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Autore: __Sayuri__    04/11/2012    6 recensioni
[post-Thor] [pre-The Avengers]
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I film della Marvel ci hanno mostrato i due volti diversi di Loki e la sua 'metamorfosi' senza rivelarci cosa è accaduto nel mezzo, quando si è lasciato cadere nel vuoto. Con questa storia proverò a riempire questo buco narrativo utilizzando tanta fantasia e vari riferimenti ai film stessi, ai fumetti e alla mitologia nordica.
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[COMPLETA]
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[Questa fanfiction ha partecipato al contest "La notte degli Oscar" indetto su Writers Arena Rewind, vincendo il premio speciale 'Momenti di Gloria']
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 - Il mostro
Capitolo 3 - Il mostro




Quando Loki riapre finalmente gli occhi, rendendosi conto di non sapere per quanto tempo li ha tenuti chiusi, è avvolto dal silenzio. Sbatte le palpebre varie volte, lentamente, mentre i pensieri depositati a fondo nella sua mente ricominciano a prendere forma e a risalire in superficie.

Dove sono?

Gradualmente, riesce a riprendere il controllo dei suoi sensi e ad utilizzarli per avvertire di nuovo la percezione del suo corpo, che giace inerme su una superficie metallica fredda e liscia. Il suo campo visivo è limitato dall'immobilità delle sue membra, e riesce a scorgere solo delle rocce scure ai margini del suo sguardo, fiocamente illuminate da un bagliore bluastro.

Deve assolutamente riuscire a muoversi, ad alzarsi, per capire dove si trova e chi abita quello spazio alieno. Evidentemente qualcuno si è preso la briga di salvarlo, ma non può ancora sapere se si tratta di un nemico o di un alleato, e in quelle condizioni il suo svantaggio è netto.

Prova a muovere le dita della mano destra, preparandosi al dolore che sicuramente accompagnerà il ridestarsi del suo corpo, dato che non lo usa da chissà quanto tempo.

Ma non appena riesce a piegare lievemente i tendini della mano, quel dolore che stava aspettando lo travolge con ferocia inaudita, percorrendo rapidamente ogni sua fibra e scuotendo con rabbia i suoi nervi, penetrando ogni singola giuntura, fin dentro le ossa. Riscopre di avere ancora una voce quando un grido straziato e deformato gli esce con prepotenza dalle labbra e chiude di scatto gli occhi, mentre ne avverte l'eco smorzarsi nelle orecchie. Inspira profondamente, ansimando, e ogni respiro è una fitta nel petto, che gli brucia i polmoni, come se fosse il primo della sua esistenza.

Finalmente, dopo minuti interminabili, il suo corpo ricomincia ad abituarsi alla vita e il dolore diminuisce, ridotto ad un vago brivido sotto lo pelle. Facendo forza sui gomiti, lentamente, riesce a mettersi seduto e si guarda intorno, reggendosi la testa con una mano.

Come aveva intuito, il luogo in cui si trova non è un pianeta, è troppo piccolo; sembra piuttosto un asteroide, anche se il suo moto non segue un'orbita specifica, ma sembra controllato da qualcos'altro. La sua mente gli suggerisce che forse è comandato da qualcun altro, e per un attimo si sente attanagliare dalla paura dell'ignoto.

È ancora immobile a fissare il cielo nero sopra di lui, quando un rumore secco attira la sua attenzione. Gira il volto di scatto verso destra, inseguendo il rimbombo di quel suono con lo sguardo, riuscendo ad alzarsi in piedi. Avverte un tremolio percorrergli le gambe e teme che non riusciranno a reggere il suo peso, quindi resta qualche secondo immobile, mentre un vento gelido gli ferisce il viso. Poi, deglutendo, avanza incerto verso le rocce di fronte a lui, misurando passi lenti e regolari, udendo chiaramente quelle pareti di pietra risuonare di tonfi e bisbigli.

Nascoste tra le fessure di quella rupe grigiastra intravede delle ombre, che si agitano sempre più man mano che si avvicina. Nella semioscurità non riesce a distinguerne esattamente i contorni, ma sembrano figure umane, anche se estremamente minute e tozze. Quando è ormai a pochi centimetri dalla parete di roccia aguzza capisce a che razza appartengono quelle creature e spalanca gli occhi, incredulo. Sono dei nani. Com'è possibile che vivano al di fuori di Svartalfheim, il mondo governato dagli elfi oscuri, a cui appartengono? Inclina la testa, più incuriosito che spaventato, incrociando nella penombra i loro sguardi vuoti e vagamente intimoriti, quando un improvviso boato, simile al grido di una belva selvaggia, li mette in fuga tra i crepacci appuntiti di quello strano mondo.

Con la mente sempre più affollata di domande, Loki decide di esplorare quel labirinto di roccia e ombre, alla ricerca di risposte. Mentre cammina lentamente, cauto e vigile, il suo sguardo viene attirato da una particella di luce azzurra, che pulsa ritmicamente nell'incavo di un muro di pietra. Si avvicina, scoprendo un sentiero nascosto e, guidato dalla scia di altri corpuscoli luminosi che si fanno via via più intensi, inizia a percorrerlo in silenzio. L'unico rumore è prodotto dall'eco smorzato dei suoi passi e dal sibilo del suo respiro irregolare e teso.

Dopo metri e metri di stretti cunicoli, si ritrova finalmente in uno spiazzo più ampio che termina in una scalinata sospesa nel vuoto, illuminata da fulgide sfere di luce blu, che sembra condurre ad un livello più alto.   

Imboccato il primo gradino, l'asgardiano si blocca di colpo, avvertendo l'incombere di una presenza ignota e terribilmente potente. Mentre riprende a camminare, si chiede come sia possibile che non l'abbia notata prima, data l'enorme vibrazione che produce nella sua mente. L'unica spiegazione plausibile è che chiunque ci sia in cima a quella gradinata, debba essere in grado di celarsi completamente ai sensi degli altri, proprio come lui.

Forse anche meglio di lui, pensa quando si lascia alle spalle l'ultimo scalino, ritrovandosi davanti ad un imponente trono dorato, e viene risucchiato dallo sguardo penetrante dell'essere misterioso che vi siede sopra.

La possente armatura dorata che avvolge il suo corpo violaceo, dalle forme vagamente umanoidi, sembra impenetrabile, ma è il suo volto, orribilmente deforme, a mettere addosso a Loki una profonda inquietudine. Le labbra del mostro sono tese in un sorriso obliquo, che pare uno squarcio in quella pelle simile alla pietra, e suoi occhi, adombrati dall'elmo metallico calato sulla fronte, sono percorsi da una luce sinistra, frutto di una mente dall'intelligenza acuta ed estremamente pericolosa.

"Ti stavamo aspettando" esordisce una nuova voce alle spalle dell'asgardiano, che si volta di scatto, nervosamente.

Dall'ombra emerge un'altra figura, avvolta in una veste scura e con il volto seminascosto da un cappuccio dagli intarsi dorati, che si avvicina al trono accennando un inchino. Loki osserva il nuovo arrivato sempre più costernato, riconoscendo che appartiene alla razza degli elfi oscuri, chiedendosi per l'ennesima volta dove accidenti sia finito.

I suoi pensieri sono interrotti dalla voce, simile al rombo di un tuono, dell'essere mostruoso che sedeva sul trono, e che ora è in piedi di fronte a lui.

"Lasciaci" ordina all'altro, evidentemente un suo subordinato, "voglio parlare con il nostro ospite asgardiano da solo."

L'elfo oscuro pare non gradire la richiesta, anche se obbedisce prontamente, e mentre si allontana urta con violenza la spalla di Loki, digrignando i denti. Il dio dell'Inganno, si immobilizza e il suo cuore viene stretto dalla morsa ferrea della paura, mentre l'imponente figura del mostro si avvicina, sovrastandolo.

"Come sai che sono asgardiano?" chiede con voce roca e flebile.

L'essere sorride in modo poco rassicurante, mostrando i denti.

"Io so molte cose di te, ragazzo. Per esempio, so che anche se vorresti definirti il figlio di Odino, non sei veramente un figlio di Asgard."

Loki sbarra gli occhi, indietreggiando lievemente, avvertendo la voce profonda del mostro penetrargli nelle mente e carpire i suoi stessi pensieri.

“Che vuoi dire?”

"Quando sei stato concepito, seme e sangue del re dei giganti di ghiaccio, io ero. E quando sei nato, nel perenne inverno di Jotunheim, io osservavo. E quando Odino ti ha raccolto..."

"SMETTILA!" grida il dio dell'Inganno, tenendosi la testa tra le mani, cercando di scacciare quei ricordi che la caduta nel buio aveva sepolto in profondità, e che ora riaffiorano senza pietà, uno dopo l'altro.

Rialza lo sguardo, umido e folle di dolore, sempre più costernato, e mormora:

"Come...come puoi sapere? Chi sei?"

Il mostro fa un altro passo avanti, senza smettere di sorridere, consapevole del suo potere.

"Io sono Thanos" risponde semplicemente, mentre un bagliore spietato gli attraversa gli occhi.

"Thanos di Titano."





 ***




Angolo autrice

Rieccomi (finalmente!^^)
Piccole precisazioni: anche se mi sono documentata su vari aspetti del mondo dei fumetti Marvel e della mitologia nordica, molte altre cose me le sono inventate di sana pianta. Per esempio, non so assolutamente a che razza appartenga in realtà l'Altro, il 'collaboratore' di Thanos che appare nel film "The Avengers" quale suo emissario, ma in questa storia ho deciso di identificarlo come elfo oscuro.
Altra precisazione su Svarthalfeim: nella mitologia antica era uno dei Nove Regni, dimora appunto della razza degli elfi oscuri, ma in alcuni testi e fumetti viene collegato anche ai nani. In questa storia, quindi, ho deciso di far coesistere queste due razze nello stesso mondo, ma renderò più chiare le dinamiche che li legano più avanti (infatti sono sicura che vi chiederete: nani? E che cosa c'entrano?? XD).
Bene, ora si entra nel vivo della fanfiction. Non nascondo che mi sono divertita a fare ricerche su Thanos, è un personaggio estremamente interessante e complesso, spero davvero di riuscire a renderlo in maniera decente e realistica... se così non è, fatemelo sapere! ^__^

Il banner è opera di Blue_moon <3

A presto!

Sayuri


   
 
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