Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Sunny    03/07/2004    16 recensioni
I missing moments della saga di BAWM! Ormai sono diventati troppi...meglio farne una raccolta! E si comincia con...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dedicato a Kim… per il semplice fatto che è una santa, e che ha un cervello vulcanico

Dedicato a Kim… per il semplice fatto che è una santa, e che ha un cervello vulcanico! ^_____^

 

 

 

 

ONCE UPON A TIME...

 

 

 

“…perciò se moltiplichiamo il risultato dell’addizione per il numero dei lati del triangolo che… Weasley!! Potter!!”

 

Dan e Jack neanche sussultarono a sentirsi richiamare con tanto impeto dal loro maestro di matematica. Smith era troppo ridicolo e stupido per non essere preso in giro costantemente, e il disegno del serpente con la sua faccia che aveva fatto Jack li stava facendo ridacchiare troppo rumorosamente per non essere scoperti.

 

Smith si aggiustò gli occhialini con fare stizzito e si avvicinò a grandi passi verso il banco dei suoi due alunni più indisciplinati, chiaramente irritato dal fatto che nessuno dei due sembrasse minimamente turbato per essere stato scoperto.

 

E che cosa c’è di nuovo questa volta, mh?” ringhiò acutamente. “Due settimane fa durante l’ora di scienze avete organizzato quel patetico spettacolino con le rane…” alcuni ragazzini della classe ridacchiarono, e Dan trattenne a stento un sorrisetto fiero. “…martedì scorso ci avete deliziati con dei compiti a casa su pergamene che guardacaso hanno preso fuoco fra le mie mani…” Smith si fermò per fulminare due bambini del primo banco che stavano nasconcendo a fatica le risate dietro le mani. “…e oggi cosa c’è in programma, incendiare l’aula?”

 

“E’ un’idea.” Fece allegramente Jack. Tutta la classe scoppiò a ridere.

 

“SILENZIO!” tuonò Smith. “Chiaramente per te, Weasley, tutto questo è molto divertente, non è vero? Ti senti fiero di te stesso per aver attirato l’attenzione dei tuoi compagni, giusto?”

 

Jack fece un irritante sorrisetto di marca Weasley. “Se le dico una bugia, signor maestro, si arrabbia di più?” una ragazzina bionda rise con più foga degli altri.

 

“Bene, molto bene.” Smith si aggiustò di nuovo gli occhialetti e incrociò le braccia sul petto. “Weasley, risolvimi l’operazione che sta sulla lavagna. Jack aprì la bocca per rispondere. “Con il metodo che ho appena spiegato.”

 

“Oh.” Jack si accigliò, poi scrollò le spalle. “No, allora no.”

 

“Potter?”

 

Ma non si può fare come facciamo sempre, facendo prima la moltiplicazione di…”

 

Che cosa ho detto, Potter?”

 

Dan fece una smorfia. “E allora non lo so fare, grazie tante.”

 

Smith fece un ghigno soddisfatto e scivolò a passi felpati dietro la cattedra. “In tal caso una bella comunicazione a casa potrà schiarirvi un po’ le idee. Con una soddisfazione immensa che gli si leggeva tutta in faccia, il maestro cominciò a scrivere rapidamente sul suo registro qualcosa, per poi estrarne due foglietti bianchi. Ci scrisse su qualcosa, poi li porse ai due bambini. “Prego, signori.”

 

Jack e Dan si alzarono sbuffando dal loro banco, e trascinandosi sui piedi presero le due note e tornarono a sedersi, raccogliendo non pochi cenni di incoraggiamento e strizzatine d’occhio dai compagni di classe.

 

“E ora, se Potter e Weasley ce lo permettono, possiamo tornare alla nostra lezione. Garrett, prova a risolvere tu il primo esercizio del libro.

 

Jack fece una serie di movimenti con le mani per imitare il maestro mentre lui non guardava, intento a correggere l’alunna che stava interrogando, e Dan e i due bambini dietro di loro se la risero fra i denti.

 

“Fai l’imitazione di lui che fa cacca.” Sussurrò Dan al cugino.

 

Jack trattenne il respiro fino a diventare tutto rosso, tappandosi il naso e allargando i gomiti come una gallina, ma spalancò gli occhi quando si vide una mano rugosa e bianca a due passi dalla faccia.

 

“…ops…” bisbigliò Dan.

 

“Bene bene, cos’abbiamo qui…” Smith si guardò approfonditamente il foglietto col disegno di Jack, e tutti gli occhi della classe si spostarono prima su di lui, poi su Jack… che non sembrava più di tanto in pena. “…interessante senso dell’arte, Weasley, se fossi il tuo maestro di disegno mi avresti appena dato la soddisfazione di poterti mettere un bel due.” Jack si limitò a inarcare un sopracciglio. “E’ evidente che il tuo talento è sprecato con Potter, qui, che ti disturba in continuazione… vediamo di rimediare. Potter, va’ a sederti in banco con Stoppet.

 

Dan sbuffò sonoramente mentre raccoglieva le sue cose per raggiungere il suo compagno Andrew Stoppet. Jack s’imbronciò sonoramente.

 

Smith curvò le labbra in un ghigno soddisfatto. “Non ti preoccupare, Weasley, non ho certo intenzione di lasciarti in banco da solo…” la bambina bionda con le trecce si mise più dritta sulla sedia, e la sua compagna di banco coi capelli neri si sporse in avanti, fremente. Smith si risistemò gli occhialini. “Sheffield, vieni a tenere compagnia a Weasley.

 

Jack sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Amelia Sheffield era una bambina decisamente noiosa: stava sempre per conto suo, in quattro anni di scuola non ci aveva parlato praticamente mai, non l’aveva mai vista con le altre bambine della sua classe e in banco stava sempre zitta e muta come un pesce. Jack la vide con la coda dell’occhio mentre scivolava al posto accanto al suo, tenendo i libri con una mano mentre con l’altra si scansava i capelli mossi castani dalla faccia.

 

“Queste saranno le vostre posizioni per il resto dell’anno scolastico. Fece crudelmente Smith.

 

Che?!” protestò Dan.

 

“No, un momento…”

 

Cosa vuoi ancora, Weasley?”

 

Jack guardò con la coda dell’occhio la sua nuova compagna di banco: sembrava molto interessata alla copertina del suo libro. Lui s’infuriò. “Signor maestro, lei non può farlo…”

 

“Neanche tu puoi fare tutto quello che fai di solito durante le mie ore di lezione, Weasley. Smith si chinò in avanti, assottgiliando pericolosamente gli occhi. “Ora o ti metti l’anima in pace e segui la spiegazione, o avrai la punizione più severa che ti sia mai stata data nella vita.”

 

Jack non abbassò lo sguardo, semplicemente rimase in silenzio ma senza smettere di fulminare il suo insegnante.

 

“Bene.” Smith tornò a rivolgersi alla lavagna. “Allora, come dicevamo…”

 

Quando suonò la campanella Jack fu il primo ad andarsene, sbattendosi sulle spalle lo zaino senza la minima grazia e urtando volutamente il suo banco, su cui stavano ancora le cose della sua nuova compagna di banco.

 

 

***************

 

 

“Mamma?!”

 

Jack entrò in casa e si chiuse la porta alle spalle con un colpo secco, soffermandosi a malapena per lasciarsi cadere lo zaino alle spalle vicino alle scale.

 

“Mamma?!”

 

“Di qua!”

 

Jack li trovò tutti in cucina. Sua madre era ai fornelli, ma lei e suo padre stavano ridendo per qualcosa… probabilmente battutine sulla sua cucina, erano capaci di farli sbellicare per ore… e Simon era seduto sulle gambe di suo padre con un libro di figure colorate in mano.

 

“Mamma, devi venire subito a parlare a scuola!” fece Jack, tutto d’un fiato. “Il maestro è impazzito!”

 

Hermione sbattè gli occhi. “Come, scusa? Che dici?”

 

“Quale maestro?” chiese confuso Ron.

 

“Smith.” Jack fece una faccia disgustata. “Ha fatto una cosa terribile!”

 

Ron si accigliò. “Che ha fatto?”

 

“Ha spostatao di posto Dan!” protestò Jack. “Ci ha divisi! E per tutto l’anno!”

 

Hermione fece una smorfia. “Sei sicuro che non ve la siete meritata?”

 

Jack scosse furiosamente la testa, poi arrossì un po’ e fece una smorfia. “Beh, magari solo un pochetto… ma lui è stato perfido! Tutto l’anno niente più banco insieme!”

 

“Adesso sei senza banchetto?” chiese morbidamente Simon, senza smettere di leggere il suo libro.

 

Ma non è questo!” fece irritato Jack, vedendo che i genitori sembravano indifferenti alla notizia. “Mi ha messo vicino… una femmina! Una noiosa!”

 

Ron scrollò tranquillamente le spalle. “Anch’io alle elementari stavo in banco con una bambina. E per tua informazione, zio Harry ha passato metà delle lezioni di Pozioni seduto affianco a mamma, che a scuola non era proprio il massimo del divertimento.”

 

“Quanto sei adorabile come sempre, Ron.” Fece ironica Hermione.

 

“Io sto seduto col mio amico Jimmy.” Disse allegramente Simon, ottenendo un sorriso di suo padre.

 

Jack vide rosso. “La volete piantare?!” urlò. “Io ho un problema serio, non ci voglio stare in banco con quella lì!”

 

Hermione si voltò e lo guardò severa, appoggiando le mani sui fianchi. “Beh, Jack, farai meglio a cambiare atteggiamento… perché io non chiederò al tuo maestro di farti spostare. Starai in banco con la tua compagna e ti deciderai a comportarti bene durante le lezioni, e non voglio più sentire una sola parola, è chiaro?”

 

Jack sbattè un piede a terra per la rabbia e corse di sopra in camera sua, incapace di sopportare oltre i toni autoritari di sua madre. Possibile che non lo capivano che a stare in banco con una come Amelia Sheffield ci avrebbe fatto una figuraccia?! Furibondo col mondo intero, Jack rimase a lungo seduto a terra a strapazzare fra le mani una pallina di gomma di suo fratello… e alla fine la soluzione arrivò prima che i suoi genitori lo chiamassero per andare a mangiare. Se non la sistemavano gli adulti quella faccenda, toccava a lui prendere le redini del gioco… e visto che Smith non avrebbe ascoltato per nessun motivo una sua lamentela, tutto stava a far lamentare l’unica che sarebbe stata presa in cosiderazione sul serio… Amelia Sheffield.

 

 

***************

 

 

Jack allargò bene le spalle e tenne il mento più alto del solito entrando in classe quella mattina; c’erano già più o meno tutti, e ognuno faceva qualcosa in attesa dell’arrivo del maestro. Jack salutò con un sorrisetto un paio di amici, strizzò l’occhiolino alla ragazzina bionda del primo banco e finalmente raggiunse il suo posto… Amelia era già seduta accanto alla sua sedia, ma guardava dalla parte opposta – fuori dalla finestra – e tanto per cambiare non sembrava aver voglia di aprir bocca.

 

Jack si schiarì rumorosamente la gola, ma non ottenne alcun risultato. “Ehi, Sheffield?”

 

La bambina si voltò con un cipiglio seccato, e solo allora Jack notò che portava i guanti di lana nonostante non facesse ancora così tanto freddo. “Che vuoi?” gli chiese brevemente.

 

“…ma perché hai i guanti?”

 

“Non sono affari tuoi.” Amelia si voltò di nuovo dall’altra parte.

 

Jack si spazientì; lasciò cadere rumorosamente lo zaino al suo posto e si andò a piazzare sulla traiettoria dello sguardo della bambina. “Sto parlando con te!”

 

“Non stavi parlando, ti stavi impicciando.

 

Ma sei sempre così odiosa tu?”

 

E tu sei sempre così ficcanaso?”

 

Jack sentì il sangue ribollirgli nelle vene, e fece quasi fatica a ricordarsi le parole di suo padre in merito a picchiare le femmine… “Senti un po’, io non ci voglio stare in banco con te.

 

Amelia inarcò un sopracciglio. “Nemmeno io, se è per questo. Ma tu e tuo cugino vi siete fatti scoprire come due scemi, e di chi è la colpa?”

 

Perché non vai a piagnucolare dal maestro e gli dici che non mi sopporti?” le suggerì Jack.

 

“Io non piagnucolo, piagnucolano quelle come Mandy Moon che a te piace tanto. Ribattè dura Amelia, indicando con un cenno della testa la bambina bionda del primo banco, che continuava a lanciare occhiatine a Jack e a voltarsi a ridacchiare con la sua compagna.

 

Jack sbuffò e si scansò i capelli dalla fronte. “Ma così Smith ci lascerà vicini tutto l’anno!” protestò. “Andiamo, mica vuoi stare in banco con me che ti sto così antipatico!”

 

Amelia scrollò le spalle. “Non mi stai antipatico.” Disse tranquillamente. “Adesso lasciami in pace.”

 

Jack rimase a bocca asciutta e non seppe cosa rispondere… semplicemente rimase lì in piedi, e così potè notare la piccola smorfia di dolore sulla faccia di Amelia quando prese in mano la penna. Lui si accigliò. “Che c’hai?”

 

Amelia neanche si sprecò a rispondergli, semplicemente lo fulminò con un’occhiata.

 

“Buongiorno, classe.”

 

La voce per niente melodica del maestro Smith fece sbuffare Jack per la seconda volta in pochi minuti.Tempo pochi secondi, tutti i bambini erano seduti al loro posto e stavano rispondendo all’appello. Smith iniziò subito la sua lezione senza perdere un solo momento, e cominciò proprio dalla parte più odiata di tutte: la correzione dei compiti a casa.

 

“Se non erro, vi avevo assegnato delle operazioni da risolvere col metodo che ho spiegato ieri in classe, giusto? Benissimo, vediamo un po’…” Smith si sporse in avanti per dare una lunga occhiata alle facce dei suoi studenti… poi un viscido sorriso gli si spalmò sulla faccia. “…Weasley, perché non ci dici tu la risposta al primo esercizio, mh?”

 

Jack impallidì: la sera prima era stato così preso dalla storia della compagna di banco che gli era completamente passato di mente di studiare la nuova lezione… aveva svolto i compiti, ma nel solito modo… ecco, c’era un distinto e netto odore di seconda nota nell’aria… misto alla sua adrenalina, visto che sua madre lo aveva avvertito che non avrebbe tollerato altri votacci…

 

“Weasley, stiamo aspettando tutti.”

 

“S-si, uhm…”

 

Se ci fosse stato Dan lì vicino… ora per guardarlo in faccia avrebbe dovuto voltarsi, e certo non lo poteva fare con Smith che sorvegliava l’aula come un falco.

 

“Ecco… la soluzione… è…”

 

“Si?”

 

Jack guardò sul suo banco, quasi disperato… quando scorse una mano avvolta in un guantino rosso scrivere qualcosa con la matita sul bordo del tavolino, laddove Smith non poteva vedere…

 

“Sessantatre.” Fece sicuro Jack, tornando ad assumere la sua aria provocatoria.

 

Smith parve quasi deluso quando brontolò un assenso e passò a chiedere ad un altro bambino la soluzione al secondo esercizio. Jack buttò fuori tutta l’aria che si rese conto solo in quel momento di aver trattenuto, e finalmente potè rilassarsi. L’istinto lo portò a cercare lo sguardo di suo cugino, il suo fantastico compagno di banco che lo aveva salvato un’altra volta… quando si rese conto che la mano in rosso era proprio di Amelia, la sua nuova vicina. Cercò il suo sguardo, ma lei era voltata dall’altra parte, come sempre. Così le urtò leggermente il gomito, e quando lei si girò lui le fece un piccolissimo sorriso. Lei annuì impercettibilmente e tornò a guardare fuori dalla finestra.

 

 

***************

 

 

“Io proprio non ti capisco, Jack, che ci andiamo a fare a casa sua?”

 

Dan sbuffò e continuò a pedalare la sua bicicletta al fianco di quella del cugino, muovendo un po’ le spalle a cui stava scomodamente appeso lo zaino. Il sole di Novembre era decisamente gradito quando la giornata era più fredda… ma in quell’occasione stava rendendo la vita impossibile a Dan, finendogli in continuazione negli occhi.

 

“Non andiamo a casa sua.” Replicò deciso Jack, pedalando un po’ di più. “Voglio solo vedere dove abita.”

 

“Si, ma perché adesso che io ho fame?” protestò ancora Dan. “Per una volta che usciamo prima da scuola dobbiamo pure andare dietro a questa tipa strana?”

 

“Non è strana.” Fece subito Jack. “E’ solo… silenziosa.”

 

“Amelia Sheffield è strana, Jack, sta sempre zitta!”

 

“Beh, non si è stata zitta stamattina! Se non era per lei, Smith oggi mi rimandava a casa con un’altra nota e poi chi la sentiva mamma!”

 

“La sentirai lo stesso quando saprà che abbiamo lasciato Julie e Simon da soli ad aspettare sotto scuola. Fece Dan improvvisamente ridacchiando. “Meno male che Mandy e Jen aspettavano mamma con loro…”

 

Jack gettò uno sguardo in avanti, giusto per essere sicuro che non stessero sbagliando strada, ma continuò a pedalare. “Ti piace Mandy?”

 

“Nah.” Dan arricciò il naso. “Di classe non mi piace nessuna… la più bella è Debbie Chester, quella di quinta… sai, quella con gli occhi azzurri.

 

“Nemmeno a me mi piacciono quelle di classe.” Disse indifferente Jack. “Sono tutte uguali… sembrano le bambole di Julie.

 

“Già.”

 

“Beh, no… magari Amelia no.”

 

Dan fermò di botto la bici, facendo fermare anche il cugino. “Ah, ecco!!” esclamò a voce alta. “Adesso ho capito, noi stiamo andando a casa di Amelia perché lei ti piace!”

 

Ma quando mai!!” urlò Jack, a cui le orecchie divennero subito paonazze. “Non hai capito niente, deficiente!”

 

“Ti piace Amelia, ti piace Amelia…”

 

Piantala!!”

 

Dan rise e riprese a pedalare. “Non è mica brutta, sai. Ti ci vuoi fidanzare, così poi la baci?”

 

Jack arricciò il naso. “Noo, non mi piace Amelia! Ho solo detto che non è brutta…un po’ è bellina.

 

“Si, ma è musona…”

 

“E io glielo voglio chiedere perché è musona.

 

Ma tanto non ti parla, perché…”

 

Due voci in lontananza attirarono l’attenzione dei due bambini, che subito accellerarono un po’ e raggiunsero l’angolo della strada da dove venivano le voci. C’erano due loro compagni di classe, Frankie Murton e Randy Zender, due colossi che con Dan e Jack si scontravano in continuazione, e dietro di loro, di parecchio più piccolina, c’era proprio Amelia… che li stava fissando con gli occhi stretti in due fessure e la bocca contratta in un’espressione di rabbia.

 

E così adesso credi che te ne puoi andare in giro tutta sola, eh Sheffield?” fece Frankie, sghignazzando. “Ti senti una di noi, non è vero?”

 

“No no, principessina, qualcuno dovrebbe insegnarti ad abbassare la testa quando camminiamo noi veri maghi. Continuò Randy, molto compiaciuto delle sue parole.

 

Amelia si strinse i libri al petto, ma non fece un solo passo indietro. “Lasciatemi in pace.” Ringhiò.

 

“Sennò che ci fai, mezza maga?” Randy si fece scrocchiare rumorosamente le mani. “Chiami quel babbano di tuo padre? Oh, aspetta… ma tuo padre non c’è mai, giusto?”

 

Amelia si morse le labbra forte vedendoli ridere.

 

“Aspetta, aspetta… allora chiamiamo tua madre!” propose Frankie, scoppiando a ridere un attimo dopo. “Ah no, è vero… tua madre se n’è andata appena ti ha visto per la prima volta!”

 

“Chiudi quella boccaccia, brutto scimmione!” fece furibonda la piccola, che ora aveva le guance arrossate.

 

“La sanno tutti la tua storia, cosa credi, Sheffield?” fece odiosamente Frankie. “Lo sanno tutti quanti che sei un esserino brutto e puzzolente, è per questo che nessuno ci vuole mai stare con te, nemmeno tua mamma… perché sei solo una sporca mezzosangue e basta.”

 

Amelia perse il controllo; lasciò cadere a terra i libri e si lanciò addosso a Frankie e gli affondò con forza i denti nella mano. Quello ululò per il dolore, e il suo compagno afferrò di peso la bambina e la sbattè forte a terra.

 

Guarda questa piccola idiota, adesso ti faccio vedere io chi…”

 

“Ehi!!”

 

Frankie e Randy si voltarono di scatto: Dan Potter e Jack Weasley, abbandonate le biciclette in un angolo della strada, si stavano avvicinando di corsa.

 

Guarda guarda, ero in pensiero.” Randy s’incupì.

 

Jack aveva gli occhi saettanti di rabbia. “Perché non te la prendi con qualcuno della tua taglia, imbecille che non sei altro?”

 

“Vuoi fare a pugni, Weasley?” il ragazzino alzò le mani e le chiuse forte. “Avanti, ci sto!”

 

Se il meglio che sai fare è picchiare una bambina, non mi fai paura nemmeno un po’!” Jack alzò i pugni a sua volta. “Fatti sotto!”

 

“Si, io scommetto che se la sta facendo sotto per davvero, senti come puzza!” fece Dan, ridendo.

 

Randy diventò tutto rosso e fece due passi in avanti, quando il suo amico lo prese con un braccio e gli fece furiosamente cenno alla sua destra… un uomo alto e grassoccio stava camminando proprio da quelle parti, e i bambini lo riconobbero come il loro preside.

 

Ma non finisce così!” urlò Randy a Jack prima di correre via, scappando a gambe levate insieme al suo compagno.

 

“Che razza di idioti.” Commentò disgustato Dan, scuotendo la testa. “Il preside nemmeno stava venendo per di qua.

 

Jack si voltò a guardare Amelia, che era rimasta per terra. Non sembrava sollevata, anzi… aveva gli occhi lucidissimi e pareva quasi che fosse inorridita per qualcosa. Jack si schiarì la voce, incerto sul da farsi, e le tese la mano. “Ti sei fatta male?”

 

Amelia non gli rispose, ma due grossi lacrimoni le scivolarono sulle guance…e un momento dopo Jack si sentì schiaffeggiare via la mano e la vide correre dalla parte opposta senza nemmeno fermarsi a raccogliere le sue cose che stavano sparpagliatre per terra.

 

Ma guarda tu che tipo!” protestò Dan. “Noi la salviamo e lei manco grazie dice!”

 

Jack esitò, quindi recuperò lo zaino della sua compagna, ci mise i libri dentro e lo appese al manubrio della sua bici.

 

“Guarda che io mi sono stufato di stare dietro a quella lì.” Fece annoiato Dan. “E me ne torno a casa. Tu che fai?”

 

“Ci vediamo oggi.” Disse semplicemente Jack, montando sulla bicicletta e prendendo subito a pedalare nella direzione in cui era andata Amelia. Non gli ci volle molto per raggiungerla… lei era a piedi, lui su due ruote. “Ehi, Amelia!” La bambina continuò a correre, e per fermarla Jack fu costretto a passarle davanti e a fermare la bicicletta in orizzontale, bloccandole la strada. “Ma insomma, ti vuoi fermare?!” le urlò.

 

Amelia stava piangendo, e anche forte. “Lasciami in pace!” strillò fra i singhiozzi, mentre due lacrimoni le scendevano sulle guance arrossate. “Adesso ti sei divertito, te ne puoi anche andare!”

 

Jack smontò dalla sua bici. “Non mi sono divertito proprio per niente… e poi perché ti arrabbi con me? Sono quelli che ti hanno buttato per terra!” Amelia singhiozzò e si voltò per andarsene, ma Jack l’afferrò per un braccio. “Ma che ti ho fatto io, perché ce l’hai con me?!”

 

Amelia si asciugò il naso con la manica del golfino pesante. “Perché mi vuoi prendere in giro anche tu che non ho la mamma.”

 

Jack si accigliò. “Io nemmeno lo sapevo, e non si prendono in giro le persone per una cosa come questa.

 

Amelia singultò un paio di volte, ma sembrò calmarsi un attimo. “…tu…non mi vuoi prendere in giro perché sono una…una mezzosangue?”

 

“Mio padre dice che non esistono i mezzosangue, siamo tutti maghi uguali.” Disse risoluto Jack, prendendo qualcosa dalla tasca. “Tieni, prendi un fazzoletto.”

 

Amelia lo guardò incerta, ma alla fine si asciugò il naso col fazzoletto di carta che Jack le stava porgendo e gli sedette timidamente affianco quando lui appoggiò la bicicletta a un muretto e ci saltò sopra. “Mio padre non sta mai a casa con me.” Disse piano la bambina, guardando a terra.

 

Perché no?”

 

“Perché lui fa un lavoro che lo fa andare sempre fuori… si chiama ambasciatore.

 

Jack si grattò una tempia. “E che mestiere è? Una specie di Auror?”

 

Amelia scosse la testolina castana. “No… è una cosa babbana. Non lo so bene che fa, ma va in giro per il mondo, e sta sempre dei mesi fuori.

 

“E tu con chi stai?”

 

Amelia si grattò il naso arrossato. “Con la tata. Le cambio spesso, però questa qui di adesso è terribile.

 

“Una tata?” Jack inarcò un sopracciglio. “Ma non ce l’hai dei nonni, o degli zii?...”

 

“Oh, si che ce l’ho… i miei nonni non vivono molto lontani da casa tua. Sono molto buoni…però sono dei maghi, e papà preferisce che vivo ancora a Londra con lui. Amelia fece un piccolo sorrisino. “E’ merito dei miei nonni se vengo a scuola qui…loro dicono che riceverò anch’io la lettera per Hogwarts quando faccio dieci anni. E papà è contento solo così e così…penso che lui si vergogna. Con la nuova moglie, ecco.”

 

Jack annuì, osservando attentamente gli occhi risti di Amelia… erano proprio grandi. Belli. “Senti, ma… posso chiederti una cosa? Se vuoi non me la dici…”

 

Che cosa vuoi sapere?”

 

“Ecco… come mai mamma tua non c’è? Per caso… è andata in cielo?”

 

Amelia si tirò le ginocchia al petto e ci nascose il musetto in mezzo. “Papà dice che se n’è andata subito dopo che sono nata io… che si scocciava di stare con noi. Io penso che tutti quanti si scocciano di stare con me.

 

“No, non è vero…” Jack si grattò il naso e si appoggiò indietro, sui gomiti. “Io non mi sto scocciando. Solo che tu non parli mai con nessuno… vedi, se parli non scocci affatto.

 

Amelia lo guardò attentamente coi suoi grandi occhioni nocciola. “Non te ne vuoi andare anche tu?”

 

Jack fece una smorfia e scosse la testa. “Perché?”

 

Amelia scrollò le spalle. “Così.”

 

“Beh no, non me ne voglio andare ancora. Mi dici perché la tua tata è cattiva?”

 

Gli occhi di Amelia si illuminarono. “Oh, lei è orribile perché ha una specie di piccolo bastoncino…lo chiama bacchetta, ma non è come quella dei maghi… e quando non le obbedisco lei me la dà sulle mani, ma io la frego sempre! L’altra sera le ho messo un secchio di ragni nel letto!”

 

Jack fece un sorrisone enorme. “Wow, forte!”

 

“Si!” Amelia annuì, finalmente sorridendo. “Quella vecchiaccia schifosa non voleva farmi giocare un po’ dopo i compiti, e io le ho messo il peperoncino nel caffè!”

 

Ma sei meglio di un maschio tu!” Jack si mise su dritto, tutto vispo più che mai.

 

“Sai a quante tate le ho mandate via così… solo che questa è terrificante, non se ne vuole proprio andare…e poi mi fa sempre male.

 

“Con quella bacchetta?”

 

Amelia annuì, e si sfilò i guantini rossi… su entrambe le mani spiccavano due grossi segni viola, e la pelle sembrava arrossata e gonfia più del normale.

 

Jack spalancò la bocca e glieli sfiorò con un dito, ma lei tirò via la mano con una smorfia di dolore. “Fanno molto male?” lei annuì mentre si infilava di nuovo i guanti. Jack provò un moto di rabbia. “Ma questa è proprio una cessa…non si fa così!”

 

Amelia scrollò le spalle, mortificata con se stessa. “Si…è una cessa.”

 

Ma a tuo padre non l’hai detto? O ai tuoi nonni?”

 

“Papà dice che mi sta solo insegnando a fare la brava perché io mi comporto sempre male come mia mamma…”

 

Jack scosse la testa, furibondo. “Non ci tornare a casa… quella ti picchia, non è giusto!”

 

E che posso fare?” Amelia sospirò e balzò giù dal muretto. “Papà torna tra un mese, se resisto poi glielo dico da vicino e spero che mi ascolta.

 

Anche Jack saltò giù, e la prese per un braccio. “Amelia, non ci andare a casa tua…vai dai tuoi nonni, là quella pazza non ti può fare male…oppure vieni da me!”

 

Amelia sbattè gli occhi. “Da te?”

 

Jack annuì vigorosamente. “Si! I miei genitori sono un po’ duri ma sono buonissimi… loro ti proteggeranno! Mia mamma è fortissima…e mio padre la fa a polpette la tua tata, anche a occhi chiusi!”

 

Amelia esitò, poi scosse la testa. “Grazie lo stesso, ma è meglio che torno a casa. Ci vediamo domani a scuola.”

 

Jack sbuffò e la lasciò andare, ma mentre lei si prendeva lo zaino e i libri le si avvicinò di nuovo. “Però dimmelo se quella ti picchia di nuovo, eh?”

 

Amelia annuì, poi si ciondolò per un attimo sui piedi…quindi si sollevò sulle punte dei piedi e gli stampò un bacetto sulla guancia, allontanandosi in tutta fretta. Jack sbattè gli occhi e si sfiorò la guancia…poi scosse la testa e rimontò sulla sua bicicletta, diretto verso casa.

 

 

***************

 

 

“Giochi con me, Jack?” Simon sembrava adorare quella frase…non faceva altro che ripeterla col tipico monotono e irritante tono di voce del bambino di sei anni che era, e a Ron cominciava a creare qualche problema leggere il giornale col figlio nelle orecchie. “Giochi con me? E dai, vuoi giocare con me? Giochi con me, per favore?”

 

Ron perse la pazienza e mise giù il giornale. “Jack, che ti costa accontentare tuo fratello per cinque minuti?!”

 

Jack sbuffò, restando spaparanzato sul divano e afferrando senza nemmeno guardare il cerchio colorato che gli stava porgendo Simon. Il fratello squittì allegramente e cominciò a far volare il suo pupazzo con la scopa, riproducendo i rumori con la bocca. Jack continuò a fissare un punto imprecisato davanti a sé mentre Simon faceva passare nel cerchio il suo giocatore, facendosi la telecronaca da solo.

 

Ron inarcò un sopracciglio. “Va tutto bene, Jack?”

 

Jack continuò a mantenere il cerchio, ma si voltò a guardare suo padre. “No, è che…”

 

“…che?”

 

Jack esitò e si grattò la nuca, quindi fece una piccola smorfia. “C’è un mio amico… una mia amica, in realtà…che in pratica ha dei problemi…”

 

Ron si accigliò. “Che tipo di problemi? E chi è questa amica?”

 

“Uhm…non so se te lo posso dire…”

 

“Non si tengono mai segreti ai propri genitori, papà e mamma devono sapere le cose altrimenti non ti possono aiutare.” Ron mise via il giornale. “Allora, vuoi raccontarmi che è successo a questa tua amica?” mormorò pazientemente.

 

“Ecco…”

 

“Simon, il bagno è pronto!” Hermione si affacciò dalla cima delle scalette. “Vieni, tesoro!”

 

“No, non lo voglio fare!” Simon scappò a nascondersi in braccio al padre. “Mi sono già lavato domenica!”

 

“Andiamo, tesoro, mammina è già in ritardo, va a finire che stasera mangiamo alle dieci…” si lamentò Hermione.

 

Ron prese Simon per i fianchi e lo rimise a terra. “Forza, giovanotto, fila a lavarti. Non mi piacciono i bambini che puzzano.”

 

“Mi scoccio!” protestò ancora il piccolo.

 

Hermione incrociò le braccia sul petto. “Devo venire io a prenderti?”  

 

Il tono minaccioso di Hermione fece rabbrividire il bambino, che si aggrappò a una gamba del padre. Ron gli accarezzò la testolina rotonda. “Facciamo così…tu vai su a farti il bagno, e poi ti raggiungo anch’io e giochiamo a fare le puzzette nell’acqua, ok?”

 

Simon s’illuminò. “Uh, si!”

 

Ron ridacchiò. “Avanti, fila.” Hermione avrebbe chiaramente voluto protestare – non era un giochetto che approvava poi tanto – ma era servito a far smuovere il figlio, così si limitò a un sospiro sconsolato.

 

Il suono del campanello fermò la corsa di Simon e le intenzioni di Ron di parlare col figlio. Leggermente seccato, Ron sbuffò e si alzò per andare ad aprire… e rimase un po’ sorpreso quando si trovò davanti alla porta una bambina piuttosto piccolina e castana, con gli occhi lucidi e il fiatone. La piccola non gli lasciò nemmeno il tempo di aprire bocca che si fiondò in casa, chiudendosi la porta alle spalle di scatto.

 

Ron sbattè gli occhi. “E tu da dove salti fuori, signorinella?”

 

La bambina si guardò intorno con un’aria spaventata, ma non rispose.

 

“Amelia!” esclamò Jack, sorpreso, nel raggiungere suo padre.

 

Amelia non disse niente, semplicemente fece una corsa e si buttò fra le braccia di Jack, aggrappandosi al suo collo. Jack rimase senza fiato e incerto sul da farsi,  ma quando la sentì tremare istintivamente le passò le braccia attorno ai fianchi. “Che è successo?”

 

“L-l’ha fatto di n-nuovo!” mormorò la bambina, con la voce che le tremava. “M-ma stavolta forte… n-non si fermava p-più…”

 

Che sta succedendo qui?” chiese Hermione, lanciando uno sguardo rapido al marito.

 

“Jack, non ci presenti la tua amica?” fece piano Ron, che però aveva un cipiglio piuttosto serio.

 

Amelia si separò da Jack e si affrettò a guardare a terra, mentre Jack stava stringendo forte i pugni. “L’ha picchiata! Quella schifosa della sua tata l’ha picchiata di nuovo, papà!”

 

Hermione si accigliò e subito si chinò sulle ginocchia davanti alla bambina, facendole un piccolo sorriso per rassicurarla. “Ehi, piccolina…sei un’amica di Jack?”

 

Amelia annuì, ma fu Jack a rispondere. “Si chiama Amelia.” Disse animosamente, con le orecchie che gli stavano diventando rosse. “Suo papà non c’è mai a casa, ci sta sempre la tata…e quella stronza la picchia con una bacchetta!”

 

“Jack.” Lo ammonì Hermione, prima di tornare a guardare Amelia. “E’ vero quello che dice, tesoro?” Amelia le mostrò il dorso delle mani: oltre ai lividi viola della mattina prima c’erano anche dei graffi e dei tagli che stavano sanguinando. Hermione li guardò inorridita, poi le accarezzò le guance umide di lacrime e le appoggiò le mani sulle spalle. “Stai tranquilla, Amelia, ora che sei qui non ti succederà più niente…però mi devi spiegare bene che cosa è successo, e come mai papà ti ha lasciata con questa signora. Va bene?”

 

Amelia guardò Jack, che annuì lentamente mentre affondava le mani nelle tasche dei jeans. “Però non lo dite a papà, vero?” sussurrò piano. “Altrimenti lui dice che sono una monellaccia…”

 

Ron le si avvicinò e le diede un pizzicotto sul naso, incoraggiandola con un sorriso. “Non è mica una cosa grave essere monelli da piccoli… io lo sono stato molto, sai?”

 

Hermione le accarezzò i capelli e glieli portò dietro le orecchie. “Allora, me la racconti la tua storia?”

 

Rassicurata dalla presenza confortante dei genitori di Jack, Amelia trasse un sospirone e cominciò a raccontare per bene della sua famiglia, dei suoi genitori e dei suoi nonni, della tata tedesca che avevano assunto e di come la trattava sempre come un soldato.

 

“Non sapevo dove andare.” Mormorò molto piano la bambina, asciugandosi il naso nella manica un po’ troppo lunga del suo golfino. “Se andavo dai nonni, quella mi trovava…”

 

Jack le accarezzò i capelli. “Sei stata proprio brava a venire da casa tua fino a qui. Adesso ti proteggiamo noi, quella neanche si può avvicinare.

 

“Rimani coi bambini, vado a dire due paroline a questa stronza pazza.” Sussurrò rabbiosamente Ron a Hermione, che si era alzata e gli si era avvicinata.

 

“No, resta tu qui con loro.” Hermione prese la giacca dall’attaccapanni e se la infilò. “E’ meglio se me la vedo io con lei. Cerca di rassicurare la bambina, mi sembra spaventata. Lui annuì. “Allora, piccola, mi dici per bene il tuo indirizzo e il numero di telefono dove chiami papà?” preso nota delle informazioni, Hermione si chinò a darle un bacio sulla fronte. “Ora sta’ solo tranquilla e pensa a divertirti, lascia fare a me. Jack, te l’affido, d’accordo?”

 

Jack annuì. “Rompile le ossa a quella, mamma.”

 

Hermione uscì dalla porta con un ultimo cenno d’intesa per Ron, che le rivolse un piccolo sorriso. “Speriamo solo che la tata non usa la bacchetta anche con tua mamma…” mormorò Amelia.

 

Jack fece un sorrisetto. “Prega piuttosto che sia mamma a non usare la sua bacchetta sulla tata.

 

Ron si chinò all’altezza di Amelia, sorprendendola, e le fece un sorriso largo e sereno. “Allora, bella signorina…vogliamo cominciare col disinfettarti quelle manine?” Amelia, arrossita, annuì. “Vieni.”

 

Sentendosi più a suo agio – specie con Jack che ogni tanto le accarezzava la schiena – Amelia entrò nella cucina di casa Weasley, e si fermò vicino al tavolo mentre Ron prendeva qualcosa da un mobiletto.

 

“Questa è casa mia.” Disse vispo Jack, scansandosi bruscamente i capelli dagli occhi.

 

Amelia si guardò in giro. “E’ carina…” s’interruppe quando scorse un bimbetto castano che osservava la scena con interesse dalla soglia della porta. “…e lui?”

 

“E’ mio fratello Simon.” Fece Jack, infilando le mani in tasca.

 

“Ecco, bravo Jack, fai le presentazioni.” Ron prese delicatamente le mani di Amelia e le bagnò con il disinfettante, soffiandoci sopra per attutirne il bruciore. “Simon, vieni qui…vieni a conoscere la nuova amichetta di Jack.”

 

Simon si ciondolò fino a raggiungerli, guardando la nuova arrivata un po’ insospettito e un po’ incuriosito. “Come ti chiami?”

 

“Amelia.” Gli rispose la bambina, mentre Ron si sfilava di tasca la bacchetta.

 

Simon la fissò coi suoi grandi occhioni color cioccolato e si trastullò sui piedini, poi si voltò verso suo padre. “Ma è pure amica mia?”

 

Ron mormorò un incantesimo sanatore per le mani della bambina. “Certo…”

 

Però non cominciare a rompere, eh?” protestò Jack. “Cioè non fare che ti azzecchi addosso, Amelia è amica mia e poi è troppo grande per te.”

 

“Non gli dire così.” Intervenne Amelia, facendo un sorriso a Simon. “Io sono amica di tutti.”

 

Simon fece un sorrisone sdentato. “Amici.”

 

“Ecco fatto.” Ron si rimise a posto la bacchetta. “Senti ancora dolore?”

 

Amelia provò a muovere le mani…e con grande gioia scoprì di averle completamente a posto. “Oh…no, non fanno più male! Grazie mille!”

 

“Grande, pà!” esclamò allegramente Jack.

 

Simon si attaccò alla manica del golfino di Amelia e la tirò leggermente. “Vuoi giocare con me?”

 

Jack la tirò per l’altro braccio. “No, e dai! Papà, guarda!”

 

“Papà ha detto che è pure amica mia!” ribattè con forza Simon.

 

Però tu sei un pannolone!”

 

“Non è vero!”

 

“La smettete tutti e due?!” protestò Amelia, liberandosi le braccia e facendo un passo indietro. “Facciamo un gioco tutti insieme.”

 

Ron annuì soddisfatto. “Brava Amelia.”

 

Ma mica vuoi fare i giochi delle femmine, vero?” fece Simon, improvvisamente sospettoso. “Perché a me non mi piacciono le bambole.”

 

Amelia si scansò i capelli dalla faccia. “Ce le avete le barchette dei pirati, quelle che si mettono nella vasca da bagno?”

 

Jack s’illuminò. “Ti piacciono i vascelli dei pirati?” disse tutto d’un fiato. “Sono i miei preferiti!”

 

“Ci giochiamo?” fece Amelia, altrettanto emozionata.

 

“Pure io, pure io, pure io!!” fece Simon, saltellando su e giù.

 

“Ok, ok…adesso buoni un attimo.” Ron, sorridendo, cercò di tenere a freno il figlio minore. “Andate pure a giocare con le barche e l’acqua, ma cercate di non fare un macello su nel bagno…Jack, presta un maglione ad Amelia, così non si bagna il suo.

 

“Agli ordini!” esclamò felicemente il bambino, correndo su per le scale un attimo dopo, seguito a ruota da Amelia e da Simon, che strillicchiava emozionato. Ron sentì che un sorriso si stava facendo spazio anche sulla sua faccia…niente da fare, le risate dei bambini erano sempre contagiose.

 

 

***************

 

 

Hermione rientrò in casa che fuori ormai già stava facendo buio, e appena si chiuse la porta alle spalle si guardò intorno per cercare tutti gli altri. Riusciva a sentire distintamente le voci dei bambini che ridevano e strillicchiavano, ma intuì che erano al piano di sopra.

 

“Ehi, ce ne hai messo di tempo.” Ron venne fuori dalla cucina con una bottiglietta di succo di frutta in mano.

 

“Sono andata anche dai nonni di Amelia.” Gli rispose brevemente lei, dandogli un piccolo bacio sulle labbra. “Sono delle persone molto carine.”

 

Ron notò la piccola borsa che aveva in mano. “E quella?”

 

“E’ un po’ di roba della bambina…a proposito, come sta?”

 

Ron fece un sorrisetto allegro e stappò la bottiglietta. “Scoppia di salute, non senti?”

 

“Si, ma…” Hermione rimase un attimo in ascoltò e si accigliò. “Che stanno facendo esattamente i bambini, Ron?”

 

Lui smise di bere il suo succo e scrollò le spalle. “Oh beh, sai…stanno…giocando un po’, in fondo Amelia era un po’ scossa e quindi ho pensato di concedere un po’ più di…libertà…”

 

Il tono colpevole di Ron insospettì Hermione, che lo respinse quando cercò di darle un bacio per distrarla. “Aspetta un attimo…”

 

Ron fece una smorfia quando la vide dirigersi verso le scalette. “…ehm…tesoro, non potremmo…”

 

Hermione seguì gli strillini e le battute scherzose per capire dove stessero giocando i bambini…e quando arrivò fuori dal bagno e si fermò sulla soglia della porta, rimase letteralmente inorridita.

 

Per terra c’era acqua dappertutto, e i tre bambini continuavano a spruzzarne dalla vasca da bagno. Jack si era messo un asciugamano grande come un mantello – che finiva nell’acqua e gli bagnava il maglione – e stava praticamente con la faccia nella vasca, a spingere la sua barchetta e a spruzzare gli altri due. Amelia – che col felpone di Jack addosso sembrava ancora più piccolina – aveva i capelli bagnati e una chiazza d’acqua sui jeans. Simon, poi…era seduto nella vasca – naturalmente vestito – e ogni tanto si alzava in piedi e rovesciava altra acqua a terra.

 

“Ehm…” Ron provò ad appoggiare le mani sulle spalle di sua moglie. “Non ti preoccupare, Hermione, non fa freddo, si asciugheranno subito…e non ci mettiamo proprio niente ad asciugare qui, sai? Davvero, non è così grave…sono piccoli, volevano distrarsi un po’…l’abbiamo fatto tutti almeno una volta, no? …Hermione? …tesoro, perché non dici niente?...”

 

 

 

Amelia inarcò le sopracciglia, cercando di non farsi vedere da Ron mentre lo osservava pulire il pavimento del bagno, in stile babbano e tra mille imprecazioni a bassa voce. “Ma è sempre così?” sussurrò a Jack, che come lei si stava nascondendo dietro l’angolo della porta. “Pulisce tuo papà?”

 

Jack ridacchiò piano. “No, solo quando mamma lo mette in punizione come noi.

 

 

***************

 

 

“Papà si è arrabbiato molto?”

 

Hermione scosse la testa e accarezzò il viso di Amelia, facendola sedere sulle sue ginocchia. “No, si è soltanto dispiaciuto perché non poteva essere qui con te stasera.

 

Jack, che stava seduto sul suo letto vicino al fratello, si grattò il naso e fece una smorfia. “Ma della tata che ha detto?”

 

“La tata è stata licenziata su due piedi.

 

Simon spalancò gli occhi. “L’hai picchiata tu?”

 

Hermione rise e scosse la testa. “No, ma mi sarebbe piaciuto…ma la violenza non è sempre la soluzione ideale, sapete.

 

Ron, che stava appoggiato con un gomito alla porta, fece una piccola smorfia. “Mmh…”

 

“No comment.” Gli disse subito sua moglie, tornando a concentrarsi su Amelia. “Comunque papà ha detto che tornerà sabato e domenica per stare un po’ con te, e per parlare…vuole sapere se ti piacerebbe trasferirti dai nonni tutte le volte che lui è fuori.”

 

Amelia s’illuminò. “Dice davvero?”

 

“Si, tesoro.” Fece contenta Hermione. “E intanto fino a sabato resterai qui con noi, va bene?”

 

Jack schizzò in piedi, con un sorriso enorme sulla faccia. “Amelia resta a casa nostra tutti questi giorni?”

 

“Posso davvero?” chiese la bambina, ugualmente emozionata e sorridente.

 

“Certo che sì!” Hermione rise felicemente quando Amelia le buttò le braccia al collo, e l’abbracciò forte a sua volta. A due centimetri di distanza Jack stava saltellando per tutta la stanza tra le varie esclamazioni di gioia, e anche Simon stava facendo del suo meglio per manifestare la sua contentezza.

 

“Bisogna festeggiare!” esclamò sorridendo Ron, battendo le mani. “Chi vuole andare a mangiare a Hogsmeade stasera?”

 

Tutti e tre i bambini strillarono “Io” quasi contemporaneamente. “Andate a prendere le giacche, forza!” li incitò Hermione, e subito loro corsero fuori, scendendo rumorosamente le scalette.

 

Hermione sorrise a Ron e gli diede un piccolo bacio mentre lui, ugualmente rilassato e soddisfatto,  le passava un braccio attorno ai fianchi. Non si attardarono oltre, non avrebbero potuto… Jack, Amelia e Simon stavano strillando “Pizza” come degli ossessi dal piano inferiore.

 

 

***************

 

 

“…non ho sonno…” mormorò Simon tra uno sbadiglio e l’altro, mentre stava praticamente sdraiato sulla spalla del padre, con un braccio penzoloni e gli occhi socchiusi.

 

“Certo, però noi andiamo a letto lo stesso, che domani c’è scuola. Gli disse tranquillamente Ron, mentre risaliva le scalette seguito da Hermione, Amelia e Jack, tutti in pigiama data l’ora tarda.

 

“Mi raccomando, Amelia, noi siamo nella stanza in fondo al corridoio. Disse piano Hermione quando si furono fermati tutti davanti alla stanza dei bambini. “Se hai bisogno di qualcosa, vieni pure a chiamarci.

 

Amelia annuì. “Va bene, signora Weasley, grazie tante.”

 

“Buonanotte, tesoro.” Hermione baciò prima lei e poi Jack. “Fate sogni d’oro.”

 

“Jack, ricordatevi che domani c’è scuola…” fece Ron, con un piccolo sorrisetto. “…perciò cercate di addormentarvi subito, co ci vorranno le cannonate per svegliarvi.

 

Jack si spettinò i capelli con un paio di manate. “Siamo brave persone noi.” Ron e Hermione sorrisero.

 

“Voglio che Amelia mi dà il bacio della buonanotte. Mormorò Simon, che era più addormentato che sveglio.

 

Che pannolone.” Borbottò Jack.

 

Ron si piegò in avanti, sorreggendo il figlio, e lasciò che Amelia si sollevasse sulle punte dei piedi per stampargli un bacio schioccoso sulla guancia.

 

“Buonanotte, Simon.”

 

“Buonanotte.” Rispose il padre per lui, rimettendosi dritto e avviandosi verso la stanza da letto.

 

“…papà…” brontolò Simon, con la voce impastata. “…voglio dormire con Amelia che è bella…”

 

Senza starci troppo a pensare, Jack afferrò la sua amica per un braccio e dopo aver salutato rapidamente i genitori, entrò nella sua stanza e si chiuse la porta alle spalle. “Scusa tanto, mio fratello è proprio un rompiscatole.

 

Invece è dolcissimo, mi piace un sacco.” Amelia saltellò fino al suo letto – quello di Simon – e si sistemò meglio il pigiama prima di sedersi sul materasso.

 

Jack si sdraiò nel suo letto e spense la luce centrale, lasciando accesa solo la lucetta sul comodino. “Beh, buonanotte allora.”

 

“Buonanotte.”

 

Passò qualche minuto di silenzio, e Jack provò a chiudere gli occhi…ma il sonno sembrava lontano anni luce.

 

“Dormi già?”

 

“No, e tu?”

 

“Per niente, io non ho sonno.”

 

Jack sentì dei piccoli rumori di passetti…e un attimo dopo si sentì spostare di fianco da un altro corpo…Amelia si era infilata nel suo letto, rubandogli metà dello spazio e del piumone…ma non era fastidioso, però. No, per niente.

 

“Ti dispiace se mi metto qua? Se resto nel letto di tuo fratello e parliamo, subito ci sentono. Gli sussurrò la bambina.

 

Jack scosse la testa e le fece più spazio. “Per niente, rimani così…stai comoda?”

 

Lei annuì. “La sai una cosa?”

 

Cosa?”

 

“E’ la prima volta che ho un amico…è divertente avere un amico.

 

Jack fece un sorrisetto, ma parlò anche lui a bassa voce. “E’ la prima volta che dormo nel letto con una femmina. Dicendo così voltò leggermente la faccia. “Com’è che non ti fai le trecce per andare al letto?”

 

Amelia fece una smorfia. “Mai amate. Fanno sembrare tutte bambolotte…io non sono una bambolotta.

 

Jack fece un sorriso orgoglioso. “Sei una femmina divertente quanto un maschio.

 

Amelia rise piano. “Anche tu sei un amico divertente…soprattutto quando perdi alla lotta dei vascelli.

 

“Hai vinto per un soffio, sai? Domani ti stendo.”

 

“Non penso che tua mamma ci fa giocare di nuovo…”

 

“E allora domani mattina ti stendo a cuscinate.

 

Amelia fece un sorrisino furbo. “Nessuno è meglio di me a cuscinate.”

 

Jack rise e si strofinò le mani. “Ti faccio vedere io che campione che sono.”

 

Ce l’hai una bicicletta in più? Ti faccio vedere che sono più veloce di te.

 

Jack si mise su un fianco, l’emozione se lo stava mangiando vivo. La sua nuova amica era sempre più fantastica ogni secondo che passava. “Se siamo fortunati, domani sera papà torna prima dal lavoro e gli chiediamo se ci porta sulla sua scopa.

 

Amelia spalancò gli occhi, che le brillarono per la gioia. “Uh, si!”

 

Jack annuì. “Vedrai che forza volare. Io e mio fratello lo facciamo ogni tanto, con papà e zio Harry…è fortissimo, lo devi provare. Ti piacerà sicuramente.”

 

Amelia fissò il soffitto con un sorriso sulle labbra. “Però, che forza avere degli amici…” guardò Jack sorridendo, e gli porse il mignolo. “Jack, vogliamo fare un patto? Vogliamo essere amici fino a quando non diventiamo grandi? Ma amici amici, però…amici per vero.”

 

“Affare fatto.” Jack intrecciò il mignolo con quello della sua amica. “Amici amici.”

 

Amelia sorrise largamente e si scansò i capelli dalla faccia. “Sai che cosa? Io non ho proprio sonno…”

 

“Nemmeno io.”

 

“Ho un’idea: ci vogliamo raccontare le storie di paura?”

 

Jack spalancò gli occhi, incredulo. “Ti piacciono le storie di paura?” lei annuì, e lui fece un sorrisone di cuore. “Wow, forte…dai, chi comincia?”

 

“Io.” Fece subito Amelia, grattandosi il naso. “Ne conosco una su un vampiro che è terribile…però non ti mettere a urlare, eh?”

 

“Io non ho paura di niente.” Fece fiero Jack, appoggiando la testa su un gomito e guardandola in faccia. “Vai, racconta.”

 

 

 

 

 

La mattina seguente Ron non si sorprese affatto di trovare Jack e Amelia nello stesso letto, profondamente addormentati come due che non prendevano sonno da mesi… né si sorprese di notare che non davano cenno di volersi alzare, visto che con molta probabilità erano rimasti svegli fino a qualche ora prima… li aveva osservati per tutta la sera prima, quei due, e aveva avuto l’impressione che sarebbe nata proprio una gran bella amicizia fra loro…sesto senso paterno? Chi poteva saperlo… comunque davanti a lui aveva la prova che, come tutte le belle storie, anche questa aveva appena avuto il suo inizio.

 

C’era una volta…

 

 

** the end **

 

 

…si, indovinato, mi mancava la mia saga…^^ e beh! Seguire la freccia, prego! ^_- Baci baci!

 

 |

 |

 |

 |

 |

 |

 |

 |

 |

V

  
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Sunny