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Autore: Josie5    04/11/2012    6 recensioni
Una punizione divina. Per Evelyne Gray, la ragazza del giornalino scolastico o la presidentessa, come ci tiene a dire lei, Max Parker è una punizione divina.
Evelyne è infatti convinta che il karma o Dio, o qualunque cosa sia, stia cercando di punirla con lui.
Punirla perché, a causa di problemi economici, comincia a sfruttare il fatto di essere così ben voluta dai professori per passare le soluzioni dei test ad alcuni suoi compagni di scuola; il tutto in cambio di soldi.
Evelyne non è orgogliosa di se stessa, ma per quasi due anni continua a tradire la fiducia che le è stata concessa.
Quando decide di smettere non tiene conto del fatto che Clark, il suo ultimo "cliente", sia uno dei migliori amici di Parker; non tiene conto del fatto che Parker stia preparando la sua vendetta fredda.
Max ed Evelyne non si sono mai parlati, ma si conoscono molto bene per via del giornalino di lei e di un certo articolo. E Max Parker, il capitano della squadra di basket della scuola, bello e popolare, non può di certo essere umiliato senza conseguenze. Non dopo quello che ha fatto Evelyne.
(Revisione in corso: 3/31)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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(Grazie a Jess Graphic per la copertina :3)

8.Sempre


 

Sarebbe stato normale, ritornando a casa alle sei del mattino, crollare a letto e dormire fino alle due del pomeriggio, almeno.

Io invece arrivata a casa crollai sì sul letto - dopo essermi tolta tutto il trucco nero dalla faccia -, ma ...

Non riuscivo a dormire.

Mi rigiravo nel letto continuando ad avere flash della serata. Flash in cui la situazione cambiava leggermente o era identica. Poi mi svegliavo e guardavo l'orologio, poi di nuovo le stesse cose. Una situazione stressante che invece di farmi riposare aumentava quel leggero e ronzante mal di testa che era cominciato da qualche ora.

Alle 9 mi arresi definitivamente e dopo essermi fatta una doccia revitalizzante scesi giù a fare colazione.

In un certo senso vivere spesso da sola mi piaceva. Mi sentivo un'adulta autonoma, spesso, e in effetti avevo anche delle brutte responsabilità da adulta; ma, facendo colazione sempre da sola, cucinando nel silenzio, lì, in quei momenti, avrei voluto davvero avere una famiglia rumorosa. Di quelle con tre fratelli, anche quattro, grandi e piccoli, e animali e genitori indaffarati che gridano. Più semplicemente avrei voluto avere mia zia per buttarla giù dal letto e costringerla a fare colazione con me; farmi stritolare a letto da lei, convinta che così avrebbe evitato di svegliarsi.

Sospirai pensando che forse mi sarei dovuta arrendere e andare a vivere da lei a New York.

Se non fosse stato però per il giornale, che era l'ultimo anno, la borsa di studio così vicina; se non fosse stato per Francy.

Mentre mi versavo del succo all'arancia pensai a Parker. A Parker che avevo evitato di nominare anche solo col pensiero da quando ero uscita da casa sua.

Paker che almeno lui quel giorno, seppur col dopo sbornia, si sarebbe svegliato magari con la colazione pronta, fatta da sua madre, magari sentendosi sgridare per quei due bicchieri rossi della festa che avevo lasciato di proposito in cucina. Ma con sua madre e suo padre e una colazione calda.

Lo invidiavo.

Cominciai a bere e dalla famiglia di Parker, ai bicchieri, i pensieri, nel silenzio, passarono alla sua festa del giorno prima. Andai ad accendere la tv, per distrarmi, mentre abbastanza nitidamente mi veniva in mente la sensazione del muro di mattoni contro cui finivo, Parker che mi mordeva il collo. Mi corrucciai portando una mano lì, nel punto dove con i denti mi aveva stretto, seppur leggermente, la pelle. Mi aveva davvero morso il collo quello stronzo!

E mi aveva baciato, quello stronzo ...

Feci una smorfia bevendo il succo di nuovo e sedendomi a tavola.

Continuavo a muovermi ansiosa.

Cominciai così, sempre per colpa del silenzio tra una pubblicità di detersivi e un'altra, a chiedermi perchè l'avesse fatto. Schizzava a caso quel ragazzo?! Mi aveva di continuo definita brutta, fin dall'inizio, anche antipatica: l'unico modo per rendermi divertente era prendermi in giro. Cominciai a chiedermi se non mi avesse baciato proprio per quello: semplicemente per darmi fastidio e divertirsi. E fastidio in effetti me l'aveva procurato.

Mi resi comunque conto che non avrei mai saputo.

Per vari motivi: uno, perchè non gliel'avrei mai chiesto direttamente; due, proprio per darmi fastidio non mi avrebbe mai spiegato il suo gesto, probabilmente; tre, cavolo, forse nemmeno se lo ricordava.

Mi risollevai all'idea. Aveva bevuto parecchio e io pur non avendo esperienza in quel campo, non essendomi mai minimamente ubriacata, da film e telefilm sapevo che a volte si potevano avere dei buchi di memoria. Probabilmente davvero non si ricordava!

Ma se l'avesse fatto …

Impallidii.

Sembravo pazza ma mi preoccupai da sola.

Se se lo fosse ricordato, pensai per la prima volta, per divertirsi mi avrebbe di certo detto qualcosa e mi avrebbe tormentata a vita. Lui mi aveva baciata, ma lui non era stato nel pieno delle sue facoltà, io invece per quei pochi secondi gliel'avevo permesso. E per Parker probabilmente erano abbastanza.

Per fortuna non mi ero fatta baciare sul serio. Ero già nei guai per non essermi, stupidamente, spostata all'istante, picchiandolo; con un vero bacio sarei morta.

Morta io e probabilmente la mia reputazione.

Cercai finalmente di calmarmi, avevo afferrato il ripiano della cucina con fin troppa forza e le mie mani sudaticce non ne potevano più. Mi stavo semplicemente stressando troppo, probabilmente.

Dopo colazione mi misi a guardare telefilm a caso, sulla Fox, cercando di tornare ai miei soliti rituali, e poi mi abbandonai a spagnolo per il resto del tempo.

A pranzo mangiai porcherie e risposi ai messaggi di Francy che mi chiedeva curiosa del giorno prima: il mio racconto iniziò da quando Parker dormiva e io pulivo. Breve ed emozionante.

Rimase delusa, come aspettandosi chissà cosa. O aspettandosi quello che era mezzo successo. Ma io non avevo voglia e forza di raccontarlo, non quel giorno.

Parker non mi disturbò: emmeno il più piccolo e insignificante ordine o la minima e inutile faccenda.

Arrivai a cena senza aver ricevuto nemmeno un suo messaggio.

Ed era strano.

Arrivai a lavarmi i denti senza nemmeno un messaggio.

Ed era parecchio strano.

Arrivai a guardare il mio episodio di Dr. House quotidiano senza un messaggio.

E spensi il cellulare senza aver ricevuto niente tranne la buonanotte di Francy.

Dio se ero felice!


 

Il giorno dopo mi alzai però inquieta.

Avevo dormito e avevo anche dormito bene ma appena aperto un occhio mi ero sentita come male.

E mentre mi lavavo i denti avevo deciso: quel giorno avrei verificato, perchè non ne potevo più; il mio spirito da giornalista reclamava di sapere!

Arrivai a scuola in anticipo e marciai verso il bar. Avrei raccontato tutto a Francy e poi, poi avrei verificato, quel giorno, se Parker si ricordava qualcosa.

Perchè la cosa cominciava a ossessionarmi.

Entrai nel solito bar e passai davanti a Jack, alla cassa.

- Caffè? - Mi chiese mentre passavo, sorridendo tranquillo.

Scossi la testa continuando a camminare verso il solito posto.

Non avevo certo bisogno di caffeina.

Francy mi raggiunse poco dopo sbadigliante e la guardai sorpresa mentre si sedeva.

- Che c'è? - Domandò morendo evidentemente di sonno.

- Non hai salutato Jack ... - dissi quasi fosse stata un'offesa al normale funzionamento dell'universo. E in effetti lo era.

- Oh! - Fece pensandoci solo in quel momento e tornando indietro: per ordinare un caffè e una ciambella. Sorrisi, forse per Kutcher c'erano delle piccole speranze.

Quando si rimise al suo posto si sdraiò sul tavolo. - Sai che sono morta? E ho dormito il triplo di te ieri. - Rise.

- La vecchiaia - le feci distrattamente guardando fuori dalla finestra e ogni tanto lei.

La vidi inclinare la testa per fissarmi perplessa. - Che c'è? E ah! Dammi il vestito!

Obbedii e dopo lo scambio, il suo vestito tirato fuori dalla mia tracolla, dentro una busta di plastica, tornò a guardarmi perplessa.

Deglutii, tanto valeva essere chiare e tonde e partire subito con la tabella di marcia: - C'è una parte della festa che non sai - dissi ridacchiando.

Lei sobbalzò, sgranò gli occhi all'improvviso sveglissima. - Ommiodio! COSA?! - Urlò. Le feci cenno di starsene zitta e raccontai un po' a disagio.

- OMMIODIO! - Urlò di nuovo, rossa in faccia da quanto era gasata.

- Smettila! - La pregai appoggiando il viso sulla mano.

- E visto che mentiva quello stronzo?! - Esclamò ridendo, ma a voce più bassa. - Gli piacevi sì!

Sospirai guardandola scettica.

- Che hai intenzione di fare adesso? - Finì la ciambella in un boccone tutta allegra.

Feci spallucce. - Non farlo sapere in giro, salvarmi la reputazione. Quindi verificherò oggi se Parker se lo ricorda oppure no ...

Lei rise. - Ma è ovvio che se lo ricorda, Eve! Se fosse stato così ubriaco da non ricordarsi niente direi che non si sarebbe spostato, né sarebbe stato così, in parte, delicato; era abbastanza prudente e voleva vedere se ci stavi - disse convinta, tutto d'un fiato.

- Si è spostato per bene perchè aveva il vomito - le ricordai.

Mi fece un cenno come a dare a quel particolare poca importanza.

Poco dopo camminando per i corridoi, per la prima volta nella mia vita, e pensavo unica, ero io a cercare Parker.

Lo vidi dopo molte ricerche dagli armadietti, mettendo dentro qualche libro distrattamente. Sbadigliava stropicciandosi i capelli con l'altra mano. Billy lì di fianco, schiena contro il suo di armadietto, gli parlava senza però venir molto ascoltato.

- Okay, vado - dissi, sentendomi una kamikaze.

Francy mi bloccò per il braccio. - Sai che se si ricorda sembrerai bisognosa di attenzioni a causa del bacio e se non se lo ricorda sembrerai pazza?

La guardai male. - Ma basterà avvicinarmi e dopo comincerà a rompermi subito nel caso se lo ricordi! - Dissi convinta.

Francy alzò gli occhi al cielo, per niente d'accordo, poi mi lasciò andare e girò sui tacchi.

Alzai alto il mento e marciai verso Parker. Ero davvero una suicida in quel momento, ma DOVEVO sapere.

Billy smettendo di parlare e guardandosi intorno mi vide. Sorrise dicendo qualcosa a mezza voce senza muovere, a proposito, troppo le labbra. Parker si girò a guardarlo mentre chiudeva gli armadietti.

- Gray - salutò, continuando a sorridere, Billy, appena mi fermai davanti a lui.

- Hans - ricambiai incrociando le braccia.

Parker si girò a guardarmi appoggiandosi anche lui all'armadietto. Alzò le sopracciglia, scettico, l'espressione degli occhi era però divertita. - Come mai, Panda, oggi tutta questa fretta di vedermi? - Chiese.

Sorrisi acida, per non essere diversa dal solito. - Volevo solo chiederti se eri stato sgridato per i due bicchieri che mi sono ricordata ieri, di aver, sbadatamente, lasciato in cucina ... - spiegai fingendo un tono triste.

Lo sguardo divertito sparì e mi fulminò. - Scommetto che non ci hai dormito la notte per i sensi di colpa. - Mi sganciò lo zaino. - E comunque, brava, accompagnami- ordinò continuando con lo sguardo rancoroso.

Mi sorpassò e sorrisi: non aveva parlato di baci, né fatto nessun riferimento!

- Questo entusiasmo per uno zaino? - Fece Billy che era rimasto indietro e mi aveva vista. Sorrideva.

- Te lo immagini - risposi con una smorfia e seguii il suo amico.


 

- Parker! - Salutai di nuovo il castano per la terza volta quel giorno, la seconda l'avevo placcato durante un cambio d'ora.

In quel momento era in fila davanti a me alla mensa.

Mi guardò accigliato con la mela che avrebbe poi dovuto pagare in bocca. Se la tolse strappandone un pezzo. - Gray, ma stai bene? - Mi chiese prendendo della carne da aggiungere al suo conto.

Io presi delle patate. - Certo, perchè?

- Di solito mi eviti e devo correrti dietro, mi diverte di più - fece. - E visto che dubito che tu voglia farti perdonare per i bicchieri, non riesco a capir del tutto questo straaaano comportamento - mi guardò di sottecchi sorridendo.

Guardai la mia bottiglietta d'acqua mentre aggiungevo un piatto di pasta. Non risposi.

- O stai pensando a qualche modo subdolo per vendicarti - propose ancora avvicinandosi insieme a me alla cassa.

- Per cosa? - Chiesi in un singulto prendendo le posate di plastica e un bicchiere.

Rise. - Perchè ho svelato al mondo il mistero della tua verginità! - Ammiccò.

Lo guardai male. - Avevo rimosso - risposi fredda. - E poi chi lo dice? Potrei aver voluto fare da sostegno morale a Nicholas, forse, no? - Sbuffai.

- Dubito - fece lui andando alla cassa e pagando le sue cose. Mi guardò mentre metteva via il portafoglio e pagavo io. Sorrise come ad aggiungere qualcosa ma poi scosse la testa e senza salutare se ne andò.

Andai a sedermi al solito tavolo con Francy e Emily, quel giorno c'erano anche Nick e Luke.

Salutai in generale sedendomi di fianco alla mia darkettara preferita.

- Quindi? - Mi chiese cominciando a mangiare.

Sorrisi ottimista.

Luke tossicchiò attirando l'attenzione di tutti.

Io non lo guardai sapendo già di cosa volesse parlare, c'era un motivo se avevo cominciato ad ignorarlo particolarmente.

- Evelyne - cominciò. - Perchè l'altro giorno sei andata a casa di Parker? - Chiese diretto come al solito. Avevo iniziato a ignorarlo particolarmente da quando mi aveva vista sulla sua macchina.

Alzai lo sguardo fingendomi perplessa. - A casa di Parker? - Domandai con la forchetta in bocca. - Io?! - Lo guardai come se si fosse immaginato tutto.

Luke si corrucciò e conoscendolo un dubbio gli stava venendo - Ma io ti ho vista!

Feci una faccia da “boh” e riuscii a evitare miracolosamente l'argomento.

Luke abbassò gli occhi sul suo cibo e probabilmente si stava seriamente chiedendo se cominciava a immaginarsi le cose. Nick e Luke erano adorabili da convincere!

Venti minuti dopo, poco prima della fine della pausa pranzo, mentre stavamo per alzarci, Parker si avvicinò da dietro, mandando ovviamente a quel simpatico paese il piccolo teatrino che avevo appena recitato con Luke.

- Oh, Gray - salutò dandomi un buffetto sulla nuca.

Luke sbottò: - Cosa vuoi, Parker?! - Chiese cattivissimo come non era mai. Parker portò lo sguardo su di lui scocciato, scocciato di perdere tempo.

- Parlare con la Gray, forse? - Rispose con ovvietà.

- E perchè ultimamente siete sempre dietro a parlare? - Chiese l'altro quasi ringhiando. La gelosia da parte degli amici era qualcosa che non avevo mai ben capito. Sospirai.

- Luke, smettila - risposi io accigliandomi e facendo per alzarmi.

- Come? Non lo sai? Lo dicono tutti! Andiamo a letto insieme, ovvio - rispose Parker sorridendo ironico, peccato lo notassi più o meno solo io.

Francy rise, Emily e Nick sgranarono gli occhi e Luke diventò rosso.

In piedi diedi una spinta a Parker sul petto, senza come al solito muoverlo. - Ma taci, sfigato, che ci credono! - Urlai per farmi sentire dalle ragazze lì vicino che erano state a portata d'orecchio e ora ci guardavano con la stessa espressione di Nick ed Emily.

Parker sbuffò e mi prese per il polso trascinandomi via.

Fuori dalla mensa ci fermammo dopo aver percorso quasi tutto il corridoio. Mi guardai alle spalle per controllare che nessuno fosse lì vicino quando mi mollò.

- Rimani dopo la scuola - ordinò perentorio.

Tornai a guardarlo. - Perchè?

Si mise le mani in tasca facendo spallucce. - Perchè tanto tua zia non c'è, perchè sono bello, per la foto, perchè così mi porti la borsa con la roba e poi mi vai a prendere la cena mentre mi alleno! - E finì sorridendo allegro.

Ero contrariata ma almeno tutti quegli ordini, i soliti, mi rendevano sempre più tranquilla per la storia del giorno prima.

Le solite cose rendevano sempre tranquilli. Ed era inquietante che essere trattata come una schiavetta fosse ormai normale per me.

- Va bene - concedetti quindi.

Mi guardò in un modo che non capii. - Oggi sei strana. Fin troppo disponibile ... - dall'espressione sembrava indeciso se riderne.

- Sono sempre disponibile - feci mettendomi a camminare per la mia prossima lezione.

Questa volta rise. - Potrei darti un paio di esempi che dimostrano il contrario.

Lo guardai mordendomi l'interno della guancia, mi seguiva sorridendo sotto i baffi - baffi metaforici.

- Che esempi? - Chiesi socchiudendo gli occhi.

La campanella suonò. Lui fece una faccia esageratamente sorpresa per quel suono e con un gesto della mano salutò per poi andarsene.

Mi inumidii le labbra guardandolo andare via.

Che esempi? 


 

La campanella di trigonometria, ultima ora, era suonata da un po' e io come al solito, dopo aver salutato Francy, riempivo con i libri, lentamente, la tracolla aspettando che Parker due file dietro di me si liberasse dei suoi amici.

- Ed è inutile che fai finta di niente, Gray, sappiamo chi aspetti - fece Clark mentre mi passava di fianco.

- Geloso che non ti caga nessuno - rispose Billy andandogli dietro e facendomi un mezzo sorriso. Stava diventando stranamente amichevole quel ragazzo.

- Sì sappiamo tutti che ami la Gray segretamente! Ma a lei piace la vagina, su, fattene una ragione - disse Parker avvicinandosi a me e scuotendo la testa.

- La smetti?!- Gli urlai dandogli una botta con la tracolla.

- E' la tua frase preferita? E che pesa, Gray, non si può dire niente. - Sospirò uscendo anche lui dalla classe.

- Non sono pesante! - Feci seguendolo irritata.

- Visto? Continui? - Sorrise guardandomi dall'alto.

Mi zittii per non dargli altre soddisfazioni e lui andò dagli armadietti. Billy, che aveva quello di fianco al suo - secondo me avevano pagato qualcuno per riuscire ad avere gli armadietti l'uno vicino all'altro -, stava tirando già fuori la sua borsa da basket.

Tutti e due, dopo aver fatto, mi porsero la borsa.

- Starete scherzando - feci seria guardandoli. Prima uno sguardo agli occhi marroni come i miei poi ai verdi.

Loro sorrisero contemporaneamente in risposta e fu molto inquietante.

Li seguii fuori dall'edificio con le due borse, pesanti quanto lo zaino di Parker era sempre leggero.

- Non ci sono le cheerleader, vero? - Chiesi prima di passare per la porta grande, verde, della palestra.

Billy rise, mentre Parker snobbò la mia frase entrando.

- Quanto odio verso quelle povere ragazze! E comunque no, ci alleniamo in giorni diversi: Dawn disturbava di continuo Parker non facendo allenare né noi né loro - spiegò quello rimasto.

Feci una smorfia entrando, Billy sorrise guardandomi e prendendo le due borse. - E Parker detesta Dawn. Dice solo che è scopabile, soprattutto per le tette, ma preferisce altre ragazze di solito - lanciò lì la frase con noncuranza, sorridendo. Poi fece per andarsene.

Lo guardai andare via sorpresa. - Ma non mi interessa! Hans, non farti una cattiva idea!

Lui mi ignorò.

Indignata per Billy che aveva scambiato il mio generico odio per gelosia, andai verso le gradinate e mi sedetti scocciata. Ci mancava solo quella.

E intanto mi aspettavano praticamente due ore di allenamento. Entusiasmante.

Parker uscii tra i primi dallo spogliatoio, stropicciandosi i capelli come sempre e appena mi vide fece per venirmi incontro. Aveva la solita maglietta e i soliti pantaloncini da basket, rossi, il colore della scuola.

Odiavo il basket e odiavo quegli esserini rossi e odiavo il castano che si avvicinava sorridendo.

- Quando comincia a farci fare la partita alla fine, vai al cinese in centro a prendermi del cibo? - Chiese ma stava ordinando. Si appoggiò al cancelletto che divideva il campo dagli spalti e mi lanciò il portafoglio che aveva in mano.

Lo presi con un po' di difficoltà al volo e lui rise della mia goffaggine. Scocciata chiesi cosa voleva.

- Prendimi una doppia razione di involtini e pollo alle mandorle - cominciò a elencare gongolante, con lo sguardo in alto, pensando. - Poi una solo di riso primavera-. Sorrise contento mordendosi distrattamente le labbra guardandomi. Sembrava un bambino.

Feci mente locale e nonostante tutto mi sfuggì un sorriso. - Sai che è molto vero?

Lui sorrise. - Ho sempre molta fame, cosa credi? E stai di nuovo diventando simpatica col ricattatore! - Mi avvertì con un cenno ammiccando e poi andando verso i suoi compagni di squadra.

Mi accigliai e assunsi un'espressione acida facendo mente locale di mantenerla.

Iniziarono un allenamento che a vederlo era molto noioso.

Soprattutto perchè speravo di continuo che Parker sbagliasse qualcosa ma … Era praticamente infallibile: in ogni passaggio, in ogni tiro; era anche carismatico e l'allenatore, il mister Pitt, non faceva quasi niente e se ne stava seduto soddisfatto a bordo campo osservandoli, Parker infatti dirigeva l'allenamento tranquillamente.

E gli piaceva davvero, osservai, vedendolo correre verso il canestro in un due contro uno e riuscire a fare punto. Appoggiai il viso sulla mano guardandolo e vedendolo sorridere. Un sorriso sincero non di quelli ironici che mi rivolgeva di continuo.

Dopo un po' che osservavo solo il castano distolsi lo sguardo guardando gli altri e colsi Billy con gli occhi puntati su di me mentre faceva la fila. Aveva un leggero sorriso e quando incrociammo lo sguardo alzò le sopracciglia. Mi stava chiaramente dicendo "beccata".

Gli feci un'altrettanto chiara smorfia di disgusto sperando che la notasse anche a distanza.

Lo vidi sbuffare tornando a guardare verso il canestro. Incrociai le braccia, sentendomi offesa, e Parker non lo guardai più.

Iniziò la partita poco dopo e senza nemmeno guardare se lo stronzo mi faceva un segno cominciai a scendere le gradinate.

Mentre camminavo lungo la ringhiera si sentì la voce del mister risuonare per la palestra, forte: - Ehy, ma è la Gray del giornalino? - Chiese ridendo.

Mi voltai verso la squadra e tutti mi guardavano. Sembrava che le luci, puntate sul campo non mi avessero fatto notare a molti.

Mister Pitt era il tipico allenatore di Basket, aveva giocato a basket, suo figlio giocava a basket, suo padre aveva giocato a basket, suo nipote avrebbe giocato a basket.

- Sì - risposi tranquilla, una mano già sul maniglione anti-panico della porta verde.

- Come mai qui? - Chiese l'allenatore mentre i suoi giocatori si disponevano tranquillamente in due squadre.

- E' una stalker - spiegò Clark ad alta voce.

Alzai gli occhi al cielo perchè la battuta non faceva ridere e uscii ignorando tutti, anche il mister.

Mezz'ora e qualcosa dopo arrivai con le buste del cinese.

Scocciata entrai nella palestra e le luci erano molte di meno, alcuni stavano uscendo dallo spogliatoio già vestiti.

Andai a appoggiarmi contro la ringhiera e tutti mi guardavano curiosi, ma per fortuna il mister se n'era già andato, era l'unico che avrebbe potuto parlarmi e non ne avevo voglia.

- Gray, Parker arriva, è rimasto solo lui dentro - disse Billy, l'avevo notato solo quando si era fermato davanti a me, e avevo dimenticato che anche lui mi rivolgeva la parola.

Annuii tranquilla.

Mi sorrise come per dire qualcos'altro ma esitò e mi salutò e basta andandosene.

Poco dopo Parker uscì dalla porta con la sua borsa, aveva anche delle chiavi in mano e sembrava divertito per qualcosa.

- Gray, ti va di fare la teppista? - Chiese sorridendo e raggiungendomi. Adesso capivo per cosa …

Feci una smorfia in risposta.

Lui sbuffò roteando gli occhi verdi al cielo. - Beh, ti obbligo!

- Sei uno schiavista, sfruttatore e ti odio - dissi acida d'un fiato.

Lui rise. - Così ti voglio! - Esclamò prendendomi per un polso.

Mi ribellai leggermente alla presa senza però molti risultati. - Dai, cosa vuoi fare? - chiesi alla fine arrendendomi: con Parker non c'era mai niente da fare.

Lui non rispose e andò verso le gradinate, ma non girò per cominciare a salirci, andò anzi di fianco a quelle e mi fece notare una porta mimetizzata - colorata di grigio come le scale -, poi mi guardò entusiasta, io ricambiai l'occhiata perplessa.

Mi ignorò scocciato all'idea di dover spiegare e con la chiave aprì la porticina, alla fine mi ci spintonò dentro.

Era un modesto - di dimensioni - sgabuzzino. Parker mise la borsa dentro insieme a me e rimase a guardare in attesa verso la porta della palestra.

Non dissi niente sapendo che tanto non mi avrebbe spiegato finchè non ne avesse avuto la voglia.

Poco dopo si sentì la porta principale della palestra aprirsi; Parker sorrise entrando anche lui e chiudendosi lentamente la porta dietro.

Dentro lo sgabuzzino ci fu subito un buio totale. Deglutii sentendo Parker sistemarsi bene e venendomi in parte addosso.

C'era il solito odore fruttato di lui che aleggiava nello spazio piccolissimo, più intenso visto che era probabilmente uscito dalla doccia da poco.

Fuori si sentirono le luci della palestra spegnersi. E lamentele.

- E' Joe? - Chiesi sussurrando.

Parker ridacchiò e sentii il suo fiato sulla testa. - Sì! Aspettiamo che se ne vada e poi accendo una luce.

- Ma perchè? - Chiesi alzando, seppur alla cieca, lo sguardo.

- Perchè ceniamo sugli spalti. Ne avevo voglia, Billy non voleva e ti sfrutto per la compagnia - spiegò. - Anche se brutta compagnia, in effetti ...

Prima che potessi ribattere sentii la sua mano toccarmi la pancia.

- Cosa fai?! - quasi urlai a voce abbastanza alta sobbalzando.

Mi zittì ridendo. - Ci sente Joe!

- Non me ne frega niente! - Ma abbassai la voce. - Non puoi toccarmi così! - Spostò la mano, dopo il mio piccolo schiaffetto, verso il mio braccio e arrivò alla borsa di plastica col cibo. La prese.

- Stavo cercando di raggiungere la busta, volevo vedere se c'erano anche le lattine! - Spiegò con voce ovvia. - Poi queste lamentele improvvise - commentò scettico.

- Cosa improvvise? - Ribattei impuntandomi sui piedi, anche se non poteva vedermi.

Lui mi ignorò. Sentii la plastica spiegazzarsi mentre lui probabilmente infilava la mano dentro per controllare.

- Sei un'idiota - mi apostrofò all'improvviso.

- Che ho fatto? - Chiesi sentendo altre luci e porte.

- Ti hanno dato due lattine vero? - Sbuffò.

- Sì - confermai cominciando lentamente ad abituarmi al buio e notando il contorno della figura di Parker.

Lui, probabilmente vedendo come me, mi afferrò una guancia dandomi un pizzicotto, io mi lamentai. - E tu ne hai data via una perchè sei idiota e non hai capito che ti stavo offrendo la cena, sfigata!

- Se non me lo dici non lo cago mica! - Gli spostai la mano irritata. - Poi non è normale che mi offri qualcosa e ...

Parker appoggiò delicatamente la busta per terrà, poi avvicinò la testa alla porta. Non mi aveva nemmeno ascoltata, sbuffai rinunciando e mettendomi anch'io in ascolto.

Si sentì Joe che si lamentava, spegneva l'ultima luce e poi si chiudeva dietro la porta della palestra.

Parker si mosse e poco dopo una luce illuminò lo sgabuzzino e ovviamente me la puntò contro accecandomi.

- La app lanterna dell'iphone! - Sospirò come incantato.

- Si, spostala da me però!

Rise aprendo la porta. Tirammo fuori la sua borsona e il mio zaino, lasciandoli di fianco alla porta. Seguii poi Parker abbastanza da vicino, guidati dalla luce e io più che altro ero interessata a quella: il buio non lo amavo e quello che ci circondava era assoluto, se non per la piccola luce lunare che entrava leggermente dalle piccole finestre, davvero poca. Gli stavo attaccata anche perchè sapevo che nel caso Joe fosse tornato lui avrebbe saputo come e dove scappare, al contrario di me.

Mi diede un'occhiata mentre passando per una porta entravamo nel corridoio degli spogliatoi; sorrise.

- Sai ... - cominciò con voce bassa, adattissima al buio e al silenzio. - E' morto un ragazzo anni fa in questi spogliatoi ...

Rabbrividii ma cercai di non darlo a notare. - Parker, non sono idiota, so che vuoi spaventarmi. - E in effetti un po' ci riusciva.

- Era perseguitato dai bulli - continuò ignorandomi. - Così tanto perseguitato che un giorno alla fine delle lezioni decise di suicidarsi in uno di questi spogliatoi.

Trattenni il respiro.

- Adesso dicono che, di notte, si diverta a perseguitare i poveri ignari, come facevano i bulli con lui.

Ridacchiai rendendomi conto che la storia era inverosimile, ma comunque nervosa. - Perchè ci sono spesso dei poveri ignari - dissi citandolo. - In questa palestra? Di notte?

Lui fece spallucce e arrivato in fondo al corridoio aprì lo sportello delle illuminazioni. - Forse della gente si imbosca di notte come abbiamo fatto noi - propose osservando bene le levette.

Storsi la bocca. - Noi non ci siamo imboscati!

- Era per dire che gente è venuta qua, quand'era già buio, come noi. - Sbuffò alzando una delle levette più piccole.

Nella palestra si accese una luce con uno schiocco sonoro; ne alzò un'altra e si accese anche quella a metà del corridoio dov'eravamo noi.

Mi girai guardando la lunga strada appena fatta, molto inquietante con quell'unica luce; il rumore vibrante del neon rimbombava sordo.

Osservai poi Parker, che dopo l'oscurità sembrava anche più biondo. - Adesso?

Ignorò la domanda come faceva spesso. - Eri più bella al buio - mi disse prendendomi la busta e sorridendo scettico.

- Per questo mi palpavi? - Chiesi acida.

Lui rise allontanando la busta, che aveva annusato come un cane, e cominciando a camminare. - Ti ho toccato la pancia, ommiodio!

- Certo! - Sbuffai per non pensare al buio.

Andò spedito verso le gradinate, nella piccola e unica zona abbastanza illuminata, scavalcando la ringhiera. Arrivato lì mi aspettò mentre affrettavo il passo per raggiungerlo, non volendo stare da sola nel campo da basket oscuro.

- Poi non capisco nemmeno se hai le tette piccole o normali o che cosa perchè hai sempre magliette larghe e vestiti larghi! Quindi cosa vuoi che possa palpare - spiegò sedendosi.

Con parecchi sforzi cercai di scavalcare anch'io quella sottospecie di barriera. - E non devi capire niente - blaterai per lo sforzo.

- Hai tirato tu fuori l'argomento del palpeggio! - Alzò le braccia come discolpandosi.

Sbuffai arrendevole e stanca, per poi sedermi finalmente di fianco a lui.

Cominciò a tirare fuori le scatoline.

- Perchè solo una di riso? - Chiesi sorridendo mentre me la porgeva.

Fece una smorfia. - I piselli li odio e ho supposto che a te piacessero.

Lo guardai male. - Chissà perchè, eh?

- Si infatti, verginella - mi guardò divertito tirando fuori l'unica lattina e mettendola fra noi.

- Ti ho già detto ... - Mi interruppe alzando la mano di colpo.

- Non essere pesante e dammi il mio portafoglio! - Fece. - Ammettilo che volevi derubarmi ...

- No, semplicemente far vedere la foto della tua patente a tutto il mondo ma non ho fatto in tempo ... - Tirai fuori il portafoglio dalla tasca della mia giacca che avevo appena appoggiato lì di fianco.

- Nah, sono bellissimo come sempre, in quella foto, non l'avrai nemmeno guardata! - Sbuffò spostandosi un ciuffo di capelli con fare da star ocA.

Glielo porsi scettica.

Subito dopo tornò a trafficare con la borsa: tirò fuori gli involtini e poi le due scatolette con il pollo. - E vedi! Il tipo è stato più intelligente di te, ha messo tanti fazzoletti e due paia di bacchette. - E mi porse le mie guardandomi male.

- Ma taci! Poi dai a me della pesante - parlai un po' a fatica con le bacchette già in bocca. - E come faccio a mangiare il riso con queste?!

Lui mi guardò pensandoci. - Direi che ti tocca fare l'uomo e … usa le mani!

- Che consigli di merda ... - sospirai.

Fece un verso risentito mentre apriva la scatolina con gli involtini primavera. Si sistemò con le gambe, rannicchiandole contro il busto, seppur aperte, rivolgendosi verso di me. Lo imitai dopo aver visto che sistemava gli involtini lì in mezzo.

- Non so usare le bacchette però ... - Spiegai cercando con difficoltà di tirare fuori dalla scatolina il mio.

Parker rise. - Ma che imbranata! Guarda e impara. - Afferrò le bacchette con sicurezza e puntò all'involtino, lo sollevò tranquillamente. - Visto? - Fece sorridendo con superiorità. Quando diede un morso l'involtino schizzò però dall'alta parte e cadde per terra, in mezzo alle gambe aperte di Parker.

Lo sguardo tristissimo di lui che osservava il suo cibo per terra mi fece scoppiare a ridere.

- Spero tu non creda alla regola dei cinque secondi - augurai dandomi un contegno.

- Io sapevo che erano dieci - borbottò. Aveva la stessa e identica faccia, per la seconda volta, di un bambino a cui cade il gelato per terra, indeciso se tirarlo su o no.

Alzò lo sguardo verde sulla scatolina e poi su me.

Lo sguardo era proprio identico a quello di un bambino subito dopo la caduta del cibo: “voglio il tuo”, diceva.

Dopo una breve lotta che seguì immediatamente, Parker ed io stavamo mangiando l'involtino rimasto a metà, con le mani.

- Ed è la tua influenza che porta sfiga - si lagnò cercando di non far cadere almeno il contenuto di quello che era rimasto del suo antipasto.

- No sei sfigato e basto - sbuffai subito dopo aver mandato giù il morso.

Parker finì di mangiare l'ultima parte osservandomi divertito, io cercai di ignorarlo.

Finito anch'io l'ultimo boccone però mi chiamo: - Evelyne. - E osservandomi le labbra, si portò l'indice vicino alle sue, indicando un punto. Rimasi un attimo incantata ma poi con la lingua velocemente feci sparire quello che aveva notato.

- Salsa - commentò ovvio: l'avevo sentito dal sapore.

Quando tornai a guardarlo aveva ancora gli occhi verdi puntati sullo stesso punto.

Mi morsi le labbra a disagio e cercando di dissimulare aprii la coca-cola in mezzo a noi due.

Bevvi un piccolo sorso. - Vieni qua di fianco? - Mi chiese all'improvviso. Tornai a guardarlo perplessa ma lui era impegnato a osservare il riso.

Di controvoglia ma non dicendo niente, tanto sapevo che se mi fossi negata o gli avessi detto che doveva spostarsi lui avrebbe tirato fuori la storia della foto, feci come diceva.

- Cosa vuoi? - Chiesi stanca sedendomi a qualche centimetro di distanza da Parker.

- Provo il riso anch'io ed eri troppo lontana. Era troppo lontana anche la MIA coca-cola, in effetti. - Sottolineò l'aggettivo e me la prese di mano.

- Che possessivo! - Mi lamentai guardandolo male. Lui sbuffò osservando la lattina e la mise da parte.

Mangiammo tranquillamente il riso senza stuzzicarci molto più del solito.

- Non puoi mangiare con le mani ho detto! - Gli urlai di nuovo mentre ci riprovava, ridendo però.

Dopo il terzo tentativo alla fine si arrese. E risi di nuovo.

La situazione stava diventando strana. L'atmosfera era quasi pacifica, quasi piacevole, ma non avevo tempo e voglia di farci caso.

- Il pollo posso? - Chiese passandomi la mia scatolina e prendendo la sua.

- E' tuo, fai quel che vuoi! Poi se ti prendi qualche malattia strana non provare a parlarmi di foto né niente perchè non verrò a curarti! - Precisai, sfoderando le bacchette.

Lui sbuffò divertito arrendendosi alle bacchette.

- Beh questo è buono - feci dopo un paio di pezzi. Lo sentii fare un suono di assenso e mi sporsi, senza guardarlo, per prendere la lattina che aveva messo dietro di lui. Bevvi ancora.

- Guarda che stai bevendo più di me! - Mi sgridò.

- Che egoista e possessivo! - Dbuffai di nuovo, sorridendo dopo aver finito di bere.

Lui me la prese facendomi il verso. Misurò quanto ce ne fosse fulminandomi, facendola ondeggiare a destra e sinistra, per poi bere un po'.

Lo guardai male, più scherzando che altro. La sindrome di Stoccolma - che nel mio caso prevedeva la simpatia, non l'innamoramento - peggiorava. - No aspetta da lì ci devo bere anch'io! Conoscendoti potrei prendermi la mononucleosi o direttamente la sifilide, in qualche modo! - Commentai facendo la schifata.

- Addirittura? - Chiese ridendo e guardandomi divertito.

- No, davvero! Chi hai baciato recentemente, perc ... - Non finii rendendomi conto, sentendo la mia voce dopo aver parlato, di quello che avevo appena detto. - Vabbè, niente - feci velocemente guardando il pollo e osservandolo come qualcosa di strano.

- Recentemente? - Chiese con una voce pensosa, abbastanza tranquilla.

Sospirai mentalmente chiudendo gli occhi. Era andata. Sorrisi leggermente alzando lo sguardo pronta ad ascoltare l'elenco. Non si ricordava davvero e avevo un culo della madonna. Ogni tanto, almeno.

Ma l'espressione pensosa, con lo sguardo distolto che mi ero aspettata di trovare in Parker non c'era.

Riusciva a modulare perfettamente la sua voce. Aveva infatti le sopracciglia sollevate, e sorrideva apertamente, si era trattenuto apposta dal ridere. Impallidii.

Quella faccia diceva tutto.

Ed era brutto rendersi conto che si ricordava in una palestra buia, soprattutto visto che gliel'avevo ricordato di preciso io.

- Con la lingua o a stampo? Perchè la risposta cambierebbe - aggiunse annuendo con una corta risata.

- Prendimi poco per il culo perchè non succederà mai più - tagliai corto, rossa in faccia, e anticipando qualsiasi cosa.

Rise. - Era solo un bacio, Gray, praticamente a stampo, da bambini - commentò con la voce bassa che gli avevo sentito usare alla festa. - Ero anche brillo ...

Tornai a guardarlo. - Sì, lo so, e ripeto che non succederà più - ridissi cercando di sembrare più tranquilla.

Mi sorrise, un sorriso improvviso di sfida che non prometteva bene. - Quindi se io ci riprovassi, adesso, non ci staresti?

Lo guardai presa alla sprovvista.

- Sai che credo di sì? - Mi sfidò.

- Parker, abbassa la cresta, non piaci a tutte. - E gli rubai la lattina.

Rise. - A te piaccio - disse tranquillo e lo guardai male. - Forse caratterialmente non molto, forse per niente in quel senso. Ma fisicamente sì.

- Non mi piacciono le persone solo per l'aspetto fisico. Se mi piace qualcuno è anche per com'è lui, dentro - lo corressi, guardandolo negli occhi seria.

Fece spallucce. - Allora diciamo che sei attratta da me, fisicamente. - E mi sondò con gli occhi.

Li mantenni fissi per non mostrarmi esitante anche se all'allusione avevo un attimo traballato imbarazzata. - A me non sembra. - E riuscii a sbuffare.

- Ti incanti - disse sorridendo lieve ma convinto.

Sbattei le palpebre più volte, presa di nuovo alla sprovvista.

- A volte, quando mi guardi negli occhi, o quando mi spettino perchè sono stanco. Ti incanti per un po' e poi torni come prima, spesso più acida - spiegò osservando il suo cibo, tranquillo, mentre esponeva la sua teoria.

Mi ero in effetti resa conto di aver fatto qualcosa del genere due volte, tre massimo … Ma non distolsi lo sguardo per non dargliela vinta.

- Mi incanto a volte guardando Hoppus, quindi non c'entra. - Guardai verso la porta verde, cominciando a elaborare un qualche piano di fuga che non peggiorasse poi la mia situazione.

Sbuffò scettico e lo sentì tornare a usare le bacchette.

Lo guardai di sottecchi. - E poi, an ... - Ma cambiai idea.

Mi guardò sorridendo ironico. - E poi?

Scossi la testa distogliendo lo sguardo.

- Che codarda - mi provocò.

- Non sono una bambina, non ci casco.

Stava per ribattere quando sentimmo un rumore strano.

Sobbalzammo entrambi guardando verso la porta della palestra verde. Il rumore era venuto da là, neanche il mio sguardo di sfuggita di prima avesse richiamato qualcuno.

- Corri! - Fece subito Parker prendendo su il suo pollo e la coca-cola e saltando giù dalle gradinate. Io afferrai al volo la giacca con la mano libera e lo seguii, il cuore che all'improvviso si era messo a battere ai mille.

Lui corse subito verso la sgabuzzino di prima e velocemente lo aprì, quando lo raggiunsi aveva appena aperto e mi spintonò dentro; contemporaneamente la porta della palestra venne spalancata.

Parker entrò nello spazio stretto e rise a voce sommessa mentre mi finiva addosso per la fretta, lo allontanai con le mani per non soffocare. -E' Joe?!

- Sì - mi sussurrò. - Avrà visto le luci da fuori … Non pensavo fosse così attento, insomma, hai visto com'è, dai - continuò a voce molto bassa e col respiro più veloce del solito.

- Chi è là? - Urlò il bidello e il rimbombo per la palestra si sentì anche nello sgabuzzino.

- Spero non faccia caso alle borse e vada a spegnere le luci ... - fece così piano che quasi non riuscivo a capirlo.

- Se le vede? - Chiesi preoccupata e in ansia all'idea di venire scoperta.

Parker non rispose e rimanemmo in ascolto.

Ansiosa e il petto che rimbalzava per la paura pensavo alle eventuali conseguenze: Joe forse non l'avrebbe detto a nessuno se l'avessimo beccato di buon umore, osa però molto rara; oppure senza nemmeno ascoltarci avrebbe chiamato addirittura la preside. Che figura avrei fatto ad essere beccata lì, con Parker, di nascosto in una palestra quando a quell'ora tutto doveva essere chiuso?

- CINESE! - Lo sentimmo urlare arrabbiatissimo: il bidello aveva evidentemente visto le cose che avevamo abbandonato per la fretta.

Parker soffocò una risata. Anche se lo spazio senza le borse era di più ce l'avevo quasi del tutto addosso e la risata soffocata sembrò quasi raggiungermi fisicamente. - Ops - fece.

Cercai di nuovo di allontanarlo. - Almeno non ha visto le borse … E come facciamo a capire quando possiamo uscire senza che ci veda?

Parker non rispose di nuovo e mi irritai.

Si sentirono passi pesanti e arrabbiati e una luce schioccò spegnendosi.

Parker velocissimo si staccò da me afferrandomi per un polso. - Adesso! - Aprì la porticina non preoccupandosi nemmeno di far rumore e correndo mi trascinò verso la porta verde; correva troppo veloce per me e quasi mi fece cadere, non riuscendo con le mie gambe a stare dietro ai suoi passi.

Joe intanto nel corridoio degli spogliatoi, per fortuna abbastanza lontano, cominciò a correre sentendoci e facendo traballare rumorosamente il mazzo di chiavi, sempre attaccato ai pantaloni.

- Lo zaino! - Mi urlò ridendo e prendendo la sua borsa.

Lo presi subito e corsi dietro di lui fuori dalla porta. Correva come un idiota e si fermò solo fuori dal cancello del polo scolastico in un angolo riparato e leggermente nascosto. Lo raggiunsi ansimando poco dopo: io non facevo sport ed ero decisamente fuori forma.

Normalmente sarei stata arrabbiata con lui, ci eravamo quasi fatti beccare, insomma, ci avrebbero anche beccato se Joe non fosse stato stupido. E poi cosa gli avremmo detto?! Cosa avremmo detto, nel caso, alla preside?!

Ma scoppiai a ridere.

Parker si appoggiò al muro lasciando cadere la borsa, aveva le guance arrossate per la corsa al freddo, la felpa della squadra di basket era dentro la borsa ed era solo in mezze maniche. Sorrise divertito guardandomi. - Ho rovesciato quasi tutta la coca-cola ma vabbè!

Risi ancora. - Mi sento troppo una cattiva ragazza!

Lui scoppiò fragorosamente a ridere, in un modo sincero che forse non gli avevo mai visto rivolgermi. - Per così poco? - Riuscì a chiedere.

Risi di nuovo anch'io e ancora col sorriso pieno sulle labbra ci guardammo.

Ci guardammo in modo strano: entrambi con gli occhi lucidi per la corsa, divertiti per la stessa cosa, forse per l'unica volta in una specie di tregua. Non esisteva la storia della foto in quel momento.

Ma queste realtà parallele, momenti del genere, non duravano per sempre: di solito pochi secondi.

- Per così poco - ripetei respirando già normalmente e tornando anche a un'espressione normale, che non faceva male alle guance. Tornando al nostro mondo, abbastanza violentemente.

Parker sospirò e cominciò a raccogliere le cose. - Direi di tornare a casa allora, prima che al vecchio idiota non venga l'idea di controllare qua intorno - propose, tranquillamente, aprendo la sua borsa e tirando fuori la felpa.

Annuii e basta anche se non mi stava guardando. - Domani - aggiunsi dopo un poco, a mo' di saluto, sistemandomi alla ben e meglio il poco cinese sopravvissuto tra le mani, insieme a giacca e resto.

Fece solo un verso in risposta e nemmeno mi guardò.


 

Camminai lentamente, infreddolita, nel parcheggio. La mia macchina, come al solito, agli antipodi dal cancello dell'entrata scolastica, vicino al bar. Mi si dipinse automaticamente una smorfia vedendo chi c'era fuori dal locale.

Ci mancava solo quella per chiudere in bellezza il pomeriggio.

Clark era appena uscito con un bicchierone enorme di caffè. Il buonissimo caffè di Jack nelle mani di quell'essere odioso.

Aumentai leggermente il passo solo per arrivare alla macchina prima che potesse vedermi o dirmi qualcosa. Speranze vane ovviamente.

- Gray!

Ecco, appunto, Dio, uccidimi, pensai alzando gli occhi al cielo, le chiavi che stavano aprendo in quel momento la portiera.

- Sì, Clark, sono di fretta, scusa - cercai di scaricarlo subito con un sorriso acido.

Lui rise. - L'ha fatto? - Si avvicinò velocemente, sempre col suo bel caffè caldo che emanava nuvolette in aria.

Cosa?

- Eh? - Lo guardai interrogativa ma aprendo la macchina: pronta a fuggire.

- Parker! - aggiunse come se avessi potuto capire.

- Clark, già quando parli chiaro e tondo non sei umanamente comprensibile, quindi non so ...

Mi osservò divertito bevendo il suo caffè e mandandomi su tutte le furie, ma alla fine ce la fece a parlare: - Ti ha baciata?

Rimasi un attimo di stucco.

- Sai il nostro discorso alla festa? Che dicevi che con Parker non ci saresti mai stata? Ci abbiamo poi scommesso sopra e aveva fino a stasera di tempo per farcela: ce l'ha fatta? - Chiese di nuovo, ridendo.

Ero sorpresa, decisamente, ma non troppo da non entrare in macchina subito dopo e sbattere il più forte possibile la portiera: quasi sperando che l'impatto potesse far male a quei due ragazzi.


 

C'erano varie conclusioni e considerazioni, alla fine.

Le trassi in macchina, tornando a casa.

Una era che il bacio della festa a Clark non era stato raccontato: probabilmente per l'ego di Parker non bastava, povero. E che fosse stato dato, non per uno schizzo alcolico ma per una scommessa, mi infastidiva. Mi infastidiva fino a un livello anormale, insopportabile.

Secondo: in palestra, per l'allenamento e dopo, non ero stata chiamata per compagnia ma di sicuro per finire la scommessa ed era terribilmente pessimo.

Terzo: non capivo solo perchè non ci avesse riprovato, sapevo solo che il non averlo fatto fosse, ironicamente, commovente.

Ce n'erano poi tante altre, ma tutte portavano a un'unica conclusione, alla principale: odiavo Parker.

Dovevo imparare che, in ogni e singolo caso, quel pensiero sarebbe dovuto rimanere fisso. Sempre. Perchè Parker non era diverso da quello che era sembrato subito, non era diverso dall'idiota ragazzo popolare che avevo sempre visto: bello, egocentrico, stupido e vuoto.

Sempre, Evelyne.

Lo sarebbe stato sempre, quindi io non dovevo assolutamente cominciare a pensarla diversamente.

 


 

*Angolo autrice:

Salve a tutte!
E scusate il ritardo ... Ma vi ricordate la mia febbre? E' durata fino a questi giorni (e sapete la famosa mononucleosi che ho già nominato? Beh scrivere questi capitoli mesi fa e nominarla deve avermi portato sfiga perchè me la sono presa -.- non so come poi, ma vabbè ...).
Fatto sta che sono stata per lo più male e solo adesso ho trovato il tempo di revisionare, modificare quello che dovevo modificare e alla fine pubblicare.
E' un capitolo particolare. Ci sono tante cose.
Non so cosa possiate pensare adesso di Parker e di quello che ha fatto e detto Evelyne, ma in particolare di Parker, che diciamo non si è comportato, di nuovo (è lui, non sono io!), tanto bene. Ahahahah
Però scusate ma io, quando è se stesso lo amo. Col cinese e tutto gli sarei saltata addosso <3 Ma vabbè io sono di parte :DD
Fatemi sapere cosa ne pensate, se la storia continua a piacervi o cosa, ditemi, che a me fa solo piacere :)
A presto, davvero.

Josie.

   
 
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