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Autore: LarcheeX    07/11/2012    2 recensioni
Dopo la morte di Xemnas, le istanze dittatoriali di un certo Re cominciarono a farsi troppo ambiziose e avide di potere, portando quello che era un universo che aveva faticosamente guadagnato la pace e la serenità a diventare un oscura distorsione di sé stesso.
Ma come ogni dittatura porta consensi, volenti o nolenti, e dissensi, un gruppo di Ribelli ritornati in vita capitanati dai traditori traditi dal loro migliore amico è pronto a sorgere dalle macerie dei ricordi e farsi avanti per distruggere il Re.
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Tornata in vita non si sa come, LarcheeX torna alla carica dopo un imbarazzante numero di mesi: qualcuno la seguirà? Boh. Vedremo.
Penumbra is back.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kairi, Naminè, Organizzazione XIII, Riku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Piani falliti e situazioni accomodate.

 

Cuore dell’Oltretomba, ore 04.12.

 

Nel momento in cui Axel era sparito, quelli che si trovavano vicino a lui, primo tra tutti il soldato che era entrato in confidenza con lui, scattarono in avanti per vedere che fine avesse fatto, ma trovarono solo un impassibile muro di roccia. Non potevano nemmeno tentare di riprodurre i movimenti del numero VIII, perché metà del suo corpo era coperto da un masso, ma qualcosa era sicuro: c’era un meccanismo lì, tra le pietre, e Axel lo aveva attivato per sbaglio.

“Accidenti, ma dov’è finito?” chiese il soldato, esaminando la roccia palmo a palmo: “Non trovo niente che somigli a una leva o ad un pulsante!”

“Beh, l’Oltretomba è pieno di passaggi del genere, e non sarebbero segreti se fossero così facili da individuare.” Replicò un altro soldato, volgendosi poi a Demeter: “Mia signora, dovremmo andarlo a cercare?”

“Non importa.” Intervenne Saïx: “Riuscirà a ritrovarci.”

Ma lui non è il secondo in comando? Non dovrebbe preoccuparsi dei propri compagni? Si chiese Kairi, ma ovviamente lei non sapeva quasi nulla della storia di Saïx e Axel, e proprio per paura per suscitare l’irritazione del numero VII che si stette zitta. Inutile dire che, sebbene lei non dovesse temere molto da parte sua, Saïx le incuteva ancora un certo timore.

“Giusto.” Disse Xigbar, alzandosi. Gli stavano venendo i crampi alle gambe. “Ora che ne dite di cercare un modo per entrare?”

 

Corridoio accanto alla sala di prigionia degli dèi, ore 04.40.

 

Marluxia si era allontanato abbastanza dal gruppo, ma, sebbene gli altri non fossero affatto vicini, affrettò il passo, temendo che, non appena Xemnas si fosse accorto della sua sparizione, avrebbe mollato tutto e tutti e si sarebbe gettato al suo inseguimento. Capiva bene che la missione era una delle priorità, ma aveva automaticamente anteposto i propri ricordi. Se Zeus diceva il vero, quello era il suo mondo, il luogo dov’era nato e cresciuto, dove magari vivevano ancora i suoi genitori, dove la matassa aggrovigliata della sua vita, di cui aveva in mano solo un piccolo filo, si era srotolata e snodata, dove doveva per forza esserci un segno del suo passaggio, magari una piccola impronta che ammiccava verso di lui, in attesa di essere scoperta ed interpretata. Avrebbe preferito non separarsi dal gruppo per non destare immediatamente i sospetti del Superiore, ma i suoi ricordi avevano precedenza assoluta, anche più di Larxene e la sua maledetta testa calda.

Sulla via del propri passi, Marluxia ebbe modo di pensare a come riuscire a risalire senza usare il proprio potere, bloccato dalla maledizione, e aveva risolto il problema con l’unica soluzione possibile, cioè una lunga e pericolosa arrampicata. La cosa non gli piaceva affatto ma non avrebbe potuto fare altrimenti: avrebbe potuto generare una pianta tanto alta da portarlo in superficie, ma le condizioni generali glielo impedivano. Se avesse avuto fortuna avrebbe trovato qualcosa a cui aggrapparsi per tutta la scalata.

Giunse alla sala della carcerazione degli dèi con una sorta di passo frettoloso, forse modulato dalla preoccupazione costante di essere seguito e, con dei movimenti febbrili, si avvicinò in fretta alla parete di roccia lungo la quale erano caduti, calcandosi il cappuccio sul  capo per confondersi con la penombra dell’ambiente. Se ci fosse stata Larxene probabilmente si sarebbe fatta quattro risate: il suo sorriso affabile e sarcastico si era tramutato in una sorta di smorfia pensosa che si addiceva maggiormente a Saïx, e non a lui.

Nel momento esatto in cui realizzò ancora una volta la figura del numero XII nella sua mente fu fulminato da una domanda terribilmente logica: se si trovavano nell’Oltretomba, dove quindi Larxene si trovava a sua volta, come avrebbe fatto a usare la sua bomba a tempo?

Quell’idiota! Si trovò a pensare Ha creato tanto scompiglio per nulla! Quando imparerà a ragionare col cervello!? Sperava che anche Xemnas si fosse accorto di quell’incongruenza, ma poi, si disse, non gli importava granché. Che Il Superiore corresse di vicolo in vicolo, se volesse, ma lui non avrebbe assolutamente perso tempo in quel modo.

La scalata fu più semplice del previsto, dato che trovò tantissimi appoggi per la sua salita, e non si dovette neanche preoccupare della paura di cadere, dato che non avrebbe potuto provarla. Inoltre, era tutto così buio che anche se Xemnas fosse arrivato, non avrebbe assolutamente potuto vederlo.

Arrivò in cima verso le sei.

 

Sala interna del Cuore dell’Oltretomba, ore 05.23.

 

Ade se l’era presa schifosamente comoda a spiegare dove fossero, cosa stessero facendo e dove dovessero andare, perché probabilmente voleva testare Larxene, che, se avesse mostrato un minimo di impazienza, lo sapeva, sarebbe stata immediatamente dichiarata spia. Più tempo passava, però, più si dava della stupida: aveva gettato l’amo e aveva detto la propria frase segreta senza pensare al fatto che fosse nell’Oltretomba, quindi era incapace, almeno in quel momento, di scatenare il cannone elettromagnetico. Inutile dire che le strategie erano prerogativa di Marluxia, lei era sempre stata utilizzata come strumento e raramente aveva potuto pensare un piano efficiente, quindi per forza quel suo tentativo di fare a modo suo era andato a farsi fregare! Odiava sentirsi inferiore, ma in quel momento l’unico pensiero che riuscisse ad elaborare era la sua totale sconfitta. Aveva ragione lui quando la chiamava testa calda.

Lanciò un’occhiata prima a Léon, poi ad Ade. Mentre il primo aveva conservato la propria espressione impassibile e guardava fisso davanti a sé, il dio sembrava davvero preoccupato: che gli intrusi fossero penetrati in profondità, fino alla serratura? Re Topolino gli aveva tassativamente proibito di far avvicinare il personale, quindi figurarsi dei nemici! E poi, avendo i Keyblade avrebbero benissimo potuto aprirla, e sapeva fin troppo bene che ne servivano tre per sigillarla, quindi sarebbe stato impossibile chiuderla, con due traditori.

Larxene sperava che gli altri fossero avanti, che l’avessero già aperta, anche se non era così ottimista, era già così stanca dell’aria pesante dell’Oltretomba che avrebbe fatto di tutto per uscire. E, non per ultima cosa, voleva che qualcuno avesse già inconsciamente rimediato alla sua stupidaggine, che aveva dato false speranze e si era rivelata inutile.

Solo che, arrivando davanti alla serratura, non trovarono nessuno. Ade rivolse un sorriso tronfio e rilassato a loro due: era evidentemente sollevato dal fatto che l’incolumità sua e del suo regno fosse ancora inattaccabile. Anche perché, se non erano riusciti a trovarla in quel momento, spiegò, non avrebbero potuto trovarla mai più, perché aveva appena deciso che sarebbe rimasto lì di guardia “insieme alla mia adorata moglie.” Non appena menzionò la parola moglie indicò la colonna della serratura, dove, Larxene non l’aveva assolutamente notato, era imprigionata una fanciulla. La pietra ormai le aveva mangiato il corpo fino all’inguine e le teneva le braccia appese per i polsi, mentre la testa ciondolava verso il petto nudo. Ade sorrise con soddisfazione: “La figlia della dea della fertilità non poteva trovare un posto migliore che sopra il più importante oggetto del mio regno nella più importante stanza del mio multiforme palazzo.” Sembrava un complimento, anche se Larxene non riuscì ad intenderlo come tale.

La fanciulla alzò il capo biondo, posando su di loro un paio di occhi scuri, tristi: “Sì, mio signore.”

“Lei è a capo della più grande armata di Heartless di tutti i mondi!” tuonò lui: “E ora sta per essere scatenata!”

Sebbene si trovassero non solo sotto l’ormai dura coltre di fango, ma anche parecchi corridoi più in fondo, lei era sicura che l’ultima frase avesse rimbombato per tutto l’Oltretomba, dato che il pavimento sembrava aver tremato.

Od era qualcos’altro?

 

Stanza di comando dell’Oltretomba, ore 05.23.

 

Nell’esatto momento in cui era caduto aveva pensato di essersi rotto la schiena, perché aveva sentito un intenso dolore tra le spalle, ma poi si era alzato e si era accorto di essere franato sopra un povero porcospino di passaggio. L’animaletto se ne stava mezzo tramortito nel buio, e si riebbe solo quando Axel, con quel poco tatto che aveva, lo aveva afferrato sotto le zampe anteriori e lo aveva scrollato con energia.

Quel porcospino gli aveva istillato una strana voglia di ridere, perché un animale piccolo ed indifeso come quello era decisamente fuori posto rispetto a tutta quella situazione, e, anzi, probabilmente stava semplicemente scappando dal trambusto di tutti i soldati che erano appena arrivati e lo avevano cacciato dalla sua tana.

Dopo essersi assicurato la compagnia di quell’animale confuso, si guardò intorno: “Dove cavolo sono finito?”

Aveva parlato senza neanche aspettarsi una risposta, né dal porcospino – come avrebbe potuto? – né dal luogo in cui si trovava, senza neanche pensare che ci potesse essere qualcuno, ma, non appena pronunciò la domanda avvertì un ringhio sommesso e una voce fredda e femminile: “Sala di comando dell’Oltretomba, Nessuno.”

Si accese una torcia, e lui si ritrovò in una piccola stanza completamente vuota se non per due meccanismi di corde e rotelle collegati a due leve. Accanto a lui, c’era un enorme corpo legato come un salame, e riuscì a distinguere un volto dall’espressione ottusa. Un classico gigante forzuto dal cervello di gallina. Accanto a lui, una donna esile con dei capelli mossi e sciupati che le ricadevano sul viso e sulle spalle con mollezza. Evidentemente un tempo erano stati ben curati. La donna aveva due occhi viola freddi come il ghiaccio, e fu solo dopo qualche secondo che Axel riuscì a ricordare dove li avesse già visti: “Tu sei la donna che ci ha aperto le porte quando ci hanno catturato!” esclamò, puntandole contro un dito, come a minacciarla di non negare l’evidenza, ma lei non sembrò sconvolta dal fatto che la sua identità fosse stata svelata, anzi, si presentò: “Mi chiamo Megara.”

“Che ci fai qui?” chiese lui, ma Megara alzò un sopracciglio: “Cosa ci fai tu qui!” rimbeccò, glaciale e lui, non sapendo se dire che aveva per sbaglio attivato un passaggio segreto, fece spallucce, e alla fine Megara disse: “Io sono qui perché ho scoperto il modo per distruggere la barriera che si è indurita per non far passare il mio esercito.”

Qualcosa non quadrava: “Il tuo esercito?” chiese, aggrottando le sopracciglia: “L’esercito di Demeter, vorrai dire!” non avrebbe potuto dire cosa peggiore, dato che lei si infiammò subito: “No, il mio! L’ho allestito io per vendicarmi della cattura di mio marito!” ringhiò: “Non ve l’ha detto mio figlio?!” sembrava davvero arrabbiata. Demeter aveva fatto intendere un’altra cosa, si disse Axel, ma poi che importava? Tanto il fine era sempre uccidere Ade, quindi cosa cambiava dicendo di Demeter o di Megara?

“Come vuoi.” L’accontentò, per poi cambiare discorso: “Ma se hai trovato il modo, perché non lo usi?” e quella volta toccò a lei fare spallucce: “Ci sono due meccanismi, non so quale attivare.”

Capiva il problema. Come poteva tirare una leva a caso senza sapere cosa sarebbe successo? Poteva anche essere una trappola. Il gigante dietro di loro ringhiò ancora una volta, e Megara gli assestò un calcio: “Si combatte tra poco, stupido essere, sii paziente!”

Non aveva in effetti un vero motivo per prendersela col gigante, in fondo non aveva mai fatto particolare rumore, e scommetteva che, per essere legato in quel modo, lo avevano aggredito almeno in dieci. Era solo un po’ frustrato. Quella impaziente era proprio lei, che percepiva di star perdendo tempo appresso ad un marchingegno che non offriva indizi per essere utilizzato.

“Beh, alla fine, si tira ad indovinare.” Si espresse tutto ad un tratto, facendo qualche rapido passo verso le leve e, ignorando le preghiere della donna di non fare assolutamente nulla di stupido, che non voleva ancora morire, che sbagliando avrebbe mandato tutto a monte, posò la mano su una delle due e tirò con tutte le sue forze: l’unico risultato fu un rombo anche abbastanza vicino, che scosse la terra e fece urlare a Megara tutti gli insulti possibili.

“Hai rovinato tutto! Ora moriremo tutti!”

 

Cuore dell’Oltretomba, ore 05.38.

 

La terra tremò un’altra volta, ma in quel momento sembrava che la scossa provenisse da estremamente vicino, perché fu decisamente più violenta. Inoltre, non fu come le altre, che in qualche modo potevano essere naturali poiché erano cominciate piano per poi diventare più intense, ma era iniziata con violenza, come se la base del pavimento fosse venuta meno all’improvviso, e in un certo senso, era proprio quello che era accaduto. Dopo qualche minuto che tutti i soldati impiegarono a rialzarsi e mettere apposto gli scudi, si accorsero della situazione, e il primo fu Cloud che, forse per controllare, lanciò un’occhiata nel punto in cui il suo spadone era incastrato, non trovandolo. Passò circa un secondo, in cui lui realizzò cosa quello volesse significare, e si lanciò verso il bordo di quella che prima era la piscina infernale, spalancando gli occhi: il fango indurito era completamente franato un piano più in sotto, dove riusciva a scorgere la propria arma, lasciando quindi via libera per entrare nel cuore dell’Oltretomba.

“Questo semplifica le cose.” Ghignò Xigbar, lanciandosi giù. Riku e Kairi, avvicinandosi anche loro al bordo, provarono a fermarlo, ma, prima che anche Demeter potesse aprir bocca, quello si era già buttato. “Cosa stai facendo, numero II?” disse Saïx, assottigliando lo sguardo. Sebbene non avesse alzato il tono della sua voce, quella arrivò con facilità alle orecchie a punta del cecchino, che rise: “Non ti sto tradendo, non ti preoccupare!” allargò le braccia: “Faccio solo una piccola ricognizione, non posso?” Saïx non disse nulla. Sebbene gli avesse dovuto ricordare di essere il secondo in comando, si trattenne dall’evidenziare la propria superiorità, poiché fin troppe volte Xemnas lo aveva avvertito che i suoi antichi colleghi, per quanto potesse ricordare, non erano persone a cui piaceva essere subordinati a qualcuno, e che perciò doveva trattarli con la dovuta cautela.

Riku voleva dire qualcosa a Saïx, di richiamare Xigbar, ma anche lui si arrese, rivolgendosi a Demeter: “Sarebbe meglio che anche noi scendessimo, avete delle corde a disposizione?”

“Sì, potremmo legarle a delle rocce e calarci giù.”

Proprio quello che lui voleva evitare: legare le corde alle rocce significava lasciare una traccia e, benché ormai la loro presenza non fosse più tanto inosservata, sarebbe stata una buona idea non dare idea a chi li seguiva, se c’era qualcuno che li stava seguendo, di cosa avessero fatto.

Demeter sembrò interpretare il suo pensiero, e disse, con un tono che sembrava di chi avesse la soluzione a tutti i problemi: “Non ti preoccupare, Rial rimarrà qui a controllare le corde e slegarle una volta finito, poi potrà saltare giù. In fondo, è per un quarto divino quindi dovrebbe resistere all’impatto.” E gli indicò il ragazzino con i capelli boccolosi: “Ehi Rial! Vieni qui!” gridò, con la sua voce tonante da dea, e tosto il ragazzino caracollò da loro.

“Sì?” chiese, tenendo con una mano la sua lunghissima asta. Al contrario del resto della truppa, che si rivolgeva a Demeter con un sacco di epiteti gloriosi e alti, lui, forse per la sua innocenza infantile, sembrava stesse parlando con un vicino di casa, tanto era informale il suo tono. Demeter non volle farci caso, e gli spiegò la situazione: “… e quindi, dopo che tutti si saranno calati, dovrai sciogliere tutte le corde dagli appigli e saltare giù. Pensi di farcela?”

Il ragazzino annuì con energia: “Certo che sì, del resto mio papà è il grande Hercules!” esclamò, con un sorriso a trentadue denti.

“Bene.” Borbottò la dea, per poi alzare la voce, rivolgendosi a tutti i suoi soldati: “Ora, legate tutte le corde che avete ad un appiglio e calatevi giù.”

Alla fine, riuscirono a scendere in fretta, nonostante fossero almeno un centinaio, anche perché Xigbar, reso frettoloso dalla voglia di combattere, aveva deciso di utilizzare un tipo di proiettile che non aveva mai pensato di usare: si trattava di un gancio a quattro punte che, sparato, si attaccava ad una superficie e produceva una corda molto resistente. In questo modo avrebbe potuto velocizzare la discesa di quel piccolo esercito.

Cloud fu il primo a toccare il suolo, e, appena posò i piedi sul terreno, si lanciò a recuperare la propria arma. Xigbar si accorse che anche lui, a dispetto della solita espressione calma e composta, era piuttosto impaziente, e probabilmente era perché voleva riprendersi il suo amico pirata. Era piuttosto evidente che fossero molto legati e Xigbar, dal basso della sua misera condizione, non era in grado di comprendere un’amicizia come la loro, forse perché non ne aveva mai avute. Per questo motivo non disse nulla quando vide Cloud allontanarsi alla ricerca di Sparrow. Alla fine non doveva neanche essere troppo lontano, dato che dovrebbe essere stato abbastanza intelligente da non inoltrarsi in un posto che non conosceva senza nessun compagno.

Furono tutti giù in un tempo relativamente breve, e decisero di dirigersi in un corridoio più largo degli altri. Se era come Demyx diceva, e cioè che nel cuore dell’Oltretomba c’era un’armata di Heartless, di sicura la via che poteva permettere un rapido passaggio di quest’ultima era senza dubbio la più larga.

“Avverti la presenza di qualcuno?” chiese Riku a Saïx, e tutto quello che ricevette fu una scrollata di spalle. Che fosse impensierito dalla scomparsa di Axel?

 

Sbocco del corridoio, ore 05.57.

 

“Manca il numero XI!” gridò Luxord, dopo aver contato almeno tre volte tutti i presenti. Chissà da quanto se n’era andato… che stesse progettando un altro tradimento?

“Cosa!?”

Xemnas si bloccò lì dov’era arrivato. Riusciva a vedere, a dispetto dell’oscurità che li circondava, una sorta di uscita, e questo, in qualche modo, gli aveva sollevato il morale, ma sentire che Marluxia si era allontanato senza dire nulla gli aveva rovinato di nuovo l’umore. Ci mancava solo che quell’idiota rovinasse tutta l’operazione per una ripicca nei suoi confronti. Ma, purtroppo, quella notizia aveva portato nuovi dubbi nella mente del Superiore: se Marluxia aveva programmato tutto, era possibile che avesse mentito fin dall’inizio, anche sul messaggio in codice di Larxene, e quindi che avesse già progettato di allontanarsi. Si diede dell’idiota per aver dato fiducia al numero XI, fiducia che, tra l’altro, neanche si meritava, visti i suoi precedenti ma, piuttosto di continuare a rimproverarsi, provò a pensare dove sarebbe potuto andare. Nella sala dove avevano liberato gli dèi non c’erano altre vie d’uscita, aveva controllato un sacco di volte, quindi l’unica soluzione era che volesse fare all’indietro il percorso con cui erano giunti fino a quella sala tonda. Si consolò dicendosi che, comunque, sopra quel crepaccio c’era Zexion che, di sicuro, era rimasto ad aspettarli e che, quindi, poteva fermarlo, e ci sarebbe di sicuro riuscito, dato che sapeva benissimo di essere uno dei membri più forti. Quindi il problema non era grave come aveva pensato.

“Il Burattinaio Mascherato prenderà visione della questione.” Dichiarò: “Vedo un’uscita, meglio continuare.”

Gli dèi, in particolare Ares, sembravano d’accordo, tanto che superarono i Nessuno e si fecero strada fino alla fine della galleria.

Sbucarono in una specie di balconata che si trovava in una grande sala, molto in alto, molto vicino al soffitto di pietra. Ad un certo punto c’erano delle scale che portavano in basso ma, prima di scendere, gettarono uno sguardo verso il basso, rimanendo decisamente sorpresi.

La sala era pressappoco enorme, piena di stalattiti di pietra e varie colonne, mentre ce n’era una che sembrava più grande delle altre alla quale, con somma sorpresa di tutti gli dèi, era collocata una fanciulla dai capelli biondi. Evidentemente la riconobbero perché, pur rimanendo in silenzio, si guardarono spaventati. Ma non fu la presenza di quella ragazza a sorprendere i Nessuno, bensì quella di Larxene, che si trovava in compagnia di Ade e Léon e sembrava presa dal discorso animato che stava facendo il dio dei morti. La prima cosa che passò per la mente di Xemnas fu quella di saltare giù dalla sua postazione e farle pagare il prezzo del tradimento, ma, prima anche che potesse dare degli ordini ai due membri accanto a lui, la Ninfa Selvaggia, annoiata dalle parole di Ade, fece scorrere lo sguardo attorno alla sala, vedendoli. Se fosse stata una traditrice avrebbe di sicuro dato l’allarme, cosa che non fece, e, anzi, tornò a guardare il dio con un nuovo interesse, come se volesse evitare in ogni modo che il suo sguardo cadesse sugli intrusi.

Quindi ha solo finto di tradirci…pensò il Superiore, un po’ più tranquillo. Rimaneva, quindi, solo Marluxia.

Silenziosamente, fece abbassare tutti in modo da non essere visti, in attesa che Larxene desse un qualche segnale, cosa che dovette attendere a lungo. Intanto, però, percepiva una sorta di agitazione, come se un gran numero di persone si stesse avvicinando.

 

Corridoio interno dell’Oltretomba, ore 06.01.

 

Avevano camminato per circa venti minuti, seguendo quella larga via che permetteva di muoversi velocemente, il più silenziosamente possibile, per quanto un esercito potesse essere silenzioso. C’erano stati due risvolti positivi, che avevano tirato su il morale di quella truppa sgangherata: primo, Cloud aveva ritrovato Jack, che si era nascosto dietro un muro non illuminato da nessuna torcia ed era schizzato fuori nel momento in cui il soffitto rischiava di cadergli addosso. Cloud l’aveva agguantato nell’esatto momento in cui gli era passato davanti senza vederlo, alla folle ricerca di un nascondiglio al riparo dalle macerie, e aveva dovuto dargli un pugno in testa per riportarlo alla calma. La prima cosa che aveva detto era stata qualcosa tipo: “Diamine, potevi fare più piano!” ma, alla fine, gli confessò di essere molto felice di vederlo, insieme a tutti gli altri, anche se stavano cominciando a puzzare di cadavere. Cloud fu costretto a ricordargli che anche lui avesse un urgente bisogno di una doccia, e lui scoppiò a ridere senza ritegno.

Recuperato Jack, era passata una manciata di minuti che ritrovarono anche Axel, sbucato da chissà quale altro passaggio in compagnia di Megara e quello che Vexen riconobbe come lo scorbutico cervello di piccione che lo aveva attaccato nell’arena clandestina. Aveva detto che aveva trovato, insieme alla donna al suo fianco, due leve, e tirandone una aveva fatto crollare tutta la barriera di fango indurito.

Quindi, ormai riuniti e pieni di speranza, velocizzarono il passo verso il cuore dell’Oltretomba.

 

Sala interna del cuore dell’Oltretomba, ore 06.10.

 

Larxene percepì il rumore di centinaia di piedi che camminavano e clangore d’armi, e, seppur involontariamente, gettò un’occhiata preoccupata verso la balconata dove aveva intravisto Xemnas. Sperava che fossero lì per rimediare al suo errore di calcolo, e fortunatamente Ade non si era accorto di nulla. Aveva pensato che fossero stati loro a produrre quel rumore, ma si ricredette quanto il dio dei morti, allarmato, indicò un punto indefinito nella sala, dove un corridoio piuttosto largo si immetteva nel luogo dove si trovavano loro. In effetti, in quel buio sembrava esserci un certo movimento. Chiunque fosse, erano in tanti e stavano arrivando.

“Sono i ribelli, li percepisco.” Disse Léon, apparentemente impassibile, ma questo, invece di tranquillizzare Ade, lo fece innervosire ancora di più: se erano nemici, non doveva assolutamente permettere che si avvicinassero né a Kore né alla serratura, o altrimenti Topolino lo avrebbe fatto a pezzi. Si era raccomandato in maniera particolare di custodire la serratura, quindi aveva pensato che qualunque trasgressione sarebbe stata punita con violenza.

Prima di cominciare ad evocare la sua armata di Heartless, però, si rivolse con sconcerto alla fanciulla legata alla colonna, quasi si sentisse tradito: “Perché non mi hai avvertito?! Li potevi fermare!” urlò, furioso, i capelli fiammeggianti che da blu erano diventati rossi. Avrebbe scatenato tutto il suo potere pur di fermarli, di questo Larxene era certa.

Non giunse alcuna risposta da Kore, che rimase con lo sguardo fisso nel punto in cui sentiva il rumore di armi farsi più vicino e Ade, sempre più rabbioso, le afferrò una ciocca di capelli e la tirò forte: “Evoca tutti gli Heartless, ora.” Ordinò, e la ragazza, sempre impassibile, bisbigliò un atono ‘sì, mio signore’ e, dopo qualche attimo in cui sembrava doversi preparare, si inarcò all’indietro, entrando direttamente dentro la colonna, come inghiottita.

Passò qualche secondo ancora e la terra tremò di nuovo, anche se in maniera violenta e improvvisa, tanto che Ade stesso fu costretto ad aggrapparsi a qualcosa. Larxene cadde a terra ed il mondo vorticò, l’unico punto fermo era la luce emanata dalla serratura. Si chiese cosa stesse succedendo a Xemnas e gli altri, e sperò che la balaustra reggesse fino alla fine.

Dal pavimento cominciarono a sorgere gli Shadow, silenziosi e piatti, a migliaia, seguiti dai Soldato e dagli Stregoni. Erano tantissimi, troppi anche per un esercito.

Si alzò a fatica, accorgendosi di essere finita vicino all’imbocco del corridoio da dove stavano arrivando i presunti nemici e, quando fu in piedi, scorse finalmente tutti i soldati. Erano vicinissimi.

Erano uomini e donne, giovani e vecchi, armati alla buona, comandati da due donne alte e longilinee, delle quali una delle due sembrava assai più grande di tutti gli altri, e pensò si trattasse di una dea come Ade.

Intravide Demyx e Vexen, anche Axel, ma, prima anche di poter dire qualsiasi cosa, fu colpita e trapassata da un proiettile violetto. Spalancò gli occhi, invasa dal dolore, e fece in tempo a bere una piccola pozione che aveva nel cappotto prima di cominciare a dissolversi. Barcollò, ma rimase in piedi. La ferita era un buco all’altezza della spalla e, nonostante avesse arginato gli effetti, bruciava da morire. Il poco sangue scuro che i Nessuno avevano gocciolava copiosamente, e le sporcò il guanto quando mise la mano sul taglio.

Aveva capito solo dopo che a colpirla era stato Xigbar, solo quando lui le si parò davanti come se stesse fronteggiando un nemico. “Che ti prende, idiota!” gridò lei, accecata dal dolore, mentre faceva qualche passo in avanti.

I soldati si erano riversati all’interno della grotta con urla di guerra, lanciandosi il più vicino possibile ad Ade, chi evitando gli Heartless, chi spazzandoli via con la propria arma, perciò, per farsi sentire sopra il rumore di metalli che cozzavano e grida, fu costretta ad alzare il tono della voce fino a farsi bruciare la gola: “Perché mi hai sparato!?”

Per tutta risposta lui le puntò una delle sue pistole sulla fronte, freddo come il ghiaccio. Larxene spalancò gli occhi, invasa da una finta paura. Non che fosse terrorizzata come il suo viso dichiarava, ma sapeva che non voleva assolutamente morire lì. Non poteva. “Xig… bar…?” mormorò, cadendo in ginocchio.

Riku aveva preso la mano a Kairi, che a sua volta aveva preso quella di Naminé, e si lanciò a tutta velocità verso la serratura, deciso in ogni modo a perdere meno tempo possibile, voleva aprirla e andarsene immediatamente. Aveva percepito che la situazione stesse degenerando, che ben presto avrebbero perso quel poco vantaggio acquistato con il loro arrivo a sorpresa con l’arrivo di altri Heartless, ma la sua corsa fu ostacolata da un’altra scossa, questa volta proveniente dall’alto, che, giungendo all’improvviso, lo scaraventò in avanti con una velocità assurda e, per evitare che le due ragazze si facessero male con lui, poiché Kairi sembrava decisa a non lasciare la sua mano, si costrinse ad atterrare prima di schiantarsi sulla colonna più vicina. Abbassò il piede per fare in modo che facesse attrito con il terreno ma, sfortunatamente, arrivò con il peso suo, di Kairi e di Naminé sul braccio rotto. Era riuscito a far rimanere intere le due ragazze, anche se non poteva dire lo stesso di lui. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, il dolore troppo opprimente per rimanere senza voce.

Dopo quell’attimo di debolezza che si concesse, però, fu rapido a rimettersi in piedi. La serratura era al centro della stanza e pareva irraggiungibile. Una montagna di Heartless le si era ammassata davanti, nascondendola allo sguardo, e Ade si era parato davanti, sbaragliando col suo potere divino tutti i soldati che gli si paravano davanti. “Non avrete mai la serratura, sciocchi!” urlò, scatenando una montagna di fiamme rosse e viola che si chiusero a cerchio attorno a lui e l’obiettivo di Riku.

“Dannazione!” provò a imprecare, ma non fece neanche in tempo a finire che fu costretto trascinarsi nella mischia a causa di un Heartless che aveva attaccato Kairi. Sebbene entrambe le ragazze erano abbastanza brave a combattere, lui doveva assolutamente proteggerle perché una aveva il Keyblade ma non era abituata a così tanti nemici e l’altra non aveva nessun’arma utile.

Aveva visto Xigbar attaccare Larxene, probabilmente infastidito per il suo tradimento, ma non ebbe modo di seguire oltre il combattimento perché aveva visto i membri dell’altro gruppo, o almeno una parte, saltare giù da una balaustra vicino al soffitto e lanciarsi a combattere insieme ad altre persone che sembravano divinità. Ne fu molto sollevato. Anche loro avevano trovato dei rinforzi, allora la situazione non era così disperata.

Nell’esatto momento in cui aveva visto Xigbar attaccare Larxene, che probabilmente ai suoi occhi era una traditrice, Xemnas aveva dato l’ordine di attaccare, almeno per evitare che le fiamme di Ade bruciassero tutta l’armata che l’altro gruppo era riuscito a raccattare. Inutile dire che, però, contando sia quel piccolo esercito che le varie divinità, gli Heartless erano ancora troppi, e continuavano ad essere generati dalla colonna nella quale era entrata la fanciulla dai capelli biondi. Aveva quindi capito che, per passare in vantaggio, c’era bisogno di distruggere quella colonna, quella più grossa.

Aveva gridato ai suoi sottoposti di mirare lì, ma nessuno sembrò poterlo ascoltare, perché, a peggiorare il trambusto, ci fu un’altra scossa di terremoto.

Vide Riku, Kairi e Naminé venir lanciati verso una colonna, e fu quasi tentato di lanciarsi a salvarli, ma, prima ancora che potesse fare anche solo un passo, il suo sguardo fu attirato verso la parte più alta del soffitto, talmente in alto che sembrava quasi perdersi nel buio.

La pietra sopra la loro testa si crepò, per poi frantumarsi definitivamente. E, dopo quelli che parvero anni, i suoi occhi rividero il cielo.

E non solo quello.

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abbelli! 

Vi sono mancata, vero? ('ntedico!)

Allora, prima di tutto mi devo scusare molto con tutti voi, ma il mio computer mi ha definitivamente abbandonato, quindi ho dovuto aspettare un sacco di tempo prima di ottenerne un altro, ed ero tanto felice, ma poi è successo che quello "nuovo" (era quello vecchio di mia madre) ha voluto disconnettersi per sempre dalla rete, lasciandomi scollegata da Internet.

Quindi alla fine mi sono ritrovata con un computer munito di connessione che si accendeva ogni morte di Papa, e uno che si accendeva sempre ma che non aveva neanche una tacca di connessione. Ho dovuto scivere su uno per tutto il tempo e ora asto utilizzando l'altro per postare (a Moira piacendo).

Ora, però, sono qui col nuovo capitolo e voi siete tanto contenti (?), vero? Devo dire che con questo è quasi finito il soggiorno nell'Oltretomba, nel prossimo saranno tutti a casa, si spera. Riusciranno i nostri eroi a riveder le stelle?

O, più che le stelle, i propri cuori?

Non ci conterei più di tanto, visto che sono molto sadica. Tanto sadica :3

Quindi, che dire, vi lascio con un capitolo piuttosto lungo (9 pagine di Word! D:) e spero che continuerete a seguirmi nonostante la mia lentezza nell'aggiornare <3

Ciao bbbbelli!

  
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