LA
SINFONIA DEI PENDRAGON – PARTE 1
Quando si trattava di
sguinzagliare il cagnolino più fedele, Artù non sbagliava mai. Affidare
un’indagine così esilarante e bizzarra alla serietà di Leon era forse l’unica
opzione e probabilmente anche il precedente re avrebbe scelto lui; e se c’era
da seguire l’esempio paterno, il giovane sovrano di Camelot era in prima fila.
«Elyan» Leon gli
batté la mano sulla spalla e lo invitò a seguirlo per gli ampi corridoi del
palazzo. Gli altri cavalieri, tra una stretta di mano e l’altra, si erano già
congedati. «Mi servirà il tuo aiuto. Sarà difficile stanare il colpevole.»
«I colpevoli» lo
corresse l’altro con un sorriso gentile. «Non credo sia opera di un solo
individuo. Ci sono troppe copie in circolazione.»
Leon annuì. Sembrava
che la sua naturale compostezza non potesse venire turbata da nulla, nemmeno
dalla sconcertante serietà con cui stavano trattando l’argomento. «Chiunque sia
stato sarà portato immediatamente al cospetto del re.»
«Leon?»
«Sì?»
«Pensi che il re sia
veramente infastidito da questa faccenda?»
Per un momento Leon
parve indeciso, tanto che gli rifilò un’occhiata sospettosa. «Non darmi motivo
di pensare che la cosa ti diverta. Galvano è già abbastanza.»
«Non intendevo
questo» fu la risposta di Elyan. Rise leggermente, forse per il riferimento
fatto all’altro cavaliere. «Troveremo chi è stato e faremo dormire notti
tranquille al nostro re. Nessuno di noi vuole che la sua reputazione venga
rovinata.»
«Qualcuno qui a
Camelot non la pensa così.» Si fermò nel frullio del mantello rosso acceso.
«Stasera incontriamoci nel piazzale. Assicurati che Mordred venga con te.
Incominceremo subito.»
Incominceremo
subito.
Aveva fatto bene a
dirlo, perché nemmeno Sir Leon poteva immaginare quale epopea sarebbe
incominciata da lì a poco. Quella sera Elyan e Mordred si limitarono a seguire
le sue direttive. Lo stimato capo delle guardie non perdonava ritardi o assenze
ingiustificate, motivo per cui i due si fecero trovare nel piazzale con largo
anticipo.
Avevano così
tappezzato le taverne più chiacchierate di Camelot e tra un’informazione e
l’altra erano riusciti a costruire un quadro abbastanza chiaro della faccenda:
stando a quanto i cittadini avevano rilasciato, praticamente tutti avevano
letto e sghignazzato alle “sottili” prese in giro del Corriere.
«Questo» Mordred fece
scivolare una copia del Corriere sotto allo sguardo dell’ennesimo oste, il quale si
limitò ad una svelta alzata di spalle. «Ne sapete qualcosa?»
«Non
mi sorprende che
lo abbiate letto anche voi. Divertente, non trovate?» Gli
assestò una potente
pacca sulla spalla stendendo un ripugnante sorriso privo di denti; il
sorriso di chi non è molto abituato ad alzare il gomito.
«Manca
umorismo a corte, eh?»
Anche Leon e Elyan
raggiunsero il bancone, seguiti da mille occhi accesi dall’alcol.
«Molesto.
Inopportuno» commentò apatico Sir Leon, scivolando al fianco di Mordred. L’oste
perse improvvisamente di baldanza. «Mi pare, signore, che voi apprezziate la
satira gratuita rivolta al nostro re.»
«Non... proprio.» Lo
sguardo dell’uomo ciondolò prima a destra e poi a sinistra, senza trovare una
spiaggia a cui ancorarsi. «Non ne so nulla.»
«Nessuno sa nulla,
che strano. Eppure tutti hanno letto, tutti hanno liberamente commentato.»
«Sono sicuro» si
riallacciò l’oste, ora con più fermezza, «che non vi è cattiveria nel Corriere.
È, diciamo, uno sfizio che qualcuno di buon cuore ha voluto condividere col
resto del popolo.»
L’oste avrebbe
preferito trovarsi da tutt’altra parte con tutt’altra compagnia. Mordred se ne
stava zitto, proprio come un falco: i suoi occhi chiari balzavano dall’uomo al
Corriere senza il benché minimo indizio di sentimento. Leon, invece, saldo
nell’espressione, non aveva ancora mutato quel suo pungente tono accusatorio.
L’unico che ispirava simpatia era Elyan, che si decise a prendere parola: «Non
è stata una scelta molto meditata, allora. Il nostro re non ha apprezzato, così
come i suoi cavalieri.»
«Credo che vi siano affari molto più
importanti, signori. Il Corriere non potrà mai nuocere a nessuno e, come sta
scritto, “non è mai esistito un potere di
cui non ci si possa burlare, sottilmente e senza cattiveria”.» L’oste regalò a
tutti e tre un bel sorriso bonario e con un gesto svagato della mano fece per
congedarli. «Non è poi così grave, suvvia. E se proprio volete qualche indizio
in più, come e perché chiedete a noi sempliciotti? Qui non tutti sanno scrivere,
figuriamoci esprimere così chiaramente tutta questa satira gratuita!» Gettò un
ultimo sguardo ai cavalieri, soffermandosi sull’occhiata ora illuminata di
Leon, poi se ne tornò ai propri affari.
«L’istruzione» scappò subito a Elyan.
Mordred prese il Corriere e incominciò a sviscerarne le parole con quei
suoi occhietti brillanti. «Il Corriere ha una buona grafia. Non sembra il
prodotto di un semplice paesano.»
Leon li abbracciò con un solo sguardo, tacitamente, la bocca di poco
schiusa. Annuì. «Un uomo istruito è un uomo ricco. Potrebbe far parte della
corte.»
Pochi giorni ancora e un altro numero del Corriere avrebbe concretizzato
il loro più profondo timore.
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“Un
due tre
Incomincia
il ballo dei re!
Ch’incomincia
bene finisce bene, si suol dire. Eppure a me non pare cosa esatta, se s’incomincia
a parlare di quella mangusta che ci ritroviamo come re. Anzi, non andiamo ad
offendere questo nobile e meraviglioso animale!
Di
nobile e meraviglioso Artù non ha proprio nulla, intendiamoci. Proprio qualche
riga sopra stavo per intonarvi un fantastico inno, una celebrazione alla
dinastia regnante di Camelot. Che se la meritino o meno, non sta a me
deciderlo. Ritenetelo pure un giocoso alternarsi di parole senza nessuna
ambizione personale.
Una
filastrocca mi è stata cantata da un amico.
Un
due tre
Incomincia
il ballo dei re!
Se
di Uther non avete ricordo
Forse
è meglio, fidatevi che non mordo.
Egli
nascondeva la sua vera natura
E
quel pancino ben sazio, addirittura.
Si
serviva di abiti ingombranti,
volutamente
pesanti,
ma
il sopraggiungere della vecchiaia
era
lì sul suo volto, una venuta per niente gaia.
Occhi
incavati come profondi burroni,
ci
mancavano solo un paio di baffoni.
Orribile
al solo pensiero,
inoltre
non aveva nulla di battagliero!
Mentirei
se dicessi di ricordare altro di tale filastrocca, posso solo affermare che
quanto affermato non si discosta troppo dalla realtà. A nessun re farebbe
piacere essere ricordato in questo modo, ma contro la parola del popolo si può
fare ben poco: sarebbe come convincere il figlioletto Artù ad ammettere la sua
incapacità, magari ignudo nella piazza principale della nostra amata
cittadella; cosa che sfortunatamente accade solo nelle più intime fantasie di
noi sudditi.
Se ciò dovesse davvero succedere, signori, s’incomincerebbe a capire che i
gioielli regali si trovano solo nei portagioie di corte e non dove ci
aspetteremmo di trovarli.
Ma
questa è una storia di cui non so molto, per fortuna. Parlo solo per
sentito dire, non voglio screditare fino a tal punto il nostro sovrano!
Spogliare un re della sua mascolinità è cosa troppo abominevole, troppo
malvagia.
A
proposito, miei amati lettori, ho disperso il poemetto sul nostro Artù! Pensavo
di poterlo accostare a quello del padre, tanto per presentarvi un completo
paragone – e una completa panoramica sulle tanti doti mancanti, non solo
fisiche.
Non
vi farò attendere a lungo.
Regaliamo
un sorriso a Camelot, è giusto ciò che manca per allietare il nostro viver
quotidiano— E detto da me, che nel
vivere a corte non trovo diletto, è un aforisma senza difetto!”
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Urlo di Munch. Questo
è l’unico esempio che noi contemporanei potremmo accostare al grido disumano che echeggiò
dalla sala del trono, fece sbiancare le statue marmoree e i colorati arazzi,
convinse i piccioni a migrare sotto altre tettoie.
Il risveglio a
palazzo non era mai stato così raccapricciante.
«Che cos’è?» strepitò Artù, le tempie pulsanti più del solito.
«Leon, che cos’è?»
«Credo sia il secondo
numero del Cor-»
«L’hai letto? Dico, l’hai letto?»
Pure i capelli del
fascinoso cavaliere parevano irrigiditi, lì sul capo dove solitamente davano
vita a graziosi riccioli. «No, sire. Non sono riuscito a concludere la
lettura.»
«È davvero...!»
«Esagerato.»
«Offensivo! I-io...»
«La mia coscienza non
mi ha permesso di proseguire oltre la filastrocca.»
«Qui, ultima riga!»
Artù inchiodò il Corriere sulla Tavola Rotonda coprendo, vuoi per caso vuoi per
volere personale, i paragrafi sopra. «Si cita la corte! È qui a palazzo, ne
sono sicuro!»
«Meglio non balzare a
conclusioni troppo-»
«Affrettate? Forse
non hai capito, Leon. Io voglio ardere vivo il colpevole. Sarò io stesso ad
appiccare il fuoco.»
Il cavaliere pensò
bene di non ribattere. Il rossore del volto di Artù risaltava più del colore
del mantello e gli occhi erano iniettati di una spaventosa furia omicida.
Meglio rimanere zitti.
«Va’ a chiamare
Gaius. Ho bisogno di parlargli.»
«Avete un piano,
sire?»
Artù non gli rispose.
Gli tolse il Corriere da sotto gli occhi e si sedette con la velocità di uno
schizofrenico. «Muoviti.»
Leon, seppur
spiazzato da quella schiettezza inaspettata, accennò un lieve inchino del capo
e marciò fuori dalla sala, pronto a eseguire l’ordine.
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Sono in ritardo, lo so xD Ci farete l'abitudine :'3
Grazie per aver letto, a presto!