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Autore: cerconicknamesugoogle    11/11/2012    3 recensioni
Se Katniss fosse stata una ragazza come tutte le altre? Un semplice tributo sopravvissuto alla furia di Capitol City? Se non ci fosse stata nessuna rivolta? Se i Distretti avesser continuato ad abbassare la testa davanti al potere costituito?
Siamo alla Centesima edizione degli Hunger Games, la quarta edizione della Memoria. I giochi saranno diversi.
Due Tributi. Distretti diversi, famiglie diverse, ferite e cicatrici diverse. Due destini separati, se credete nel destino. Due destini che sono destinati ad intrecciarsi, per la gioia degli spettatori.
Questa volta ci sarà un solo vincitore per gli Hunger Games.
Che i Giochi abbiano inizio? Tenete gli occhi incolati sullo schermo, ci sarà da divertirsi.
*Fanfiction scritta a quattro mani da Wania97 e Clalla97, per la gioia di chi ama i loro scleri, cioè nessuno ù-ù Un personaggio a testa, uno per uno non fa male a nessuno.*
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Istinto e pietà

Lenore rise, le spalle sobbalzarono a ritmo con i suoi respiri corti.
<< Certo che ci è rimasto proprio male, poverino.>> commentò non appena riuscì a racimolare il fiato necessario.
<< Poverino un corno >> Rise Darren << Se lo è meritato >> Aggiunse, con il sorriso stampato in volto.
<< La faccia, poi, è stata una cosa epica! >> Continuò Lenore, scuotendo la testa.
Darren rievocò l'immagine mentale del favorito che, un'ora prima, se ne era andato con la coda tra le gambe fino al suo piano << è stato esilerante >> Concordò, senza trattenere l'ennesima risata. Questa riempì la sala, unendosi a quella di Lenore, ormai vuota. Era strano essere lì, nella palestra, che era l'anticamera dell'inferno, e ridere come gli era capitato ben poche volte nella sua vita.
Eppure, allo stesso tempo, sembrava una cosa spontanea. Qualcosa che una volta imparato a fare riesci a compiere perfettamente.
Come leggere. Si, stare con la sorellastra era esattamente come leggere. Facile, qualcosa che una volta appreso il meccanismo diventa automatico. Ma al contempo una continua scoperta

<< Len? >> Una voce, che Darren non identificò, si unì alle loro risate, facendo spegnere quella della ragazza. La figura sottile di un uomo, che il ragazzo non aveva mai visto, fece il suo ingresso nella sala.
Lenore gli sorrise.<< Sono qui. Immagino sia tardi. Scusami >> Disse. Darren smise di ridere, osservando il nuovo arrivato.
<< Buonasera >> Salutò, il più cortesemente possibile. Riconoscendolo come il mentore di Lenore, di cui aveva sentito si e no due parole dalla ragazza. Questi si era bloccato a fissarli, con qualcosa nello sguardo che sapeva di rabbia repressa. Lenore sembrò notarlo. << Te lo ricordi, Darren, immagino. >> chiese, con leggerezza. << Sai, grosso, distretto 10, uguale a me. >>
<< Smettila, Len. Pensavo fossimo d'accordo... >> sibilò il mentore, con fare arrabbiato. Darren rimase in silenzio, passando lo sguardo dall'uno all'altra. Qualcosa, nei comportamenti dell'altro, lo convise a tenere chiusa la bocca. Era fin troppo bravo a dire cose inopportune nei momenti più tesi.
<< Che diavolo stai dicendo, Greg? >> chiese la ragazza alzandosi in piedi.
<< Tutti quei discorsi: non farti distrarre, pensa all'obbiettivo, lui è uno come tutti gli altri... >> Cominciò il mentore, guardandola dritta negli occhi
<< Ma come fa a essere uno come tutti gli altri? >> chiese lei, stringendo i pugni lungo i fianchi. L'altro era pallido, anche se Darren nutriva il sospetto che lo fosse sempre. Ed era chiaramente furioso.
<< E perché dovrebbe essere diverso? >> Domandò Gregory, cogliendo evidentemente nel vivo la ragazza. Lenore esitò. Un lampo d'incertezza passò nei suoi occhi chiari.
Dubitava, capì Darren. Dubitava di lui. Si poneva quelle domande inevitabili che prima o poi sarebbero soppraggiunte.
<< Se può essere in mia difesa >> S'introdusse il ragazzo, alzandosi in piedi e maledicendo sè stesso per non essere stato capace di tenere la bocca chiusa << Stavamo solo parlando. >>
<< No, non è in tua difesa, maledizione! >> Sbottò l'altro, volgendosi verso di lui << Io sto cercando di proteggerla. E tu stai distruggendo tutto il mio lavoro. Tu la ucciderai, Darren Thomson . E non te ne rendi nemmeno conto. >> l'occhiata che Gregory rivolse al ragazzo non fu di rabbia o di stanchezza, fu solamente bruciante odio puro. Tanto, profondo, odio.
Lenore lo fissò a bocca aperta. Darren puntò i suoi occhi azzuri in quelli di Gregory facendo proprio un autocontrollo che non sapeva di possedere
<< Scusami >> Disse << Potresti ripetermi il tuo nome? E potresti ricordarmi quando hai appreso abbastanza informazioni su di me da poter prevedere le mie future azioni? >> Domandò, senza concedersi il tempo di apparire sorpreso alle affermazione dell'altro.
Era gelido, Darren. Non colmo di odio, come Gregory, ma terribilmente freddo. Era scattato qualcosa, dentro di lui.
Qualcosa era stato incosciamente scoperto ed ora stava invadendo la sua mente.
<< Io non sto parlando di te, Darren. Sto parlando di lei. Lenore. La ragazza di cui sono Mentore. Quella di cui conosco molto più di te. Quella a cui tu stai portando via ogni probabilità di sopravvivere. >> rispose lui, il tono terribilmente controllato ma ancora grondante odio.
<< Adesso smettila, Gregory. Stai esagerando. >> La voce di Lenore suonò fredda quanto quella di Darren.
<< Sono io, il Mentore, Len. E mi sembrava che fino a ieri tu la pensassi come me. >>
<< Cosa sto.. >> Darren smise di formulare la domanda nel momento stesso in cui comprese appieno l'affermazione dell'altro. Si concesse un secondo solo, uno soltanto, per riordinare le idee, prima di chiedere << Che c'è di male a tentare di avere dei rapporti umani poco prima di finire nell'arena? >> Probabilmente conosceva già la risposta a quella domanda. Ma doveva sentirla. Doveva sentirsela sbattere in faccia, prima di fare qualsiasi cosa.
<< Oh, nulla. Capisco perfettamente il tuo bisogno di trovare sostegno in qualcuno di uguale a te. Io stesso l'ho trovato in Len. >> rispose Gregory, la voce ora traboccante di sarcasmo. << Ma mi sfugge una cosa... cosa succederà se, per esempio, alla fine rimarrete tu e lei? Perché è vero, non conosco te, ma Len è un libro aperto. Non ti toccherebbe mai. E se questa è la tua strategia, allora complimenti, ci eri quasi riuscito. Ma stalle lontano. >> Darren vide di sfuggita Lenore dischiudere le labbra un paio di volte, cercando di parlare, ma non le uscì niente.
L'altro le lanciò uno sguardo, sgonfiandosi come un palloncino.
<< E ogni parola che scambia con te la porta a guardare tutti gli altri come persone, a vedere dietro di loro la famiglia, i problemi che hanno, i loro sogni... La stai distruggendo. >> concluse sommessamente.La ragazza scosse la testa, ma fu tutto ciò che fece e Darren non dovette nemmeno voltarsi verso di lei, per intuire le sue reazioni. Sapeva che Gregory aveva ragione. E lo sapeva anche lei.
<< E cosa succederà >> Le parole sorsero spontanee, senza che Darren le avesse realmente richieste << Quando, trovandosi di fronte uno sconosciuto, lo ammazzerà e tornerà a casa? >> Continuò, fissando Gregory << Pensi davvero che il tuo approccio l'aiuterà a conservarsi come persona vera e propria? Dev'essere una bella prospettiva, averla come vicina da quest'anno in avanti. Ma quanto gelida la farai diventare prima che basti per farla vincere? Quanto dovrà rinchiudersi in sè stessa, dimenticandosi cos'è la vita, prima che tu possa gioire per non essere più solo? >> Ed eccolo lì. Quel suo stupido vizio di parlare. Quella sua dannata implusività.
Complimenti, Darren Pensò Perfino con i mentori sei capace di andare a cercare rogne.
<< Cosa succederà? Cosa succederà quando tornerà a casa, Darren? Succederà che avrà una vita! Una vita intera per imparare cosa vuol dire amare qualcuno, cosa vuol dire svegliarsi e ringrazie il Cielo di essere vivi, una vita per capire che c'è anche altro oltre al dolore e all'umiliazione. Che cosa le ha dato il mondo? Nulla. Si poteva prendere qualcosa, questa, e tu le stai togliendo la possibilità di avere ciò che potrebbe ottenere con le sue forze. Len è una persona, lo è sempre stata. E non l'ho mai messo in dubbio. Fino a che non sei arrivato tu lei poteva vincere. Poteva vincere veramente. E sì, se vuoi metterla così diciamolo pure: me la stai portando via. Mi stai portando via la persona che è riuscita a farmi sentire meno solo, che mi ha tirato fuori da quella camera e che mi ha insegnato che una vita, dopo gli Hunger Games esiste, anche solo per cercare di salvare qualcuno. E mi stai togliendo la possibilità di ricambiarle il favore. >>
Le parole erano state decise, eppure dette evitando ostinatamente gli occhi di Lenore. Lei era ancora l', immobile. Evidentemente incapace di pronunciare una sola, singola, frase.
Darren rimase in silenzio per un secondo, poi, pacatamente, disse:
<< Allora vedi di insegnarle una vita anche quando si sarà sporcata le mani di sangue, e sarai tu a doverla tirare fuori dai suoi incubi. O verrò a farti una visita dall'inferno >> Scandì le frasi lentamente, senza guardare la diretta interessata. Gregory aveva ragione. Uno come lui, così auto-distruttivo, era come una bomba ad orologeria accanto a lei. << Sono in ritardo per la cena, c'è qualcos'altro che devo sapere, o posso andare a mangiare? >> Ghiaccio.
Da quanto tempo non si faceva così freddo, Darren? Da quanto tempo non usava quei modi glaciali? Ed eccoli lì. Così naturalmente freddi. Così spontanei. Come leggere. No, ancora più facile. Gregory si torse le mani con ansia.
<< Sì, vattene. E' meglio così. >>
Lenore invece rimase con gli occhi fissi a terra, lo sguardo appannato.
<< Darren? >> Lo chiamò, la voce esitante. << è giusto così Lenore >> Disse questi voltandosi verso di lei << Sono io il bastardo. è giusto così >> La guardò per un istante. Ancora freddo, ancora glaciale.
Sei troppo vicino al distruggerti da solo da rischiare di distruggere anche lei. Sei tu che cerchi i guai tenendo gli occhi troppo aperti. Ma lei può vincere, e il ba.. Mentore, ha ragione. Non hai il diritto di fargli scivolare la vittoria dalle mani. Darren aprì i lineamentei del viso in un sorriso inaspettato anche per lui, ma che era il massimo che potesse dare in un momento del genere
<< Ora hai qualcuno da cui tornare. >> Disse. Si voltò ed uscì.

 

 

 

 

 


Istinto.
Era istinto correre, saltare l'ostacolo. Era istinto rotolare sul materasso e rialzarsi subito. Era istinto giungere fino al muro ed appoggiarvi le mani per segnalare l'arrivo. Era istinto spingere i muscoli delle braccia a gettare il proprio corpo indietro, puntando nuovamente verso la pedana di partenza. Era istinto rifare il percorso al contrario, come da programma.
Spingere i muscoli al massimo, regolare il respiro. Saltare, rotolare, correre. E ancora, ed ancora.
Continua, Darren. Puoi fare meglio di così. Una pedana da saltare in corsa ed un materassino su cui cadere. Alzati subito Darren, non hai tempo per prendere fiato. E ancora correre ed appoggiarsi al muro di fronte al precedente. Gli altri tributi sono in fila, Darren. Aspettano che tu finisca e che tocchi loro. Aumentare la velocità, flettere i muscoli per dare il massimo. Rotola ancora Darren, ma attento all'ostacolo. Forza di più, Darren. Sei troppo lento, Darren. Regolare il respiro, puntare alla fine. Sei come già morto.

Arrivò alla fine del percorso respirando faticosamente.
Non si permise di rallentare fino a che non ebbe raggiunto la fila di partenza. Un tributo aspettò che arrivasse proprio al suo fianco, prima di dargli il cambio e cominciare a correre verso il muro dall'altra parte della sala.
Era un esercizio che comprendeva tutti i tributi, uno dei pochi che erano obbligati a fare. Richiedeva quasi cinque minuti di corsa ossessiva. La sua vera difficoltà consisteva nelle numerose cavalline da saltare, nei materassi su cui obbligatoriamente dovevi rotolare e su tutti i punti che dovevi toccare per poter procedere. Era più faticoso di quanto all'apparenza sembrasse. Il guaio era che, mentre lo compievi, tutti quanti ti guardavano fissi. Darren emise uno sbuffo, mentre un rivolo di sudore gli scendeva lungo la fronte.
Appoggiò i palmi delle mani alle ginocchia, piegando la schiena in segno di stanchezza.
Erano le undici di mattina. Mancava ancora un'ora al pranzo. Darren sospirò frustrato, mentre un tributo del cinque cadeva rovinosamente a terra dopo una cavallina particolarmente alta. L'osservò rimettersi a fatica in piedi, mentre l'istruttore andava a controllare che non si fosse slogato niente. Forse fu il caso, ma subito dopo il tributo del cinque, una chioma di ricci capelli neri partì verso il muro opposto alla sua figura snella.
Darren osservò in silenzio, riprendendo fiato, il corpo di Lenore scattare compiendo l'esercizio. I capelli sobbalzavano ad ogni movimento, mentre con un abile balzo superava una cavallina.
<< Gran bel tempo >> Una voce maschile interruppe il filo morto dei pensieri cui Darren tentava d'aggrapparsi, strappandolo dalla figura di Lenore.
Si voltò verso il nuovo arrivato, senza capire se stesse effettivamente parlando con lui. Lo riconobbe immediatamente come il tributo del dodici che fortunatamente non era nella sua stessa arena. Aveva capelli neri ed occhi grigi. Caratteristica che Darren riconosceva sempre a quelli del dodici. Quelli che, per quanto ne sapeva, finivano a diocittanni a lavorare in miniera.
<< Come? >> Chiese il ragazzo, scrutando il nuovo arrivato e riportandosi in posizione eretta
<< Ho detto gran bel tempo >> Rispose l'altro.
Darren corrugò la fronte << C'ho messo quattro minuti e sei >> Disse, mentre riprendeva fiato << Non mi sembra affatto un bel tempo >> Aggiunse.
L'altro sorrise
<< Lui ce ne ha messi quattro e due >> Disse indicando con un cenno del mento un favorito. Darren lo aveva già visto, in precedenza. Più che altro perchè aveva tutta l'aria di essere il più pericoloso, fra quelli che sarebbero stati nella sua stessa arena
<< Io ce ne ho messi quattro e basta. Come vedi il tuo tempo è stato molto buono. Considerato che in media ci vogliono cinque minuti per completare il percorso. >> Darren dubitava di essere andato bene. O almeno, si convinceva di poter fare di meglio. Dopotutto, aveva pensato, avere uno spirito critico verso sè stesso avrebbe soltanto potuto migliorare le sue prestazioni. Non aggiunse nient'altro.
Il suo sguardo venne catturato dal ragazzo grosso ed impiacciato del distretto due. Con movimenti goffi si preparava al suo turno nel percorso. Non era solo grasso, pensò Darren. Certo, aveva quei chili di troppo che rendono impacciati i movimenti di chiunque. Ma non era solo questo. Era la sua goffaggine esagerata, il suo tremolio ad ogni movimento, che lo rendeva una persona debole. Forse una delle più deboli.
<< Lui ce ne metterà come minimo otto >> Disse il ragazzo accanto a lui, seguendo il suo stesso sguardo. Darren gli rifilò un'occhiataccia
<< Sai che ho ragione >> Bonfacchiò questo.<< Comunque io sono Hamal , distretto dodici >>
<< Darren, dal dieci >> Si presentò l'altro, ritornando a guardare il ragazzo impacciato che stava per cominciare l'esercizio. Rimasero in silenzio per minuti. Giusto il tempo per osservare lo spettacolo del tributo grasso.
Questo cominciò a correre, ed a svolgere gli esercizi come meglio poteva. Fu uno spettacolo penoso. Correre e saltare erano due azioni a lui estranee, e tutte le volte che doveva alzarsi dal tappetino sembrava in procinto di avere un attacco d'asma.
I favoriti risero. Risero e fischiarono. Gridarono incitamenti al solo scopo di divertirsi ancora di più.
Ed ad ogni parola rivolta verso di lui, il tributo del due arrossiva sempre più pericolosamente. Darren contrasse la mascella e chiuse le mani a pugno, evidentemente contrariato. Hamal osservò in silenzio il comportamento del ragazzo, per poi ritornare a rivolgere gli occhi scuri verso la scena. I due rimasero muti. Quando, minuti e minuti dopo, il tributo finì, nella sala calò il silenzio, interrotto dagli sghigniazzi dei favoriti.
Darren distolse lo sguardo dalle loro figure, puntando gli occhi verso il povero tributo.
<< Non me lo dire >> Bonfacchiò Hamal, da parte a lui
<< Cosa? >> Domandò Darren, senza guardarlo << Tu sei uno di quelli >>
<< Uno di quelli chi? >> Chiese l'altro, senza star realmente ascoltando il discorso
<< Uno di quelli che non appena trovano un paio di occhioni dolci da cucciolo diventano delle mammollette senza fegato >> Darren girò la testa di scatto verso di lui
<< Come, scusa? >> Chiese, senza aver davvero bisogno di una ripetizione
<< Insomma, dovresti vederti adesso! Tutta quell'aria da incazzato nero non ti farà guadagnare punti, lo sai vero? Ma certo che lo sai. E allora cosa? Hai davanti un tributo grassone che nella sua vita avrà pensato chissà quante volte che i soldi l'avrebbero protetto dalla morte. Non ti sembra già abbastanza ridicolo senza che ti aggiungi al quadretto come il cavaliere della giustizia ? >>
Darren lo guardò storto, mentre Hamal scrollava le spalle con noncuranza
<< Si chiama verità radicale >> Disse, dopo un attimo << Consiste nel dire sempre ed esattamente quello che si pensa. Io in questo momento penso che tu ti sia auto-proclamato il cavaliere della giustizia. Come se ce ne fosse, in questo mondo >>
Darren contrasse la mascella. Aprì la bocca un paio di volte, prima di dire, piuttosto irritato
<< Ti rendi conto che hai detto tu, vero? Sei venuto tu qui da parte a me. Io non ho aperto bocca e tu hai.. Sparato sentenze >> Sbottò abbastanza irritato
<< Lo si capisce fin troppo bene dai tuoi occhi, quello che sei >> Bonfacchiò Hamal. Darren lo fissò in silenzio, irritato. E non solo per Hamal, sconosciuto comparso all'improvviso e senza un apparente motivo. Non solo per quelle sue uscite totalmente fuori luogo. Forse la maggior parte della sua irritazione era dovuta al fatto che, a quanto pare, tutti lo avessero scambiato per un paladino dei deboli. Prima Stephan, poi Lenore e poi quel mentore spara sentenze gli avevano detto qualcosa di simile.
Perfino la Label, la sera precedente, lo aveva avvertito di pensare solo a sè stesso. Ed ora ci si metteva pure uno sconosciuto che non gli aveva mai rivolto parola prima d'ora. Darren aprì la bocca, in testa un sacco di frasi per farlo tacere. Alla fine, però, sfogò la sua irritazione pronunciando due parole molto, ma molto, liberatorie
<< Fottiti, Hamal >> L'altro rise di gusto
<< Questo si che sporca il tuo mantello azzurro, cavaliere >> Darren era già pronto a rispondere, quando un urlo spaventato ruppe di netto la routine degli allenamenti. Darren non si sarebbe mosso così in fretta, se non avesse riconosciuto la voce all'istante. Un urlo di terrore.
Fuoco nella voce.
Darren si mosse prima che chiunque potesse anche solo girare la testa. Aveva già sentito quell'urlo.
Così dannatamente spaventato. Così dannatamente vicino al panico. Scattò immediatamente verso la sua provenienza.
Una ragazza, dagli incondibili capelli lisci e castani, stava a mezz'aria, ancorata alla parete d'arrampicata. Il suo corpo era scosso da fremiti violenti, e fino a terra si potevano sentire i suoi singhiozzi terrorizzati. Mallory era salita fino a quasi metà della parete, prima di avere la sua crisi di panico. L'istruttore, a terra, le urlò preoccupato le istruzione per scendere. Puntare i piedi, spostare il peso del corpo, aggrapparsi alla corda che le impediva di cadere. Ma si trattava di Mallory. Mallory che soffriva le vertigini. Mallory che soffriva di attacchi di panico.
Mallory, con lo sguardo vacuo e gli occhi costantemente terrorizzati. La quindicenne troppo debole anche solo per camminare un'ora sotto al sole cocente senza svenire. La quindicenne del suo distretto. Mallory. Un minuto per fare queste considerazioni. Un altro minuto per allacciarsi la cintura con la corda di sicurezza attorno alla vita.
Ed eccolo lì, Darren Thomson. Bastardo che salì frettolosamente la parete, senza che l'istruttore avesse il tempo di fare alcunchè, e si portò all'altezza della ragazza.
<< Ehi Mallory, guardami >> Disse il ragazzo << Mi guardi? >> La ragazza si voltò verso di lui. Il mento le tremava e due lacrime di paura le rigavano le guancie scavate. Ed eccola lì, la povera Mallory.
Terrorizzata al solo stare a quattro metri d'altezza. << F.. Fammi scendere per.. Per favore.. >> Piagnucolò, guardondolo come se fosse un'ancora di salvataggio.
<< Okay Mallory >> Disse Darren, studiando per un attimo la situazione << Voglio che tu ora sposti il peso del corpo indietro. Non devi stare così attaccata alla parete >> La ragazza fece come per muoversi, ma il piede quasi le scivolò dalla sporgenza cui era appoggiato e questo la fece tornare ad aggrapparsi ossessivamente alla parete. Non era affatto una situazione pericolosa, valutò il ragazzo. Ma era inutile farlo notare a lei, così dannatamente spaventata.
<< D'accordo, tranquilla. Tranquilla >> Ripetè Darren. Mallory lo fissò terrorizzata
<< Io voglio.. Ti prego fammi scendere.. >> Sussurrò. Il ragazzo esitò << Lo so che vuoi scendere. Ma ti devi fidare di me, è chiaro? Devi essere coraggiosa >> Sotto di loro, gli altri tributi si aggregarono per osservare la scena, insieme ad un numero elevato d' istruttori.
<< Ehi innamorati, che c'è, paura dell'altezza? >> Gridò qualcuno, dal basso. Sicuramente un favorito. Darren alzò gli occhi al cielo. Ci mancavano solo loro. Vide chiaramente il corpo di Mallory fremere violentemente, rischiando di perdere la presa sugli agganci
<< Fammi scendere >> Ripetè in preda al panico << Darren fammi scendere >> Sembrava una cantilena sempre più acuta. Il ragazzo le rivolse lo sguardo più sicuro che potè << Ascoltami >> Disse. << Adesso tu devi spingere con le gambe verso l'esterno, okay? Nello stesso tempo abbandoni gli appigli delle mani e dei piedi. Se vuoi puoi afferrare la corda. Andrà bene >> La ragazza scosse la testa
<< No io non.. Non.. >> Ripetè svariate volte
<< Mallory >> Ripetè il ragazzo << Ti devi fidare di me. Sei collegata all'istruttore a terra, ti farà calare tranquillamente non appena ti sposterai dalla parete. >> Lei annuì tremando. Darren la vide muoversi irrigidita, flettendo le ginocchia tremanti e riuscendo finalmente a spostarsi di un centimetro dalla parete. << Stai andando alla grande >> Pronunciò confortante. Mallory tremò ancora, spostando sempre più rigida il peso all'indietro. << Ho pausa del vuoto >> Singhiozzò, posando i suoi occhi spaventati in quelli di lui
<< Sarà solo per un istante. Un istante puoi sopportarlo, non sarà così tremendo. Promesso >> Disse Darren. Lei annuì. Inspirò ed espirò, terrorizzata << Ti sei già fidata di me in passato >> Aggiunse il ragazzo << Puoi farlo anche ora >> Gli occhi di lei brillarono nel loro verde. Lo notò solo in quel momento, Darren. Notò solo in quel momento il verde smeraldo ed uniforme negli occhi di lei.
Talmente insolito. Talmente omogeneo.
Nessuna sfumatura, nessuna striatura. Solo e semplice verde.
Questo era quello che chiunque potesse vedere nel suo volto da ragazzina terrorizzata.
Ma il ragazzo, scrutandoli a fondo, lasciando che l'azzurro del suo ghiaccio ci cozzasse contro, vide anche qualcos'altro.
Vide fiamme bruciare colonne di una casa in procinto di cadere. Vide una folla di persone incuriosite davanti a quel falò, immobili. Vide un uomo urlare, protendendosi verso l'abitazione. Vide altri due uomini afferrarlo per le braccia, impedendogli di gettarsi fra le fiamme.
Vide lo sgomento sui volti delle persone. Vide paura. Vide impotenza. Vide e sentì, Darren. Sentì il grido spaventato di una bambina, attutito dal rosicchiare delle fiamme. Sentì le grida dell'uomo, osessive, pronunciare una sola parola. Mallory. Poi il fuoco divenne verde ed il panico tornò ad essere smeraldo negli occhi di lei. Mallory annuì appena, inspirando lievemente. Poi si spinse con le gambe e fece come Darren gli aveva detto di fare. Gli uscì un urlo strozzato, quando si trovò penzolante per aria. Ma l'istrutture fu veloce a farla scendere, anche se delicatamente.
Darren ridiscese tranquillamente, calandosi alla sua stessa velocità, ancora appoggiato alle presi sulla parete. Mallory non gli staccò mai gli occhi di dosso, nemmeno quando fu a terra, sana e salva. La folla si radunò attorno alla sua sagoma tremante, sdraiata sul materassino. Un istruttore riuscì in qualche modo a farsi largo tre i tributi, ed a controllare le condizioni fisiche della ragazza. Darren si tolse la cintura di sicurezza. Potè notare chiaramente che, in prima fila, godendosi lo spettacolo appieno, i tributi ridevano fra di loro rumorosamente. Poi, di sfuggita, il ragazzo vide anche la faccia di Hamal, dietro al resto degli altri tributi. Il ragazzo provò un moto di stizza, quando l'altro gli rivolse quella tipica occhiata alla " te l'avevo detto".
Un giro di testa nella sala e potè vedere distintamente la figurda di Lenore allenarsi sola, ad uno step. Un sorriso amaro gli increspò le labbra.
Non le ci è voluto molto per seguire le orme del suo mentore pensò Meglio così, renderà le cose più facili ad entrambi. Spostò lo sguardo altrove, su Mallory, per esempio. Che era un ottimo modo per evitare di guardare sia Hamal che Lenore.

Entro l'ora di pranzo la ragazza venne portata in infermeria, perchè apparentemente sotto shock. Gli allenamenti ripresero come se niente fosse, anche se Darren si ritrovò a lanciare occhiataccie sempre più frequenti ai favoriti, che non smettevano di ridere sull'accaduto. Hamal sembrò girargli alla larga fino a che non venne a sedersi proprio al suo tavolo, a pranzo, come se nulla fosse. << Bella scenetta, quella di prima >> Commentò, sbocconciellando un po di pane.
<< Hamal >> Cominciò Darren << Si può sapere che cosa vuoi da me? >> Domandò, con una punta d'irritazione nella voce. << Ti diverte così tanto innervosirmi? >> L'altro sorrise, degluetendo un boccone
<< Anche. In realtà ero curioso di sapere qualcosa riguardo il tuo distretto >>
<< Il mio distretto? >> Gli fece eco Darren
<< Esattamente >> Concordò l'altro. Il ragazzo sembrò interdetto, prima di rispondere
<< Hamal, io e te siamo in due arene diverse. Se vuoi imparare qualcosa dei tuoi avversari devi attaccar briga con Jamie, non con me >>
<< Chi è Jamie? >> Domandò l'altro, basito.
<< Lui >> Disse Darren indicando il ragazzo dagli occhi febbrili che mangiava qualche tavolo più in là.
<< Basta un'occhiata per capire che è un serpente velenoso. Ma io ai serpenti gli taglio la testa. >> Cominciò Hamal << In realtà non voglio sapere qualcosa sui miei avversari, ma sui loro distretti. >>
<< E come mai? >> Chiese Darren. Hamal scrollò le spalle << Mi interessa sapere com'è il mondo. Se devo essere una pecora che va al macello, voglio essere una pecora che sa come funzionano le cose anche oltre il suo cortile >> Fu così che cominciarono a parlare. Non era l'inizio di un amicizia, ma più di un reciproco informarsi e contemporaneamente distrarsi. Darren informava Hamal che distraeva Darren. Entrambi ricavarono vantaggio a passare così il pranzo. Non risero, non scherzarono. Niente. Nessun legame, nessuna possibile amicizia. Solo il tacito accordo di aiutarsi.
Almeno un po, anche solo per sè stessi. Vennero interrotti a metà pasto, quando un rumore improvviso, di nuovo, catturò tutta la sala. Fortunatamente non si trattava di persone terrorizzate. O di altezze. Sfortunatamente si trattava di uno sgambetto da parte dei favoriti al tributo grasso del due, che, ora, lottava per rimettersi in piedi.
<< Merda >> Sbuffò Darren.
<< Hai intenzione di fare qualcosa, paladino dei deboli? >> Domandò Hamal. L'altro lo inchiodò con lo sguardo << No >> Disse Darren. << Anzi si, ho intenzione di mangiare un altro po di pane >> Hamal annuì << Deve costarti molto, ignorare un "ingiustizia" >> Darren sospirò, appoggiando il pezzo di pane sul tavolo. << Siamo a Capitol City, qui tutto è un' ingiustizia >> Sospirò << Ma io non sono sicuro di voler morire. Anzi, sono certo di non voler morire. Quindi devo mettermi l'anima in pace, no? >> Lenore ha preso le sue decisioni per vincere. Anchio devo prendere le mie. Hamal sembrò soppesarlo con lo sguardo << Si, immagino di si. >> Disse. Poi lanciò un 'occhiata al tributo grasso poco più in là
<< Sta di fatto che quello è uno sfigato >> Aggiunse, osservandolo alzarsi faticosamente.
<< Fottiti, Hamal >>

Erano le undici di sera quando Darren stabilì che era inutile tentare di dormire. Erano le undici di sera quando s'alzò dal letto ed uscì dalla sua stanza. Non aveva una meta. L'unica cosa che desiderava era un pò di riposo mentale. Senza rendersene conto si ritrovò con una bottiglia di qualcosa, sicuramente alcolico, in mano, in cucina. Se lo versò frettolosamente in un bicchiere e ne tracannò metà. La gola s'infiammò all'istante e Darren dovette imporsi di non fare baccano, pur di evitare di tossire rumosamente. Sfortunatamente per lui, quando alzò gli occhi dal bicchiere che aveva riposto sul tavolo, trovò gli occhi nocciola della mentore a fissarlo.
<< Darren >> Salutò questa, noncurante. La sorpresa annullò i suoi tentativi, quando, d'improvviso, la bevanda gli andò di traverso e lui finì quasi per strozzarsi.
<< Signora >> Tossì, cercando una scappatoia da quella situazione.
Era davanti alla Label, la donna che più lo detestava a Capitol City, e per giunta teneva fra le mani una bottiglia di liquore.
Non esattamente il modo migliore per chiudere in bellezza la giornata << Io posso.. >>
<< Perchè non me ne versi anche a me un bicchiere? Scoprirai che aiuta il sonno >> Lo interruppe la donna, con fare stanco. Il ragazzo la fissò sorpreso, prima di acconsentire riempiendole un altro bicchiere. La donna ne bevve gran parte tutta d'un colpo, per poi scoprirsi a tossire proprio come Darren
<< Odio gli alcolici >> Bonfacchiò, mentre il ragazzo la fissava basito, ed anche piuttosto irrigidito.
<< Beh, tu ti accontenti di un solo bicchiere? >> Gli chiese lei. Lui, se possibile, divenne ancora più rigido
<< Ecco.. Io.. >>
<< Ragazzo, sei ad un passo dall'Arena. Hai ancora un giorno d'allenamento, le sessioni, le interviste, e poi ci sei. è comprensibile che tu abbia bisogno di questa.. Roba.. >> Borbottò la mentore, guardandolo.
<< Come mai siete sveglia? >> Chiese allora Darren.
La donna sorrise. Le rughe sulla sua fronte si corrugarono, il suo viso prese una piega quasi.. Triste
<< Odio i giorni prima dell'Arena. Passo il tempo ad analizzare tributi su tributi ed a calcolare le loro probabilità di vittoria. E tu le hai viste le scorse edizioni, nessuno passava >> Bevve un altro sorso dal bicchiere << Ma sai, mi piace avere un quadro completo della situazione. E quando mi trovo di fronte dei ragazzi che non potrebbero farcela nemmeno con tutte la loro volontà.. Mi prenderai per pazza, ma lo preferisco ad avere delle speranze su di loro. >> La donna porse il suo bicchiere vuoto, in modo che Darren potesse riempirglielo
<< Nei miei primi anni da mentore puntavo su tutti i ragazzi dallo sguardo perso che mi capitavano davanti. Investivo tutta me stessa per loro. Ma quanti ne hai visti vincere l'edizioni? Nemmeno uno. >> Il ragazzo non proferì parola, sorpreso dallo sfogo della mentore. Si scoprì a portarsi ancora il suo bicchiere alle labbra ed a trangugiarne il contenuto. Sia lui che la mentore dovettero lottare per non tossire rumorosamente
<< Alla fine devi imparare a distaccarti da loro. Specialmente da quelli che ti ricordano una te più giovane e più piena di vita >> Gli lanciò un 'occhiata, che poteva significare tutto e niente. Darren non sapeva bene cosa dire, ancora sorpreso da trovare la mentore in quella situazione.
<< Ti chiederai perchè ti dico tutto questo >> Commentò la Label << O perchè d'improvviso io abbia smesso di lanciarti occhiate assassine >> Aggiunse, facendosi sfuggire un piccolo sorriso divertito
<< Tu non mi vai a genio, ragazzo. Ne ho parlato anche con Stephan, e nemmeno con lui sembri avere rapporti migliori. Da una parte sei glaciale, e testardo come una capra. Dall'altra sei pieno di pietà da rivolgere verso gli altri e sappiamo entrambi che la cosa non ti aiuterà nell'arena >> Fece una pausa, mentre il ragazzo rimaneva in silenzio, aspettando di capire che piega prendesse quel discorso. Le luci nella cucina, si rese conto, erano ancora spente. Non fosse stato per la grande vetrata che dava su Capitol City, non sarebbe nemmeno riuscito a vedere la Label in volto.
<< Conoscevo una ragazza come te, una volta >> Riprese la mentore, facendo girare il liquido rimasto nel bicchiere << Aveva diciassettenne anni, veniva dal dieci anche lei. >> La Label osservava ossessivamente l'alcolico nel bicchiere. Come se, guardandoci attentamente dentro, avesse potuto vedere rispecchiata la ragazza di cui stava parlando << A dire il vero le mancavano i modi glaciali che usi tu. Quell'abitudine a rifugiarsi dietro un muro di diffidenza non ce l'aveva. Non come te >> Un altra pausa. << Ma la pietà era la stessa. Ne era piena, e nonostante la distribuisse in giro come coriandoli di carnevale ne aveva sempre un po con sè. Aveva delle chance e le sfruttò tutte quante nell'arena, comunque. Ma aveva con sè un alleato. Se non ci fosse stato lui, sarebbe morta prima del tempo. Ma non è questo l'importante. Quella ragazza non è soppravvissuta, Darren >>
La Label alzò gli occhi dal suo riflesso nell'alcol e li puntò in quelli del ragazzo, agganciandoli. << Era troppo buona, per soppravvivere. Di lei è rimasto solo un guscio vuoto, alla fine. Qualcosa di irrecuperabile. E tutti le hanno dovuto dire addio. Tutti coloro che l'aspettavano a casa. Darren, qualcuno ti sta aspettando, al distretto? >> Il ragazzo esitò, prima di annuire
<< Io credo di si >> Rispose. La mentore sorrise, finendo l'alcol
<< Allora privati della pietà che hai in corpo, ed alla svelta. O di te non rimarrà altro che un corpo. >>
Ha detto corpo pensò Darren Non ha detto cadavere. La mentore appoggiò il bicchiere ormai vuoto sul banco che divideva la sua figura da quella di Darren. << Sarà meglio che vada a dormire, ora. Ti consiglio di fare lo stesso >> Stava oltrepassando la porta della cucina, quando Darren aprì bocca per parlare << Si chiamava Katrhine*, non è così? >> Domandò.
La donna si bloccò sulla soglia. Rispose dandogli le spalle, senza nemmeno girare la testa.
<< Si, si chiamava Katrhine >> Confermò. Prima che potesse fare un altro passo verso la sua stanza, Darren aggiunse
<< Lei pensa che io potrei vincere >> Disse. Non era una domanda, più un affermazione sorpresa. La mentore si girò verso di lui. Il volto le si illuminò in un sorriso appena visibile << Io penso che tu vincerai >> Ripetè, sottolineando l'ultima parola. Non c'era un condizionale. << Ma sarà più semplice e meno doloroso per te se per allora avrai un'altra concezione delle tue priorità. >> Fece un passo verso la soglia, ma Darren la interruppe di nuovo << Non è così semplice >> Disse. La donna rimase ferma al suo posto. Ancora una volta, non si girò a guardarlo
<< L'ha vista in faccia. Ha visto il volto di Lenore. E poi c'è Mallory che è così vulnerabile.. Come faccio a girare la testa dall'altra parte? Come faccio a fingere di non vedere tutto questo? >> Non voleva che la disperazione trapelasse, ma una punta di questa s'infilò nella sua voce. La Label rispose guardando avanti, nella sua postura rigida e composta << Non so come sia, quella ragazzina del quattro con il tuo stesso viso. Lenore, giusto? So che c'hai parlato. E dal tuo umore posso capire che ci sia stata una rottura sul nascere del vostro rapporto. Ma sono anche sicura che lei riuscirà a pensare a sè stessa molto meglio di quanto possa fare tu, ragazzo. Non posso chiederti di dimenticarla o magari di ignorarne l'esistenza. Però una cosa posso dirtela, e voglio che tu mi ascolti attentamente. >> Si girò a guardarlo negli occhi, inchiodandolo con le iridi nocciola
<< Nell'arena nessuno resta innocente. Di certo non chi soppravvive alle prime tre ore. Nell'arena, ogni tributo che abbia sorpassato la curnocopia diventerà un potenziale assassino. Paura, confusione, senso di panico.. Tutte queste cose si confondono nella mente. Alla fine la maggior parte dei tributi che non siano favoriti impazzisce. L'istinto di soppravvivenza è così alto in ognuno di noi che ogni nostra azione diventa fine al soppravvivere. Non importa se ti senti una pedina, se ti rendi conto di star giocando agli scacchi di capitol city, alla fine, ogni tributo, anche un bambino, farà tutto il possibile per soppravvivere. Anche sporcarsi le mani di sangue. Non puoi cambiare le cose, Darren. Devi giocare per Capitol City. Devi giocare con le sue regole. Fallo, e posso assicurarti che vincerai. Non esiste umanità nell'arena. Se sei l'unico che se la porta dietro, sarai anche il primo a morire. >> La Label abbondò la stanza silenziosamente com'era entrata. Darren riuscì a prendere sonno solo due ore dopo, in un letto che sapeva di panico.

<< Ehi.. Emm.. Darren >> Palestra d'allenamento. Dieci del mattino. Darren era sicuro, più che sicuro, che qualche divinità lassopra ce l'aveva con lui. Forse perchè era sempre stato un ateo convinto. Forse perchè dai cinque anni in poi non aveva messo piede in una chiesa.
<< Che c'è? >> La domanda suonò più acida di quanto non volesse essere. Il tributo del due, quello grasso, lo guardò mentre la timidezza gli scintillava negli occhi << Ecco.. Io.. Volevo solo... >> Si umettò le labbra, il tributo, cercando parole che pareva non trovare
<< Ti sto rubando tempo per gli allenamenti? Perchè io posso anche parlarti più... >>
<< Perchè non mi dici che vuoi? >> Domandò il corvino, scrutandolo negli occhi. C'era un filo di goffaggine mista a timidezza, in ogni azione dell'altro, che lo rendeva impossibile anche solo da detestare << Io volevo ringraziarti >> Disse, con fare quasi agitato
<< Perchè? >> Darren corrugò la fronte, senza capire
<< Io.. >> Cominciò l'altro << Ho.. Ho visto come hai reagito quando in mensa.. Ieri... Si insomma, sei l'unico che sembrava davvero arrabbiato ecco.. >> Sembrava quasi stesse per inginocchiarsi a terra per fargli una dichiarazione d'amore.
<< Sono Mark >> Si presentò, un attimo dopo. Darren continuava a non capire << Ma io non ho fatto nulla per te.. >> Osservò, costringendo sè stesso ad essere gelido come ghiaccio << No ma... Ecco.. Sembrava che ti costasse molto. Quindi, grazie >> Senza aggiungere spiegazioni, il più goffamente possibile, Mark gli voltò le spalle e s'incamminò verso una postazione a caso.
Hai sentito la Label Si disse Darren Non ti riguarda. Fu così che voltò le spalle al tributo grasso del due, guadagnandosi un' occhiata d'apprezzamento di Hamal, ed una ancora più strana da parte di Mallory. Sbuffò, riprendendo l'allenamento.

<< Darren Thomson >> La voce all'autoparlante lo ridestò dai suoi pensieri. I palmi della mani sudate, lo sguardo perso, Darren era il primo tributo del dieci che avrebbe fatto le sessioni private. S'incamminò verso la porta, senza che nessuno degli altri tributi nella sala d'attesa dicesse nulla. Hamal aveva il capo chino, troppo perso in chissà quale orda di pensieri per accorgersi di chi era stato chiamato.
Ma meglio così. Lui e Darren non avevano legato molto, anzi, per nulla. C'era stato un solo vero e proprio scambio di frasi, l'ultimo pomeriggio d'allenamento, da cui Hamal era uscito cupo un volto. Qualcosa che di certo sviava ogni sua possibile strategia. Era stata un'idea, totalmente improvvisa, di Darren. Un'idea che non si sarebbe mai aspettato da sè stesso, ma che sapeva avrebbe avuto i suoi risultati.
Hamal e Lenore.
Alleati.
Era perfetto. Hamal, così menefreghista da poterla tenere sotto d'occhio con i giusti limiti. Lenore, così puntata verso la vittoria da aver bisogno di un alleato. I due sarebbero stati nella stessa arena, era un'idea perfetta. Tanto più che la sorellastra non era stupida. Affatto. Avrebbe tenuto quell'alleanza sotto controllo e l'avrebbe rivolta contro all'altro non appena avesse dovuto. Si, era una buona idea. Bastava che Hamal si mettesse immediatamente dalla parte della ragazza Cosa che Darren lo aveva subdolamente costretto a fare.

Mallory seguì la figura di Darren con lo sguardo, stringendosi convulsamente le mani. Gli altri rimasero semplicemente al loro posto: Jamie e l'altra ragazza del dieci che Darren aveva tagliato fuori fin dal primo istante,i tributi sconosciuti dell'undici, quelli del dodici... Tutti fermi ad aspettare il proprio turno.

I passi del tributo rimbombavano nella palestra vuota, fatta eccezzione per gli strateghi.
Darren si muoveva imponendosi calma, senza affrettare il passo e dar a vedere la sua agitazione. Il silenzio era più di quanto s'aspettasse. Lo sguardo degli strateghi lo seguiva, meccanico, come un unico grande occhio del giudizio.
Avevano gli occhi fissi su di lui, ma le pieghe dei lori visi lasciavano trapelare quanta poca attenzione gli stessero davvero rivolgendo. Il ragazzo sapeva di dover prendere un buon punteggio. Esattamente come sapeva di dover fare le cose al meglio. Non esitò quindi a prendere una spada dalla sua postazione e dirigersi verso uno dei vari percorsi.

Ispirò ed espirò più volte, prendendosi quel poco tempo che nessuno gli aveva mai espressamente concesso.
Quando partì, fu istintivo. Correre e piantare la spada nel ventre del primo manichino.
Istinto fu estrarla ed andare avanti. Saltare una cavallina, rotolare su un materasso.
Istinto fu staccare di netto la testa ad un altro manichino. E poi di nuovo correre e saltare.
Istinto, spingere i muscoli verso la fine. Un altro manichino a terra, altro polistorolo tinto di rosso.
Istinto saltare ancora, flettendo le gambe.
Correre.
Saltare.
Rotolare.
Flettere i muscoli.
Caricare la spada.
Trapassare.
Tagliare.
Istinto ed impulsività si mescolarono come fratelli durante tutto il suo allenamento.
Non ci fu un solo istante in cui Darren completò un pensiero completo. Con una spada in mano, con un obbiettivo e solo manichini a sbarrargli la strada, il ragazzo era una macchina per la morte, catalogata fin dal principio per l'arena. Quando finì aveva il respiro corto e il sudore gli colava sulla schiena. Uscì dalla palestra dopo che lo ebbero congedato. Il silenzio lo accompagnò fino al decimo piano.


*Katrhine è il nome della mentore di Darren.

ANGOLO WANI:

No, questo capitolo non è degno nemmeno di essere chiamato tale. Non mi piace, non è fatto bene. Non è lavorato come i miei precedenti, non ha nulla a che fare con loro. è una sequenza di eventi scritta anche male, che fa perdere tutto l'interesse che potevo nutrire nei confronti di Darren. Me ne vergogno, davvero. Ma ero in un ritardo pazzesco, ogni cosa che scrivevo la cancellavo e beh.. Alla fine ho tenuto l'unico che sia riuscita a completare. Chiedo scusa, sono pronta per i pomodori D:

Il prossimo mio sarà meglio, promesso. E beh, il prossimo della Cla sarà sicuramente stupendo!

Grazie se lo avete letto per intero.

Sono davvero tanto, tanto, mortificata..

(Ora potete uccidermi D:)

Wani

  
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