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Autore: cranium    04/11/2012    2 recensioni
[Finnick/Annie] riguardante il periodo prima, durante e forse dopo gli Hunger Games della ragazza.
Annie e la sua famiglia si occupano di coralli, la loro situazione economica è stabile, ma non tra le migliori, è una ragazza non particolarmente bella e affasciante.
Finnick è un Vincitore e lui di bellezza e fascino ne ha da vendere, ha dovuto barattare il suo corpo con la sicurezza per lui e per la sua famiglia, vorrebbe scappare, farsi una vita chissà dove, ma è tenuto stretto da sottili catene d'oro forgiate appositamente da Capitol City.
L'incontro con questa ragazza gli cambierà la vita, ma cosa succederà quando il suo nome verrà estratto per i 70esimi Hunger Games?
Riuscirà lui a superare la cosa?
Riuscirà lei a rimanere viva e vegeta in quel delirio?
Se vi ho incuriosito leggete e possa la fortuna essere sempre a vostro favore.
Possibile, ma non certo, spoiler "La Ragazza di Fuoco" e "Il Canto della Rivolta".
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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We’re just two lost souls swimming in a fish bowl.

Ci vuole testa per certe cose.

Finnick lo sapeva bene, e per quanto potesse sembrare un ragazzo ironico , un poco superficiale e pieno di se, era convinto di essere una persona parecchio razionale e intelligente per i suoi diciannove anni.

E non solo perché aveva scelto la salvezza delle persone che amava e di perdere se stesso in una dannazione imperitura e marcia, ma perché non avrebbe esitato a farlo altre cento volte.

Aveva sempre avuto la possibilità di scegliere e il tempo per calcolare ogni pro e ogni contro di tutto quello che gli era stato proposto e aveva sempre valutato.

Ma non tutti avevano avuto la sua fortuna/sfortuna, quello che una volta era stato il suo eroe, il modello da seguire, così giovane, bello e vigoroso era diventato l’ombra ubriaca di quello che era stato.

Non era ancora nato lui quando Haymitch Abernathy aveva vinto l’Edizione della memoria nel cinquantesimo anno dalla rivolta dei distretti, ma aveva visto almeno per i primi anni della sua vita grandiosi repliche televisive degli Hunger Games di quell’anno.

Aveva perso tutto quell’uomo: la famiglia, la ragazza e tutto perché aveva intuito il funzionamento del campo di forza intorno all’Arena, solo perché il destino o la fortuna gli avevano stretto la mano in quel momento, ma la Capitale non voleva lui come vincitore, non doveva finire così per loro.

Il primo ricordo di Finnick da Vincitore dopo la cerimonia di premiazione era indissolubilmente a quell’uomo.

Aveva un bisogno impellente e la vescica sembrava scoppiare e dopo aver ricevuto le congratulazione da tutti i mentori degli altri distretti si era avviato verso l’ascensore per raggiungere le sue stanze, ma un braccio robusto aveva fermato la chiusura della porta meccanica e il mentore del 12 era entrato con lui premendo tutti i tasti della console.

-Tu- aveva detto semplicemente indicandolo con l’indice grassoccio –sai quello che ti aspetta?-

Intendeva i soldi, la fama e la gloria? Glielo avevano ripetuto tutti migliaia di volte e non si fece cogliere impreparato.

-Certo signore.- rispose con un sorriso.

L’uomo si girò dall’altra parte facendo passare una mano tra i capelli.

-Povero sciocco.-

-Come signore?-

Haymitch scattò verso di lui e con una forza che il ragazzo credeva non avesse lo costrinse con le spalle contro la parete dell’ascensore.

-“Certo signore”- lo scimmiottò –tu non sai nulla, nulla!- gli urlò a qualche centimetro dal viso.

-Perderai tutto come ho perso tutto io.-

Sapeva di disperazione Haymitch, di alcool e ancora di disperazione.

Finnick sapeva di lavanda e urina, si era spaventato e se l’era fatta sotto come un bambino.

L’ascensore si era fermato e il senza voce che attendeva nell’atrio del 12 piano fece cadere la bottiglia che aveva in mano per la sorpresa e il rumore fece allontanare il mentore dal ragazzo.

-Pulisci per favore.- gli disse e lo sorpassò per andare verso le sue stanze.

Pianse Finnick quella sera, e neppure Mags riuscì a calmarlo.

Adesso era lì, nella sua stessa sala, a guardare i suoi tributi cadere inesorabilmente tra un goccio di whisky e un altro, cercando un modo per anestetizzare tutto, per addormentare la ragione.

Se all’inizio gli faceva rabbia e disgusto, ora gli faceva solo una gran pena.

Perché lo capiva.

Anche lui da lì a poco avrebbe perso tutto.

 

Il bosco era fitto in quella parte dell’Arena e non riusciva a vedere molto.

Si teneva il più lontano possibile dal corso d’acqua per non incappare in qualcuno giunto per dissetarsi, ma aveva la gola secca e la mente un po’ annebbiata dalla sete.

Per il cibo era riuscita ad arrangiarsi per i primi giorni con i pesci trovati al di là dalla diga a monte, ma poi le frequenti scosse del terreno l’avevano fatta desistere dal rimanere in quel luogo, successivamente aveva provato a cacciare e a cercare dei frutti commestibili e non se la cavava poi così male e aveva ancora un po’ di cibo nello zaino, ma l’acqua era ciò che le mancava al momento.

La paura si fece pian piano più lieve e la testa le disse che non c’era altra soluzione che avvicinarsi al letto del torrente.

Faceva fatica a districarsi tra gli alberi e i rovi lei che era nata e cresciuta sulla spiaggia immensa e tra le onde di un mare sconfinato, ma ai graffi degli arbusti sulla carne ci si abitua, al terrore che dietro un qualsiasi contro ci sia qualcuno pronto a toglierti la vita in un secondo proprio no.

Sentiva lo scorrere del fiume a poca distanza e un tiepido sorriso le illuminò il volto, come la sera precedente quando aveva preso una decisione che le avrebbe potuto cambiare la vita.

Erano rimasti in pochi ormai, lei, solo tre dei cinque favoriti iniziali, la ragazza bella del cinque, quello del tre, e i due fratelli dell’otto, e in più si era fatto vivo un altro concorrente: la sua voglia di vivere, che fino a quel momento era rimasta acquattata in un angolo tra il cuore e la coscienza, ma che in quel momento ruggiva come una fiera.

Si sarebbe difesa, non si sarebbe lasciata andare tanto facilmente.

Il ruscello gorgheggiava a nemmeno venti metri da lei, ma decise di rimanere ancora un poco nascosta tra le fronde.

Qualcuno fu più veloce di lei e si avvicinò ansante alla riva del torrente con in mano una buffa scatoletta dalla quale srotolò un lungo filo metallico.

“Tenta di pescare con la corrente” pensò con una smorfia Annie, se non fossero stati nemici gliel’avrebbe insegnato lei come si pesca, altro che elettricità!

Anche se avesse funzionato, il fiume se li sarebbe portati via prima che quel ragazzo tanto impacciato fosse riuscito ad afferrarli.

Sembrava innocuo quel filo di rame, tanto da non rappresentare un pericolo neppure per i pesci del fiume, quei morsetti troppo inoffensivi e quella scatola troppo piccola, ma vide un primo pesce venire a galla per essere preso velocemente, un secondo, un terzo e un quarto e intanto in lei la sete cresceva con la nostalgia di casa, di sua madre, di suo fratello e l’odore del pesce arrostito poco dopo aumentò  la malinconia.

Si sistemò su un albero spiluccando quel che restava della coscia di un uccello che aveva catturato il giorno prima guardando le gambe secche del ragazzo intento a spegnere il fuoco, ma oramai era troppo tardi e il fumo aveva attirato l’attenzione di qualcuno che si faceva largo nel bosco dietro di lei.

Voleva urlargli di scappare, di correre perché stavano arrivando, ma si sarebbe compromessa, avrebbe rivelato la sua posizione.

Prese un frutto tondo e secco che pendeva da un ramo vicino a lei e lo tirò diretto alla schiena del ragazzo che si voltò di soprassalto per vedere cosa stava succedendo.

La notò che dall’albero gli faceva segno di fuggire, ma venne atterrato da un corpo forte e pesante.

-Bel colpo!- gridò qualcuno non molto distante.

Gold e Wood passarono sotto il suo ramo e lei si fece piccolissima, il più minuscolo possibile per non essere notata e le andò bene.

-Il rachitico del 3, pensavo una preda un po’ più consistente Marcus!- fece il primo.

-Siamo rimasti in otto, adesso ognuno è una grossa preda, persino braccia secche.-

Wood rise di gusto mentre tra le fronde Annie rimaneva basita dell’atteggiamento del compagno di distretto… era cambiato davvero così tanto Marcus?

-E così ti sei procurato da vivere con questo arnese è?- il biondo dell’1 si rigirò la scatoletta tra le mani –Che ne dici se proviamo ad usarlo su di te?-

Il ragazzo si dimenò, ma non riuscì a sottrarsi alla presa.

Si lasciò sfuggire un gemito di dolore quando Marcus strinse di più le braccia intorno alle sue spalle, alzò lo sguardo per incontrare il suo: un pesce in una rete che cerca di liberarsi, gli occhi della preda davanti al cacciatore, l’istinto di sopravvivenza che grida, graffia e ti costringe ad andare contro ogni morale, ogni etica, l’ultima spiaggia nelle pupille troppo dilatate.

-È là!- gridò indicandola e facendola scoprire, neppure fosse lei il fine ultimo della caccia, la selvaggina per cui il predatore lascerebbe andare ogni altra.

Marcus allentò la presa su di lui per la sorpresa e il tributo tentò di scappare, ma venne buttato a terra da un calcio di Gold che al contrario degli altri due era rimasto vigile nei suoi confronti.

-Pensateci voi a lui, mi occupo io di lei.- urlò Wood che si era lanciato all’inseguimento di Annie, la quale dopo un primo attimo di esitazione si era gettata giù dal suo ramo per scappare.

Le ultime cose che sentì furono le parole di quelli rimasti sulla riva del fiume:

-Perché non ci divertiamo anche noi con il tuo giocattolino?- e poi le urla del ragazzo rese ovattate dal bosco, dalla lontananza e dalla paura.

 

Correva a perdifiato da molto a giudicare dal fiatone e dalle gambe che iniziavano a dolerle.

Nuotava più o meno da quando l’avevano messa al mondo e aveva una resistenza che un taglialegna come Wood si poteva solo sognare e per questo non capiva come non riuscisse a seminarlo.

Sentiva il suo fiato sul collo, l’avrebbe raggiunta e l’avrebbe fatta fuori.

Il terreno si fece più ripido e scosceso, non aveva il coraggio di voltarsi per constatare il reale distacco tra lei e il suo inseguitore, ma era convinta che non fosse così ampio da potersi permettere di rallentare.

Cosa stava facendo sua madre? Allontanava suo fratello dalla televisione alla quale era incollato da dieci giorni o piangeva insieme a suo padre?

E per chi tifava la gente? Per Wood sicuramente, il sadico, quello matto, l’assassino.

Chi avrebbe scommesso contro la sua vittoria? Solo un pazzo, un ingenuo.

Si trovò fuori dal bosco, che si faceva troppo fitto e impraticabile, per seguire il corso del fiume che aveva ritrovato, ma era secco e più largo rispetto a quello precedente, doveva essere un altro torrente.

-Ti prendo pesciolino.- una voce non troppo lontana da lei la spinse a obbligare i suoi muscoli a uno sforzo ulteriore.

Prima o poi sarebbero giunti ad un confronto frontale se lui non avesse desistito, e visto che la seconda ipotesi era davvero poco probabile, prese in mano il coltello che aveva assicurato alla cintura prima di lasciare tutto sull’albero, ma non smise di correre neppure per un secondo.

Cosa avrebbe potuto una così piccola arma contro l’accetta affilata dell’avversario?

La salita lasciò il posto all’ampia diga che Annie aveva trovato qualche giorno prima.

“Perfetto” pensò riflettendo su quello che aveva sotto i piedi.

Si voltò per vedere quanto Wood fosse distante e constatò di avere un vantaggio discreto che le avrebbe permesso di spogliarsi e di nascondere velocemente i vestiti in un anfratto delle rocce.

Si tuffò e per lei fu come tornare in vita di nuovo dopo tutto quel tempo.

Non importava che l’acqua fosse gelida tanto da mozzarle il respiro o che sotto di lei potesse celarsi un qualche ibrido creato dagli Strateghi, l’importante era che poteva nuotare e questo le avrebbe dato una marcia in più.

-Torna qui puttana!- Wood non era nemmeno entrato.

-Perché non vieni tu qui?-

Era una spavalderia che non aveva mai avuto, la coscienza di non essere morta o in procinto di esserlo, la voglia di non essere più fragile.

 

Nemmeno il contatto con i vestiti asciutti riuscì a darle sollievo dai brividi che le percorrevano il corpo.

Doveva andarsene di lì al più presto, se fossero tornati tutti e tre non l’avrebbe scampata.

Aveva perso l’orientamento a causa di quella corsa e non sapeva come fare per tornare all’albero dove aveva lasciato tutta la sua roba.

L’unica cosa buona era che la sete non la tormentava più, al suo posto però era arrivata la fame e la consapevolezza di non poter neppure prendere qualche pesce perché non avrebbe potuto cucinarli lì senza fuoco.

Ormai era sera e l’arrivo del buio non l’avrebbe di certo aiutata e scaldata.

Avvertì un suono metallico e argentino vicino a lei e sobbalzò portando l’arma vicino al viso per difendersi, ma la riabbassò quando vide il paracadute tra i rametti di un cespuglio di more.

Dentro tre panini caldi e quattro fiammiferi e un biglietto: “Continua così. F”

Accese un fuocherello infischiandosene del fumo e del pericolo di farsi trovare, asciugò la pelle e i capelli, raccolse le more dal rovo e ne mangiò a volontà insieme a tutti e tre i panini: non avendo dove metterli sarebbe stato sciocco sprecarli.

 

Il mattino dopo la svegliò il cigolare ritmico di corda e due colpi secchi di cannone.

Portò le mani agli occhi per costringersi a non guardare, ma l’immagine si era stampata già indelebile nella sua testa.

Da due rami di un albero vicino a quello che aveva scelto per la notte penzolavano i corpi inermi dei due biondi fratelli del distretto 8, i colli stretti nei morsi delle corde e i volti rilassati in quella che forse era un’espressione di tacito sollievo.

Erano magri e le braccia scarne ciondolavano al ritmo del vento che imperversò d’un tratto nell’Arena.

La terra si sollevò e le entrò nella bocca e per un poco non riuscì a respirare.

Un Hovercraft stava calando le sue braccia meccaniche per agguantare i due tributi morti anche se lei era nei paraggi: i suicidi non erano ammessi dal gioco, troppo scandalo, poco audience e tanti problemi in più.

Annie corse via.

Se non ce l’avevano fatta loro a resistere probabilmente non ce l’avrebbe fatta neppure lei.

 

Erano rimasti in quattro oramai poiché, il giorno precedente, aveva trovato la ragazza del 5 morta al fiume che era diventato vermiglio a causa del sangue della ragazza.

Non aveva rivisto in lei quella bellezza che l’aveva colpita al centro di addestramento: i bei capelli biondi erano imbrattati di terra e sporchi, il fisico tonico ridotto ad uno scheletro, la bella bocca carnosa contratta in un’espressione di angoscia.

Adesso toccava a lei, uno contro tre perché non si erano ancora divisi loro, la cercavano insieme come cani una volpe, tranne che lei di una volpe non aveva niente se non la paura.

Volevano concludere tutti, Capitol City e gli altri tributi.

Ora toccava a lei decidere se la sua vita valeva la pena di essere vissuta.

Se aveva ancora qualcosa per cui lottare e uscire dall’inferno.

Ma dall’inferno non ci si esce mai, neppure da Vincitori.

Finnick era racchiuso in un girone profondo di lussuria, invidia, inganni e gelosia, e le diceva sempre che lei era il suo angelo venuto a tirarlo fuori.

Ma chi avrebbe tirato fuori lei?

A quanti diavoli avrebbe dovuto vendere l’anima?

A nessuno probabilmente se non fosse uscita viva di lì.

Forse Marcus avrebbe vinto e avrebbe portato un po’ di soldi al distretto.

Forse alla vista di tutto quel ben di dio suo fratello avrebbe smesso di piangere.

Forse avrebbe trovato anche lui un angelo.

La fame la richiamava dai suoi pensieri come uno spettro che non lascia dormire.

Tutta la frutta dell’Arena era maturata e marcita nel giro di poche ore e di animali non se ne vedeva traccia.

Tutto si sarebbe concluso in quel pomeriggio.

Una corda le si strinse contro le caviglie in un istante, il tempo di rimanere sbigottita e si ritrovò a penzolare a testa in giù come un salame.

-L’abbiamo presa!- gridò qualcuno che riconobbe come Gold.

Poco dopo cadde rovinosamente facendosi male alla schiena e alla testa.

-Portiamola alla cornucopia, voglio che tutti vedano nel modo migliore!-

Un grugnito di rabbia uscì dalla sua bocca prima che un calcio di Wood la zittisse.

-Non dovevi farmi arrabbiare pesciolino.- le sussurrò avvicinandosi a terra per poi prendere quello che restava della corda per trascinarla come un animale fuori dal bosco.

 

Neppure il vento sembrava voler turbare un momento così idilliaco, anche il Presidente Snow voleva godersi la sua vittoria e sembrava aver ordinato a tutto di tacere.

Annie era rassegnata, Wood talmente contento da concedersi di saltellare allegramente compromettendo la sua immagine di duro, ma non quella di matto.

Le aveva liberato le gambe, perché voleva vederla divincolarsi e soccombere, ma lei era rimasta impassibile.

-Fai alla svelta.- Marcus intimò il ragazzo del 7.

“Spero che vinca tu Marcus, perché se non ci fossimo trovati in questo posto saresti stato un ottimo amico, perché so di starti simpatica e di farti pena, perché sapevi che Finnick era venuto a dormire con me e non hai fatto la spia, perché sai che morirò e questo un po’ ti dispiace.”

-Mi ha preso in giro questa lurida! Merita di pagarla!-

-Fai quello che credi basta che sia un lavoro veloce.-

-Tanto prima o poi avrei dovuto farlo.- mugugnò Wood tra le labbra e con un movimento veloce tranciò di netto la testa di Marcus.

Ci vuole testa per certe cose e Marcus aveva appena perso la sua.

E con la sua se ne era andata anche quella di Annie.

La ragazza iniziò ad urlare e dimenarsi come un ossessa.

Qualcosa si ruppe dentro di lei.

Qualcosa si ruppe dentro l’Arena.

Un attimo ancora di silenzio e poi tutto il fragore crudele dell’acqua impetuosa che scorre.

 

NdA: non ho mai scritto un capitolo così lungo in questa Fanfiction, ma è il penultimo e necessitava di qualche parola in più.

Un enorme grazie a chi mi continua a seguire nonostante i miei ritardi.

Visto che questa mia storia si avvia alla conclusione ho deciso che probabilmente scriverò un’altra Finnick/Annie molto diversa da questa, ma amo questa coppia e non ne posso fare a meno, e anche un’altra su una coppia un po’ più particolare che però inizia ad interessarmi.

A presto ghiandaie!

cranium

  
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