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Autore: Josie5    13/11/2012    9 recensioni
Una punizione divina. Per Evelyne Gray, la ragazza del giornalino scolastico o la presidentessa, come ci tiene a dire lei, Max Parker è una punizione divina.
Evelyne è infatti convinta che il karma o Dio, o qualunque cosa sia, stia cercando di punirla con lui.
Punirla perché, a causa di problemi economici, comincia a sfruttare il fatto di essere così ben voluta dai professori per passare le soluzioni dei test ad alcuni suoi compagni di scuola; il tutto in cambio di soldi.
Evelyne non è orgogliosa di se stessa, ma per quasi due anni continua a tradire la fiducia che le è stata concessa.
Quando decide di smettere non tiene conto del fatto che Clark, il suo ultimo "cliente", sia uno dei migliori amici di Parker; non tiene conto del fatto che Parker stia preparando la sua vendetta fredda.
Max ed Evelyne non si sono mai parlati, ma si conoscono molto bene per via del giornalino di lei e di un certo articolo. E Max Parker, il capitano della squadra di basket della scuola, bello e popolare, non può di certo essere umiliato senza conseguenze. Non dopo quello che ha fatto Evelyne.
(Revisione in corso: 3/31)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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(Grazie a Jess Graphic per la copertina :3)

9.Verde Natalizio


 

Mancava un solo giorno alle vacanze di Natale.

Non vedevo l'ora che la scuola finisse per vari motivi: primo, avrei rivisto mia zia, passando le due settimane a New York, nel suo piccolo ma caldo appartamento; secondo, avrei riposato e approfittato del tempo libero, di solito e ultimamente così raro, per leggere un libro nuovo che avevo preso in prestito e quindi rilassarmi; e terzo, mi sarei allontanata da Parker. Il terzo e ultimo punto aveva notevole importanza e solo quello mi sarebbe bastato a rendere quelle vacanze rosee.

Mancava un solo giorno alle vacanze di Natale ed era quindi passato un mese buono, di più, dall'Episodio.

L'Episodio non era in realtà solo una cosa, ma era il termine che Francy ed io utilizzavamo per riferirci a "Quello che era successo" in una certa via, dopo una certa festa - senza specificare bene -, e quello che sapevamo avesse provocato l'accaduto: tra le varie cose c'era l'entusiasmo di Francy per Parker che si era spento abbastanza bruscamente appena le avevo riferito la conversazione con Clark.

- E' storto - commentò una voce sotto di me. Voce familiare e odiata.

Non abbassai neppure lo sguardo e non risposi.

Era passato più di un mese e in buona parte di quelle settimane il bidello Joe aveva cercato, con fare all'inizio arrabbiato, poi minaccioso, alla fine disperato, i due teppisti che aveva intravisto a Novembre, nella palestra, i suoi “Cinesi”, come li chiamava lui. Come se solo i cinesi mangiassero cinese. I ragazzi asiatici presenti nella nostra scuola erano stati presi di mira da lui e la sua scopa.

Ma insomma, aveva cercato i colpevoli e mentre li cercava io mi ero offerta come volontaria per i suoi lavoretti, per cui cercava sempre aiutanti provvisori perennemente inesistenti: mi sentivo infatti in colpa e con quelle piccole cose cercavo di discolparmi, come se fossi stata beccata e messa in punizione.

Per quello in quel momento, a Dicembre inoltrato, mi trovavo su una scala, portata nell'atrio, per aiutarmi a sistemare una striscia verde, con scritto “Buon Natale”, che fosse ben e ben visibile dall'entrata.

Una coglionata, oltretutto, perchè nessuno l'avrebbe considerata, ma i miei sensi di colpa vincevano.

- Più in alto - continuò testarda la voce.

Obbedii con una smorfia, alla fine e Parker sotto la mia scala rise. - Perfetto!

Dopo l'Episodio, dopo l'Episodio Parker l'avevo trattato, dalla volta dopo, nel solito modo.

Insomma, più o meno.

Per le prime due settimane avevo evitato anche solo di guardarlo in faccia, offesa in qualche strano modo che non riuscivo a capire. Dalla terza settimana in poi avevo, più o meno, rivisto quell'odioso - perchè ormai era odioso - verde dei suoi occhi. Solo dalla quinta però avevo accennato qualche sorriso, dopo qualche battuta particolarmente azzeccata.

In tutto quel tempo lui aveva continuato come se niente fosse, con i suoi incarichi idioti a sfruttarmi e a guardarmi scocciato quando lo ignoravo. Scocciato, ma lui sapeva perchè mi comportavo così. Quello che sembrava non capire era che io volevo scuse.

Ed era passato più di un mese e niente del genere era arrivato, né sarebbe mai arrivato.

- Adesso sarà storto - commentai abbassando lo sguardo verso il castano.

Fui presa da un leggero senso di vertigini mentre lui mi faceva la linguaccia.

- E' perfetto! E non mi cadere che dopo potrei finire accusato di omicidio!

Fui indecisa per un attimo se buttarmi di proposito dopo quella frase, ma non c'erano testimoni e sarebbe stato solo dolore inutile.

Quando ritornai coi piedi per terra, senza nessun salto, osservai lo striscione: andava benissimo. Mi girai a guardarlo scocciata, lui aveva già lo sguardo puntato di me e si dondolava sul posto sorridendo. Cosa avesse non lo sapevo.

- Cosa ci fai ancora qua? - Chiesi piegandomi e sollevando lo scatolone con le decorazioni.

- Avevo allenamento - spiegò. - Ma il mister non si è presentato e gli altri se ne sono tutti andati. - E sbadigliò stancamente. Lo fulminai: non aveva diritto di essere stanco, LUI, che non faceva niente da mattina sera.

Andai però verso il muro che avevo scelto per gli alberelli natalizi - altra coglionata -, senza commentare. - E tu? - Tirai fuori il nastro di scotch. Tu vuoi rompermi e basta, vero? Continuai mentalmente.

- Non mi piace guidare con la neve e aspetto un attimo che passino a pulire le strade - rispose velocemente.

Mi girai verso la porta vetrata, notando solo in quel momento lo strato di neve che si era andato formando e rendeva bianchi e soffici gli scalini. - Oddio, non ci avevo fatto caso!

Mollai la scatola e dai jeans presi velocemente il cellulare, schiacciai un tasto per la chiamata rapida. Guardai intanto Parker che curioso si era avvicinato per spostare e guardare gli oggetti nello scatolone. - Ti piace proprio fare la schiavetta - commentò ridendo.

Lo fulminai. - Zia! - Esclamai però sentendomi rispondere lì.

Parker alzò lo sguardo verso di me, pettegolo come sempre.

Mia zia sarebbe dovuta partire quella sera, subito dopo il lavoro, per raggiungermi e poi portarmi a New York con lei domani o massimo dopo-domani, il giorno di Natale.

Ma la neve …

- Nevica tanto là? - Chiesi mordendomi le labbra, ansiosa.

Parker sorrise smettendo di trafficare e si avvicinò tanto, cercando di portare l'orecchio contro il mio cellulare e sentire. Mi ribellai silenziosamente mentre mia zia rispondeva, ma lui non mi mollava.

Portai una mano sulla parte del cellulare da cui passava la mia voce. - Parker! - Lo sgridai.

Lui mi ignorò continuando e alla fine mi arresi: si appoggiò al cellulare da davanti e i suoi capelli mi solleticarono le tempie.

- Partirò domattina quindi se smette ... - Fu la sua ultima frase e la sentì anche Parker.

A New York aveva infatti nevicato abbondantemente da mattino presto e la circolazione era fuori del tutto. Ancora più del solito, insomma.

- Sennò domani pomeriggio dopo scuola prendo il primo treno che trovo e ti raggiungo. Si fa prima e ce la facciamo!

- A volte bloccano anche i treni per la neve! - Disse Parker guardandomi e facendo di tutto pur di rompermi.

Mia zia sentì. - Chi è? - Chiese ridendo e dalla risata era ovvio che l'avesse riconosciuto.

- Nessuno - risposi sospirando.

Nessuno si mise di fianco a me e riappoggiò la testa contro la mia.

- Poi i treni li bloccano solo in casi estremi - fece Lizzy.

- Sì lo so, ignoralo! - sospirai ancora. - Comunque va bene?

- Direi di sì … Ma sei sicura di volerti fare il viaggio da sola?

Mi allontanai da Parker che cominciava davvero a irritarmi e lui si lamentò mugugnando. - Tranquilla, zia, cosa saranno? Due orette in treno, no? - E sorrisi al muro come avendocela davanti.

Lei acconsentì dopo un po' e misi giù.

- Vacanze da tua zia, quindi? - Si informò Parker, tirando fuori dallo scatolone tutti gli alberelli; alzò lo sguardo su di me sondandomi in qualche modo con gli occhi.

Era dall'Episodio che non mi sentivo rivolgere una domanda privata, evitandolo e guardandolo male non gliene avevo dato nemmeno l'occasione.

Annuii avvicinandomi e cominciando a prendere dei pezzi di scotche strappandoli coi denti.

Lui mi passò un alberello e facendo così ne finimmo un paio; feci sempre attenzione a non sfiorargli minimamente le mani.

- New York? - Chiese per continuare la conversazione. Odiava proprio il silenzio, come mi aveva già detto.

- Sì - alzai lo sguardo su Parker, trattenendo un sorriso poiché sapevo che i monosillabi lo irritavano. Infatti fece una smorfia e mi guardò, incontrando il mio sguardo.

- Tu? - Chiesi più per cortesia che per altro, distogliendo gli occhi dai suoi: evitavo di farlo troppo.

Mi chiesi solo dopo perchè usassi ancora della cortesia con lui.

- Domani pomeriggio, quando arrivano i miei a casa, andiamo, insieme alla famiglia di Billy, a New York.

Tornai a guardarlo preoccupata e lui rise notandolo.

- Ma solo per prendere un aereo! Indovina dove passo questo Natale? - Chiese sorridendo soddisfatto e con una nota gasata nella voce.

- Non sono sicura di volerlo sapere- commentai incolore.

- Hawaii!

Decisamente odiavo quel riccone.

- Vuoi che ti porti una collana di fiori come souvenir?! O vuoi un babbo natale che fa surf?! - Chiese ammiccando e prendendomi un pezzo di scotch. Attaccò lui l'ultimo albero mentre speravo che l'aereo precipitasse. Forse per Billy e le altre vittime innocenti un po' mi sarebbe dispiaciuto.

- No, voglio che mi porti con te, mi sganci sull'isola e poi mi ignori per tutte le vacanze! Questo mi farebbe piacere - feci annuendo.

- A mia madre piaceresti e la prima parte è fattibile però non riuscirei proprio a ignorarti sapendoti sull'isola con me! - Scosse la testa, come se fosse stata una cosa chiara e innegabile; guardò poi nello scatolone e rise all'improvviso.

- Non sapresti ignorarmi perchè avresti cazzate da farmi fare, vero? - Sbuffai.

- Che altro motivo potrebbe esserci? E guarda qui! Alla preside non so cos'è preso! - Rise di nuovo.

Mi avvicinai alla fine, assecondandolo e vidi quello che aveva visto lui; la mia reazione fu diversa e storsi la bocca: agrifoglio.

- Sicuro che quando hai fatto quella roba strana nel suo ufficio non ti abbia visto? Forse le hai risvegliato qualche voglia strana ... - Commentai tirando fuori la finta piantina contrariata. - Dove lo metto? - Gli chiesi, decisa a sbarazzarmene il prima possibile.

Parker osservò il corridoio, continuava a sorridere, e poi indicò l'arcata più vicina sotto la quale gli alunni passavano decine di volte ogni giorno. - Vuoi davvero che ci sia così tanto amore domani a scuola?

- Adoro l'amore. - Rise.

Evitai di guardarlo scetticamente e tornai dalla scala per sollevarla con fatica.

- Vuoi che ti alzo io? Sarà alta 2 metri e un cazzo quell'arcata, per quanto tu sia nana basterebbe poco - propose seguendomi.

- No grazie, preferirei di no - feci guardandolo male. Ero perfettamente nella media, non nana.

- Facevo il gentile! - Sbuffò ridendo mentre mi osservava trascinare la scala.

- Fare il gentile portandomela tu? - Chiesi ironica.

Parker alzò gli occhi al cielo. - Troppo classico!

Arrivai sotto l'arcata ignorandolo. Aprii la scala e salii e attaccai l'agrifoglio con scotch abbondante.

Parker fece un suono sorpreso mentre scendevo. - Ommiodio! Ma siamo sotto l'agrifoglio! Dovremmo baciarci? - Quel giorno era troppo vivace per i miei gusti.

Lo fulminai dopo aver sceso l'ultimo scalino. - Perchè, hai scommesso con Clark di riuscire a baciarmi anche sotto l'agrifoglio?

Lui rise, facendomi aggrottare le sopracciglia ancora di più. - Ce l'hai ancora per quella storia? - Chiese divertito e dandomi un buffetto sul braccio.

- Ti odio ancora per quella storia - corressi sorridendo freddamente e spostandogli la mano.

- Neanche un po' di bene? - Chiese fingendosi triste, mentre sapevo che non gliene poteva importare di meno.

- No - fu la mia risposta crudele.


 

Avevo finito con gli addobbi.

Uscimmo dalla porta poco dopo per poi fermarci sulle scale, nella zona ancora coperta. Io ero imbacuccata con la giaccona e la sciarpa, Parker aveva la giacca aperta.

- Non è da figo allacciarsi la giacca? - Chiesi ironica da dietro la sciarpa verde scura.

Lui mi squadrò. - In effetti no. - La frecciatina fu per me, ma ormai ero troppa abituata per farci davvero caso.

- Sta nevicando! - Ribattei contrariata.

Mi lanciò uno sguardo alla “Ma no!”, poi cominciò a scendere le scale.

La neve fresca, caduta da poco, scricchiolava a ogni suo passo. Il suono rimbombava poi nel silenzio naturale che si creava sempre durante le nevicate, un silenzio che è difficile da capire se non si vive in un luogo freddo o con stagioni.

Lo imitai raggiungendolo, in quel silenzio.

- Avrai un bianco Natale - commentò Parker guardando con una strana smorfia la neve.

- Non so come fa a non piacerti la neve! - Feci, con una risata bassa, avendo riconosciuto l'espressione schifata.

- Preferisco il caldo - rispose guardandomi.

Incrociai lo sguardo. In effetti Parker era sempre bollente ed era ovvio che non amasse il gelo.

- Ma la neve è bella! - Sorrisi.

Alzò le sopracciglia scettico. - Hawaii - ribatté.

Roteai gli occhi arrendendomi presto e non volendo sostenere per altro tempo quella conversazione.

Arrivammo dalla sua macchina, al solito posto, più vicina al cancello della scuola che la mia, sempre agli antipodi.

Mi portai le mani sulle braccia, incrociandole, infreddolita.

Lui si chiuse la giacca. - Mi fai venire freddo! - Mi sgridò aprendo con la mano libera la portiera.

- E' giusto così! Bisogna goderseli gli ultimi giorni di freddo. - Sbuffai abbassando il collo e nascondendomi di più dietro la sciarpa.

Parker sospirò. - Ho detto che mi fai venire freddo, a forza di coprirti sempre di più. - E allungò le braccia, prendendomi le mani.

Il contatto fu strano: forse per il fatto che fosse così caldo, o forse per altro. Mi avvicinò piano, cauto, perchè era un mese e mezzo che rifiutavo conversazioni troppo lunghe, figuriamoci il contatto fisico, ma lo lasciai fare.

- Ho freddo - giustificai. E lui, che sorrise leggermente, era caldo.

Parker non disse niente e infilò in qualche modo le mie mani sotto le maniche della sua giacca, scaldandomi leggermente. Ci fu un attimo di silenzio, amplificato dalla neve, e mi sembrò quasi di sentire, con la mano, il battito del suo polso. Quindi anche lui aveva un cuore? Mi chiesi stupidamente e cercai di trattenere un sorriso ironico che forzava sulle labbra.

- Io sono sempre caldo, invece - disse piano, alla fine.

- Suona male. - E alla fine risi, all'improvviso a disagio, e allontanai le mani che scivolarono facilmente, senza nessun ostacolo, dalle sue.

Alzai lo sguardo ma non incrociai il suo: Parker guardava sopra la mia testa verso la strada. - Stanno pulendo. - Sorrise e abbassò gli occhi.

- Così finalmente anche oggi posso dirti addio - esclamai con una reale nota di sollievo, allontanandomi all'indietro velocemente.

Parker sorrise ironicamente, come al solito, e poi aprì la bocca incerto. - Evelyne - chiamò.

Mi fermai, alzando le sopracciglia in una domanda muta.

- Dato che ormai è Natale e siamo tutti più buoni ... - Cominciò.

Diventai entusiasta in un secondo. - Cancelli le foto?!

Lui mi guardò scettico scuotendo lentamente la testa.

- Ah ... - Borbottai delusa. - Allora cosa?

Si grattò la testa a disagio. - Per la storia di Clark e la scommessa … Insomma … Scusa. - L'ultima parola gli uscì dalla bocca in modo strano, come se fosse stato poco abituato a pronunciarla e probabilmente era così.

L'effetto fu strano, e il suono incerto traballò di nuovo sulla neve.

Rimasi un attimo sorpresa mentre lui faceva una strana smorfia, come cercando di richiamare indietro le parole, ma si infilò dentro la macchina, velocemente.

Poco dopo entrai anch'io nella mia, non sapendo bene cosa pensare, un po' perplessa, e accessi distrattamente il clima e il motore. Decisi semplicemente la cosa più semplice: continuare a far finta di niente.

Ma quando appoggiai le mani sul volante le sentii lentamente tornare fredde.


 


Troppo amore.

- Ma la gente non si è mai baciata sotto l'agrifoglio sul serio ... - Commentò Francy sinceramente incredula.

- Nel nostro liceo c'è qualcosa di strano ... - Osservai sconvolta mentre schivavamo gli ennesimi individui che si baciavano, neanche pacatamente, a suon di "linguate", sotto l'arcata.

Avevamo appena mangiato e tutti quegli spettacoli zuccherosi ci stavano stomacando.

- Dovrei sentirmi in colpa pensando ai poveri "forever alone" come noi costretti a guardare?- Chiesi. - Dopo tutto quell'osceno agrifoglio l'ho appeso io.

Francy mi guardò annuendo grave. - Sì, piangi e pentiti e chiedi perdono a noi poveri single.

- Beh, aspetta, tu taci! Ne troveresti uno subito volendolo! - La rimbeccai, dandole una piccola spinta ma ridendo.

- Solo Kutcher ... - Disse a bassa voce per non farsi sentire dalla nostra scuola che, oltre essere molto zuccherosa, era soprattutto pettegola.

- Beh, carino è carino ... - Le feci notare ripensando al morettino che decisamente non era da buttare via: l'avevo già detto che i ricconi in quella scuola erano gli unici piacenti, vero? Tutte le fortune a loro.

Lei rise. - Ma è un completo idiota! - Esclamò ed entrammo in classe per biologia insieme.

- Ma povero ragazzo! Gli spezzeresti il cuore se ti sentisse - la sgridai.

Mi ignorò andandosi a sedere. - Oggi che treno prendi, quindi? - Domandò.

- Sì, dissimula pure cambiando discorso, insensibile! - La presi in giro. - Comunque quello delle 19:10, alle 21:45, se tutto va bene, sarò a New York- le feci sistemandomi anch'io.

Ignorò la mia prima frase. - Un po' ti invidio, sai? - Disse ridendo. - Io dovrò sorbirmi parenti in casa ogni giorno!

- Eh no! Un giorno evadi e prendi un treno e vieni da me! Possibilmente la sera in cui vado a visitare i miei nonni così sarò ancora più felice! - Le sorrisi con entusiasmo.

- Ma come puoi sfruttarmi così! - Esclamò fingendosi indignata.

- Comprendimi. Non sono abituata a queste brutte cose - feci scuotendo la testa.

- Sono ormai sei anni che li vedi ogni Natale e per la festa del Ringraziamento - mi ricordò sorridendo. - Dovresti aver iniziato ad abituarti.

Feci una smorfia. - Sì ma sono esperienze così brutte che tendo a rimuoverle. Sono intere ore di: perchè vuoi rovinarti anche tu a fare la giornalista? Non guadagnate niente! E tu non riesci a mantenerla! Non abbiamo ancora capito cosa credevi e cosa credi di fare! - Sbuffai facendo il verso a mia zia e mia nonna. - Scusate se almeno ha provato a ventun'anni a togliermi da un orfanotrofio mentre voi non facevate un cazzo.

Francy mi guardò ed era il tipico sguardo dispiaciuto. Dispiaciuto non da pena, la pena la odiavo, dispiaciuto da non saper cosa dire. Tante cose in effetti sarebbero suonate sbagliate e la potevo capire.

Sorrisi. - Scusa, Francy, non dovrei parlarne, lo so.

- No, non è questo ... - Borbottò grattandosi la nuca libera grazie alle trecce che si era fatta.

Mi avvicinai e le schioccai un bacio veloce sulla guancia. - Tranquilla!

Due ore dopo, finalmente, suonò la campanella e ci fu una delicata esultanza generale, delicata in confronto a quella di fine anno che riduceva l'udito di ogni alunno annualmente.

Uscii da spagnolo che per un cambio di ora strano avevo avuto all'ultima.

- Quindi ci sentiamo, no? - Chiese Emily amichevole come al solito.

Annuii sorridendo e lei mi abbracciò con fare affettuoso. Ci augurammo poi buon Natale a vicenda e ci separammo: lei doveva andare a salutare in fretta altre sue amiche.

Mi circondai il collo con la sciarpa uscendo dalla scuola.

Francy era vicino al cancello, con il suo paraorecchie nero, leggermente spostato per ascoltare Kutcher, con cui stava parlando.

Li osservai un attimo da lontano sorridendo divertita: Kutcher parlava gesticolando, fin troppo, e Francy per lo più se la rideva, probabilmente più divertita da lui in sé, che da quello che le diceva.

Aveva continuato a nevicare per tutta la notte e scesi le scale con un po' di difficoltà, cercando di evitare la neve sporca , schiacciata e rischiacciata e anche ghiacciata; lo strato era abbastanza alto ma almeno aveva smesso momentaneamente.

Mi avvicinai traballando e quando Francy mi vide ignorò Alex venendomi incontro. - Eve! - Piagnucolò saltandomi al collo. Risi guardando Kutcher che mi lanciava sguardi irritati: già geloso il ragazzo.

- Mi mancherai così tanto! - Fece.

- Anche tu, Francy! - E mentre continuavamo ad abbracciarci oltre all'occhiataccia di Kutcher mi arrivò …

Una palla di neve contro il culo. Sobbalzai di scatto e quasi, nell'impeto, diedi un colpo in faccia a Francy.

Non mi girai però, appena mi ripresi dallo spavento,sapendo già chi fosse. - Perchè ce l'ha tanto con me? - Sospirai staccandomi lentamente dalla mia amica.

- Perchè vuole del sesso violento con te, ma visto che non gliela daresti mai si sfoga così - rispose con tono ovvio cercando di convincermi della sua cazzata. Kutcher, che si era avvicinato vedendo Parker, sentì e si mise a ridere.

- In effetti è quello che pensa anche Clark - annuì.

Io sospirai girandomi mentre Parker, seguito come sempre da Hans, si avvicinava definitivamente.

- Ho superato il mio schifo nei confronti della neve per quella palla, dovresti essere orgogliosa di me! - Parker mi sorrise fintissimo fermandosi di fianco.

- No - risposi acida.

- E' sempre così dolce vedervi parlare, sprizzate amore da tutti i pori! - Francy mi prese per il braccio e Billy rise.

- Certo! Io e la Gray ci amiamo!

- Un casino - sbuffai per poi andarmene. Francy mi seguì trotterellando e facendo rumore sulla neve.

- Gray! Non mi saluti? - Urlò Parker con la voce teatralmente offesa. - Tra due giorni quando ti mancherò da morire e starai male per il dolore te ne pentirai!

Lo snobbai. Perchè anche se si era scusato non era stato perdonato, non almeno finchè c'era la questione foto.

Però mi venne da ridere.


 


 

Francy mi abbracciò di nuovo, subito dopo aver finito di parcheggiare davanti alla stazione della nostra piccola città.

La stazione era collegata a New York con una linea che a un certo punto, avvicinandosi alla grande mela, andava sottoterra, unendosi al molto frequentato trasporto metropolitano.

- Su, su! - Le feci di nuovo sciogliendo l'abbraccio. - Mi farai perdere il treno!

Lei sorrise e dopo un bacio sulla guancia mi lasciò andare.

Uscii dalla macchina. Aveva riniziato a nevicare e Francy aveva dovuto montare su le catene per quel piccolo viaggio che aveva fatto solo per per farmi il piacere di accompagnarmi.

Andai dal baule e tirai fuori la mia trolley - abbastanza inutile visto che con la neve e il ghiaccio non riuscivo a trascinarla.

Lanciai un ultimo bacio a Francy, da dietro la sua macchina, venendo ricambiata dallo specchietto retrovisore, e poi me ne andai sollevando la valigia. Entrai in stazione e finalmente lì, anche se il pavimento era sporco e bagnato per il via vai della gente, cominciai a trascinare il bagaglio.

Il biglietto l'avevo fatto il giorno prima e quindi ero a posto, senza nulla da fare tranne aspettare.

Mancavano dieci minuti per il treno e andai nella zona coperta, in un'altra stanza, con tante sedie: la sala d'attesa. Entrai lì osservando il pannello con gli orari dei treni ed incredibilmente il mio non era in ritardo.

Abbassai quindi lo sguardo tranquilla e mi misi a osservare le sedie cercando qualche posto. Era tutto molto pieno, si vedeva solo da quello che mancavano due giorni a Natale e che tutti erano in viaggio o per lo meno si apprestavano a farlo.

Camminai trascinando la valigetta e alla fine trovai due posti vuoti di seguito e mi sedetti nell'ultimo.

La donna più vicina a me si girò sentendomi. Era bionda, molto chiara, probabilmente tinta ma il colore le donava, una montatura nera di occhiali rettangolari appoggiata sul naso dritto, stanca e senza un file di trucco, ma comunque molto, molto bella; dimostrò, alla rapida occhiata che le diedi, una quarantina d'anni ed era vestita elegantemente, fin troppo per essere in una stazione.

Davanti a lei un uomo molto alto, circondato da tre, quattro grandi valigie; quasi moro, senza nemmeno un pelo bianco, e una leggera barbetta; sulla quarantina come lei e un bell'uomo anche lui. Era impegnato a rispondere a qualche messaggio, la fronte aggrottata e non riuscii a immaginarmelo senza quelle rughe d'espressione. Erano decisamente una coppia, fisicamente perfetti l'uno per l'altra.

Avevo poi la forte sensazione di averli già visti. Tipo in foto. Forse perchè erano belli da sembrare attori.

La donna mi sorrise. - Grazie, così adesso mio figlio impara a sparire - fece con una voce ferma ma civettuola, abbastanza giovanile.

Corrucciai le sopracciglia non capendo.

Lei fece una corta risata, come non abituata a farne di troppo lunghe. Il marito la guardò attirato dal suono e poi spostò lo sguardo su di me. Mi sentii decisamente in soggezione.

- E' scappato non so dove, quel posto era suo e quando tornerà non ce l'avrà più, così impara - mi fece l'occhiolino dietro gli occhiali.

- Non credo che sarai molto contenta quando proverà a sedersi sulle valigie - fece suo marito. Una voce profonda e seria con cui il tono leggermente divertito stonava. Le rughe della fronte si erano stirate osservando la moglie.

- Hanno detto che andavano in bagno ma ne è passato di tempo, dove saranno andati? - Notai solo in quel momento una donna dai capelli rossi, un po' sbiaditi per l'età, di fianco alla bionda.

Quella la riconobbi senza pensarci molto, troppo abituata a vederla in ogni occasione pubblica scolastica. Impallidii vedendo la madre di Billy, la signora Hans.

Tornai a guardare la bionda di fianco a lei e il marito. La prima rispose qualcosa di frivolo e si capì dal modo leggero in cui agitò la mano; il secondo mi guardava sorridendo, un po' troppo scettico per star davvero sorridendo. - C'è qualcosa che non va? - Mi chiese infatti vedendomi alzare di scatto.

- N-no! - Balbettai arrossendo.

Ero davanti ai signori Parker.

Dovevo scappare! Perchè erano in stazione?! Erano ricconi pieni di soldi! Limousine no?!

La signora Parker si girò e vedendomi in piedi sbatté gli occhi perplessa. - Ma, cara, siediti! Non volevo dirti di alzarti, davvero! - E mi sorrise appoggiando la mano sulla sedia, in un gesto che Parker faceva spesso.

- No, stia tranquilla, è che dovrei andare a prendere dell'acqua - feci portandomi un ciuffo di capelli dietro le orecchie sparando la prima scusa che mi era passata per la testa. Scappare, Evelyne, scappare, continuavo a ripetermi.

La donna mi guardò sorpresa ma poi sorrise, sempre leggera, sembrava una sua caratteristica, come accomiatandosi.

E l'avrei volentieri fatto se girandomi per andarmene non avessi visto Parker e Billy arrivare: il primo aveva il volto livido e scocciato, l'altro guardava il pannello con gli orari, tranquillo.

Mi portai una mano sul viso, quasi in uno schiaffo, abbastanza disperata.

Parker mi vide e si illuminò con il solito sorriso divertito. Io parecchio disperata guardai nella direzione opposta cercando un'altra via di fuga ma non trovandola.

Mi accasciai quindi sul posto e la signora Parker rise cristallina, questa volta un po' più a lungo, probabilmente aveva notato tutti i miei movimenti. - Cambiato idea?

Annuii guardandola mestamente.

Parker arrivò e mi passò davanti tranquillo.

La signora Parker prese voce: - Cara, questo è mio figlio! - Cominciò allegra, pronta a presentarci. Billy si sedette di fianco a me e cercava di trattenere una risata.

- Gray, alzati - ordinò Parker guardandomi e ignorando la madre.

- Educazione, Parker - risposi a tono.

- Foto, Gray. - Sorrise.

Assottigliai le labbra alzandomi e fulminandolo dalla mia bassezza.

- Max - fece però la madre. - Non ti farà del male star in piedi. - La guardammo e ci sorrise. - E vi conoscete? - chiese curiosa come solo una mamma poteva osserlo. Mi osservò questa volta cercando di capire qualcosa e con un rinnovato interesse; poi passò con lo sguardo azzurrino, che, cavolo, avrei dovuto riconoscere subito, su Billy. - Anche tu?

Billy annuì. - Ma diciamo che loro due si conoscono meglio - lanciò quell'insinuazione che insinuava decisamente di tutto, ma non spiegando niente, e attirò l'attenzione, abbastanza vaga, anche del signor Parker e della signora Hans, ma lei sembrava un personaggio di sfondo dietro i due Parker.

La donna sbatté di nuovo le palpebre, cominciava a sembrare un modo di fare più teatrale che di vera sorpresa. - Hai la ragazza? - Chiese a Max guardandomi.

Io con tutta la forza del mondo riuscii a non arrossire. - No! - Esclamai.

Parker sbuffò come al solito cercando di provocarmi. - Mamma, secondo te!

Suo padre rise ma senza divertimento. - Sì, in effetti, Claire, okay che lei è una bella ragazza ma nostro figlio secondo te riesce a impegnarsi in qualcosa? - La frecciata fu pesante e lo fu ancora di più per il tono di voce con cui lo disse.

- James - fece infatti con rimprovero la moglie: non doveva amare le scenate in pubblico e conoscendo Parker Junior quella frase sarebbe potuta bastare.

- IO non mi riesco a impegnare in qualcosa? - Rispose infatti serissimo il castano sottolineando ironico il soggetto.

Sarei voluta scomparire immediatamente: non volevo essere in mezzo a qualcosa di privato e che non mi riguardava. Soprattutto non nel privato di Parker.

Suo padre gli lanciò un'occhiata che doveva essere esauriente.

- Max, non rispondere - ordinò la madre, Claire, con un'occhiata dura prevedendo già.

Parker serrò la mascella e fu abbastanza visibile.

La signora Hans aveva già distolto lo sguardo e si era girata a parlare con una ragazzina: la sorella di Billy.

Io sul posto mi mossi indecisa se andarmene e Claire sembrò capirlo: - Scusa, cara.- Sospirò stanca togliendosi gli occhiali, poi mi sorrise, riprendendosi velocemente in un cambio di espressioni che mi sembrò familiare. - Come ti chiami comunque?

- Evelyne Gray - risposi un po' formalmente e mordicchiandomi l'interno della bocca.

Parker si sedette sul bracciolo della mia sedia silenziosamente e Billy lo guardava serio: quei due si parlavano sempre con gli occhi e si capivano perfettamente. Dovevano essere amici da anni e anni.

- Conosci mio figlio quindi … Sei una cheerleader? - Mi chiese, provando ad indovinare.

Feci una smorfia che la fece ridere. Parker normalmente sarebbe subito intervenuto ma non lo fece e quello disse molto sul suo umore. - No! Niente del genere, l'unica cosa che faccio di diverso dagli altri è lavorare al giornalino scolastico, la presidentessa - dissi un po' in imbarazzo.

Lei fece una faccia un po' sorpresa. Sperai con tutto il cuore che non sapesse della foto. - Ma davvero? - Mi sorrise curiosa. Non se l'aspettava sul serio una cosa del genere. E non sapeva della foto di Parker, dell'anno scorso.

- Il treno parte tra 5 minuti - si intromise il padre.

Tutti si alzarono tranne Parker. Lo guardai, con il viso alla stessa altezza del suo.

- Vieni con noi in un altro vagone? - Mi chiese a bassa voce, con una smorfia di sfondo che sembrava non volersene andare.

Mi corrucciai. - Preferisco stare da sola.

Lui sorrise. - Secondo te mia madre ti molla? Adesso che ha trovato un passatempo?

- Dirò che vado con voi e poi sparisco allora - risposi sorridendo con più simpatia del solito, effetto della litigata a cui avevo quasi assistito.

- Non te lo permetto! - Sbuffò.

Lo ignorai afferrando la trolley e dandogli le spalle.

- Anche tu a New York? - Mi chiese la signora Parker appoggiandomi una mano sulla schiena mentre mi passava di fianco. Era più alta di me di un bel po' ma aveva anche stivali col tacco ad aiutarla.

Annuii mentre mi trascinava via da suo figlio che prendeva due valigie insieme al padre.

Salita sul treno/metropolitana Claire continuava a non mollarmi. Non capivo perchè ma sembrava le stessi simpatica a vista, o forse semplicemente in quel momento si annoiava e sembravo una buona fonte di informazioni sul figlio.

- Ma', noi tre andiamo a fare un giro, okay? - Chiese Parker mettendosi in mezzo e afferrandomi per una spalla.

- Me la rubi? - Domandò Claire facendo la triste e mettendo su il broncio.

- Sì, perchè fai paura ... - Parker mi prese la trolley e se ne andò via. Lo guardai mentre si allontanava e lo seguii fin troppo spaesata dal fatto che mi avesse davvero preso la valigia.

- Evelyne! - Mi chiamò però la bionda facendomi fermare. - Dopo le vacanze quando siamo a casa vieni a cena qualche volta, okay? - E sorrise contenta.

Io le sorrisi un po' imbarazzata sussurrando un okay. Poi andai davvero dietro a Parker.

Passai nella seconda carrozza, alla terza e alla fine li trovai.

- Secondo me tua madre voleva farsela - commentò Billy appena mi vide.

Parker aveva messo la trolley di fianco al suo amico e si era appena lasciato cadere di fronte a lui. Mi guardò quando li affiancai. - Anche secondo me. Ed è inquietante che qualcuno voglia farsela. - Scosse la testa guardando Billy e lui sorrise divertito.

- Era solo gentile! - Sbuffai afferrando la valigia.

- Nessuno è mai solo gentile - insinuò Billy con tono serio.

Parker rise osservandolo di sottecchi, per poi tornare a me. - E dove pensi di andare, Gray? - Mi chiese.

- Lontano da te! - Risposi sorridendo più finta che mai. - E poi perchè siete qua?! Su un treno come dei comuni plebei? Vuoi così tanto tormentarmi da ...

Billy indicò fuori dal finestrino e mi bloccai. Guardai la neve che cadeva.

Ah, la neve!

Iniziai ad odiarla anch'io.

- E i miei non si fidavano a chiamare dei taxi e vabbè - aggiunse Parker stiracchiandosi stanco. - Mi ferisci comunque andandotene! - Mi disse con un tono ironico così evidente da poter essere tagliato a fette.

- Oh, quanto mi dispiace! - Mi lamentai accennando ad andarmene.

Parker sbuffò ma non mi disse niente mentre mi allontanavo.

Se avesse voluto davvero che rimanessi lì avrebbe potuto obbligarmi, ma non l'aveva fatto. Sorrisi passando al vagoncino successivo.

Per fortuna.

Mi sedetti in un posto a caso e mi resi conto che quelle sarebbero state le ultime due ore e mezza in relativa vicinanza di Parker e poi più niente.

Se non avessi contato la cena il giorno dopo Natale, con la mia “famiglia”, sarebbero state due settimane fantastiche. Tutte per me, tutte belle da morire.

E le due ore e mezza passarono lente.

Lentissime mentre alzando lo sguardo da Jane Eyre, che dovevo leggere per la scuola e volevo eliminare subito, a volte osservavo la porta che mi separava dall'altro vagone, aspettandomi che la mia nemesi spuntasse da un momento all'altro.

E mi aspettavo anche due ore e mezza veloci, senza Parker, ma non fu così.

Quando arrivammo finalmente al capolinea uscii con fare stanco e girandomi a guardare verso destra vidi Parker e Billy uscire poco più in là.

Mi aspettai che si girassero, ma non lo fecero e camminarono velocemente verso i loro genitori ancora più lontani.

Anch'io mi avviai verso quella direzione, l'uscita era da quella parte, ma con molta più calma per dare il tempo alle due famiglie (adesso vedevo meglio la sorella di Billy e il padre) di allontanarsi definitivamente, senza rischiare di incrociarli.

Parker, anche da lontano lo vidi, prese chiaramente scocciato due valigie, senza guardare il padre.

E quando finalmente mi aspettai di vederli andare via velocemente, svoltando l'angolo, Parker si fermò vicino a una panchina e Billy lo imitò poco più avanti.

I genitori di entrambi nemmeno se ne accorsero andandosene.

Li raggiunsi e senza rendermene nemmeno conto avevo un po' aumentato il passo.

Billy mi sorrise per poi voltarsi a guardare i suoi genitori, con fare distratto. Parker al contrario si girò a guardarmi.

- Che lenta! - Mi sgridò con le sopracciglia sollevate, nella sua solita posa di presa in giro.

- Non te l'ho mica chiesto io di aspettarmi! - Commentai sorridendo ironica.

Sbuffò. - Scusa se IO sono educato. - Smollò una valigia per darmi un buffetto sul braccio, aveva preso quella mania recentemente. - Buon Natale, sfigata.

Mi accigliai facendo una smorfia e non rispondendo mettendo su invece una smorfia a quell'offesa.

Lui ridacchiò girandosi all'indietro per guardare dov'erano i suoi. Quando tornò su di me mi sorrise leggero con gli occhi e riprese le valigie.

Quello fu l'ultimo sguardo verdognolo che mi rivolse. L'ultimo per quell'anno.

Poi se ne andò di fretta.

Probabilmente non sentì nemmeno mentre, a voce troppo bassa per la distanza che si stava creando, ricambiavo gli auguri.

Ma insomma, che importava? Lui avrebbe avuto di sicuro delle buone vacanze e un buon Natale, anche senza i miei auguri. Alle Hawaii, un habitat perfetto per lui si sarebbe dato alla pazza gioia.

Pensavo ancora a quello mentre mi aggiravo per la metropolitana.

Pensavo soprattutto a quello perchè era tutto pieno di addobbi natalizi.

Tanti e semplici addobbi verdi e rossi.

Verdi, in particolare.

Ed era inquietante che nonostante ognuno avesse delle sfumature di verde diverso, nessuno si avvicinasse minimamente a quello degli occhi di Parker.




*Angolo autrice

Salve a tutte! :D
Credo di aver appena passato una settimana scolastica orrenda ... Tutto un recuperare e un cercare di capire latino dopo l'assenza e poi la verifica e spero bene e basta sto zitta.
Veniamo a cose più interessanti! (spero)
E' un capitolo particolare questo, è passato tanto tempo, ed è la prima volta che il tempo passa così velocemente ma il mese subito dopo l'Episodio è stato un mese, come dice di Evelyne, di pura avversione contro Parker. La storia riprende da qui, quando manca poco a Natale e Parker si scusa, si scusa e le cose un po' cambiano, di nuovo ed è importante dirlo.
Conosciamo poi i genitori di Parker e ritorneranno e si capiranno mooolte cose. E la linea del treno che diventa metropolitana è inventata ... Mezza ispirata da Londra in cui alcune linee uscivano poi in superficie ma comunque inventata ahahahaha
Evelyne adesso poi va a New York e nel prossimo capitolo conosceremo la sua famiglia e scopriremo meglio lei. Parker verrebbe trascurato, A MENO CHE, dato che il prossimo capitolo sarebbe cortino, non inserisca una piccola parte, dal punto di vista di Billy, alle Hawaii, e lì ci sarebbe Parker e si potrebbero scoprire cose interessanti. Riuscirei ad aggiungerlo tranquillamente quel pezzo ma ho paura che il cambiamento di punto di vista vi disturbi o che lo troviate inutile o poco interessante. Io non ho problemi nè a metterlo nè a non metterlo, la storia non cambierebbe, dato che Evelyne non verrebbe naturalmente a sapere niente.
Quindi ditemi voi, vi lascio la scelta :DD (adesso verrò crudelmente ignorata e nessuno mi risponderà ... AHAHAHAHAH)
Tornando al capitolo spero di essere stata realistica e coerente, ditemelo magari :)
A presto!

Josie.

   
 
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