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Autore: Padmini    25/11/2012    1 recensioni
Dylan è un fotografo freelance. Osserva tutto ciò che gli succede attorno e ha una grande passione per la natura. Un giorno, mentre sta scattando delle foto in montagna, assiste ad un'apparizione miracolosa, che gli lascia una strana sensazione dentro, che sarà solo l'inizio di uno strano viaggio, in compagnia di due misteriose compagne ...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nardos

 

 

 

 

 

 

 

La mattina seguente mi svegliai molto presto. La luce di un timido sole entrava nella mia stanza dalla finestra spalancata. Nonostante avessi dormito molto poco quella notte, mi sentivo carico e sveglio come non mai.

Non avevo dormito perché ero teso. Ero nervosissimo e ne avevo motivo.

Stavo per partire.

Una partenza è sempre motivo di emozione. Anche se viaggiavo già parecchio a causa del mio lavoro, non mi ero mai abituato a quel brivido che mi percorreva la schiena ogni volta in cui mi accingevo ad intraprendere un nuovo viaggio.

Già preparare le valige era un rito. Selezionavo con cura i vestiti da portare in base alla destinazione, curavo ogni minimo dettaglio per l'attrezzatura. Facevo tutto con calma, prendendomi tanto tempo e ogni volta che varcavo le soglie di un aeroporto ero emozionato come un bambino al suo primo volo.

Quella volta sarebbe stato diverso. Un viaggio così non me l'ero mai nemmeno sognato e ora stava diventando realtà davanti ai miei occhi, senza nemmeno tanti sforzi.

 

Balck e White stavano ancora dormendo, così non le svegliai. Andai in cucina e mi dedicai al rito pre partenza più importante. L'ultimo caffè.

Può sembrare una cosa strana, ma quella moka era unica. Non ho mai assaggiato un caffè così buono da nessun'altra parte. L'aroma accumulato in anni di uso l'avevano resa speciale e quel caffè era un elisir propiziatorio per le partenze e una tisana accogliente per i ritorni.

Stavo giusto finendo di bermi l'ultimo sorso, quando entrarono le mie compagne di viaggio.

“Sei pronto per la partenza?” mi chiese Black, eccitatissima.

“Sai che roba ...” mormorò White, versandosi una tazza di caffè “Una cosa da nulla ...”

“Lo dici tu!” la sgridò Black “Ti ricordo che per Dylan è il primo viaggio interplanetario”

“Inoltre mi emoziono anche quando prendo l'aereo” aggiunsi io, ridendo “e non l'ho preso poche volte. Mi eccito sempre tantissimo quando sto per partire”

“Questo è lo spirito giusto” mi disse Black, facendomi l'occhiolino.

“Solo una cosa ...” dissi io, leggermente imbarazzato “Per la valigia?”

Si guardarono per un attimo, poi volsero lo sguardo verso di me.

“La tua … cosa?” mi chiese White, guardandomi male.

“La sua valigia, White” rispose Black per me, dandosi una pacca sulla fronte “Quella cosa che abbiamo già visto su altri pianeti. Molti esseri usano questa … sacca? … per portarsi dietro delle cose utili”

“Cose utili?” chiese nuovamente lei, sempre più disorientata “Ah, ora ho capito! No, non ti servirà” disse poi, rivolta a me “Se viaggerai con noi non avrai bisogno di vestiti di ricambio. Te li forniremo noi, materializzandoli all'occorrenza”

“Fantastico” dissi io, lievemente imbarazzato “Ma ...”

“Problemi?” mi chiese White, con la sua solita … cortesia.

“No, no … nessun problema. Solo ...”

“Vorresti portare anche la tua macchina fotografica e tutta l'attrezzatura, vero?” mi chiese Black, con un sorriso”

Annuii.

“Mi dispiace, Tesoro” mi disse poi, afferrandomi per una spalla “Si distruggerebbe durante il viaggio. Non è possibile portarla con noi”

Annuii di nuovo, sconsolato.

“Non te la prendere” mi disse Black “Ti aiuterò io ad immortalare tutte le immagini che vorrai nella tua memoria poi, quando torneremo sulla Terra ...”

“Se, torneremo sulla terra” la interruppe White.

“Come sarebbe a dire 'se'?” chiesi io, ma Black mi ignorò.

“Dicevo ...” riprese Black, come se nulla fosse “Quando torneremo sulla Terra, potrai trasformarle in vere e proprie fotografie. Sarà fantastico, vedrai!”

Cercai di sorridere, ma quel 'se torneremo' mi aveva spaventato un po'.

In tutti i miei viaggi non avevo mai messo in conto di non poter tornare a casa, ma ora … Un viaggio nuovo e inaspettato e dovevo lasciarmi alle spalle tutte le mie convinzioni, ma … non tornare?

Mi feci coraggio e aprii la bocca per chiedere ulteriori spiegazioni, ma lo sguardo eloquente di White me la fece richiudere.

“Non voglio cominciare il viaggio con te che ci fai domande inutili” mi disse, guardandomi male “Ricordati che sappiamo leggere nel pensiero e risponderemo solo ai quesiti che riterremo opportuni. Questo” disse poi, battendo con il dito sulla mia testa “è inutile. Ora partiamo”

“Bene” disse Black “Lo porti tu o lo porto io?” chiese alla sorella.

“Lo porti tu, mi pare ovvio” rispose lei, tutt'altro che garbata “Lo hai voluto tu con noi, il primo viaggio … e anche il secondo, lo farai tu. Cominceremo a scambiarci il ruolo a partire dal terzo spostamento. Va bene?”

“Va bene, va bene ...” acconsentì lei con un sospiro, poi si voltò verso di me e mi fece l'occhiolino “Dammi la mano” mi disse.

Feci giusto in tempo a darle una mano, quando esplodemmo. Mi sembrò veramente di esplodere. Tutto ciò che riuscii a vedere, fu una densa nube di fumo nero poi, quando si diradò, intuii dei fortissimi raggi solari.

“Benvenuto su Nardos!”

 

 

Subito dopo di noi, comparve White, in una nuvola di fumo bianco.

Mi guardai attorno. Non eravamo più nel mio appartamento. Mi trovavo in un giardino bellissimo con alberi e piante che mai avevo visto in tutta la mia vita. Erano strani. Le foglie, invece di essere verdi, erano blu scuro e le cortecce erano rosse.

“Vieni” mi disse Black, tendendomi la mano “Siamo atterrati sul giardino del Palazzo Reale”

“Il palazzo reale?” chiesi io, leggermente a disagio.

“Non preoccuparti” mi rassicurò Black “Conosciamo molto bene il principe Mesajee e ...”

“Molto bene” sottolineò White.

“Molto bene” ammise Black con un sorriso imbarazzato “Siamo già stati su questo pianeta. Come prima volta volevamo portarti in un luogo conosciuto. Non potevamo permetterci di atterrare in un pianeta mai visto senza averti fatto fare un po' di pratica”

“Esatto, Pivello” mi disse White, aggrottando la fronte “Atterrare in un pianeta sconosciuto non è una passeggiata. Bisogna innanzitutto capire qual'è la razza dominante, se è ostile o meno, adattarsi al clima … tutta una serie di particolare indispensabili per noi. Tu sei alla tua prima esperienza, perciò ti faremo fare tutto passo passo”

“Mi sembra razionale” dissi io, stringendomi sulle spalle.

“Perfetto!” esclamò White, sfregandosi le mani “Cominciamo. Guardati intorno”

Feci come White mi suggeriva. Ci trovavamo in uno splendido giardino, simile per organizzazione a quelli che avevo visto in India. L'unica differenza la facevano le piante. Erano stranissime, con colori che non avevo mai visto prima.

“Per cominciare” proseguì Black “Abbiamo deciso di portarti sua pianeti abitati da altri sangha*

“Altri … cosa?” domandai io, confuso.

“Altri esseri viventi simili a te” spiegò White, incrociando impaziente le braccia al petto “Non sono molto comuni, ma su Nardos ne abbiamo trovati … anche su Beauvre … I nardosiani non sono molto dissimili dai terrestri, solo dobbiamo rifarti un po' il look!”

“Faccio io” disse Black, anticipando la sorella che, parlando, si era avvicinata a me “Sono più delicata”

Mentre White si lamentava a bassa voce per l'offesa subita, Black si avvicinò a me e mi posò le mani sulla testa.

“Non sentirai male, solo un leggero fastidio”

Annuii, ma ero agitato.

Dire che sentii un fastidio è un eufemismo. Mi sembrò che la testa mi stesse esplodendo. Chiusi ermeticamente gli occhi, cercando di sopportare il dolore, per quanto potesse essere possibile.

Poi, così come era comparso, il dolore svanì.

“Fatto” disse Black, sorridendomi.

Mi toccai la fronte e sussultai. C'era qualcosa di strano. Qualcosa che non avrebbe dovuto esserci.

“Cosa diavolo …” cercai di dire, ma guardare Black e White fu come osservarsi in uno specchio. Anche loro si erano trasformate. Non erano molto cambiate. Erano quasi identiche, eccezione fatta per un lunghissimo corno che spuntava dalle loro fronti.

“I nardosiani sono fatti così” mi spiegò Black “Questo è il loro modo di salutarsi”

Si avvicinò a White e sporse la testa in avanti, fino a toccare il corno sulla fronte della sorella. Dal contatto scaturì una piccola scintilla bianca.

“Dal colore della scintilla si capisce l'umore dell'incontro” mi spiegò “Bianco significa pace; il nero è il colore della noia; il rosso quello del contrasto; il giallo significa simpatia …”

“Capisco” dissi, e avvicinai il mio corno a quello di Black. Ne scaturì una scintilla blu.

Black, vedendo il colore della scintilla, arrossì.

“Andiamo?” chiese, distogliendo lo sguardo e, senza aspettare risposta, si avviò lungo il sentiero.

Eravamo rimasti io e White. Pensai di chiederle il significato del colore blu, ma lei mi fermò con la mano spalancata”

“Domanda stupida ….” disse guardandomi severamente “ … per ora” aggiunse poi, facendomi l'occhiolino “Andiamo, terrestre”

Sorrisi, mio malgrado, e la seguii.

Black era già arrivata nei pressi di un enorme cancello dorato e ci aspettava.

“Avanti, Black” la esortò White “Vogliamo entrare?”

Black annuì e, con una certa difficoltà, aprì il cancello.

“Hai bisogno di aiuto?” le chiesi avvicinandomi.

“No, non ho bisogno” mi rispose lei, arrossendo.

“Tranquillo, Dylan” mi disse White, passandomi accanto “Black ha solo paura di incontrare Mesajee, tutto qui”

Guardai Black. Il rossore sul suo viso era una risposta più che eloquente.

“Mesajee” continuò White, priva di pietà per la sorella “è il principe di Nardos. Lui è Black sono stati molto … intimi in passato”

Detto questo, scivolò avanti, sfiorando con la spalla quella della sorella.

Black tentò di camuffare il suo rossore e, non riuscendoci, pensò fosse meglio superarmi per nascondermi il suo viso.

Per quanto riguardava me, quella rivelazione non mi aveva lasciato indifferente. Sentivo montarmi dentro un sentimento che mai nella mia vita avevo provato. Ero sempre stato indipendente, libero. Ora mi sentivo … tradito? Cos'era questa cosa che mi stringeva il cuore come una morsa? Gelosia?

Io ero … geloso?

Era come un'edera che mi stringeva lo stomaco, una vocina all'orecchio 'Chi diavolo è questo tizio?”

Scacciai quei pensieri. Non avevo intrapreso quel viaggio per rimanere intrappolato in stupide gelosie. Scossi la testa, cerando di farle uscire dal mio cervello e sorrisi.

La mia avventura era appena iniziata.

 

 

 

 

 

 

 

 

*''sangha' in sanscrito è la comunità dei meditatori.

   
 
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