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Autore: Kia85    13/11/2012    10 recensioni
Gli ultimi tre anni di Harry e Hermione a Hogwarts: scopriranno l'importanza dell'amicizia, della famiglia e anche che, probabilmente, ciò che provano l'uno per l'altra e molto più profondo e complesso e li aiuterà a superare numerosi ostacoli.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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Ahi ahi ahi, quanti secoli son passati? 4 anni...mamma mia... assurdo.
Ma che l'abbiamo fatto a trascrivere un altro capitolo. Se non erro, ne mancano solo tre dopo di questo. ^_^
Comunque...riassunto delle puntate precedenti: Jo Rowling nasce a Yate nel 1965... no, ok, è troppo lontano. Allora diciamo semplicemente che ci sono Harry e Hermione che si volevano tanto bene, ma poi è arrivato Voldemort e, brutto cattivone, ha creato loro qualche problemino. Ora siamo arrivati quasi alla fine! XD
Come riassunto fa pena, lasciamo il capitolo che è meglio! :)

Buon compleanno, Lights....anche se in ritardo!! ^_^

Nient’altro che noi

7° ANNO

Capitolo 45: “L’attacco di Lord Voldemort”


Quella mattina Harry si era svegliato verso l’alba e non era riuscito più ad addormentarsi. Si era girato e rigirato nel letto, ma niente da fare. Ogni volta che chiudeva gli occhi ritornavano le immagini di quel terribile incubo che da un paio di settimane lo tormentava e lo svegliava nel cuore della notte, ansante e sudato. L’incubo riguardava Hermione, Voldemort e quel dannato biglietto che due settimane prima aveva trovato sul suo letto.
“È giunto il momento. Preparati a morire!”
Non aveva parlato con nessuno di quella minaccia. Ovviamente sapeva chi fosse il mittente, Lord Voldemort in persona. E se ne avesse parlato con gli altri ragazzi, avrebbe solo rischiato di spaventarli perché qualcuno di molto vicino al Signore Oscuro era entrato nel loro dormitorio. Un Grifondoro magari…
Ma ciò che lo preoccupava maggiormente non era tanto la minaccia in sé, quanto piuttosto il momento in cui era giunta. Esattamente due settimane prima del giorno in cui avrebbe potuto effettuare il controincantesimo per liberare Hermione. Il solo pensiero di averla di nuovo al suo fianco lo emozionava e lo faceva rabbrividire. Ma doveva aspettare ancora poco meno di ventiquattro ore prima di riabbracciarla, perché ormai il giorno tanto atteso era giunto. Cos’erano in fondo ventiquattro ore paragonate a cinque mesi d’attesa? Poco, certo… ma forse, proprio perché ormai mancava così poco, il tempo che lo separava da quel momento sembrava un’eternità più di quanto non avesse pensato all’inizio di questa terribile avventura.
Ma poteva farcela. Dopotutto non era il solo ad aspettare quel momento. C’erano tutti i suoi amici ed Helen, anche lei tanto in ansia per la sorella.
“Harry, cos’hai?” gli domandò la ragazza quella mattina a colazione.
Era stato il primo ad alzarsi, dopo aver rinunciato per sempre all’idea di riaddormentarsi. E quando i suoi compagni lo avevano raggiunto a colazione, avevano subito notato che non aveva una bella cera.
“Niente di particolare. Ho solo dormito male.” rispose lui, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio.
“Davvero? Non me ne sono accorto.” commentò Ron sorpreso.
“E ti pareva! – intervenne Ginny – Figurati se uno con il sonno pesante come il tuo possa accorgersi dei turbamenti del suo migliore amico!”
“Ehi, senti. Dormire è una parte fondamentale della giornata.” ribattè Ron, addentando una salsiccia.
“Non lo dicevi del mangiare?”
“Beh, vale per tutte e due!”
Mentre i due fratelli Weasley battibeccavano, Helen guardò Harry e, appoggiando una mano sopra quella di lui, gli sorrise.
“È per oggi, vero?”
Harry annuì, punzecchiando con la forchetta le uova nel piatto.
“Andrà tutto bene!”
“Helen ha ragione, Harry! – aggiunse Christine – Anzi, come ci organizziamo per stasera?”
Ron interruppe la discussione con Ginny e guardò la ragazza.
“Come come? Hai detto organizziamo?”  domandò Ron.
“Sì, esatto. Proprio quello!” rispose Christine.
“Senti,tesoro, tu non organizzi proprio niente!”
“Chiedo scusa? Cosa significa?”
“Significa che tu non devi immischiarti in questa cosa!” affermò Ron deciso.
Christine assunse un’ espressione crucciata: “E per quale motivo?”
“Perché potrebbe essere pericoloso.”
“Stiamo parlando di Hermione! – ribatté la ragazza con veemenza – È anche amica mia.”
“Sì, e noi stiamo parlando della possibilità che il Signore Oscuro in persona decida di farci una visita. Non l’hai mai affrontato di persona. Forse non ti ho raccontato di quando abbiamo salvato Ginny nella Camera dei Segreti?”
“Scusate…- intervenne Harry -…proprio per questo motivo è meglio che io vada da solo con Hermione.”
Ron guardò Harry palesemente turbato: “Come? Ma, Harry?”
“Niente ma, è meglio così, credimi!”
Ma Ron non sembrava arrendersi facilmente.
“Abbiamo sempre condiviso tutto, non puoi chiedermi di lasciarti da solo.”
“Non sono solo, ci sarà Hermione con me. Ma non posso permetterti di correre altri rischi a causa mia.” disse Harry.
“Non posso lasciarti da solo, neanche Hermione me lo perdonerebbe!”
“Sì, invece. Lei capirà. Inoltre…ricordi quello che hai detto durante la partita di scacchi, al nostro primo anno ad Hogwarts? Sono io che devo andare avanti. Non tu e neanche Hermione. Io! Purtroppo Hermione è stata coinvolta da Voldemort e spetta solo a me liberarla, chiaro? Voi non avete nulla a che fare con questa storia!” esclamò Harry.
Era talmente esasperato che si alzò in piedi e uscì dalla Sala Grande. Sospirò. Gli amici potevano costituire un grande aiuto nel bisogno quanto un ostacolo difficile da superare. Perché non capivano come si sentiva? I suoi timori, le sue paure… In fondo Harry desiderava solo proteggere i suoi cari: non ci era riuscito con Hermione, ma sicuramente poteva evitare di coinvolgere Ron e gli altri.
Sapeva bene che quella notte sarebbe stata quella decisiva. Tutto sarebbe terminato, in un modo o nell’altro. La cicatrice era sempre lì, a ricordarglielo, con fitte continue che lo avevano svegliato insieme all’incubo.
Harry avrebbe tanto voluto scrivere a Sirius, ma decise di non farlo. Perché sapeva che si sarebbe precipitato da lui non appena avesse capito che qualcosa lo turbava. E Harry si ritrovò a pensare al piccolo William. Non voleva che anche lui restasse orfano di padre. Tuttavia gli mancava confidarsi con Sirius. Erano due settimane che non gli scriveva nulla, da quando lo aveva informato della vittoria di Grifondoro a Quidditch. E neanche a lui aveva scritto nulla del biglietto che aveva ricevuto.
Solo Harry ne era a conoscenza.
Anche se… da come Silente lo guardava negli ultimi giorni, Harry pensava che il vecchio e saggio preside sospettasse qualcosa. Dopotutto non era lui a sapere tutto ciò che accadeva a Hogwarts?
Ora però Harry doveva solo pensare a un piano da attuare nel caso in cui Voldemort si fosse fatto vivo, un piano che come primo obiettivo avrebbe previsto il minor coinvolgimento di Hermione. A qualunque costo.

*****

Dopo due ore di Trasfigurazione e due di Astronomia, Harry si diresse insieme ai suoi amici verso la Sala Grande per la pausa pranzo. Per tutta la mattina il giovane era stato soprappensiero, la mente impegnata a elaborare un piano anti-Voldemort. La McGranitt lo aveva ripreso per ben due volte, mentre il commento della professoressa Sinistra al suo lavoro era ben lontano dall’apprezzamento.
Cercò di evitare di parlare con Ron e gli altri, nonostante i continui tentativi di avvicinamento da parte di Ron. Ogni volta che si avvicinava, Harry scappava più rapido dell’amico. Non si sentiva proprio di parlare con lui.
“Harry?” lo chiamò Hermione.
“Sì?”
“Possiamo parlare?”
Harry la guardò e annuì. Lei non poteva essere ignorata, soprattutto quel giorno. Così si allontanarono dal gruppo di studenti e si sedettero sulle scale. Hermione appoggiò la cartella accanto a lei.
“Dimmi tutto.”
“Cosa facciamo per stasera?”
“Giusto! Volevo proprio parlarne con te. Io direi di trovarci in sala comune quando tutti sono andati a dormire. Poi usciamo con il mantello dell’invisibilità.”
“E faremo l’incantesimo.” concluse Hermione.
“E faremo l’incantesimo.” ripetè lui.
Harry guardò Hermione: era molto riflessiva. Lui le prese una mano, stringendole fra le sue.
“Ti sono molto grato per quello che stai facendo. Davvero! Sei stata molto forte e comprensiva con me. Vorrei solo fare qualcosa per te!”
Hermione titubante lo fissò negli occhi.
“Forse c’è una cosa…”
“Tutto quello che vuoi.”
“Ecco…- iniziò a dire lei, arrossendo lievemente in viso- …vorrei provare una cosa che non ho mai provato…”
“E sarebbe?”
“Vorrei essere baciata… con amore.”
Harry arrossì e la guardò perplesso. Era decisamente l’ultima cosa che si aspettava di sentire in quel momento.
“Solo per una volta, potresti far finta di avere davanti a te la vera Hermione?” chiese lei timidamente.
In fondo non c’era niente di male e non sarebbe stato neanche difficile. La ragazza che aveva di fronte a sé assomigliava sempre di più alla vera Hermione.
Sorridendo fra sé, Harry le accarezzò la guancia. Poi chiuse gli occhi e la baciò.
Sì, era sempre più uguale a Hermione. Quelle labbra erano esattamente come le ricordava lui. Erano esattamente ciò di cui lui sentiva la mancanza. E domani… questa mancanza sarebbe stata cancellata, perché Hermione sarebbe stata accanto a lui. Niente più nostalgia, niente solitudine o tristezza. Solo lui ed Hermione felici e di nuovo insieme.
“Grazie!” esclamò Hermione, quando si allontanò da lui.
Harry si lasciò scappare una risata.
“Perché ridi?” chiese la ragazza sconcertata.
“Nessuno mi ha mai ringraziato per un bacio.” commentò Harry, facendola sorridere.
“C’è sempre una prima volta per tutto!” affermò Hermione.
Dopodiché si alzò in piedi, recuperò la cartella e tornò a guardare Harry.
“Sai, Harry, non dovresti evitare i tuoi amici. “ gli disse lei con un sorriso.
Harry corrugò la fronte, preso in contropiede. Non si aspettava che quell’argomento saltasse fuori proprio in quel momento.
“E’ solo per il loro bene.”
“E loro vogliono solo aiutarti. Non credi?”
Harry rifletté un istante. In effetti i suoi amici erano mossi dalle intenzioni migliori e certamente non meritavano quell’atteggiamento da parte sua. Perciò sospirò rassegnato.
“Sì, è quello che direbbe anche Hermione.”
“E cos’altro ti direbbe Hermione?”
“Che dovrei fidarmi maggiormente di loro perché sono in gamba e che in alcuni casi bisogna lasciarsi aiutare dai propri amici.”
Hermione annuì: “Quindi?”
“Andrò a parlare con Ron e gli altri.”

*****

Seduto accanto a Ron, nella stanzetta costantemente soffocante della professoressa Cooman, Harry ascoltava l’ennesima lezione di Divinazione. O perlomeno faceva finta di ascoltare, perché in realtà stava cercando di decidere cosa dire a Ron.
“Ron?” lo chiamò, facendosi un po’ di coraggio.
“Sì?”
“Prima avevo torto. Perdonami. Credo di aver bisogno dei miei amici e soprattutto del mio migliore amico.”
Ron sorrise, come se si aspettasse quel discorso da un momento all’altro: “Ne ero certo!”
 “Pensavo di potercela fare da solo, perché ritenevo fosse un mio dovere salvare Hermione, ma…”
“Ma non è così. Non è un tuo dovere solo perché sei il suo ragazzo. È un dovere per tutti quelli che le vogliono bene. Hermione è la mia più cara amica e le voglio bene. Per questo voglio aiutarti anche se dovesse arrivare Tu-Sai-Chi!”
“Oh, Ron, che belle parole. Questo significa che vuoi bene anche a me??” domandò Harry, ridacchiando.
Ron arrossì e gli diede una pacca sulla spalla, tanto violentemente che lo fece dondolare.
“Potter! Weasley!” li riprese la Cooman.
“Ci scusi, professoressa!” esclamarono insieme i due ragazzi e subito dopo ridacchiarono sotto lo sguardo incuriosito di tutti gli studenti.
Per il resto della lezione Harry e Ron restarono in silenzio. Ron dopo qualche minuto era caduto in una sorta di dormiveglia, mentre Harry provò a seguire il discorso della Cooman.
Guardò l’orologio. Erano le 14:30. Mancavano circa sette ore al ritrovo con Hermione in sala comune, ma Harry aveva l’impressione che il tempo non passasse mai. Anzi sembrava quasi che le lancette dei secondi andasse indietro.
32 secondi…33…34…33…32…
Harry scosse la testa e guardò meglio l’orologio: 37 secondi…38… No, era tutto a posto. Il suo orologio funzionava alla perfezione. Era stato solo frutto della sua immaginazione.
Quando finalmente la lezione terminò, Harry e Ron si avviarono verso l’aula del professor Ruf per Storia della Magia.
“Allora, quale sarebbe il piano per stasera?” domandò Ron.
“Pensavo di ritrovarci in sala comune, dopo che tutti sono andati a dormire. Usciremo con il mantello di mio padre.”
“Un’ultima volta, come i bei vecchi tempi, eh?”
“Una cosa del genere”
“E dove effettueremo il controincantesimo?”
“Sul lato del castello più nascosto agli occhi di tutti!”
“Mi sembra giusto.”
Harry si fermò e trattenne l’amico per il braccio, guardandolo poi con serietà.
“Ron, se dovesse arrivare Voldemort…”
“Gli faremo vedere di che pasta sono fatti Harry, Ron ed Hermione!” affermò Ron convinto.
Harry guardò lo sguardo deciso dell’amico e annuì più sicuro anche lui. Il pensiero di Voldemort lo faceva rabbrividire, perché il loro prossimo incontro sarebbe stato anche l’ultimo. Ma avrebbe avuto al suo fianco Hermione e Ron e niente poteva renderlo più invincibile.
“Sì. Andrà tutto bene!”

*****

Disteso nel suo letto a pancia in su, Harry fissava il soffitto, i pensieri costantemente rivolti a quella sera. Il presentimento che Voldemort potesse comparire gli provocò strani dubbi. Per esempio se lui fosse morto, che ne sarebbe stato dei suoi averi?
Il mantello dell’Invisibilità a chi sarebbe stato consegnato? Sicuramente Harry l’avrebbe lasciato a Ron, in quanto lo aveva sempre desiderato.
E la Firebolt …forse al figlio di Sirius, così avrebbe potuto usarla una volta cresciuto.
A Sirius avrebbe lasciato la sua bacchetta, qualcosa che gli avrebbe sempre ricordato che per pochi anni, in casa sua, era vissuto il figlio del suo migliore amico, un altro giovane Potter morto ad un’età sbagliata.
Hermione… lei sarebbe sopravvissuta, ne era certo. E a lei avrebbe lasciato il suo album di fotografie. Non per tenere vivo il suo ricordo, perché di sicuro Hermione non aveva bisogno di qualche foto per ricordarsi di lui. Ma perché ogni volta che avrebbe sentito la sua mancanza, ogni volta che, ricordando i momenti passati insieme, avrebbe pianto per lui,  potesse trovare un caldo rifugio in quelle foto, allontanandosi dalla realtà crudele che le aveva portato via Harry.
Ma di sicuro non ci sarebbe stato bisogno di quel testamento perché lui non aveva alcuna intenzione di morire. C’erano ancora troppe cose da fare: aiutare Sirius e Rachel con il piccolo William, far riappacificare Ron e Christine quando litigavano e soprattutto amare Hermione ogni giorno della sua vita.
No, non avrebbe scritto un testamento. Sarebbe stato come ammettere che presto sarebbe morto. E lui non voleva. Nessuno dei suoi amici lo avrebbe voluto.
Tuttavia c’era una cosa che voleva fare, una lettera a Sirius prima di quella sera. Gli aveva promesso che gli avrebbe riferito tutto e avrebbe mantenuto la sua parola a tutti i costi, perché Sirius meritava la sua sincerità per tutto ciò che aveva fatto per lui. Così gli scrisse e gli raccontò tutto: come si era ubriacato il giorno di San Valentino e cosa aveva combinato in quello stato, come era cambiato il suo rapporto con l’altra Hermione, come era andato il test attitudinale, il sogno su Voldemort e il biglietto ritrovato sul suo letto. Gli confidò le sue emozioni più intime, dalla paura che potesse accadere qualcosa ai suoi cari a quell’attesa trepidante per il ritorno della vera Hermione.
E infine lo ringraziò per come lui e Rachel lo avevano accolto nella loro casa, come se fosse un figlio.
Quando terminò la lettera, la legò alla zampa di Edwige e le disse d consegnarla a Sirius. Poi accarezzò la candida civetta e aggiunse: “Sei stata la mia prima vera amica, Edwige. Non so come avrei fatto senza di te.”
La civetta schioccò il becco  e spiccò il volo. Harry la seguì con lo sguardo fino a quando non sparì all’orizzonte.
Chissà se Harry l’avrebbe più rivista.

*****

L’ora cruciale era infine giunta. Harry raggiunse la sala comune con il mantello sotto braccio e la bacchetta in tasca. Ma oltre a Ron ed Hermion, c’erano anche Christine, Helen, Ginny, Draco e Mark.
“E voi che ci fate qui? – chiese sorpreso – Che intenzioni avete?”
“Che domande?! Venire con te!” rispose Draco.
“Non credo sia possibile. Potrebbe essere pericoloso.” disse Harry.
“Beh, ma è solo un incantesimo.” commentò Ginny.
Harry sospirò: non avevano ancora capito la gravità della situazione. Ma dopotutto loro non sapevano quello che lui ormai conosceva da qualche settimana.
“Ascoltatemi bene, ragazzi. Devo dirvi una cosa. Non è solo un incantesimo. Questa sera c’è davvero il rischio che arrivi Voldemort. Non è solo una semplice ipotesi.”
Nessuno disse una parola, ma tutti lo guardarono turbati.
“Cosa vuoi dire?” chiese Christine.
“Circa due settimane fa, dopo la vittoria di Grifondoro, ho trovato sul mio letto un biglietto anonimo su cui c’era scritto: è giunto il momento, preparati a morire. È ovvio che il mittente è Voldemort. Ma la cosa che mi preoccupa di più è che abbia usato un Grifondoro per poter giungere nella mia camera. Per cui pensate ancora che si tratti solo di un incantesimo?”
Nessuno rispose.
“Non voglio coinvolgervi quando si tratta di Voldemort. Ma non posso neanche costringervi a stare qui. Ora che sapete la verità spetta a voi decidere. Io non vi fermerò e non vi giudicherò male se decideste di tirarvi indietro.”
Dopo qualche minuto di riflessione Ron parlò: “Io vengo con te. Lo sai.”
Christine lo guardò preoccupata, ma non disse nulla.
“Non mi accadrà nulla, te lo prometto. – esclamò il ragazzo, prendendole le mani – Harry non permetterà che accada nulla di male.”
“Ma…”
“Niente ma! Torneremo presto.” disse Ron, dandole un bacio sulle labbra.
“Bene, allora…andiamo!”
A quanto pareva tutti si erano spaventati al nome di Voldemort e Harry non poteva certo biasimarli. Nessuno di loro aveva mai affrontato il Signore Oscuro. La paura era un’emozione fin troppo giusta da provare in quel momento. Perciò furono solo in tre sotto quel mantello: lui, Ron ed Hermione. Come era sempre stato, così era anche quell’ultima volta.
In silenzio e camminando lentamente per non inciampare, Harry, Ron ed Hermione attraversarono il castello, uscendo in giardino. Era una serata piacevole: le stelle e la luna brillavano nel cielo terso e l’aria era fresca, segno che la primavera stava lasciando sempre di più  il posto all’estate.
I tre ragazzi raggiunsero in fretta il lato più nascosto del giardino. Harry ripiegò il mantello e lo ripose da parte.
“Allora adesso che si fa?” chiese Ron.
“Facciamo l’incantesimo, sperando che funzioni!” rispose Harry.
“Funzionerà. La data è quella giusta. Helen e Christine l’avranno controllata un milione di volte.”
“Sì. Hermione, sei pronta?” chiese poi Harry, guardando la ragazza a pochi passi da lui.
Hermione annuì: “Pronta!”
Harry sorrise e annuì. Così chiuse gli occhi e si concentrò. Sarebbe andato tutto bene e ben presto avrebbe potuto riabbracciare la sua Hermione.
“Oh, ma che bella scenetta!” commentò una voce dietro di loro.
Tutti e tre si volsero, colti di sorpresa, e videro Gregory Goyle: aveva un sorriso beffardo sul volto e un quaderno in mano. Un quaderno dall’aspetto familiare.
“Goyle, che ci fai qui?”
Il ragazzo scoppiò a ridere: “Ma come? Non hai ricevuto il bigliettino?”
I peggiori timori di Harry si stavano avverando: la presenza di Goyle era decisamente un brutto segno.
“Dunque, era opera tua.”
“Non direi opera mia, ma piuttosto di…. Oh, ma dai, possibile che tu non ci abbia pensato?”
“Ci ho pensato eccome, ma poi mi sono ricordato che, sebbene Voldemort abbia riacquistato un corpo, non può presentarsi a Hogwarts. Silente lo saprebbe di sicuro.”
“Questo è vero. Ma sai, il Signore Oscuro agisce per vie che tu non puoi neanche immaginare. È stata Hermione a consegnarti il biglietto.”
Harry e Ron si voltarono verso di lei, ma Hermione sembrava più sconvolta di loro.
“Io? Ma… non è possibile…”
“Già, non te lo ricordi. Ma sei stata tu. Nonostante questa tua…redenzione, la presa che il Signore Oscuro ha su di te è ancora molto forte. È lui che ti ha ordinato di portare quel messaggio a Harry.”
“Oh, Harry, io… ti giuro che non me ne sono accorta.”
“Tranquilla, ti credo.” cercò di rassicurarla lui.
“Mi sembrava giusto fartelo sapere, prima di incontrare…lui.” esclamò Goyle, divertito.
Harry socchiuse gli occhi: “Cosa intendi dire?”
“Ti ricordi questo diario?”
Goyle gli mostrò il quaderno che teneva in mano: aveva la copertina nera ed era squarciato nel mezzo. Come non riconoscerlo?
“Sì, lo ricordo bene. È il diario di Tom Riddle.”
“Ottima memoria, Potter.”
“Ma non può funzionare, io l’avevo distrutto con la zanna del basilisco. Il suo potere è svanito.”
“Sì, è vero. Ma non c’è nulla che la magia nera non possa fare e ora questo diario è ancor più potente.”
“Non è possibile!” esclamò Harry sempre più preoccupato.
Il cuore di Harry batteva velocemente, troppo velocemente.
“State a guardare.”
Detto questo, Goyle aprì il diario e lo poso a terra, inginocchiandosi.
“Signore Oscuro, o potentissimo Lord Voldemort, il tuo umile servo ha compiuto il suo dovere. Mostrati a noi, appari, Signore delle tenebre.”
Dal diario per terra si sprigionò un fascio di luce verde che li accecò. Harry, così come Ron ed Hermione, chiuse gli occhi e una strana sensazione si impadronì del corpo. Una sorta di leggerezza che lo fece sentire come se fosse un’entità incorporea, come se stesse lentamente svanendo…
Cosa stava succedendo? 

*****

 Quando Harry riaprì gli occhi non riconobbe il luogo in cui si trovava. Era una grande sala, senza finestre, illuminata solo da candele. I muri erano ricoperti da carta da parati di un verde scuro che conferiva alla sala un aspetto piuttosto lugubre.
La prima cosa che fece Harry fu di cercare Ron ed Hermione: fortunatamente erano accanto a lui, in piedi. Le loro espressioni erano preoccupate quanto la sua. Goyle invece sembrava scomparso.
“Dove siamo?” chiese Ron timoroso.
“Non lo so.” Rispose Harry.
Poi all’improvviso quella fredda, lugubre e familiare risata.
“Cos’è stato?” chiese di nuovo Ron, senza nascondere un tremolio nella voce.
“È lui! Coraggio, Voldemort. Fatti vedere!” esclamò Harry a gran voce.
Qualcosa cominciò a muoversi dall’altra parte della sala: era una figura alta, nera e incappucciata. Harry socchiuse gli occhi per focalizzare la visuale e quando l’inquietante figura si voltò verso di loro, Harry lo riconobbe subito. Quegli occhi rossi erano inconfondibili. Si trattava di Lord Voldemort.
“Miseriaccia!” commentò Ron, evidentemente sconvolto.
Hermione non aveva ancora detto nulla e non sembrava particolarmente agitata. Harry non sapeva se considerarlo un buono o cattivo segno.
Voldemort si avvicinò a loro lentamente, fermandosi a pochi metri di distanza.
“Benvenuti nella mia umile dimora!” disse Voldemort con un ghigno terribile sulle labbra.
“La tua umile dimora?”
“Proprio così. In questi tre lunghi anni i miei Mangiamorte hanno costruito questo edificio a qualche miglio di distanza da Hogsmeade. La magia ha provveduto a tenere alla larga occhi indiscreti. E tutto questo è stato fatto per arrivare a questo momento.”
“Come ci siamo arrivati?”
Harry cercò di prendere tempo, nella speranza che Silente si rendesse conto della presenza di Voldemort.
“Il diario è diventato una specie di passaporta.”
“Beh, sappi che Silente si accorgerà presto della tua presenza e quando accadrà per te sarà la fine.”
“Oh, io non mi preoccuperei per questo. Quel vecchio pazzo non riuscirà a salvarti, Harry Potter. O per lo meno non riuscirà a salvare lei!- esclamò Voldemort, puntando con un movimento rapido la bacchetta verso Hermione – Mobilicorpus!”
Hermione in stato di totale apatia venne trascinata lentamente verso il Signore Oscuro. Voldemort la teneva tra lui e Harry e questo rendeva difficile lanciare un qualunque incantesimo verso Voldemort. Harry avrebbe potuto colpire Hermione.
“Lasciala andare!- esclamò Harry- È me che vuoi. Lei non ha nulla a che fare con questa storia.”
“Non credo di essere d’accordo con te, Harry. E comunque devi renderti conto che se non facessi così, che divertimento ci sarebbe per me? Dopo tre anni di duro lavoro, ho davvero voglia di godermi un bello spettacolo.”
“Quale spettacolo?”
“Quello in cui il bambino sopravvissuto viene ucciso dalla sua amata, tramutata in un feroce assassino dal potente Lord Voldemort.”
“No! Tu non…”
Ma Harry non fece in tempo ad aggiungere altro perché Voldemort, guardando Hermione intensamente, esclamò a gran voce: “Muto indolem absoluta!”
Dalla bacchetta di Voldemort partì un fascio di luce gialla che colpì Hermione in pieno petto e la fece cadere a terra.
“HERMIONE!”
La ragazza rimase immobile a terra e Harry fece per correre verso di lei, ma Ron lo trattenne. Hermione cominciò a muoversi e infine si alzò lentamente: aveva lo sguardo basso e terribilmente minaccioso.
“Cosa le hai fatto?”
“L’ho fatta semplicemente diventare la mia guerriera più forte.”
Hermione sorrise a Voldemort e poi si rivolse a Harry.
“Hermione, lui è la causa delle tue sofferenze. Vendicati, torturalo e poi uccidilo!”
“Sì, mio signore!”
Gli occhi di Hermione erano ora iniettati di sangue: non vi era più un briciolo della dolcezza del suo sguardo. Era un incubo, un terribile incubo da cui Harry voleva svegliarsi il più presto possibile.
Tutto stava procedendo proprio come nel suo incubo, ma la fine doveva essere cambiata. Non sarebbe stato lui a morire.
Ora era pronto a combattere un’ultima volta contro Voldemort.



Oh, beh...che dire? Perdonate lo stile, è stato scritto secoli fa. Un giorno la riprenderò in mano e cambierò molte cose!! :D Per il momento l'importante è finirla e basta.
Prossimo capitolo: "La resa dei conti"

A presto
kia85
   
 
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