Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Strega_Mogana    24/11/2012    5 recensioni
Un anno é passato da quella notte sull'Astoria. Un anno di brevi sguardi e veloci carezze. E' la fine o l'inzio di tutto.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PARTE III

Maya camminava a piedi scalzi nella Valle. Era arrivata da due giorni nel paese natale della Dea scarlatta, ma non aveva ancora avuto il coraggio di addentrarsi tra gli alberi di susino. Fino ad ora.
La giornata era soleggiata e calda anche sulle montagne.
I susini erano, come sempre, in fiore e il dolciastro profumo dei fiori invadeva la vallata. Maya camminava e osservava gli alberi, erano bellissimi. Perfino l’aria risplendeva dei suoi colori, ogni cosa gli ricordava i momenti passati a studiare Akoya. Riviveva le prove affrontate, le paure e le difficoltà. Ogni momento vissuto in quel magico luogo.
Ricordava quel triste pomeriggio di primavera, qualche giorno prima della prima, quando aveva sparso le ceneri della sensei in quel preciso posto, con un groppo doloroso in gola e una devastante sensazione di vuoto nel cuore.
Alla fine il cuore già provato della signora Tsukikage non aveva retto e si era spenta nella sua casa con affianco il fidato Genzo.
Le mancava, terribilmente.
Aveva ancora quella sensazione di vuoto nel petto. La Tsukikage sensei aveva cambiato la sua vita. Aveva preso lei, una ragazzina qualsiasi, insignificante e senza nessuno qualità e l’aveva trasformata nella Dea Scarlatta.
Durante la cerimonia funebre non aveva pianto, avrebbe voluto, ma non c’era riuscita. Il dolore per quella perdita così improvvisa l’aveva bloccata.
Era rimasta nel punto in cui aveva sparso le ceneri per tutto il pomeriggio, anche dopo che tutti gli altri si erano ritirati.
Era calata velocemente la sera e aveva iniziato a piovere, ma lei non riusciva ad andarsene.
Aveva lo sguardo fisso sul punto in cui si erano disperse, come se la signora Tsukikage potesse tornare da un momento all’altro. Era rimasta anche quando i fulmini tagliavano il cielo illuminando gli alberi di susino con una luce sinistra.
Era rimasta a fissare il vuoto fino a quando non aveva sentito qualcosa di pesante posarsi sulle spalle.
Si era girata, bagnata fino alle ossa, gelata e tremante.
Lui era lì, senza ombrello, fradicio come la sera della prima di Lande Dimenticate, come quella volta che si erano rifugiati nel tempio. Nei suoi occhi poteva leggere dolore e immenso dispiacere per la sua perdita. L’aveva abbracciata sotto la pioggia, mentre i tuoni rimbombavano sulla loro testa.
- Sfogati. – le aveva detto, nonostante il frastuono del temporale la sua voce era arrivata limpida e calda alle sue orecchie – Non tenerti tutto dentro. Urla tutto il tuo dolore.
E mentre la natura piangeva la morte della Dea Scarlatta, lei urlò contro il suo petto tutta la sua sofferenza, lasciandosi cullare dalle sue braccia, lasciando che le lacrime si mischiassero alla pioggia.
Maya aprì gli occhi lucidi. Il vuoto che la sensei aveva lasciato con la sua morte non sarebbe mai svanito del tutto, eppure ogni volta che saliva sul palco come Akoya l’aveva sentita accanto a sé, era come se Chiguza Tsukikage recitasse con lei.
Dalla sua borsa prese il velo della Dea, poi la poggiò a terra.
Una lieve brezza soffiò tra gli alberi, era una brezza calda, avvolgente come l’abbraccio di una madre.
E per lei la sensei era stata una seconda madre.
- Sensei…- mormorò al vento – la mia Akoya è completa. – mise il velo sopra la testa e si mosse leggermente mentre Akoya entrava in lei – Sensei… non ha mai visto la prima. – chiuse gli occhi accentando Akoya dentro di sé, lasciandola paralare con la sua voce, muoversi con il suo corpo - Sensei… reciti ancora Akoya insieme a me.

* * * *

Mentre Maya recitava per l’ultima volta Akoya, Masumi Hayami spense il motore della macchina nel parcheggio sotterraneo del Shuttel X.
Strinse le mani attorno al volante e chiuse gli occhi.
Non sapeva cosa fare.
Se non andava nella Valle, Maya sarebbe rimasta delusa dall’ammiratore se si presentava all’appuntamento… non osava neppure immaginare una sua reazione.
Perché era tutto così difficile? Perché non poteva amare quella ragazza senza provare quella paura nel cuore? Perché non riusciva a dirle la verità?
Aveva avuto la sua occasione la sera della premiazione, quando lei gli aveva fissato la rosa all’occhiello.
Forse Maya non si era resa conto del fremito del suo cuore quando aveva appoggiato il fiore alla giacca. Si era rivisto a Nagano, lei così giovane ed indifesa, lui con la sua solita maschera da cinico senza scrupoli.
Il loro primo abbraccio.
La prima volta che si era reso conto che quella ragazzina con il fuoco della passione in corpo aveva lasciato il segno in un uomo granitico come lui.
Si sentiva addosso ancora il suo profumo di quella sera. La sua ragazzina era sparita nell’ultimo anno, lasciando il posto alla Maya donna. Sensuale, passionale e bellissima che lo incantava ogni volta.
Vederla di nascosto – anche da lei – per quell’ultimo anno era stata una tortura, ma ogni volta che aveva rischiato di mandate tutto a monte per stare anche solo dieci minuti con lei si diceva che la separazione forzata era necessaria per stare assieme una vita intera.
Ogni rosa che le aveva inviato era il suo modo di sfogare il desiderio di lei.
L’aveva letteralmente sommersa di rose.
La sera della premiazione era la prima volta che le parlava da uomo libero. Senza fidanzate ingombranti, senza cause legali o spie che lo controllavano ad ogni ora del giorno, senza le urla di suo padre, ormai rassegnato a quella decisione. Forse era la prima volta che le parlava pensando solo a se stesso.
Resisterle era stato difficile, a tratti quasi impossibile; aveva mentalmente ringraziato la piccola orchestra per averli interrotti, altrimenti l’avrebbe baciata e non era certo che sarebbe stato in grado di fermarsi. Se Maya avesse ricambiato il suo bacio come quella volta nel camerino avrebbe perso del tutto la testa e sarebbe stato capace di farla sua sul quel terrazzo.
Sospirò e scese dalla macchina. Il teatro era pressoché deserto, solo alcuni impiegati e addetti ai lavori stavano finendo di smontare le scenografie della Dea Scarlatta per allestire il prossimo spettacolo in cartellone.
Per quei lunghi giorni quelle mura erano state testimoni discrete di ogni suo sguardo nascosto, ogni sospiro trattenuto e della sua gelosia celata dall’oscurità
Quando Sakurakoji aveva lasciato lo spettacolo il suo cuore aveva tirato un sospiro di sollievo per poi ritrovarsi geloso anche del suo sostituto. Alla fine aveva capito che quando si trattava di Maya era geloso anche dell’aria che la sfiorava senza il suo permesso.
Vedere poi Maya – la sua Maya – abbracciata al suo primo amore la sera della premiazione aveva alimentato ancora di più il fuoco della gelosia, facendolo esplodere come la sera in cui l’aveva baciata.
Era stato un sprovveduto quella volta, poteva rovinare tutto, si era scusato in tutti i modi possibile. Ma sentirla ricambiare quel bacio così infuocato, così arrendevole tra le sue braccia, così passionale al suo tocco l’aveva reso immensamente felice. Così felice che aveva promesso a sé stesso di aspettarla una vita se ce ne fosse stato bisogno. E il desiderio di lei era aumentato giorni dopo giorno.
Entrò nell’atrio del teatro e salutò la zelante impiegata che corse nella sua direzione non appena lo vide.
Senza dare spiegazioni si avviò verso il palco.

* * * *

Il regista Kuronuma sedeva in platea sulle costose poltrone costate un sacco di yen all’Associazione dello spettacolo.
Nonostante i numerosi cartelli affissi per la sala si stava accedendo una sigaretta.
Osservava gli addetti ai lavori che smontavano la scenografia della Dea Scarlatta con un peso sul cuore.
Era stato un anno duro, faticoso, ma estremamente soddisfacente.
Maya era stata in grado di mostrare al Giappone il cuore di Akoya, aveva dato vita all’opera perduta, aveva donato se stessa a tutti loro.
Un’opera del genere aveva segnato tutti loro. Aveva deciso di prendersi un lungo periodo di vacanza, dopo la Dea Scarlatta era difficile trovare uno spettacolo che la eguagliasse e che avesse lo stesso impatto emotivo. Ogni suo prossimo lavoro doveva esser studiato attentamente altrimenti sarebbe rimasto solo il regista dell’opera un tempo perduta. Aveva bisogno di liberarsi del tutto dalle sensazioni che Maya aveva donato in quell’ultimo anno prima di dedicarsi ad un nuovo progetto. Aveva deciso di prendere sua moglie e fare un lungo viaggio; era stata paziente con lui, con le sue improvvise sparizioni per capire meglio i personaggi.
Mentre due energumeni smontavano l’albero di susino che padroneggiava il palco si alzò e uscì dalla sala senza più guardarsi indietro. Era ora di ricominciare.
Si incamminò nel lungo corridoio che portava all’atrio principale della struttura, superò l’impiegata al banco delle informazioni e si bloccò di colpo.
Masumi Hayami era intento ad osservare le bacheche appese al muro con le foto degli attori. Maya occupava la bacheca più grande, le sue foto segnavano il suo percorso da Beth di Piccole Donne ad Akoya. Il regista non si meravigliò più di tanto di fronte a quella scena, era ormai palese l’interessamento del giovane Presidente della Daito verso la sua, ormai ex, attrice protagonista. Aspirò una lunga boccata e si avviò nella sua direzione lasciandosi alle spalle una densa nuvola di fumo.
- Buongiorno Masumi-sama. – lo salutò a pochi passi da lui.
- Buongiorno Kuronuma –san. – gli rispose senza voltarsi.
Lo affiancò e gli lanciò un’occhiata veloce: lo sguardo cobalto era fisso sulle foto di Maya; sembrava preoccupato.
- Cosa la porta qui? – gli chiese portando la sigaretta alle labbra.
Masumi si voltò verso di lui, dallo sguardo che aveva sembrava averlo notato solo in quel momento.
- Ah… Kuronuma… volevo vedere come procedevano i lavori di smantellamento e assicurarmi che le scenografie sino riposte nel luogo stabilito senza problemi. Sono oggetti importanti.
Il regista sorvolò sul fatto che quello era un lavoro che non spettava al presidente della Daito Art, ma quando si trattava di Masumi Hayami e della Dea Scarlatta, in particolar modo di Maya Kitajima, non si stupiva più di nulla. A volte si era chiesto la natura dell’affetto che Masumi nutriva per quella ragazza, già da tempo aveva capito che Masumi Hayami aveva aiutato Maya in tutti i modi in cui gli era possibile, fronteggiandola e sfidandola solo per farla spiccare sopra gli altri. Riusciva a far uscire il suo lato migliore nella recitazione. L’aveva visto con Jane la prima volta, ma poi aveva scoperto che era stato Masumi Hayami a sfidarla quando interpretava Puck, oppure a dirigerla al teatro dove c’erano le audizioni di Ardis. E non doveva dimenticare che Maya aveva iniziato a capire Akoya dopo quella crociera. Non aveva voluto indagare, ma non gli era sfuggito il luccichio nel suo sguardo scuro; e nell’ultimo anno non li aveva mai visti litigare, né sfidarsi apertamente di fronte a tutti. I loro rapporti erano stati civili, rispettosi e Maya aveva sempre un sorriso radioso dopo i loro brevi incontri.
Tornò a guardare il presidente che si era voltato, di nuovo, verso le fotografie.
Corrugò la fronte pensieroso; forse dietro la rottura del fidanzamento con la signorina Takamiya c’era molto di più di quanto la gente sospettasse.
- C’è qualcosa fuori posto… - mormorò l’altro immerso nei suoi pensieri, il regista ebbe la certezza che Masumi-sama si era scordato della sua presenza.
Tornò a guardare le fotografie, erano tutte in ordine.
Era stata Maya a sceglierle. Ci aveva messo due giorni facendolo imbestialire come al solito.
- Il foulard…- disse all’improvviso il giovane Hayami – il foulard è diverso.
Per un attimo Kuronuma si domandò di quale foulard stesse parlando, ma poi andò a guardare la foto di scena di Lande Dimenticate, quella dove Jane stringeva il foulard di Stewart.
- E’ rosso…- continuò l’altro – io lo ricordo azzurro.
- Ecco, - pensò l’uomo continuando a fumare la sua sigaretta quasi del tutto consumata – quando penso che quest’uomo non possa più stupirmi mi devo ricrede. Un foulard è un foulard. – notando che il presidente della Daito lo stava guardando improvvisamente conscio della sua presenza si schiarì la voce e spese il mozzicone nel portacenere tascabile che aveva sempre con sé – Si è bruciato la sera della prima. – spiegò chiudendo il tappo di plastica del portacenere per rimetterlo in tasca – Sono colpito dal suo spirito di osservazione. Lei è l’unico ad aver visto quel foulard. Per tutti gli altri spettatori è sempre stato rosso. E’ passato così tanto tempo che me n’ero dimenticato anch’io. Lei come…- si fermò con la mano ancora in tasca e il piccolo cilindro di plastica stretto in mano – Masumi – sama, si sene bene? Mi sembra molto pallido.
Effettivamente il volto di Masumi Hayami sembrava molto pallido, il regista si chiese perché non l’avesse notato prima. Ma, forse, prima il suo viso non era così smorto.
- Ho dimenticato un appuntamento. – si scusò lui di fretta – Devo andare. Arrivederci Kuronuma- san.
Osservò il presidente della Daito, famoso per il suo autocontrollo che quel pomeriggio sembrava improvvisamente svanito nel nulla, dirigersi di fretta verso l’uscita del teatro. Scosse il capo e tornò a fissare le foto di Maya. Era cresciuta molto da quando l’aveva vista per la prima volta. Era un’attrice affermata, una bella donna. I suoi occhi si soffermarono sulla foto che la ritraeva come Dea Scarlatta.
- Quanti cuori hai conquistato nell’ultimo anno, Maya? – domandò alla foto silenziosa – Quanti Sakurakoji hai lasciato alle tue spalle? – il sorriso si allargò - E quanti Masumi Hayami ci sono là fuori in attesa di un tuo sorriso?

* * * *


Il vento la investì di nuovo. Maya chiuse gli occhi e lasciò che il velo rosa della Dea le scivolasse dalle dita trasportato via dalla brezza. Le ultime battute di Akoya si perdevano nella Valle mentre la sentiva svanire. Si sentì triste e serena nello stesso momento.
In futuro l’avrebbe incontrata di nuovo. Avrebbe indossato ancora la sua maschera e lasciato che Akoya entrasse in lei, ma ora era di nuovo se stessa.
Aprì gli occhi e vide il velo volare via nella stessa direzione in cui erano sparite le ceneri della sua maestra. Restò ferma e in silenzio fino a quando la stoffa non si perse tra gli alberi scarlatti di susino.
- Lo conservi per me, Sensei. – sussurrò – Un giorno tornerò a prenderlo.
Sollevò lo sguardo verso il cielo, si stava facendo sera. Si era trattenuta più del previsto.
- Sono qui, Hayami-san. – disse alle nuvole paffute che facevano sembrare il cielo un dipinto – Non ho più maschere. Sono solo Maya. – sorrise – La Maya che la ama tanto.

* * * *



Sentiva il corpo tremare. Percorreva a grandi passi il tratto di parcheggio che lo separava dalla sua automobile.
Il foulard azzurro… solo alla prima…
Lei è l’unico ad aver visto quel foulard.
Per gli altri è sempre stato rosso.
Rosso. Rosso. Rosso.

Ricordava ogni biglietto che le aveva scritto.
Ricordava ogni minuto chino su quei cartoncini bianchi, forzandosi di non rivelar e più del necessario; la forzatura che faceva al suo cuore per non confessarle i suoi sentimenti.
Invece era stato scoperto.
Aveva sempre evitato anche il solo pensiero di rivelarsi per codardia. Credeva –ingenuamente ora lo capiva – che Maya si fosse rassegnata, che non lo avesse più cercato. Invece lei sapeva tutto da così tanto tempo.
Il fremito del suo corpo aumentò, l’afa dell’estate sembrava improvvisamente più opprimente. Allentò il nodo della cravatta per respirare meglio. Arrivato all’auto si appoggiò con la schiena alla portiera: doveva calmarsi. Altrimenti non sarebbe stato in grado di guidare, anzi no sarebbe stato in grado di fare nulla in quello stato. Si passò una mano tra i capelli e sospirò cercando di trovare la sua solita lucidità. Il cuore gli martellava nelle orecchie, aveva ancora il corpo scosso da leggeri brividi, poteva sentire il sangue scorrergli nelle vene.
Fece un respiro profondo.
Ripensò a tutte le volte che in cui aveva incontrato al sua ragazzina dopo la prima di Lande Dimenticate.
Anche se non so chi sia e perché faccia tanto per me, io voglio interpretare la dea scarlatta anche per lui. Io… io sto aspettando che lui si presenti davanti a me!¹
Ora si rendeva conto di molte cose. Maya gli aveva chiesto di palesarsi quel giorno nella Valle, sotto il cielo stellato. E lui non aveva capito. Quanto aveva perso accecato dalle sue convinzioni? Quanto aveva sofferto inutilmente? E quanto aveva fatto soffrire Maya?
Questo rappresenta i miei sentimenti. ²
Cieco… cieco e stupido. Era così chiaro! Così semplice da capire e lui… lui non aveva accettato una verità così chiara. Aveva complicato tutto, troppo incredulo alla possibilità che anche Maya lo amasse.
Un leggero bacio sui petali di una rosa scarlatta salvata dalla strada. ³
Era stato geloso dell’ammiratore, doveva ammetterlo. Geloso di quel bacio dato alla rosa quella sera sul marciapiede, vicino al cavalcavia. Desideroso di rivelarsi per ricevere quelle stesse attenzioni che anelava. Terrorizzato dall’idea di trovare solo il suo odio. Diviso tra il dovere imposto da suo padre e il suo cuore che urlava di amare quella ragazzina.
Lei per me è una persona importante… è speciale… ₄
Tirò un leggero pugno alla portiera. Avrebbe dovuto capirlo allora!
Maya da tempo gli aveva dichiarato i suoi sentimenti e più volte gli aveva chiesto di gettare la maschera dell’ammiratore. Al tempio c’era andato vicino, se le sue paure non avessero, di nuovo, preso il sopravvento glielo avrebbe confessato. Lei, probabilmente, gli sarebbe volata tra le braccia.
Un lieve sorriso sarcastico gli incurvò le labbra sottili. Maya era stata molto più coraggiosa. E lui solo uno stupido codardo.

* * * *



Era tornata in quel luogo rivivendo le stesse sensazioni di quel pomeriggio. Erano passati altri due giorni e lui non era venuto.
Era il suo ultimo giorni di soggiorno nella Valle e, ormai, aveva perso ogni speranza.
Ma non si sarebbe arresa; avrebbe lottato. Non era più una bambina – o una ragazzina – e voleva vivere quell’amore che le faceva palpitare il cuore.
Guardò le acque chete del fiume, erano così limpide che si poteva vedere il letto che la forza dell’acqua aveva col tempo scavato nella nuda roccia della montagna. Sorrise e si tolse le scarpe da ginnastica, arrotolando poi i jeans fino alle ginocchia.
Entrò in acqua e rabbrividì: era gelata. Il sole la faceva brillare sotto la sua calda luce dorata, alcuni pesci le sfiorarono le caviglie. Ora aveva la certezza che quello che aveva vissuto sulle rive di quello stesso fiume non era stato un sogno.
La sua anima si era unita alla sua metà. Ne era certa.
Non importava se non era venuto all’appuntamento come ammiratore delle rose scarlatte; tornata a Tokyo lo avrebbe chiamato e chiesto un incontro.
Dovevano chiarirsi, voleva vivere quell’amore alla luce del sole e senza più bugie o ombre scarlatte.
Voleva stare con lui. Anzi voleva lui.
Arrossì per la sua intraprendenza. Un anno prima l’avrebbe osservato solo da lontano, senza trovare il coraggio di avvicinarlo e parlagli chiaro. Sarebbe stata schiacciata da quell’amore impossibile.
Ma ora aveva la certezza che non era più così impossibile come aveva creduto e voleva vivere ala sua opportunità.
Chiuse gli occhi e alzò il volto verso il sole lasciando che i suoi raggi le scaldassero il viso accaldato.
Ricordò un pomeriggio al parco, uno spettacolo da preparare e un barca. Lui le aveva mostrato una piccola parte della sua anima, confessandole di amare il sole. Lei non gli aveva creduto convinta che nei suoi gesti e nelle sue parole ci fosse un secondo fine.
Quanti anni avevano sprecato dietro inutili battaglie e sciocche incomprensioni?
Abbassò il capo e aprì gli occhi. Quando si riabituò alla luce del sole notò una figura avanzare sull’altra sponda.
Quando riconobbe Masumi Hayami il suo cuore sussultò. Udì la sua anima invocare la sua metà.
Masumi si fermò sulla riva vedendola in mezzo all’acqua. Ai suoi occhi parve una dea baciata dai raggi del sole.
Era bellissima. Era sua.
La vide sorridere e allungare una mano nella sua direzione.
Capì allora che quella che credeva fosse stata una visione, un bellissimo sogno ad occhi aperti, era stato reale. Che quel pomeriggio le loro anime si erano riconosciute e sfiorate.
Se nella sua mente ci fosse stato ancora qualche dubbio quel semplice gesto l’aveva spazzato via come una foglia al vento.
Si guardarono negl’occhi per un tempo infinitamente breve, non c’era bisogno delle parole di Akoya, non c’era più bisogno delle parole dette da altri per confessare i loro sentimenti.
Erano solo loro.
Maya e Masumi.
Entrò in acqua, vestito, inzuppando le scarpe di importazione italiana e i pantaloni di pregiata sartoria.
Arrivò da lei e l’abbracciò.
Sorridevano entrambi ora.
- Sei venuto. – mormorò Maya contro il suo petto.
- Mi dispiace. – le disse stringendola con il cuore che batteva furioso nel petto, ancora incredulo di averla tra le braccia, senza più bugie, senza più maschere a dividerli – Maya... sono stato così stupido…
Lei alzò il volto interrompendolo solo con il suo sguardo, si alzò in punta di piedi e gli circondò il collo con le braccia.
- Baciami. – lo pregò– Ti prego… non dire più nulla e baciami, Masumi.
Masumi sorrise e si chinò sulle sue labbra.


FINE

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¹ Vol. 36
² Vol. 37
³ Vol. 43
₄ Vol. 46

   
 
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