Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Lola_    04/11/2012    5 recensioni
Hermione si era fidata, aveva amato ed era stata ferita, ma d'altra parte, i Serpeverde non erano famosi per il loro coraggio.
– Non vorrai mica che ti boccino in Dracologia? –
Hermione spalancò gli occhi. – Malfoy, era ironia quella? –
- Ogni tanto capita anche a me, - alzò le spalle.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




...ma so proteggerti




Quindi adesso penso a te
che ti ascolto parlare
da dietro il mio muro
e ciò che ora divide ci unirà in futuro.

 
Con una mano stringeva la tracolla di finta pelle che poggiava morbida sulla spalla destra, mentre con l'altra teneva un paio di tomi troppo grandi per poterli mettere in borsa con gli altri libri. Le nocche erano lievemente arrossate a causa del freddo. La gonna era liscia e il colletto della camicia ben stirato. Persino il nodo della cravatta rosso-oro era ordinatamente legato sotto il candido collo, nonostante non avesse lezione. Insomma, tutto nell'aspetto esteriore della ragazza, tranne quei suoi soliti ricci indomabili, era perfettamente nella norma. Se non per quei dettagli che solo un occhio attento e consapevole poteva cogliere: le profonde occhiaie che contrastavano con l'incarnato chiaro, il lieve tremore delle dita che a tratti stringevano spasmodiche quello che tenevano in mano e lo sguardo che di tanto in tanto diventava vacuo.
Mentre camminava ripeteva in mente le date delle varie fasi della guerra tra i troll e i giganti. Completamente inutile dal momento che le sapeva meglio del professor Rüf stesso. Salutò col capo un paio di ragazze di Corvonero che stavano a sedere sul muretto sotto al portico del castello. Si affrettò a rientrare per andare in Sala Comune. Prese una di quelle scorciatoie che aveva imparato grazie alla Mappa del Malandrino, anche se non l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura. Spostò con un colpo di bacchetta il pesante arazzo che sollevò non poca polvere, trovandosi davanti a un lungo corridoio che l'avrebbe fatta uscire a pochi metri dall'entrata dei dormitori di Grifondoro.
A un tratto si bloccò sorpresa. Tutto in lei gelò e si sentì formicolare le guance. Con grande autocontrollo, riprese a camminare come se niente fosse, col capo dritto e lo sguardo deciso, oltrepassando il ragazzo davanti a lei.
Sempre quell'occhio attento avrebbe notato quanto forte stringeva in quel momento la sua tracolla. Le nocche, prima rosse, erano adesso bianchissime.
- Perciò, è così che andrà d'ora in avanti? - domandò una voce tagliente.
La ragazza fece finta di niente e continuò imperterrita col suo passo, sperando che quel corridoio fosse diventato d'improvviso più corto. Sentì un forte sbuffò di frustrazione venire da dietro.
Non ti voltare, non ti voltare, si ripeteva.
- Ti comporti come un’immatura, - continuò l'altro.
Hermione fece un profondo respiro, si morse la lingua più forte che poteva per non sputare tutto il veleno che aveva nel cuore. Avrebbe dovuto farlo, era vero, ma sapeva di non essere ancora abbastanza lucida per poterlo affrontare.
È ancora presto.
Combattendo con sé per non correre via da quell'incubo, cercò di mantenere lo stesso passo, finché non uscì dall'altra parte di quel corridoio segreto, protetto dagli arazzi, e corse. Corse più che poteva, fino a quando ressero le gambe. Corse lontana da quella voce, da quelle parole, da quella lontananza. Si chiuse in quel bagno dove qualche anno prima aveva pianto per una frase detta da Ron. Rimpiangeva quel dolore, perché era il dolore di una ragazzina, niente in confronto a quello che provava in quel momento.
Eppure era abituata a cose più spiacevoli, aveva rischiato la vita con i suoi amici tante di quelle volte, ma niente la rendeva così maledettamente debole come quello.
Si permise di piangere, ancora una volta, ripromettendosi che quella sarebbe stata l'ultima. Singhiozzò forte, credendo di poter buttar fuori anche la sofferenza che provava.
Si appoggiò con le mani al lavandino e vide il suo riflesso allo specchio. Ciò che stava guardando non le piaceva per nulla: quegli occhi rossi, le labbra che tremavano e le lacrime che le bagnavano il viso.
Ho deciso che questa cosa non può più continuare.
Altre lacrime.
Siamo troppo diversi.
Lacrime.
Ti sarei grato se continuassi a mantenere il segreto su quello che c'è stato.
Tutta la rabbia che aveva dentro venne fuori con un urlo trattenuto fra i denti.
L'aveva lasciata.
In un modo orribile.
E lei era lì a piangere per lui, a umiliarsi davanti se stessa. Strinse i pugni e cercò di ricomporsi.
Pronunciò un “Gratta e netta” sul suo viso, che tornò liscio e pulito.
Lui non meritava tutto quello e infatti lei era arrabbiata con se stessa per avergli permesso di farle quello. Sapeva che la stava prendendo in giro, dal primo istante. Il suo stupido cuore però si era fatto presto abbindolare e lei si era ritrovata ad amarlo. Il ragazzo invece una volta stanco di quel giochetto li aveva spediti entrambi – lei e il suo stupido cuore - con un calcio, in cima alla torre del loro dormitorio. Sapeva che non si sarebbe mai perdonata per quella debolezza e le stava bene, così imparava a fidarsi di Draco Malfoy.
 
 
*****
 
 
- Ti prego, ti prego, ti prego. -
La ragazza alzò gli occhi al cielo. - Diciamo che posso farti leggere le prime tre pagine del mio tema, solo come spunto, poi farai da solo, - cedette.
- Grazie Hermione! Tu sei la persona migliore che io conosca e da grande vorrei essere come te, - le disse Ron. Lei lo guardò con un misto di rassegnazione e divertimento, mentre si sedeva sul tappeto vicino al caminetto.
- Dov'è Ginny? - chiese Hermione a Harry.
- Doveva vedersi con un paio di amiche, - rispose lui visibilmente deluso.
- Ma allora ha ancora una vita sociale, - disse Ron fingendosi stupito.
I due amici lo guardarono male, ma sapevano che in realtà stava solo scherzando. Aveva preso piuttosto bene il fatto che si fossero rimessi insieme, consapevole che Harry non l'avrebbe più lasciata, perché non vi era più pericolo. Chiaramente però era toccato a Hermione fargli una bella strigliata e spiegargli che l'anno prima Harry si era separato da lei per proteggerla.
Quello era vero amore.
Una passione che va oltre il razionale e l'egoismo. Fare di tutto per l'altro.
Tutte cose che Malfoy non avrebbe mai potuto capire.
- Sei d'accordo Hermione? -
Si riscosse dalle sue riflessioni, volgendo interrogativa il capo verso Ron.
- Non fanno che stare insieme, solo loro due. Si sono dimenticati degli amici, - disse ammiccando, dando una gomitata al moro seduto accanto a lui. Delle volte Ron esagerava anche nel suo mostrarsi “totalmente d'accordo col rapporto tra Harry e Ginny”, che diventava goffo o inopportuno.
- Non cercare di farmi sentire in colpa, - gli rispose l’amico tirandogli un cuscino e facendo cadere tutto l'inchiostro sulla pergamena.
La ragazza capendo che di lì a poco sarebbe scoppiato uno dei loro scontri scherzosi, si alzò per andare via.
Da quando la guerra era finita scene di calma e gioia erano frequenti. Era come se tutti fossero sempre su di giri per via del pericolo scampato. Come quando si ha paura per un'interrogazione, che poi va bene e si è felici per tutto il resto della mattinata. Tutti sembravano respirare in maniera più libera e vivere sereni.
Chiuse il ritratto della Signora Grassa con un sorriso affettuoso rivolto ai due amici.
Decise di andare in biblioteca a ripassare un po', giusto per sicurezza.
Con l'avvicinarsi del Natale l'atmosfera del Castello diventava sempre più piacevole. Aleggiava un clima di calore e solidarietà e persino i Serpeverde apparivano meno tremendi. Qua e là vi erano delle decorazioni tenute ferme con i potenti incantesimi della McGrannit. Per questo un Pix piuttosto irritato non riusciva a staccare dalla parete una ghirlanda grande più di un metro, con gocce di rugiada ghiacciate sulle foglie.
- Pix, smettila subito! - gli urlò.
Il poltergeist si voltò verso di lei e rise. - Uhh! Che paura. - la prese in giro. - Perché non mi dimostri le tue doti da strega staccandola? - la sfidò indicando la ghirlanda.
- Sì, certo. Non ho niente da dimostrarti. E ora vattene o chiamo il Barone Sanguinario. -
Pix a quel punto rise ancor più sonoramente, tenendosi la pancia.
- Ti ho detto che non mi spaventi, Caposcuostupida. Lui non parlerebbe mai con te. -
- Ma con me sì, - ribatté qualcuno gelido. - Per cui fai quello che ti ha detto e non azzardarti più a chiamarla così. -
Come sempre quando si parlava del Barone Sanguinario, Pix si volatilizzò senza più dire nemmeno una parola. Anche Hermione tentò di fare lo stesso, ma Malfoy le afferrò un polso.
- Aspetta. - La sua voce era come il richiamo delle sirene. Tutti sapevano che fine avrebbero fatto, ma si sarebbero volentieri sacrificati pur di sentirle cantare.
Hermione socchiuse lievemente gli occhi al suo tocco, ricordandosi di non dover essere debole. Nonostante tutto, non si girò. Ma non andò nemmeno via.
- Non... - strinse ancora di più la mano intorno a quel pezzo di carne che un tempo era stato suo, come se cercasse di trasmetterle in quel modo quello che pensava. O per trovare semplicemente il coraggio che a lui era sempre mancato e che invece sembrava impossessarsi di lei nei momenti più sbagliati.
La ragazza aspettò, ma dalle labbra del Serpeverde non uscì altro.
Ho deciso che questa cosa non può più continuare.
Dopo due mesi non era nemmeno riuscito a dare una definizione del loro rapporto. Era una cosa per lui.
- Molto bene, - disse sicura.
Non fece resistenza quando lei si liberò dalla sua stretta. Incapace, come tutte le volte, di trattenerla o di spiegarsi. Per via di tutto ciò che non diceva gli inizi tra loro erano stati duri, ma poi lei aveva imparato a conoscerlo e a leggergli nello sguardo le parole che non pronunciava. Probabilmente però era stata tutta una sua invenzione, aveva visto cose che in realtà non c'erano e non ci sarebbero mai state in lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
*****
 
 
Ci giudichiamo adulti come per invenzione
perdiamo tempo a urlare ma senza ascoltare
e tratteniamo lacrime come in competizione
come se essere grandi fosse una gara ad occultare

 
- Adesso basta. Smettila di comportarti come una ragazzina. - Le afferrò con forza le spalle stringendole.
- Lasciami, - ordinò lei divincolandosi.
- No, - rispose duro. - Smettila di far finta che non ci sia stato niente, dannazione. - La lasciò per sbattere un pugno al muro.
- Ma è questo che è stato: niente. - L'unico modo per trattenere le lacrime era concentrarsi sulla rabbia che provava verso di lui. - E' la tua parola contro la mia, visto che nessuno deve sapere niente. -
Malfoy la guardò con uno sguardo pieno d'odio. Verso chi, non lo sapeva.
Forse verso di lei per avergli ricordato quelle parole.
Forse verso se stesso per averle scritte settimane prima.
- Non fare questi giochetti con me, Granger. -
- Tanto per te è tutto un gioco. -
Il ragazzo strinse la mascella.
- Sei una stupida. -
Hermione fu seriamente tentata di colpirlo con uno Schiantesimo, ma non voleva rispondere con la violenza.
Ne sarebbe uscita con l'orgoglio intatto.
Per una volta.
- Vuoi dire che per te non ha significato niente? - le chiese con rabbia.
- Tanto quanto ha significato per te. - Lo guardò negli occhi decisa.
Non sarebbe stata lei la sconfitta quella volta, oh no.
Malfoy fece un sorriso amaro scuotendo la testa. Le si avvicinò poggiando una mano sulla sua nuca, a contatto con i capelli cespugliosi. Lei incrociò le braccia al petto, in un inconsapevole gesto di difesa e spostò lo sguardo dal suo. Sentiva quella mano pesare come un macigno e quegli occhi, grigi come il cielo in tempesta, talmente intensi da poter sciogliere anche il metallo più prezioso.
Era sempre così con lui. Nessuno dei due voleva scoprirsi prima dell'altro e si erano persi.
Non era orgoglio. No, quella era paura. Una fottutissima paura di essere ferito dall'altro, perché questo, aveva il potere di farlo.
- Avevamo fatto l'amore, - sussurrò lei.
Subito dopo si morse la lingua: fatto l'amore.
L'unico motivo per cui l'aveva detto piano era perché sapeva di non avere abbastanza voce. Pregò perché riuscisse a non piangere davanti a lui, anche se tutto quello la faceva star male. Ma aveva evitato per troppo tempo un confronto che comunque pretendeva, perché voleva che glielo dicesse in faccia che era stata solo una cosa.
Sentì premere la mano ancora sul suo collo. Come sempre quando era nervoso, cercava un appiglio, senza chiedere.
- Granger... -
Lei lo guardò, dritto negli occhi, sfidandolo. Ma anche allora non aggiunse niente.
- Mi hai stancato! - urlò. Si allontanò da lui furiosa. - E' per questo che mi hai mandato un gufo? Uno stramaledettissimo gufo? Perché è troppo faticoso parlare? E' per la tua pigrizia che mi sono ritrovata a porre fine a una cosa di due mesi con un fogliettino e senza uno straccio di spiegazione? -
Malfoy sembrava una statua di cera. Non si muoveva e non scaturiva nessuna emozione. In realtà non sapeva se avesse ascoltato o meno quello che aveva detto. La mancanza di risposta non voleva dire per forza che non l'avesse fatto.
Hermione raccolse i cocci della sua dignità, che lui aveva sparpagliato pian piano tutt'intorno. Era evidente che non ci sarebbe stata nessuna spiegazione, per cui era ora di chiudere definitivamente. Così come faceva anche lui, rimase in silenzio mentre si risistemava, pronta per tornare a mischiarsi con gli altri studenti. Non era da lei restare muta in una situazione del genere, ma sicuramente era da lei ripagarlo con la stessa moneta. In fondo era dal primo anno che facevano così, quando le parole non mancavano mai. Al contrario di adesso.
- Mi dispiace, - disse piano Malfoy un attimo prima che lei mettesse il piede fuori.
- Non mi basta, - rispose. - E' troppo tardi. -
Malfoy ebbe paura che fosse vero e quella paura era molto più grande rispetto all'altra.
 
 
 
 
 
 
 
 
*****
 
 
Il destino che connette ogni mondo
un giorno mi portò a te
e ti rincorsi per caso
e fu surreale
l’amore che urlasti, fu forte da far male

 
La piuma si posò delicatamente a terra, con un movimento dolce e ondulatorio. A Draco ricordò le onde che s’infrangono sul bagnasciuga. La raccolse guardandola per un attimo e perché no? Invidiandola perfino, perché essa poteva godere di quella meravigliosa compagnia che a lui era stata negata. La chiamò senza troppa enfasi e non solo perché era scortata dai suoi amici, ma anche perché aveva il sospetto che lei l’avrebbe ignorato.
Lei si girò, lentamente, come se avesse preso prima un profondo respiro.
Anche Hermione doveva ricordarsi che era scortata dai suoi amici e che quindi doveva comportarsi con indifferenza. Alzò un sopracciglio interrogativa e lui le allungò la piuma che aveva raccolto.
- Tieni, Granger, - le aveva detto nascondendo in quelle due parole tutti i significati del mondo.
Uscirono tutti e tre di corsa dall’aula di pozioni: uno fumante di rabbia e gli altri due divertiti. Harry era stanco delle continue attenzioni che gli rivolgeva Lumacorno, come si poteva immaginare, ancora più insistenti di quelle del sesto anno. Figuriamoci se il professore si sarebbe fatto scappare un gioiellino del genere dal suo album di pupilli. Niente meno che il Salvatore del Mondo Magico! Persino Hermione, ormai, si era rassegnata a quel favoritismo e se la rideva con Ron.
Erano stati così impazienti di uscire dall’aula, una volta finita la lezione, che non si era nemmeno accorta di aver dimenticato il libro sul tavolo.
Mentre Draco Malfoy riordinava con tutta calma le sue cose, lo vide. Si avvicinò e notò un segnalibro che sbucava da esso. Era decorato con una foto nella quale i soggetti erano immobili – quindi immaginò essere una foto non magica, - e rappresentava tre persone abbracciate, tra cui riconobbe la Granger. Quelli vicino a lei dovevano essere i suoi genitori. La ragazza aveva il volto un po’ girato. Sorridevano tutti e tre e sembravano immersi in un’atmosfera di serenità, ma quello che lo colpì fin nel profondo erano i suoi occhi. Quegli occhi che fissavano la madre e che esprimevano un amore che Draco non aveva mai neppure immaginato. Si domandò distratto se anche Narcissa aveva lo stesso sguardo quando lo guardava. Senza pensare prese il libro, uscì dall’aula di corsa e la chiamò.
Hermione stava ancora prendendo in giro l’amico, insieme a Ron, quando sentì la voce di Malfoy e si voltò con ancora il sorriso rassicurante e divertito che aveva appena rivolto a un Harry sempre più irritato. Fu un attimo, ma Draco lo colse. Vide di nuovo nello sguardo della ragazza le stesse emozioni che aveva ritrovato in quella foto. Un affetto così profondo rivolto prima alla madre e poi all’amico. Li vide quegli occhi che brillavano d’amore e provò una fitta d’invidia.
- Tieni, Granger, - le aveva detto sbrigativo allungandole il libro, per poi voltarsi subito dopo e andare via.
I due rimasero a guardarsi per un tempo infinito, finché Ron non disse sarcastico: - Ho un déjà-vu. –
Così Hermione e Draco seppero di non essere stati i soli ad averlo avuto.
Quella volta però, lui non si voltò e non scappò via. Aspettò che lei seguisse i suoi amici, osservandola finché non sparì dalla sua visuale.
 
 
*****
 
 
- Basta! - le ordinò fingendosi esasperato e chiudendole con un tonfo, il libro che aveva davanti.
- Ti ricordo, - cominciò Hermione col suo solito tono petulante, - che domani ho un test. –
Una decina di libri erano sparpagliati tutt’intorno a loro, che erano nascosti al sicuro da occhi indiscreti, fra gli alberi della Foresta Proibita, pochi metri oltre l’inizio. Erano talmente spensierati e sicuri delle loro abilità che non badavano ai possibili rischi che potevano correre lì dentro. D’altra parte entrambi erano sopravvissuti a una guerra – lei più di lui – e ciò aveva dato loro abbastanza arroganza da sfidare le creature che vivevano lì. Inoltre, da quando Hermione Granger si faceva scrupoli a rischiare la vita o a infrangere le regole quando si metteva in testa qualcosa? Be’, forse qualche scrupolo se lo faceva, ma ciò non le impediva comunque di agire.
- E io ti ricordo, - cominciò Malfoy imitandola e avvicinandosi sempre di più a lei. – Che hai studiato già tutto lo studiabile su Antiche Rune, per cui ora faresti meglio a dedicarti a me, - le disse con un sorriso malizioso. – Non vorrai mica che ti boccino in Dracologia? –
Hermione spalancò gli occhi. – Malfoy, era ironia quella? –
- Ogni tanto capita anche a me, - alzò le spalle.
Da vera serpe approfittò dell’attimo di confusione della ragazza per attirarla a sé e baciarla. Lei tentò qualche debole protesta prima di lasciarsi andare completamente. Dopo un tempo infinito lui si staccò e puntò il suo sguardo in quello di lei, scrutandola fin nel profondo. Probabilmente quello che vi trovò lo soddisfò molto, perché si aprì in un sorriso luminoso e riprese a baciarla con una passione che non sapeva di avere.
Hermione si riscosse quando si sentì chiamare con insistenza.
- E’ domani il test di Antiche Rune? – le domandò esasperata la Abbott, probabilmente dopo aver ripetuto la domanda un paio di volte. Grifondoro e Tassorosso frequentavano insieme le lezioni di Antiche Rune, quindi anche lei avrebbe dovuto fare il test il giorno seguente, senza sapere, però quali pensieri esso aveva fatto sorgere nella mente di Hermione Granger.
Quest’ultima venne investita d’un tratto dai rumori e dalle voci della Sala Grande, di cui si era dimenticata fino a un attimo prima. Con la coda dell’occhio vide la compagna di Tassorosso rivolgere un saluto timido a Neville, che ricambiò con un sorriso altrettanto tirato, diventando tutto rosso. Se in quel periodo non fosse stata così suscettibile su questioni simili, li avrebbe trovati incredibilmente teneri. Sospirò spostando lo sguardo e incontrando un paio di occhi grigi che la fissavano. Sobbalzò per la sorpresa, sebbene fino a qualche tempo prima non fosse strano trovare il suo sguardo su di sé, anzi le faceva più che piacere. Strinse i pugni sotto al tavolo e s’impose di essere forte. Non poteva scappare per sempre, così rivolse la propria attenzione ai suoi amici seduti accanto a lei, aspettando in uno stato di costante ansia che arrivasse il momento di ritornare in Sala Comune.
- Hermione, mamma sarebbe felice di avere anche te a casa per Natale. – Ginny la guardò sorridendole.
Era già arrivato il Natale e lei non se ne era nemmeno resa conto. Non aveva molta voglia di festeggiare, ma l’anno prima aveva trascorso la vigilia insieme a un serpente che voleva uccidere lei e Harry, quindi, forse, poteva fare uno sforzo, giusto per non essere ingrata.
- Ringrazia la signora Weasley da parte mia, ma quest’anno voglio passarlo con i miei genitori, - rispose. Se non l’avesse fatto, non l’avrebbero mai perdonata. Era già stato difficile, per loro, accettare che la figlia li avesse esclusi dal proprio mondo e spediti in Australia, mentre lei rischiava la vita ogni singolo giorno.
Ginny annuì comprensiva e felice che l’amica avesse finalmente riabbracciato la madre e il padre.
- Tu Harry verrai, vero? – chiese Ron. – La mamma sarà fuori di testa, avremmo bisogno di tutto l’aiuto possibile. –
Per un attimo calò su di loro il peso della scomparsa di Fred. Sapevano che il dolore non sarebbe mai andato via e che ogni festa sarebbe stata sempre più difficile, ma dovevano sostenersi a vicenda e sostenere soprattutto i signori Weasley e George.
- Ma certo, - rispose Harry ancora un po’ malinconico. – Ci saranno anche i signori Tonks con Teddy. –
I nomi di Lupin e Ninfadora si aggiunsero a quello di Fred.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nei proprio pensieri. Ginny e Harry erano seduti vicini e lei gli teneva una mano poggiata sul ginocchio, rassicurante.
Ad un tratto Ron fece una mezza risata e gli altri lo guardarono interrogativi.
- Scommetto che Fleur non vede l’ora di ricevere uno dei maglioni di mamma. -
 
 
 
 
 
 
 
*****
 
 
Ho la testa i primi sette giorni
Insieme sempre 24 ore
ed è passato ancora molto tempo
Ma sono sequestrato sempre dal tuo odore

 
La neve cadeva lentamente, donando lo stesso aspetto candido a tutto il panorama. In tutto il castello c’era odore di pino e cannella. Diversi abeti decorati erano sparsi qua e là nei corridoi e perfino Pix sembrava più calmo del solito. C’era un’atmosfera frenetica, perché quello era l’ultimo giorno prima delle vacanze di Natale e anche chi restava a Hogwarts era indaffarato a salutare gli amici o a pensare a quali regali comprare.
Hermione era sola in camera, mentre riordinava il baule e decideva cosa portare con sé a casa. Mise tutti i libri scolastici, mentre lasciò sul letto la divisa. Continuando a frugare posò le dita su un pezzo di stoffa morbido, che si trovava sul fondo. Lo tirò fuori e vide che era un maglioncino grigio. Per un attimo si sentì mancare. Il cuore cominciò a battere all’impazzata e la mente a vagare.
Salutò Madama Pince e uscì dalla biblioteca. Le braccia le facevano già male per via del peso di tutti i libri che aveva preso in prestito. Camminava come un pinguino, tentando di non investire nessuno. Sebbene la scuola fosse cominciata da poco, i professori non si erano fatti scrupoli a caricarli di compiti, ma d’altronde li attendevano i M.A.G.O.
Non vedeva l’ora di poter posare tutti quei tomi sul suo letto e andare a mangiare in Sala Grande.
A un certo punto il libro che stava sulla sommità prese a fluttuare e allontanarsi da lei. Lo fissò un attimo allarmata, pensando a come poterlo afferrare. Non poteva prendere la bacchetta perché aveva le mani occupate, così poggiò i libri a terra e inseguì velocemente il libro. Appena si voltò non le fu difficile capire la situazione. Nel corridoio c’erano solo lei e Malfoy e lui aveva in mano la bacchetta.
- Ti sarei grata se mi restituissi il mio libro, - gli disse piccata.
- Vedi, Granger. Questo non è il tuo libro. È della scuola e si dà il caso che mi serva. –
Solo tempo dopo lui le aveva rivelato che in realtà quel libro non gli serviva affatto, quello che voleva era una scusa per parlarle.
- Ma si dà il caso, che l’ho preso io. Quando avrò finito potrai usarlo tu. – Tentò di afferrarlo, ma il ragazzo fu più veloce e con un gesto elegante della bacchetta, lo allontanò da lei. Hermione non voleva prendere la bacchetta: era contro le regole, ma non avrebbe resistito ancora a lungo.
- Oh, andiamo Granger. Sappiamo entrambi che tu puoi farne benissimo a meno. Ne sai molto di più di chi l’ha scritto, - sbuffò.
Cos’era, una specie di complimento?
- Per favore? – Chiese alzando un sopracciglio come se la stesse apertamente prendendo in giro. Hermione gli lanciò un’occhiataccia, notando che stava stringendo il libro al petto, su un maglioncino grigio.
Sospirò: - Va bene, ora andiamo da Madama Pince a dirle che l’hai preso tu e non io. Non voglio certo prendermi la colpa per gli eventuali danni. –
Quello era stato il primo discorso civile che avevano fatto da quando si conoscevano. Strinse l’oggetto che aveva in mano e se lo portò al viso inspirando a pieno. Aveva ancora il suo profumo.
Prese in tutta fretta le radici dall’armadietto delle scorte. Il tempo che aveva dato loro Lumacorno era quasi finito e lei doveva ancora tagliuzzare le radici e metterle nel calderone. Si girò velocemente determinata a non perdere tempo, ma andò a sbattere contro qualcuno.
- Oh, scus… - alzò lo sguardo e incontrò un paio di occhi divertiti.
- Figurati Granger, - le disse Malfoy.
La ragazza riabbassò la testa e vide che gli aveva macchiato la maglia con le radici.
- Merlino, - cominciò imbarazzata. – Mi dispiace tantissimo… invece di grigio ora è marrone… oh, accidenti… aspetta ho la bacchetta là… però sta per scadere il tempo… un semplice “Gratta e netta”… -
Quello alzò gli occhi al cielo. – Rilassati. È solo un maglione. – Allungò la mano per prendere qualcosa dall’armadio e tornò al suo calderone.
Con ancora il viso premuto contro il tessuto scoppiò a piangere, stringendolo più forte che poteva. Singhiozzava forte e senza ritegno, incurante del fatto che qualcuno sarebbe potuto entrare da un momento all’altro.
- Credo di averti trovata nelle figurine delle Cioccorane, - disse tenendo in mano una piccola carta e muovendola un po’, come a guardarla da diverse angolazioni. – Però c’è scritto solo il nome. Potresti anche mostrarti ogni tanto. –
Hermione era appoggiata a un albero, sulle sponde del Lago nero. Si asciugò in fretta le guance quando lo sentì parlare, ma era troppo tardi. Malfoy le si parò davanti preoccupato. La fissò per un attimo, colpito nel profondo da quell’immagine. Nessun singhiozzo la scuoteva, ma le lacrime continuavano a uscire dall’angolo degli occhi, nonostante facesse di tutto per evitarlo. Sentì la gola seccarsi, allungò una mano e la poggiò sulla sua guancia.
- Che succede? – le chiese piano.
Hermione distolse lo sguardo dal suo, imbarazzata. Quel loro strano rapporto era così fragile che ogni parola poteva essere quella sbagliata. Non parlavano mai del passato, facevano finta di non ricordare o di voler dimenticare. Non passava giorno che non si vedessero, che non si parlassero, anche solo per un saluto, sempre lontani dagli altri, i quali, non avrebbero capito. Nemmeno loro in effetti capivano cosa erano o chi erano; ma tutto sembrava irrilevante a quel punto. Bastava passare del tempo insieme, poi il resto veniva da sé. E ora erano lì, faccia a faccia, e lei si sentiva nuda. Non solo perché stava piangendo, ma perché aveva bisogno di sentirsi così. Era stanca di essere forte, di dover sempre trattenere le lacrime perché sapeva, che se avesse iniziato, non avrebbe più smesso.
Sentiva il calore che la mano di Draco emanava sulla sua pelle, sentì la presenza di quell’abbraccio immaginario che le stava dando, la rassicurazione nello sguardo. Lui avrebbe potuto benissimo lasciarla lì, a piangere da sola, e forse una parte di lei l’aveva sperato, o desiderato. Invece anche lui aveva bisogno di star lì. Doveva consolarla, doveva proteggerla, doveva esserci.
- Oggi sarebbe stato il compleanno di Colin Canon, - sussurrò tornando a guardarlo. – Suo fratello ha messo una sua enorme foto nella bacheca della Sala Comune, con la scritta “Tanti auguri”. Era così piccolo e non meritava di morire. Non lo meritava nessuno di loro. – Continuò ad asciugarsi le lacrime con la manica della maglia. Aveva anche freddo.
La Battaglia di Hogwarts era un altro argomento di cui non parlavano mai, seguendo un tacito accordo. La mano del ragazzo tremò impercettibilmente. Negli occhi di lei non vedeva l’amore che li caratterizzava, ma solo sofferenza. Era una visione che lo faceva star male come non avrebbe mai creduto possibile, ma lui era la persona più sbagliata in quel momento, in quel discorso e lo sapevano entrambi.
Hermione afferrò il maglione grigio di lui e lo tirò verso di sé. Non seppe mai perché l’aveva baciato o da quanto tempo desiderava farlo, sapeva solo che era stata la cosa giusta. Quella bocca calda era stata come un balsamo, quei suoi movimenti dolci le lenirono l’animo e la protezione delle sue mani sul viso le permise di non sbriciolarsi in tanti granelli di sabbia.
Si stavano baciando. Per la prima volta. E Draco sembrava dirle in quel modo le parole che non era riuscito a pronunciare per tranquillizzarla. Erano lì, sulla lingua e lei le trovò e le fece sue.
Capì di non poter continuare così. Stava diventando una piagnucolona e non le piaceva. Prese la bacchetta, decisa a far sparire il maglione di Malfoy. Stava per scagliare un: “Incendio”, quando sentì montare un’incredibile rabbia. Lanciò l’oggetto sul suo letto e si fiondò di corsa fuori dal dormitorio.
 
- Stupeficium! – Una scheggia volò via dalla corteccia dell’albero. Malfoy saltò spaventato, afferrando a sua volta la bacchetta. Hermione aveva aspettato troppo a lanciare il secondo Schiantesimo, così lui ebbe il tempo di proteggersi.
- Sei impazzita? – urlò.
- Tu non dovresti nemmeno avvicinarti a quell’albero! Glacius!- La ragazza però era troppo agitata per riuscire a tenere il polso ben fermo e sebbene credesse di volergli fare del male, forse in fondo, non lo voleva così tanto. In battaglia bisognava restare lucidi, dipendeva tutto da pochi istanti, infatti Malfoy riuscì a disarmarla, facendo volare la sua bacchetta che cadde diversi metri più in là. Si studiarono per un po’, cercando di calmare il respiro.
- Dimmi il perché. Dimmi il perché! – Hermione strinse i pugni.
Draco sospirò e distolse lo sguardo.
- Sappi che questa volta non me ne andrò finché non farai un fottuto discorso che abbia un fottuto senso, - continuò lei. Era finalmente pronta per un confronto.
 
 
*****
 
 
Sentiva di stare per congelare. Era uscita senza giacca e i piedi erano sprofondati nella neve di diversi centimetri. Tra loro, però, c’era un silenzio ancora più freddo.
Aveva detto che l’amava.
L’aveva fatto. Così, velocemente, tanto che le parole – quelle due parole – si erano quasi accavallate tra loro. Glielo aveva lanciato, quel “ti amo”, come se avesse avuto paura che da un momento all’altro la piovra gigante del Lago Nero sarebbe saltata fuori per sbranarlo.
E lei l’aveva guardato.
Era rimasta immobile, fissando il suo sguardo in quello di lui, incapace però, di leggervi davvero dentro.
Tutto questo, durante un fugace attimo, prima che Hermione, piena di collera, si buttasse su di lui tentando di afferrare la sua bacchetta. Malfoy con un movimento veloce alzò il braccio, in modo che la ragazza non potesse riprendere l’arma. La guardava con gli occhi sbarrati, sorpreso.
- Ridammela! – urlava. Cominciò a prendere a pugni quel petto su cui si era addormentata la notte prima della rottura, dopo aver condiviso con lui tutta se stessa. Era furiosa di rabbia e voleva solo farlo soffrire quanto aveva sofferto lei. Per colpa sua.
- Hermione, - cercò di farla ragione.
- Non mi dire: “Hermione”! – gridò lei. Quando avevano cominciato a venir fuori le lacrime? E perché quei pugni congelati dal freddo le dovevano fare così male quando lo colpiva?
Iniziò a sbattere violentemente i denti e a tremare. Malfoy scaraventò a terra le bacchette e strinse le sue braccia attorno alla ragazza, proteggendola col mantello, col corpo e col suo amore.
Prese un profondo respiro, mentre la sentiva singhiozzare forte e sapeva di essere l’unico responsabile. Aprì la bocca cercando tutto il coraggio che aveva, perché era facile dire che sarebbe diventato certamente un Mangiamorte pur di salvare la sua famiglia, era facile denigrare i ceti inferiori ed era facile ridicolizzare Babbanologia, ma quando c’era un forte sentimento di mezzo, si restava paralizzati. Paralizzati come davanti a Silente, come davanti a un corpo pietrificato dal Basilisco, come davanti al cadavere di un’insegnate, che veniva sbranato da un serpente davanti ai propri occhi. E anche lui, ogni volta che vedeva Hermione, restava paralizzato davanti alla grandezza di quello che provava e aveva fatto quello che faceva sempre: scappare. Avrebbe sempre ricordato gli occhi di lei nel momento in cui era diventata una cosa sola con lui; l’aveva baciata con tutta quella dolcezza che non sapeva neanche di avere e seppe che non sarebbe più riuscito a vivere senza di lei.
La strinse più forte fra le sue braccia, ripensando al momento in cui si era reso conto di amarla e deciso a parlare, a lottare per lei, per loro.
- Mi dispiace se ti ho fatto del male. Non posso prometterti che non risuccederà, perché senza volerlo, potrei rifarlo. – Le sussurrava nell’orecchio, sapendo benissimo che lei faceva sua ogni parola. – Quello che posso dirti è che ne vale la pena. Io ero terrorizzato all’idea di poter provare dolore, ma mi sono accorto che senza quel tipo di sofferenza la vita non ha senso. Senza di te, la mia vita non ha senso. Scusa se ho fatto finta di non capirlo, se ho cercato di nasconderlo. – Si staccò da lei per poterla guardare negli occhi, perché quando provi qualcosa di enorme dentro al petto, che cerca di saltare fuori, non puoi fare a meno di assecondarlo, facendolo passare dalla bocca, non esiste vergogna, non esiste pudore, esiste solo quel brivido di eccitazione e paura che ti rende vivo.
Le accarezzò le lacrime ormai secche sulle guance. – Lo so che puoi avere di meglio, che dovrai lottare contro tutti, ma io ti chiedo di perdonarmi e di scegliere me, di scegliere noi, perché io l’ho fatto ed è la decisione migliore che abbia mai preso. – Le regalò un sorriso radioso, che probabilmente sciolse anche la neve intorno a loro e le si avvicinò lentamente, lasciandole il tempo di tirarsi indietro, se avesse voluto. Aveva imparato a conoscerla bene e sapeva già che non sarebbe stato facile ricostruire tutto, ma era già pronto a dare il massimo. Era appoggiato a quell’albero da ore, aspettandola. Sapeva che prima o poi sarebbe arrivata. Invece, quando le loro labbra si toccarono, lei non si ritrasse e lui poté finalmente reimpossessarsi di ciò che gli apparteneva.
- Era un fottuto discorso? – le chiese ilare, quando si staccarono.
Lei annuì: - E aveva un fottuto senso. –
Avrebbe pensato il giorno dopo a come fargliela pagare e quello dopo e quello dopo ancora…
Nessuno le dava la certezza che quelle parole fossero sincere, ma decise di buttarsi, perché era così che si faceva. Con i sentimenti non ci sono certezze, solo scommesse e lei, guardando quegli occhi grigi intensi e caldi, sapeva già che avrebbe vinto.
- Ehi, hai detto una parolaccia prima, - le fece notare lui.
- E tu hai fatto dell’ironia. –
Malfoy riprese a baciarla continuando a sorridere.
Chissà come si sarebbe arrabbiata quando avrebbe scoperto che quella sera stessa avrebbe fatto le presentazioni ufficiali con Narcissa Malfoy.













Spazio autrice:

Salve a tutte!
Allora, la canzone che mi ha ispirato e che dà anche il titolo alla storia è - appunto - "...ma so proteggerti" di Tiziano Ferro. Anche l'atmosfera e un po' lo stile, li ho ricavati dalla canzone, cioè mi sono lasciata guidare dalle emozioni e dal senso di irrealtà quasi, che mi suggerisce quando l'ascolto.
Ringrazio di cuore chiunque legga o recensisca.

Un bacio.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lola_