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Autore: Josie5    18/11/2012    11 recensioni
Una punizione divina. Per Evelyne Gray, la ragazza del giornalino scolastico o la presidentessa, come ci tiene a dire lei, Max Parker è una punizione divina.
Evelyne è infatti convinta che il karma o Dio, o qualunque cosa sia, stia cercando di punirla con lui.
Punirla perché, a causa di problemi economici, comincia a sfruttare il fatto di essere così ben voluta dai professori per passare le soluzioni dei test ad alcuni suoi compagni di scuola; il tutto in cambio di soldi.
Evelyne non è orgogliosa di se stessa, ma per quasi due anni continua a tradire la fiducia che le è stata concessa.
Quando decide di smettere non tiene conto del fatto che Clark, il suo ultimo "cliente", sia uno dei migliori amici di Parker; non tiene conto del fatto che Parker stia preparando la sua vendetta fredda.
Max ed Evelyne non si sono mai parlati, ma si conoscono molto bene per via del giornalino di lei e di un certo articolo. E Max Parker, il capitano della squadra di basket della scuola, bello e popolare, non può di certo essere umiliato senza conseguenze. Non dopo quello che ha fatto Evelyne.
(Revisione in corso: 3/31)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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(grazie a Jess Graphic per la copertina :3)

10.Amata famiglia


 

Tre scalini.

Mancavano tre scalini.

- Sennò potremmo inventarci una qualsiasi scusa a caso ... - Proposi mentre mi spostavo un ciuffo di capelli, arricciati, dal viso. Ed era la proposta che facevo ogni anno.

- Telecamere. Le telecamere ci hanno già viste - mi ricordò Lizzy parlando tra i denti, come per cercare di non far leggere il labiale a chi avrebbe visto le registrazioni.

Eravamo tutte e due soffocate da giacche e sciarpe sotto due vestitini. Il malefico capo della casa, la signora Gray*, voleva così: per cene di famiglia vestite e pettinate al meglio.

La signora Gray era ovviamente la madre di Elizabeth, ergo mia nonna.

Noi l'avremmo volentieri chiamata Cecilia, per nome, lo stesso nome di mia madre, ma lei odiava quella presa di distanza e oltre ai vestitini, ai capelli perfetti, dovevamo chiamarla rispettivamente “mamma” e “nonna”. Solo su quello e il solo e unico bacio che ci scambiavamo ogni volta che ci vedevamo si basava il nostro rapporto affettivo.

Cecilia dopo la morte della primogenita, mia madre, aveva allontanato me e sua figlia Elizabeth.

Mia madre era stata infatti ripudiata, si poteva dire, perchè usciva con Charles Blake. Una donna facoltosa come mia nonna, moglie di un uomo ricco e facoltoso, non poteva permettere che la figlia, la primogenita, avesse una storia con un semplice figlio di lavoratori. Lavoratori semplici dell'azienda di suo marito.

Io, appena nata, senza madre, morta per darmi alla luce in una complicazione, e con un padre che l'unica cosa che aveva fatto era stata dire che poteva anche riconoscermi, ma non si sentiva in grado di essere padre da solo, non dopo aver appena perso sua moglie, avevo ottenuto solo una nonna che in risposta a tutto aveva esclamato: “Cecilia mi avrebbe dovuto ascoltare”.

Nient'altro.

Zia Elizabeth che aveva fatto i salti mortali per adottarmi, anche lei era stata quasi ripudiata come mia madre.

Erano passati pochi anni da quando la “nonna” aveva deciso di riaccogliere tutte e due in famiglia. Mia zia alla proposta all'inizio aveva riso, poi arricciato il naso e alla fine accettato, giustificandosi, con me, dicendo che voleva tenersela buona, in caso di bisogni economi futuri e con i miei anni universitari vicini. Io sospettavo anche che infondo la sua famiglia le mancasse. In qualche modo, ogni tanto, anche solo un po', doveva mancarle, no? C'erano pur stati gli anni di serenità, gli anni in cui mia madre era viva e non era innamorata.

Elizabeth sospirò e alzò lentamente la mano. Lentamente un indice alzato si avvicinava sempre di più al campanello.

Suonò e il suono metallico si sentì rimbombare anche da fuori.

Ad aprire venne Mollie. Era vestita con un lungo abito rosso, capelli cotonati. Ci guardò dall'alto al basso. - Siete in ritardo.

Mollie era la sorella di mezzo tra Elizabeth e mia madre. L'unica ad essere stata approvata da Cecilia.

Ovvio, aveva sposato un uomo più ricco di lei.

- Emme, ogni anno dobbiamo dimostrare che non vorremmo essere qua - rispose mia zia superandola e guardandola male.

Mollie la fulminò e poi appoggiò il suo sguardo scettico su di me.

Respirai profondamente e scostando lo sguardo entrai nella casa delle torture.

Emme, come diceva Lizzy, ci accompagnò per la grande casa fino alla sala da pranzo. Tutti erano già seduti e chiacchieravano sommessamente.

Mia nonna era a sinistra di Robert, suo marito, a capotavola.

Poi era tutto uno scendere di cugini, tutti figli di Emme che ne aveva sfornati cinque e che erano stati educati con l'idea di non dovermi parlare; il marito di Emme e noi che per pura crudeltà dovevamo sederci vicino a nonno e nonna. A volte venivano anche le sorelle di Robert o Cecilia, ma quell'anno non era accaduto.

Ci accomodammo. Le giacche le avevamo già lasciate nell'atrio.

- Siete in ritardo - ripeté Cecilia, candidamente.

Era ancora relativamente giovane, sessantadue anni, e si presentava come una qualsiasi donna del suo tipo: vestiva in modo ricco e sempre ingioiellata, in particolare alle cene di famiglia. Il divario tra lei e noi due era sempre particolarmente notabile.

- Traffico - rispose Elizabeth cambiando la risposta per la persona.

Emme infatti sbuffò accomodandosi di fianco alla madre e al marito. Il marito - che chiamerò Marito visto che non mi ricordo mai il nome - era uno di quegli uomini senza carattere che da giovane sposavano una donna per la bellezza senza pensare ad altro. Marito poi era stato sfortunato beccandosi Mollie e alle cene di famiglia si mostrava la sua contentezza di essere in quella situazione. Con il silenzio. Perenne.

Come avessero fatto ad arrivare a cinque figli, vedendo com'erano i loro rapporti, sembrava un mistero. Anche se la zia maliziava riguardo ai tre più piccoli, biondi come non era nessuno in quella tavolata. E come non era Marito.

- Traffico ogni anno? - Chiese scettica Cecilia battendo le mani: i due camerieri nella sala capirono e corsero, cercando di non far capire di star correndo, in cucina.

Cecilia puntò gli occhi, di un verde tendente al giallo, spento, già e per sempre opaco, sui miei. - Tutto bene, Evelyne? - Pronunciava sempre il mio nome per intero, con una nota strana nella voce.

Annuii lentamente sistemandomi nervosa sulla sedia. - Si, grazie.

Robert, più anziano di un paio di anni di sua moglie, mi osservò stanco, ma sorridendo strettamente. - Sempre più uguale a Cecilia - lo disse con quel tono malinconico che da lui sentivo spesso.

E quella era la tipica frase che mi rendeva sia triste che felice. 

- In tutto e per tutto. Anche la fissa del giornalismo - aggiunse la Cecilia presente in tavolo, prendendo il bicchiere d'acqua e dando un sorso con le labbra strette.

- Mi aspettavo anche un “oh, cos'ho fatto di male per meritarmi tutto questo?” - Fu imitata drammaticamente da Elizabeth.

Cecilia abbassò il calice e lanciò un'occhiata tagliente alla figlia. - Avrei dovuto dirlo. Su tre l'unica a salvarsi è stata Mollie.

Sia io che mia zia osservammo la sopracitata, non vedendo niente di positivo. Questa volta Elizabeth però si astenne da commenti, quasi commuovendomi.

Arrivarono gli antipasti.

Ci fu il solito chiacchierio basso mentre io prendevo con la forchetta piccoli morsi, non vedendo l'ora di andarmene.

La casa di mia nonna era grande, molto. E la sala da pranzo lo era anche lei. Il tavolo enorme si trovava al centro esatto della stanza, sotto un gigantesco lampadario di non sapevo cosa che brillava sempre e perennemente, tenuto a lucido come un grande gioiello di cui andare fieri.

La paura che mi cadesse addosso uccidendomi era sparita solo da pochi anni.

- Evelyne - mi chiamò di nuovo Cecilia. - A parte le stupidaggini del giornale, sei sempre la prima della classe? - Cercai di evitare di accigliarmi.

- La prima della scuola - corresse Elizabeth a mezza voce.

- Sì, se continuo così avrò la borsa di studio per l'università che preferisco - feci ignorando mia zia e cercando di sorridere. Università che sapevo già.

La “nonna” sorrise. - Sembra quasi che non dovrò usare soldi - disse per poi ridere a bassa voce. Piacevolmente stupita.

Mollie alzò lo sguardo dal piatto. - E hai intenzione sul serio di usare una borsa di studio così importante per giornalismo? Medicina! Giurisprudenza! Ce ne sono di cose più importanti.

Sentii mia zia sbuffare.

- E' quello che voglio fare - risposi guardando il piatto.

- O è quello che tua madre voleva fare? - Continuò l'altra.

Alzai lo sguardo verso quella parente che odiavo sempre di più. - Non sto cercando di imitarla.

- Non puoi dirlo. Ma io che ho conosciuto Cecilia bene, vi vedo come state andando nella stessa direzione. E forse proprio perchè non l'hai conosciuta fai così! Forse la tua vera inclinazione ti porterebbe ad altro!

Il mio cellulare in quel momento suonò rumorosamente: avevo dimenticato di mettere il silenzioso e quel piccolo lapsus mi stava salvando. Mi alzai in piedi, pur sapendo che era solo un messaggio. - Scusate, aspettavo una chiamata importante - guardai mia nonna e sorrisi per congedarmi. Ad Emme non rivolsi uno sguardo. - Torno subito.

Camminai velocemente via senza aspettare risposta.

Tirai fuori il cellulare appena arrivai al bagno ma lo appoggiai sul ripiano del bagno, senza guardare.

Mi bloccai i capelli e mi bagnai leggermente la fronte e le guance, sentendomi accaldata.

Non ne potevo più ed ero lì da solo mezz'ora.

L'ultimo round mi aveva particolarmente sfinita; il tentativo di analisi psicologica era nuovo, infatti, e non ci ero abituata.

Sbuffai e mi guardai allo specchio: vidi una strana ragazza. Capelli mossi, che ormai erano troppo lunghi e avrei dovuto tagliare, mi cadevano leggeri in un ordine sparso e casuale, spesso incontrollabile; viso ovale ma linearissimo; occhi marroni, insignificanti, che sarebbero dovuti essere un po' più grandi per essere davvero proporzionati col mio volto; ciglia lunghe e sopracciglia arcuate e folte; naso a patata, ma dritto; e le labbra, labbra carnose, l'unica cosa che mi piacesse singolarmente, ma che in un certo senso stonava col resto, avendo forse un carattere che al resto mancava. Labbra rosa chiaro, chiare come la mia carnagione.

In quel momento sembravo anche più pallida del solito, nonostante fino a pochi secondi prima mi fossi sentita bruciare, e mi chiesi se stessi male fisicamente.

Mia madre era invece stata una gran bella donna, di quelle che piacevano a tutti, pur non mettendosi in mostra. Sicura, decisa. Pronta a rischiare tutto per i suoi sogni.

Solo i miei stessi capelli e lo stesso naso.

Lei sempre colorita e viva! Io così pallida e associale.

Aveva sacrificato tutto, i soldi, la famiglia, per essere una giornalista e sposare quel ragazzo così diverso da lei. Aveva sacrificato tutto per i suoi sogni.

Io cercavo di essere sicura e decisa ma dentro non sapevo se lo ero sul serio. Forse ero solo un'acida e cinica e misantropa, dopo tutto.

Io che forse stavo, senza accorgermene, trascurando il giornale, per colpa di quella stupida minaccia.

Cecilia cosa avrebbe fatto?

Probabilmente, dai racconti di Elizabeth, picchiato quel castano e pur di strappargli un braccio a morsi avrebbe rotto cellulare e computer, tutto quello che conteneva le foto.

Io senza accorgermene socializzavo.

Mi passai una mano per la fronte, chiudendo gli occhi. 
A volte pensavo, senza accorgermene, a tratti, che il sorriso ironico di Parker potesse essere amichevole. Dimenticavo che mi veniva incontro solo per obbligarmi a fare qualcosa.

Mollie non aveva ragione: non stavo seguendo Cecilia.

Non mi ero mai vista più diversa da mia madre.

Ma in fondo, ero Evelyne Gray.

Ed Evelyne Gray era così, forse non ci riusciva ma andava avanti, ci provava.

La ragazza di fronte a me sembrò riprendere un po' di colore.


 

- Chi era? - Chiese subito Cecilia, un po' irritata, quando tornai a tavola e mi sedetti.

- Uno della scuola - risposi e osservai il nuovo piatto.

Sentii Lizzy che mi guardava. - Francy? - Mi chiese a mezza voce facendo così sporgere l'orecchio, istintivamente, a Cecilia e a Mollie, nonostante il fracasso che stavano facendo i bimbi piccoli lì di fianco.

- No - risposi e la guardai male, chiedendole di stare zitta.

Lei si morse il labbro inferiore trattenendo un sorriso. Ma si era accorta delle pettegole?! - Max?

La ignorai dando una cucchiaiata al minestrone.

Che mia zia pensasse a Max subito dopo Francy da collegare a me dimostrava quanto fosse pedofila.

- Chi è Max? - Chiese allora Molly dopo aver mangiato un po'.

- Grazie, zia - sussurrai strettamente coprendomi la bocca con il tovagliolo. - E nessuno - risposi alzando lo sguardo sulle due donne davanti a me.

- Spero che proprio adesso che stai per iniziare l'università tu non ti perda a pensare ai ragazzi - mi ammonì Cecilia seriamente.

Se avesse visto Parker, la sua casa e avesse saputo del lavoro dei suoi probabilmente avrebbe cambiato idea e mi avrebbe pregata, in ginocchio, di sposarlo o per lo meno farmi mettere incinta.

- Non è nemmeno mio amico. E' un semplice conoscente. Abbiamo in comune una materia e zia Elizabeth l'ha conosciuto per puro caso. Non capisco nemmeno come faccia a ricordarsene. - Pedofila maniaca fissata coi biondi. - E comunque non era lui - aggiunsi guardando male la mia “mamma”.

Lei fece un attimo la faccia dispiaciuta poi rise.

- Comunque, Evelyne - cominciò Cecilia attirando la mia attenzione. - Tornando all'argomento, prima che partisse la tua chiamata …

Mi sentivo male.


 


 

Stavamo salendo le scale che portavano all'appartamento di zia Lizzy.

L'ascensore non funzionava e i bassi tacchi che eravamo state costrette a metterci ci stavamo uccidendo, nonostante la loro scarsa altezza.

Piedi a parte ci sentivamo comunque leggere sapendo che la cena era finita e fino al Ringraziamento, e ne mancava, non ne avremmo saputo più niente.

Poi non era stata nemmeno una serata disastrosa. Quella dell'anno prima che aveva provocato il furto di una bottiglia di alcool era andata decisamente peggio.

- E cerca di conoscere qualche ragazzo entro Novembre così tiro fuori il suo nome anch'io, durante la cena - sorrisi minacciosa. - Cecilia, potrà rompere così a te per tutto il dolce. - Dolce pessimo che non aveva distratto abbastanza i parenti.

Elizabeth rise. - Ma tu sei molto più brava di me ad evitare di rispondere alle domande! E poi ero curiosa di sapere anch'io sul tuo amichetto! - Mi fece l'occhiolino finendo di salire l'ultima rampa.

Che non aveva poi saputo niente perchè ero riuscita a rispondere solo alle domande sul nome intero ed età. Forse avevo davvero un talento.

Respirai profondamente. - Non è mio amico - sillabai.

- Infatti ho detto amichetto! - Elizabeth si avvicinò alla sua porta pestando il tappetino - il più originale di tutto il palazzo - con uno smile sorridente inquietante e la scritta “Oh, not you again!”.

- Amichetto suona anche peggio.

- Al tuo posto mi piacerebbe che suonasse peggio - ridacchiò la maniaca.

- Zia, ha 17 anni, tu tendi ai 40. Smettila - ordinai disperata.

- Non tenderò ai 40 finchè non avrò 39 anni e un giorno - fece con carriveria, per poi tornare a sorridere. - E comunque parlo nel caso avessi 17 anni, come te! Anche se in effetti non credo sia da brava mamma dirti queste cose ... - Fece alla fine pensierosa inserendo finalmente la chiave nella serratura.

Con uno schioccò la porta si aprì.

Mi chiedevo cosa avrebbe fatto con Parker al mio posto … E le idee che mi venivano non erano particolarmente carine.

- Sì, sembri Francy ... - Sospirai entrando insieme a lei in casa.

- Sono la mamma ho detto!

Andai dal divano e lì buttai la giacca. Mia zia mi imitò.

Poi mi osservò in silenzio.

- E comunque Max lo approvo.

- Oddiomio! - Urlai esasperata correndo in bagno. Non lo conosceva minimamente e lo approvava!

Lei mi seguì. - Dai! E' così bello! Poi è alto! Ha gli occhi verdi! I vostri figli avrebbero quasi di sicuro gli occhi verdi!

La guardai scandalizzata tirando fuori lo spazzolino. - Ti rendi conto che stai saltando alla parte “e vi sposerete e avrete tanti figli”?! Non siamo nemmeno amici! - Premetti sul dentifricio con violenza. - Poi non è così bello! E' solo decente! - Sbuffai.

- Non c'è nessuna ricerca di biologia - commentò all'improvviso.

Aprii il rubinetto e guardai mia zia attraverso lo specchio. Sorrideva allegra. La bocca mi si schiuse sorpresa.

- Ci sono state le riunioni di fine trimestre. Ci sono andata, ti ricordi? Il prof di Biologia non ha parlato di nessuna ricerca - fece passandomi dietro e osservandomi maliziosa.

Mantenni la calma infilandomi lo spazzolino in bocca. - Se ne sarà dimenticato - borbottai col dentifricio in bocca che quasi mi andava di traverso.

- Ah, no, gliel'ho chiesto appositamente - aggiunse Elizabeth tranquillamente.

Abbassai lo sguardo sul lavello. Giornalista pettegola e stalker.

- Fidarti di me?!

Mi ignorò. - Quindi, o siete amici e uscite tranquillamente e per non farmi fare dei viaggi ti sei inventata la storia della ricerca … O uscite insieme come coppia e ti sei inventata questa storia per lo stesso motivo - proclamò.

Feci una smorfia tornando a spazzolarmi i denti. - Ti sei fatta tanti viaggi senza motivo. - Poi dopo aver finito: - Ma nessuna delle due ...

Lei mi guardò perplessa sempre attraverso lo specchio con cui ci guardavamo. - Mi dispiace, Eve, ma non ci sono altre possibilità ...

Sospirai. - Non siamo amici né una coppia. Per certi motivi siamo costretti a vederci ma non fa piacere a nessuno dei due - commentai solo.

O almeno a me non faceva piacere. Lui sembrava provarne un po', un piacere sadico nel tormentarmi, diciamo.

- E che motivi?

Mi sciacquai la bocca senza risponderle.

Dopo un bel minuto di silenzio, senza risposte, continuando le mie cose finalmente si arrese e uscì.

Chiusi la porta dietro di lei e presi uno degli asciugamani asciutti, impilati sulla lavatrice, avvicinandolo alla vasca. Mi feci velocemente una doccia soprattutto per far sbollire la curiosità di mia zia in quell'arco di tempo.

Poco dopo uscii dalla piccola vasca-doccia e mi asciugai, dopo essermi sciolta i capelli che avevo legato in alto, in un chignon improvvisato.

Mia zia rientrò di colpo con il suo beauty case e armata di un pettine. Sobbalzai per lo spavento.

- Non sei mica entrata a far parte di una setta, vero?! - Chiese spaventata.

Del tempo a mia zia, da sola con se stessa, non le faceva bene.

La guardai sconvolta. - Zia, ma che razza di idee ti vengono in mente?- Mi accigliai uscendo dal bagno e andando verso il divano.

Il divano che diventava apribile e anche il mio bellissimo letto. Bellissimo perchè era davanti alla tv e potevo cazzeggiare finchè volevo.

- Perchè già dovrò sopportare che tu entri a far parte di una confraternita e sarò in ansia tutto il giorno, ma una setta no!

- Parker e io non facciamo parte di una setta! - Sospirai cominciando ad aprire il letto. - Non ci sono sette nella mia scuola! E cosa credi mi diano la borsa di studia a fare se fossi in una setta! - Le urlai retorica.

- Era la terza possibilità! - Spiegò isterica. - E l'ultima!

Alla fine mi venne da ridere. - Tu sei malata!

Finii di sistemare tutto e tranquillamente mi tolsi l'accappatoio per mettermi il pigiama.

- Dimmi perchè! - Piagnucolò inginocchiandosi vicino al mio letto.

La ignorai alzando gli occhi al cielo.

Ci mancava solo che informassi, volontariamente, mia zia di aver passato compiti agli alunni per un certo periodo, essere stata beccata e poi ricattata.

Come minimo mi avrebbe chiusa in casa a vita. Lo spirito da mamma sarebbe finalmente venuto fuori.

- E visto che sei brava a evitare le domande? - Sbuffò sedendosi sul mio letto per impedirmi, per dispetto, almeno di dormire.

- Sei tu che sei ripetitiva. Ad altre domande rispondo tranquillamente.

- Ma le altre non mi interessano - fece.

Sembrava stesse facendo i capricci.

- Ti prego, zia, lasciami dormire! - Sospirai accasciandomi sul letto di fianco a lei. Non ero stanca ma l'importante era che lei ci credesse.

Dopo poche altre lamentele finalmente si arrese e mi abbandonò.

Non ci volle molto per sentire il piccolo appartamento cadere nel silenzio.

Io, però, infilata dentro le coperte, freddolosa com'ero, non riuscivo a dormire. Come sempre.

Ad un certo sobbalzai, ricordandomi del messaggio che era arrivato durante la cena e che non avevo nemmeno letto.

Mi allungai tra le coperte, al buio, cercando a tentoni il mio preistorico cellulare. Lo trovai e abbagliandomi con la luce dello schermo sbloccai.

Stronzo Parker. Accigliata aprii il messaggio.

"Ci tengo a ricordarti che io sono alle Hawaii, e tu noooooo", diceva.

Un po' mi venne da ridere: ma quanto era sfigato?!

 

* * *


 

- Questo è abbastanza da sfigati.

- Un poco.

- Ragazze?

- Qua non salgono, tanto.

- Quante cazzo di balle ...

Ridacchiai dando un tiro alla sigaretta. Non mi piaceva particolarmente fumare, ma quelle sigarette al Mojito che avevamo trovato il pomeriggio, guardando tra i negozi, avevamo dovuto provarle. O almeno, avevo dovuto.

- Vuoi? - Chiesi porgendogliela e buttando fuori il fumo. Tanto sapevo già la risposta.

Max abbozzò una smorfia, come al solito. Fissato, era davvero fissato col basket. Scossi la testa sbuffando divertito e ritraendo la mano. L'aveva mezza provata quella e nella sua vita poteva al massimo aver finito una sigaretta: tutto questo per non rovinarsi i polmoni e non rovinarsi la carriera. - Fissato - ripetei anche ad alta voce.

- Ci tengo e non rompere - ribatté sorridendo e senza guardarlo lo immaginai mentre prendeva la bottiglia che avevamo appoggiato alle nostre spalle. Al suo fegato invece non ci aveva mai tenuto.

Eravamo sul tetto di una delle poche casette in mattoni, basse, appartenenti al nostro hotel. In qualche modo ci eravamo saliti, come avremmo fatto a scendere non lo sapevamo, ma per ora non era un problema.

- No, ma mi spieghi perchè cazzo siamo qui?! - Ripeté Max, dopo un po' di silenzio riempito solo dal rumore del vento e delle onde.

- Perchè le sigarette in camera non possiamo fumarle e la bottiglia che abbiamo preso è di tuo padre e dopo dovevamo buttarla lontano dalle nostre casette - risposi tranquillamente.

E poi c'era un altro motivo. Ma quello lo sapevo solo io.

Mi venne da sorridere mentre riavvicinavo la sigaretta alle labbra.

- Appena finisco 'sta roba andiamo in centro - si lamentò.

Gli lanciai un'occhiata veloce: era a metà e l'aveva bevuta praticamente tutta lui. Schiacciai la sigaretta su una tegola e allungai la mano.

Mi guardò male ma alla fine la bottiglia me la passò. - Volevi finirla tutta te? Capisco soffocare i dolori nell'alcool, ma non esageriamo, Max - commentai per poi bere un lungo sorso.

Lui mi lanciò un'occhiata pensosa, non capendo a cosa mi riferivo. - Che dolori?

Mi diedi un colpo sul petto, bevendo ancora, sul cuore.

La sua espressione cambiò. - Di pettorali? Sei tu quello senza muscoli, mi dispiace. - Abbassai la bottiglia sorridendo diverito.

Uno dei motivi per cui eravamo là sopra, lontano da ragazze e da genitori, era una domanda che mi ronzava per la testa da un po'. Domanda, più che una domanda, una curiosità.

- La Gray - buttai giù subito. Max girò la testa, tranquillamente, bevendo un po'. Alzò solo le sopracciglia, con la sua faccia scettica che aveva impostata sempre in automatico. - Cosa stai combinando di preciso con lei?

Abbassò la bottiglia e gli sfuggì un secondo da ridere, poi si riprese. Mi accigliai e allungai la mano. - Uh? - Chiese.

- Questa storia della schiavetta … Era divertente la prima settimana, anche la seconda e la terza, ma stai continuando sul serio?!

Fece spallucce guardando davanti a se, verso il mare ancora più vicino per l'alta marea. - Non puoi capire quanto sia comodo ... - Rispose tranquillo.

- Sì, ma all'inizio doveva essere una punizione e basta, per poco tempo e poi l'avresti lasciata stare, così imparava la lezione, ma adesso la stai torturando - gli feci notare, ridendo. Se l'avessero scoperto quelli della scuola oltre ad andare nei casini Evelyne ci sarebbe finito anche lui, probabilmente.

- Beh, scusa, qualcuno doveva pur farle abbassare la cresta, no? - Sbuffò con un sorrisetto, riguardandomi.

- Ah, sei diventato il paladino dei poveri fotografati? - Chiesi ironico.

Mi guardò un po' male. - Ti ricordo che ho evitato un'altra tua foto, anche, ingrato del cazzo.

Risi. - Me n'ero dimenticato in effetti!

- Ecco, ringraziami e parla di cose più carine. - Cercò di farsi ripassare la bottiglia, senza successo.

Continuai. - E insomma, se fosse stata una delle tue solite, bionda, con gonna corta, tettone ...

- A parte che non credo sia proprio piatta ... - commentò sovrappensiero.

Risi di nuovo. - Non credo, guarda. Ma dicevo, fosse stata una di quelle avrei capito il tuo giochetto, ma insomma, la Gray ... - Bevvi un sorso veloce. -Bassina, con quelle felpone e maglioni e magliettone, la coda perenne, palliduccia, ha delle gran belle labbra, quello sì, ed è carina nel suo ma non è il tuo tipo. 

Si accigliò. - Lo so che non è il mio tipo, e non ho mai detto il contrario.

- Ti piacciono le stupide, quelle che ti assecondano, vai sempre con loro. La Gray, Dio, Max, è il contrario: è la secchiona della scuola, ha sempre da dirti contro, ti tiene testa, ti odia. - Mi venne da ridere a esplicitare tutte quelle cose che sapevamo entrambi.

- Non credo mi odi così tanto, dato quello che è successo ad Halloween - commentò sbuffando e passandosi una mano tra i capelli.

- Le sarai saltato addosso.

- No, guarda - ribatté guardandomi male.

Sorrisi. - Comunque è più interessante pensare a te che anche se la scommessa di Clark partiva il giorno dopo l'hai baciata quella sera.

Rimase un attimo zitto. - Se si fosse fatta baciare per bene l'avrei vinta comunque.

- Sì - lo assecondai per poi bere ancora.

- Billy, che cazzo vuoi? - Allungò la mano irritato per prendersi la sua bottiglia ma continuai a non dargliela.

- Sapere che stai combinando - Sorrisi.

- Sto ricattando la presidentessa del giornalino scolastico, la finta brava ragazza della nostra scuola per eccellenza e ho intenzione di continuare fino alla fine dell'anno perchè mi fa comodo.

- Solo?

Fece un cenno esasperato. - Ma stai forse insinuando che io con la Gray ci voglio provare? Perchè di figa ce ne ho già, anche migliore, e senza dover sopportare un'acida del cazzo! - Non era proprio quello che volevo insinuare ma cominciavamo ad avvicinarci.

Sorrisi e lui sembrò arrabbiarsi ancora di più.

- Se ci volessi provare cancellerei la foto! - Alzò gli occhi al cielo per poi guardare verso il mare, di nuovo, come a porre fine al discorso.

- Ma poi lei non ti parlerebbe più, senza quella - ribattei e mi venne da ridere per come si stava comportando.

- La sto ricattando, non ci sto provando. - Si accigliò, sulla difensiva, ripetendosi.

- Per essere uno che ricatta la tratti fin troppo bene ... - Insinuai.

Non seppe un attimo cosa dire. Poi si girò e mi guardò incredulo. - Tu non stai dicendo che voglio provarci con la Gray, tu stai insinuando che mi piace la Gray!

Primo premio a Max Parker.

Mi venne da ridere per la sua espressione. - Non direi mai così tanto!

Rise però anche lui, questa volta, smettendola di arrabbiarsi. - Ma tu sei malato! Sembri una donna a volte dai viaggi che ti fai!

Mi obbligò poi a passargli la bottiglia e in un minuto ce la facemmo a finirla, senza nominare più minimamente la Gray.

In qualche modo, dopo riuscimmo a non ucciderci scendendo e andammo in centro.

Trovammo ben tre Hawaiane disposte ad accompagnarci a fare un giro. Tre belle Hawaiane. Max ci provò ovviamente, con successo, con la più carina, mentre a me rimasero le due restanti.

Lo guardai mentre lui divertito accettava l'invito della ragazza ad andare a fare un giro da soli, sulla spiaggia.

E c'era qualcosa di diverso. Quando una ragazza gli dava corda aveva sempre l'espressione standard; quando Evelyne gli urlava dietro o lo guardava, fulminandolo come solo lei riusciva a fare, aveva sempre un sorriso che sembrava diverso.

Sorrisi pensando che forse mi facevo davvero troppi viaggi. Che a lui piacesse davvero una ragazza era difficile, era mai successo? No e avevo preteso troppo, pensandoci. Ma una cosa era certa: la Gray, per Max, in quel momento, era la ragazza più interessante del nostro grande liceo, nonostante jeans e felpone.

In che modo lo fosse era ancora un'incognita.


 

 

 

Angolo autrice:

Ciao a tutte! :D
Sono di nuovo qua e aggiorno oggi visto che poi fino a mercoledì non credo sarei riuscita a fare.
Conosciamo i parenti più stretti di Evelyne. Ha una situazione familiare complicata; col suo personaggio, senza accorgermene, scrivendo, mi sono forse messa in una situazione che non riuscirò mai a descrivere bene, non avendola vissuta. Ma spero di essere realistica il più possibile. :)
Ci tengo un po' alla parte in cui Evelyne si paragona, in bagno, a sua madre, probabilmente non si nota nemmeno, ma ho cercato sul serio di cercare di far capire un po' meglio com'è la nostra protagonista.
Elizabeth la adoro, non so voi AHAHAH, anche mia madre quando vede dei bei ragazzi fa commenti del genere, anche se qua sono ovviamente esagerati, e quindi non prendetela per pazza :D
Poi, andando al pezzo di Billy che l'altra volta era stato approvato … Premetto che non sono abituata a scrivere dal punto di vista maschile, sono la prima a non capire i maschi, quindi spero di essere stata accettabile. Ahahahah
Billy, anche se fino ad adesso è rimasto un po' al margine, d'ora in poi sarà visto più spesso fino a che non arriverà addirittura a parlare con Evelyne, a volte, ma vedrete :D. Si accorge facilmente dei particolari e pensa che Parker sia, almeno, interessato ad Evelyne. Che il “piacere” dell'inizio sia stato affrettato lo pensa dopo, riflettendoci un attimo, ma voi che ne dite?
Dal pezzo con POV Billy scopriamo poi due cose importanti e spero le abbiate notate. :)
Prossimo capitolo: finite le vacanze, si ritorna a scuola.
A presto, ciao.

Josie .



*Sono la regina delle situazioni familiari complicate! E vabbè, con la situazione di Evelyne, orfana di madre e abbandonata dal padre, non avevo idea, nonostante l'abbia cercato, se Eve prendesse il cognome della madre da nubile o quello della madre da sposata e quindi del marito. Per non complicarmi la vita ho deciso per la versione più probabile, ergo il cognome di Evelyne, Gray, viene dalla parte materna della famiglia. :)

   
 
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