare così tanto?
 
- Vai via e dimentica tutto, Granger, dimentica tutto.
Se quelle parole fossero state pronunciate con la stessa cattiveria delle altre, probabilmente Hermione avrebbe avvertito una nuova ondata di dolore, ma la voce del Serpeverde non era più sibilante, né minacciosa, soltanto incredibilmente stanca.
 
Draco.
 
E anche con tutta la volontà del mondo, Hermione sapeva che non sarebbe riuscita a dimenticare proprio nulla e, forse, neanche lui.
 
Quanto sei disposta a rischiare, Hermione?
 
Mentre la Grifondoro indietreggiava, i suoi occhi fissi sulla schiena di Draco, voltatosi nella posizione opposta rispetto alla sua, percepì quel tremendo strappo al cuore.
 
Perché fa così male?
 
Abbassò gli occhi appoggiandosi al muro del corridoio, con le lacrime in procinto di uscire, ma che furono frenate al loro primo tentativo di scappare. Fece scivolare una mano sulla sua pancia, fissò ciò che racchiudeva il frutto di quell’amore sbagliato, il frutto di quell’errore. Ripensò in un attimo ai due incontri che aveva avuto: Draco e Malfoy.
Forse avrebbe dovuto davvero riuscire a dimenticare, avrebbe dovuto provare a lasciar andare quell’amore tossico e distruggente e vivere la sua vita, lasciando che fluisse il suo corso. Forse sarebbe stato meglio ignorare i suoi sentimenti.
Sarebbe stato più facile.
 
Ma avrebbe anche significato rinnegare se stessa.
 
Accarezzò il proprio grembo, immaginando di cullare il suo cucciolo, che tra pochi mesi avrebbe stretto tra le braccia. Si morse le labbra con forza, strizzando gli occhi ed esalando un ansito di tristezza. Si appoggiò al muro nuovamente, scivolando giù, con gli occhi ancora fissi sulla parete di fronte a sé. L’immagine di Draco sfrecciò davanti a lei, in un ricordo che non sapeva neanche più se reale o finto: il suo respiro accelerato, le guance rosse, un sorriso sereno ad aleggiargli sul volto.
- Io ti amo. – sussurrò al muro, come se quelle parole potessero risolvere tutto quanto, come se potessero avere il potere di spazzare via tutto il dolore.
Era la prima volta che pronunciava quella frase.
Ed era una cosa davvero triste sapere che ad ascoltarla c’era soltanto il silenzio opprimente, che inghiottiva tutto quanto.
- Ma fa male… Fa troppo male. – sussurrò, chiudendosi a riccio, come se potesse proteggersi.
 

Quanto sono disposta a rischiare?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
 
*Restituisco tutti i pomodori, le uova e tutti le maledizioni che mentalmente mi avete mandato durante lo scorso capitolo*   Sono una persona educata io. ù.ù
Salve a tutti lettori e lettrici, scrittori e scrittrici! Non posso dire di essere propriamente puntuale, ma sono ugualmente soddisfatta di non aver superato il ritardo di un mese come per il capitolo scorso ;)
Vi avviso subito che il prossimo capitolo NON arriverà prima di due settimane, perché mia madre mi ha semi-sequestrato il computer e non posso utilizzarlo più di 10 minuti a giornata. Bah….queste mamme isteriche! -.-”
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche perché….è uno dei miei preferiti! *w*
Punto numero 1: Avete visto? Il bacio tra Draco e Hermione c’è stato! Sarei stata davvero troppo cattiva a far finta che non fosse successo niente, per cui ho deciso di esaudire le vostre richieste. Beh…siceramente la scena che ho descritto tra loro due mi piace davvero tanto. Non per vantarmi, ma per una volta sono soddisfatta di quello che ho scritto.
Punto numero 2: Per i sostenitori della coppia Daphne e Blaise….eheh…avete visto? Cosa succederà? Cosa combinerà Daphne? Si accettano scommesse! ^_^
Punto numero 3: So che la fine del capitolo può sembrarvi triste, ma vi assicuro che nel prossimo migliorerà decisamente. La scena tra Draco e Hermione non è ancora finita, quindi aspettate a mandarmi improperi :)
Punto 4: Il capitolo, come forse avrete già capito, non è ancora finito. Manca ancora la TERZA e ULTIMA parte della festa, che, diciamo, sarà quella che chiuderà la serata.
Punto 5: Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate o anche a chi legge in silenzio. Ringrazio anche quelle persone che hanno me come autrice preferita! Non avete idea di quanto mi riempiate di gioia. Infine un GRAZIE gigantesco a quelle dolcissime 16 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: Black_Yumi, tonks17, Betty97, Rowan936, Rospetta89, Ezrebet, MadamaBumb, Felpick93, Virus14, Draco the best, Lierin_, piumetta, Notteinfinita, Stella94, FedePluck93 e elisadi80.
Grazie anche a quelle dolcissime 7 ragazze che mi hanno segnalato all’amministrazione per le scelte: DracoMattyMalfoy, Felpick93, Slytherin_Ss, UraniaSloanus, aranciata, Darleen e Sasoriza98.
Nella speranza che la storia continui a piacervi e che qualcuno sia ancora disposto a seguire questa pazza, vi mando un abbraccio stritolatore!
flors99
  
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