Figlia della Notte
Capitolo VII
Il
secondogenito
S |
ophie
osservava il paesaggio scorrere silenzioso fuori dal finestrino.
I
due mesi di vacanza erano stati troppo pochi, troppo per poter passare una
vacanza decente in compagnia di sua madre. E ora era di nuovo partita per
Hogwarts. Certo, finalmente era al secondo anno e non sarebbe più stata
trattata come un primina, ma sentiva che l’unico anno che aspettava con
impazienza di frequentare era il settimo, lì sì che ci sarebbe stato da
divertirsi.
La
porta dello scompartimento si aprì e una ragazza fece il suo ingresso.
«Grazie
mille per avermi aspettato, eh!» sbuffò Rose, trasportando il suo baule dentro
a fatica.
Sophie
non disse niente, limitandosi ad osservare l’amica sollevare il bagaglio e
metterlo nell’apposita griglia.
Rose
si sedette pesantemente sul sedile e sospirò malinconica. Anche per lei
l’estate era volata. Non poteva sapere come l’avesse passata Sophie, ma aveva
l’intenzione di farselo raccontare prima o poi. Per il momento la ragazza non
sembrava aver voglia di parlare, quindi si limitò a portare le gambe al petto e
appoggiata la testa sulle ginocchia ripensò agli ultimi giorni di scuola, più
di due mesi prima.
***
Era
una bella giornata di inizio estate.
Mancavano
pochi giorni all’inizio degli esami finali e tutti i ragazzi del primo anno
giravano per la scuola costantemente con i libri in mano, ripetendo con gli
amici gli argomenti più importanti già studiati nel corso dell’anno.
Anche
Sophie era abbastanza preoccupata per gli esami, anche se, forse, sicuramente
meno di Rose, che di voglia di studiare ne aveva ben poca. Sophie e Severus si
trovavano spesso in biblioteca con Rose. A volte, con gran disprezzo di Rose e
Sophie, si univa a loro anche Lily Evans.
All’inizio
le due ragazze Serpeverde erano abbastanza scettiche sul fatto di accettare con
loro anche la Grifondoro. La prima volta, quando la videro arrivare, guardarono
storto l’amico e quando anche Lily le guardò scettica di rimando, Severus fu
costretto a spiegare. «Volevo solo che studiassimo tutti insieme…» si era
scusato.
Rose
e Sophie si erano alzate e se ne erano andate senza aggiungere una parola. Le
volte successive, entrambe le ragazze, dopo essere arrivate in biblioteca e
aver visto già occupato il tavolo dall’amico e dalla rossa, si erano sedute
poco lontano, sotto l’occhio critico della Grifondoro.
Nei
giorni successivi la cosa era andata meglio. Le due coppie si trovavano spesso
a ripetere gli stessi argomenti, quindi, alla fine, si erano unite, anche se
tenendo una certa freddezza quando si rivolgevano l’una all’altra. La cosa non
andava a genio tra Rose, Lily e Sophie, soprattutto tra quest’ultime due. Non
facevano altro che fissarsi in cagnesco e ogni volta che qualcuna interrompeva
l’altra per dare lei una risposta litigavano, e si mettevano poi a braccia
incrociate, in silenzio a studiare da sole.
Quando
non andavano in biblioteca, Severus, Rose e Sophie si ritrovavano in Sala
Comune, a ripassare a volte anche con Mulciber e Avery. Poteva sembrare strano,
ma Rose e Sophie ormai si erano abituate alla presenza dei due nuovi ragazzi.
Erano compagni di dormitorio di Severus, e, a quanto sembrava, erano anche i
suoi unici amici maschi all’interno della scuola.
Nessuno
sembrava voler fare amicizia con Severus Piton. Perché? Bé, la risposta era
semplice. James Potter e Sirius Black non facevano altro che prenderlo in giro
e ridicolizzarlo sempre di fronte a tutti. Ormai non era più ben visto dalla
scuola, sempre che lo fosse stato, almeno una volta.
Gli
unici che sembravano aver simpatia per Severus erano i professori, ma neanche
tutti per la verità. Il più simpatico era sicuramente Lumacorno, che lodava
sempre le sue doti in pozioni e lo invitava a tutte le feste del Lumaclub che
organizzava.
La
professoressa McGranitt di trasfigurazione non sembrava aver in simpatia
nessuno del gruppo di Severus. A dire il vero, Sophie pensava molte volte al
modo di comportarsi della McGranitt. Ogni volta la guardava con una luce negli
occhi che a Sophie non piaceva per niente. Aveva, però, imparato ad ignorarla e
a comportarsi come se non si fosse accorta di niente. Ma, a volte, non poteva
fare a meno di pensare a quale fosse il motivo di tanto astio.
Un
bel giorno gli esami cominciarono.
Sophie,
Rose e Severus fecero del loro meglio in tutte le prove, scritte e non.
Alla
fine, quando uscirono i cartelloni nelle Sale Comuni, si scoprì che tutti i
ragazzi del primo anno ce l’avevano fatta. «Lo sapevo, quelli del primo anno
passano sempre tutti!» aveva commentato un ragazzo di terza che, evidentemente,
era stato rimandato.
Anche
Potter e Black ce l’avevano fatta e per
i giorni successivi, in attesa dell’inizio delle vacanze, non fecero altro che
andare in giro per la scuola ad urlarlo ai quattro venti.
Sophie
guardò i suoi risultati, tutti con il massimo dei voti, con gli occhi pieni di
gioia. Era stato un anno fantastico, in fatto di voti, e non poteva fare a meno
di pensare alla faccia che avrebbe fatto sua madre quando lo avrebbe saputo.
Non che non se lo aspettasse, naturalmente.
Infine
era arrivato anche il momento di ripartire. Sophie e Rose avevano occupato uno
scompartimento tutto per loro in fondo al treno, dove avevano passato tutto il
tempo del viaggio di ritorno giocando a sparaschiocco
e a scacchi magici. Sophie se la cavava abbastanza con gli scacchi e riuscì a
battere Rose, che, al contrario, era una asso nell’altro gioco.
Severus,
invece, non si fece vivo per tutto il viaggio. Naturalmente Sophie e Rose non
se ne preoccuparono: sapevano benissimo che il ragazzo si trovava in qualche
scompartimento con l’amica Grifondoro.
Una
cosa che le sorprese particolarmente accadde qualche ora prima di arrivare a
King’s Cross.
Mulciber
e Avery entrarono trafelati nello scompartimento delle due e si chiusero
velocemente la porta alle spalle. Sophie e Rose guardarono i due con tanto
d’occhi e così loro si affrettarono a spiegare. «Abbiamo incontrato Potter in
corridoio e lo abbiamo pietrificato alle sue spalle!» risero i due ragazzi.
«Non vedo l’ora di scoprire che faccia farà quando scoprirà che siamo stati
noi».
Rose
e Sophie risero insieme ai ragazzi, e passarono il resto del tempo a
chiacchierare su vari argomenti, primo tra tutti a fantasticare su qualche
scherzo da fare ai Malandrini l’anno dopo.
Il
treno fischiò ed entrò in stazione.
Quando arrivò il
momento di salutarsi, Rose e Sophie si strinsero la mano. O meglio, Rose cercò
di abbracciarla ma Sophie si scostò quanto bastò per farle capire che non ne
aveva la minima voglia, così si limitarono alla stretta di mano. Rose avrebbe
tanto voluto conoscere la madre della sua nuova amica, ma quando uscirono dal
treno la folla le travolse e quando la ragazza riuscì di nuovo a guardarsi
intorno scoprì che Sophie se ne era già andata.
***
«Quella
sulla banchina era tua madre?» domandò Rose pensierosa.
«No,
mia nonna… ma ti pare?» ribatté Sophie seccata.
Rose
fece spallucce e si accoccolò su se stessa. Rose sapeva che avrebbero passato
un anno intero a litigare, così non chiese più nient’altro per tutto il resto
del viaggio, lasciando in pace l’amica almeno per quelle ultime ore.
Sulla
banchina, in attesa dell’arrivo del treno, era riuscita ad individuare Sophie e
quella che aveva intuito essere sua madre. A dire il vero era rimasta
abbastanza stupita di quella vista: Helena Stones era la copia identica di Sophie,
solo con un po’ di anni in più. A differenza della figlia, però, aveva un
aspetto molto meno rigido e, contrariamente a quanto Rose si sarebbe aspettata,
madre e figlia si erano salutate con un abbraccio che da Sophie non si sarebbe
mai aspettata.
Il
silenzio regnò sovrano per tutto il tempo, quando il treno si fermò alla
stazione di Hogsmeade, però, Rose ruppe quella bolla di tranquillità e cominciò
a chiacchierare del più e del meno, raccontando a Sophie come erano andate le
sue vacanze estive.
Sophie,
come sempre, la ignorò.
Quell’anno
non avrebbero attraversato il lago, quindi Sophie e Rose seguirono la massa di
studenti degli anni superiori per il binario e poi per un sentiero, reso
fangoso dalle piogge dei giorni precedenti, alla fine del quale si ritrovarono
davanti a una strada occupata da cento carrozze. Rose le guardò stupefatta.
«Ma… sono carrozze senza cavallo?»
Sophie
abbassò lo sguardo irritata verso le carrozze e sbuffò. «Hai mai visto morire
qualcuno, Rose?» chiese.
L’amica
la guardò storto e dissentì con la testa.
«Naturalmente…»
ribatté Sophie e gettato un ultimo sguardo ai Thestral,
entrò nel veicolo. Abbassò lo sguardo, pensierosa. Sapeva che solo coloro che
avevano visto la morte erano in grado di vederli. Nessuno, che non avesse visto
morire qualcuno poteva anche solo arrischiarsi ad immaginare che le carrozze di
Hogwarts in realtà non erano trainate dalla magia, ma bensì da dei cavalli.
Sempre che si potessero chiamare cavalli, quegli animali. Doveva ammettere che
se li era immaginati abbastanza diversi. Trovarsene davanti uno dal vero era
impressionante. Non sembravano essere molto docili, ma a quanto sapeva Sophie,
invece, lo erano, e anche molto. Erano delle specie di cavalli, alati, la
sottile pelle nera che li avvolgeva lasciava intravvedere ogni singolo osso
dello scheletro dell’animale. Sarebbero stati abbastanza spaventosi per
chiunque, ma per Sophie no. Sapeva che avrebbero studiato quella razza in
quinta, quindi per il momento lasciò perdere quei pensieri e si limitò a
guardare fuori dal finestrino.
Le
carrozze partirono e, cigolando e oscillando, si arrampicarono su per il
sentiero, sballottando con forza i ragazzi al loro interno.
Passarono
fra le alte colonne di pietra dell’ingresso al territorio della scuola. Il
castello si stagliava scuro contro il cielo notturno e solo qualche luce fioca
illuminava qua e là le varie stanze del castello. Da dove si trovavano in quel
momento, però, Sophie riuscì a scorgere le brillanti luci della Sala Grande,
che contrastavano con il buio all’esterno.
Dopo
qualche ulteriore sballottamento si fermarono con un cigolio sinistro vicino
alla grande scalinata di pietra.
Le
due Serpeverde scesero dalla carrozza e salirono le scale di pietra.
Quando
entrarono nella Sala Grande le avvolse un tiepido calore e il profumino lontano
di pietanze fece venir loro l’acquolina in bocca. Si sedettero al tavolo di Serpeverde,
salutando brevemente i vari compagni che avevano conosciuto l’anno prima.
Lentamente, tutto il resto della scuola fece il suo ingresso all’interno della
stanza e si sedette al proprio posto. Il chiacchiericcio dei ragazzi che si
raccontavano a vicenda come avevano trascorso le proprie vacanze riempì l’aria
e questo sembrò contagiare anche Sophie, che nonostante tutto, cominciò a
parlare con Rose.
Poco
dopo qualcuno le interruppe con la sua voce sommessa. «Ciao!» salutò Severus.
Sophie
spostò distrattamente lo sguardo dall’amica e lo fissò sul ragazzo, che nel
frattempo si era seduto davanti a loro. Fece un cenno con la testa in segno di
saluto e dopo che Rose ebbe fatto il suo solito monologo, ricominciò a parlare.
Quando
tutta la scuola sembrava aver ormai preso posto ai quattro tavoli delle quattro
Case, i fantasmi fecero il loro ingresso e si sistemarono a proprio piacere tra
gli studenti, occupando gli spazi lasciati vuoti sulle panche.
Dopo
qualche attimo nella stanza si fece subito silenzio. Sophie appoggiò le braccia
sul tavolo e rivolse lo sguardo verso la porta d’ingresso. Passò qualche
secondo, poi una lunga fila di ragazzi sugli undici anni fece il suo ingresso
nella sala, capeggiato da un’impettita professoressa McGranitt, che teneva saldamente
in mano uno sgabello con sopra appoggiato un cappello tutto rattoppato.
Sophie
osservò con interesse la fila di ragazzi, ripensando all’anno prima, quando
anche lei si era ritrovata sotto lo sguardo del resto della scuola e si era
preparata con ansia al fatidico momento dello smistamento. Cercò di scorgere i
volti dei ragazzi, ma in mezzo a tutte quelle teste non ci riuscì. Si limitò
così ad ascoltare il discorso del Cappello Parlante, che parlò delle quattro
Case, con strofe in rima che Sophie trovò abbastanza carine. Quando finì
applaudì insieme a tutti gli altri con entusiasmo, contrariamente a quanto
aveva fatto l’anno prima. Stranamente, in quel momento si sentiva di buon
umore.
Gli
applausi durarono poco e quando la sala fu nuovamente avvolta nel silenzio, la
professoressa McGranitt srotolò un lungo rotolo di pergamena e dopo aver tratto
un respiro veloce cominciò a elencare i nomi dei nuovi studenti, uno per volta.
Sophie
si perse il primo nome, in quanto Rose le sussurrò all’orecchio qualcosa che
non riuscì a capire. Infastidita annuì e tornò a guardare lo smistamento.
«Black
Regulus!»
Sophie
sgranò gli occhi e scambiò uno sguardo veloce con Rose.
Un
ragazzo magrolino, del tutto diverso dal fratello, si fece largo tra i ragazzi
e si diresse verso lo sgabello, sedendosi poi sopra. Sophie fece appena in
tempo a scorgerne il volto che il cappello gli calò sugli occhi.
In
attesa del giudizio del cappello, Sophie si guardò intorno e si soffermò
sull’altro Black, seduto dall’altro lato della sala vicino al suo migliore
amico Potter. Il ragazzo guardava con attenzione il fratello e, notò Sophie,
teneva le dita incrociate sotto al tavolo. Sembrò che il cappello fosse
indeciso, perché lo tenne fermò sullo sgabello un po’ di più del dovuto. Sophie
notò che il ragazzino stringeva forte i bordi dello sgabello e non poté fare a
meno di chiedersi che cosa il cappello gli stese dicendo di tanto preoccupante.
Finalmente,
uno strappo nel cappello si aprì e la voce risuonò forte e chiara per tutta la
stanza. «SERPEVERDE!»
Un forte applauso si
elevò dall’omonimo tavolo e Sophie applaudì insieme agli altri. Rose gli tirò
una gomitata nelle costole e le fece notare lo sguardo per niente contento di
Sirius Black, che osservava il fratello con un’aria da funerale, come se si stesse
avviando verso la propria fine. E forse, aveva ragione di crederlo.
***
«Buongiorno!»
salutò allegramente Mulciber, e si sedette sul divano vicino a Rose. La ragazza
alzò lo sguardo da libro insonnolita, e lo salutò di rimando. «Giorno,
Mulciber».
Il
ragazzo si protese verso la ragazza e spiò al di sopra della sua spalla, per
cercare di capire di cosa parlasse il libro, ma Rose lo chiuse e si alzò.
Mulciber
sbuffò. «Di cosa parla?» si limitò a chiedere.
«Di
Quidditch» rispose con un sorrisetto Rose.
Mulciber
scoppiò a ridere e la guardò come se lo stesse prendendo in giro, cosa che
irritò non poco la ragazza. «Bé? Che cosa c’è di tanto divertente?»
«Ti
piace il Quidditch?» sghignazzò divertito il ragazzo.
Rose
annuì e si strinse il libro al petto.
«Non
dirmi che cercherai di entrare a far parte della squadra di Quidditch,
quest’anno…»
La
ragazza sorrise nuovamente. «Scommettiamo che riesco a prendermi un posto nella
squadra?» disse, e tese la mano verso l’amico con aria di sfida.
Mulciber
sembrò pensarci un attimo, poi annuì e strinse la mano alla ragazza.
«Vedremo…».
Intanto,
Sophie, Severus e Avery giunsero dai rispettivi dormitori e si avvicinarono ai
due ragazzi già pronti.
«Giorno!»
salutò Sophie, appena in tempo, prima che uno sbadiglio la interrompesse.
Insieme
andarono in Sala Grande e fecero colazione, discutendo sul problema del nuovo
professore di Difesa contro le Arti Oscure, che anche quell’anno era cambiato.
«Sembra
che ci sia una specie di maledizione su quel posto…» disse Avery.
«Già!
Ormai Silente fa sempre più fatica a trovarne uno nuovo per ogni anno».
Sophie
si limitò ad annuire, evitando accuratamente di partecipare alla conversazione.
Vagando con lo sguardo per la Sala, invece, trovò il piccolo Black che stava
entrando in quel momento, in compagnia di un paio di ragazzi del suo anno, che
Sophie riconobbe come alcuni ragazzi dello smistamento del giorno prima. Si
sedette poco lontano da loro e Sophie perse parte della conversazione,
impegnata a guardare il nuovo arrivato. Avery dovette accorgersi dello sguardo
assente della ragazza perché le chiese «Hai notato il nuovo Black, vero?».
Sophie
sussultò, poi annuì.
«Chissà
come sarà contento Sirius di avere un fratello Serpeverde…» mormorò divertito.
«Tutta
la loro famiglia è stata a Serpeverde» ribatté Sophie con aria noncurante,
mandando giù un sorso di succo di zucca.
Avery
la guardò stupito. «Come fai a saperlo?»
Sophie
sorrise e si pulì le labbra con il tovagliolo, prima di rispondere. «Non sei
l’unico Purosangue qua dentro, Charon».
Avery
sorrise. «Ance tu Purosangue? Non pensavo…».
Sophie
si morse un labbro, titubante, poi annuì lentamente. «Diciamo quasi Purosangue»
disse poco dopo.
«Come
sarebbe a dire “quasi Purosangue”?» chiese Avery curioso.
Sophie
scosse la testa velocemente e si affrettò a liquidare il discorso con un cenno
della mano, addentando poi una brioche, afferrata da un vassoio lì vicino.
Come
ogni inizio anno Lumacorno fece il suo giro per il tavolo dei Serpeverde,
assegnando ad ogni studente il proprio orario. I ragazzi osservarono attentamente
il piccolo foglio di carta nelle loro mani, e poi si alzarono, diretti verso
l’aula dove si svolgeva la prima ora dell’anno scolastico, ovvero
Trasfigurazione. Erano quasi arrivati alla porta della Sala Grande quando
Sophie si accorse di aver dimenticato il suo orario sul tavolo. «Uff! ho dimenticato l’orario! Cominciate ad andare, arrivo
subito» disse, per poi tornare indietro.
Si
diresse al posto che aveva occupato fino a poco prima e quando fece per tornare
indietro per poco non andò addosso a un ragazzo che, testa chino sull’orario,
non stava facendo attenzione a dove si stava muovendo.
«Scusami!»
disse subito il ragazzo, alzando lo sguardo.
Con
un sobbalzo Sophie si accorse che si trattava del secondogenito Black. Lo
guardò, stizzita, e lo riprese «Fai più attenzione a dove metti i piedi». Fece
per tornare verso la porta quando il ragazzo la richiamò.
«Scusami
ancora, per favore… E’ il mio primo giorno e alla prima ora ho lezione di
incantesimi, ma non so dove si trovi l’aula. Potresti dirmi qual è la strada?»
Sophie
lo guardò male, e il ragazzo arrossì lievemente, senza però scomporsi. Rimase
dritto e a mento alto, fissandola con aria di superiorità.
«Sono
già in ritardo di mio» mentì Sophie. «Perché non chiedi al tuo fratellino?»
Il
ragazzo la guardò a bocca aperta e stava per ribattere quando un’altra voce
imperiosa suono dietro di lui.
«Qualcosa
non va, fratellino?» chiese Sirius, guardando Sophie sogghignando.
Il
ragazzo guardò il fratello appena arrivato e incrociò le braccia al petto,
arrabbiato. «Penso di sapermela cavare anche da solo, Sirius!»
«Sì,
certo» lo interruppe Sirius. «Difatti vai a parlare proprio con la Stones. Te
la cavi alla grande, fratellino!».
«Gli
stavo giusto dicendo di chiedere a suo fratello, Black» sibilò Sophie.
Sirius
scoccò un’occhiata piena di disprezzo alla ragazza e puntandole un dito contro,
disse «Non provare a trasformare mio fratello in una sottospecie di… di…»
«Serpeverde?»
gli suggerì Sophie e scoppiò a ridere. Rivolgendosi poi a Regulus disse «Stai
attento, ragazzo. Potrei anche ucciderti».
Regulus
abbassò lo sguardo, imbarazzato, poi si rivolse al fratello. «Sono un
Serpeverde, Sirius, lasciami in pace. Almeno io non ho deluso la mia famiglia…»
Sirius
aprì e richiuse un paio di volte la bocca, senza sapere come rispondere
all’accusa del fratello.
Sophie
sorrise e guardò Regulus. Il ragazzo guardò Sophie a sua volta e colse nel suo
sguardo uno strano luccichio.
«Ci
vediamo stasera in Sala Comune, Regulus» sorrise Sophie. Poi scoccò un’occhiata
al fratello maggiore e aggiunse con enfasi «Nella Sala Comune di Serpeverde…».
Detto questo se ne andò.
Regulus
seguì la ragazza con lo sguardo fino a quando non voltò l’angolo e sparì alla
vista.
Non
seppe perché, ma in quel momento capì che Sophie non era una ragazza qualunque.
Si tenne le sue considerazioni per sé, poi, rassegnato, dovette chiedere al
fratello la strada per l’aula di incantesimi. Sirius gliela disse velocemente e
se ne andò, senza neanche salutarlo.
Mentre
si avviava verso l’aula un pensiero gli passò per la testa. Sophie sapeva farsi
rispettare. Anche lui avrebbe voluto diventare così e si ripromise che un
giorno ci sarebbe riuscito.
In
seguito, arrivò a pentirsi di questa scelta.
Angolo autrice:
Rullo di tamburi… ed eccomi tornata!
Avevo detto che avrei avuto un periodo piuttosto impegnativo e
purtroppo avevo ragione. Sono lieta di farvi sapere che tra le verifiche che ho
fatto solo una è risultata insufficiente, quindi ora devo recuperare ben poco.
Comunque, sorvolando sulle cose di cui non vi interesserà
proprio un bel niente, veniamo al capitolo.
Ecco fare il suo ingresso in scena il nostro caro amato Regulus
Black. Per ora rimarrà un personaggio di sfondo, ma più avanti avrà anche lui
la sua parte.
Se per caso dovessi ritardare ancora e voleste sapere che fine
ho fatto, potete trovarmi qui, su Facebook: http://www.facebook.com/Gageta98
Lì dico sempre il motivo dei miei ritardi e do anche alcune
curiosità sulla storia, se mai voleste saperle.
E dopo avermi fatto pubblicità (restando in tema, ho scritto una
drabble su Regulus che se volete potete trovare sul mio profilo) non mi resta
che salutarvi e sperare di riuscire a scrivere il prossimo capitolo per venerdì
prossimo.
Un bacione,
Gageta98
P.S. (il post scrittum c’è sempre…)
Grazie mille per le recensioni!!! :D