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Chap n. ŚŹ
“Dai, sbrigati! Mamma come sei lento!
Di qua, presto!”
Ma ieri sera non era distrutta?!
Dove la troverŕ mai la forza questa specie mezza cartuccia?!
“Silvia
non tirare cosě! Ti sono dietro!”
“Scherzi?!
Sembri una lumaca! Dai! Dai!”
Silvia saltella tutta contenta, dinnanzi l’entrata dell’Acquafan. Riccione.
Il Deejay Day, sole e tanto
divertimento, sono lě che li aspettano.
E’ troppo carina, con i suoi short militari a palloncino e quel
berretto nero di strass.
Gli occhialoni grandi anni cinquanta le
coprono il viso, ma un sorriso di porcellana l’illumina di immenso. E se la merita proprio una poesia,
pensa.
“Silvia!
Finalmente siete arrivati!”
Un tizio mingherlino, li aspetta all’entrata.
Le sorride da lontano, alzando una mano per essere riconosciuto, ma
sarebbe pressoché impossibile il contrario, visto le troppe lampade che
si č fatto per arrivare a maggio con quel colorito acceso. Claudio ride,
pensando alla brutta finaccia che fanno alcuni suoi coetanei per camuffare
l’etŕ e per ostentare ancora quella freschezza e
spontaneitŕ, che solo a ventenni puň risultare vera. Non
impostata.
Poi ci pensa, si da una veloce occhiata nello
specchio di una vetrata, sistema di fretta i capelli e si ritrova a sorridere
di nuovo.
“Tommy! Tu non puoi capire che delirio c’č in
giro!”
“Sě,
lo vedo, lo vedo…”E il tipo si gira verso due biondine, che ridendo
fra loro, si avviano verso le piscine”E’ pieno di gnocche!”
“Nooo! Io non vi reggo eh, non cominciamo per
piacere!” E gli tira un pugno sulla spalla. Secco e preciso. Claudio, ride
ancora. Stavolta soddisfatto.”Vedi come si rubano i soldi allo Stato,
Claudio?! Questo tipo vuole farmi credere che siamo
qui per lavorare…”
I due ridono, quel tanto che basta a sciogliere le prime occhiate
ingessate, per fare le presentazioni. Tommaso č uno dei superiori di
Silvia, accanto a loro c’č Flavio il fotoreporter del giornale; un
tipo silenzioso, circondato dalla sua aurea di fumo, di una Lucky
Strike sul finire.
“Vedi
perché l’ho scelta?! Ci riporta sempre
alla realtŕ! Ah proposito questi sono i vostri pass. Silvia tu sai
quello che devi fare.”
“Perfetto
capo. Intanto, prendi questo.” Silvia allunga una cartellina gialla a Tommaso,
che curioso la scarta. “E’ una piccola bozza iniziale del lavoro. Ieri sera ho
fatto un giro in cittŕ e raccolto qualche idee su questa giornata.”
“Ottimo
direi. Allora lo sai anche tu che non siamo qui solo per lavorare…”
rimette
i fogli in busta e le porge una mano sulla spalla”Sei sempre stata una delle
migliori. Non mi hai mai deluso, brava!”
“Mai!”
Silvia ride soddisfatta.
Il suo posto, č suo. Le spetta di diritto.
Nessuno le ha mai regalato niente. Nessuno gli ha concesso sconti.
Proroghe.
Niente. Nada.
Si č fatta da sola, con la volontŕ di una ragazza
cresciuta da zero, ma con la passione per la penna, il sociale e la
comunicazione.
Prende in consegna i suoi pass, stringe per mano Claudio ed entra
finalmente soddisfatta.
“Brava,
se continui cosě, avrai la promozione…”
“Figurati!
Per cosě poco?! A me basta rimanere
nell’Olimpo Claudio, vivere una vita degnamente con i miei piccoli lussi
e vizi e continuare a fare ciň che amo. Tutto qua!”
“Perché
dovresti accontentarti?! Puoi pretendere il meglio.
Adesso lo posso dire no?! Ti conosco un pň.’”
Silvia ride.
Sembrano passati anni, da quella loro chiacchierata, in macchina di
lui.
Da quella festa.
Da quelle prime corse. Da Ponte Milvio.
Da lei. Che non voleva pensare ad uomo se non come un contorno nella
vita di tutti i giorni.
Da quelle lacrime silenziose fuori ad una terrazza. Al buio. Sotto alla
luce della luna. Con il sole o con il vento.
Eppure, č passato pochissimo tempo da allora.
Ma piů niente č come č stato.
Tutto cresce. Tutto passa. Tutto evolve. Meglio o peggio č solo
il tempo a dirlo.
Il benedetto tempo. Amico o traditore.
“Io
non mi accontento. Io voglio sempre di piů. Ma con calma, prenderlo e
colpire quando č veramente mio.”
“E
se ti proponessero di andare a lavorare altrove?!”
“Ci
penserei solo a conti fatti. Perché?!”
“No…
niente pensavo. Cosě!”
“Tu
ami il tuo lavoro Claudio?!”
“Mi
piace parecchio.”
“Lavoreresti
altrove?!”
Ci pensa un po’, poi si morde un labbro e risponde “Solo a conti
fatti.”
Risponde sincero, e con estrema sinceritŕ e bellezza si guardano
intensamente, figli di epoche lontane fra di loro, ma
pragmatici ora, nello stesso tempo.
Silvia accomoda il suo asciugamano sulla sdraio,
si sfila gli occhiali da sole e con la mano libera scioglie i capelli.
“Andiamo
a fare il bagno?!”
Non gli lascia il tempo di rispondere, piano si sfila i vestiti, in
modo cosě grazioso da fargli sussultare il cuore. Piccola e candida
proprio come se la immaginava.
Con le gambe flessuose e lisci di pesca, la pancina arrotondata ma compatta, le spalle larghe.E quel costume che le sta alla perfezione.
Che non tira, che la fascia e la slega allo stesso tempo.
E’ bella da ogni prospettiva la si
guardi. Ed ora lo prende per mano, lo conduce con se. Piccola, dolce, sensuale
nella sua camminata spavalda e sicura.
E’ un felino. E lo sa. Questo, sě questo lo fa impazzire.
“Vuoi
farmi buttare giů da questo coso?! No! Non se
ne parla!”
“Infatti non se ne parla! Si fa e basta! Dai non fare il
pappamolle… il solito quarantenne calcolato. Uff!!”
“Ma
se mi butto da lassů… tu poi me lo dai un bacio?!”
“Facciamo
cosě…”Gli si avvicina maliziosamente e lo bacia con
passione, strusciandosi addosso come una gattina”Te ne do uno adesso e cento
dopo!”
Le persone dietro loro borbottano un
po’, al che Silvia, senza dire niente, da una spinta a Claudio e lo fa
scivolare giů dallo scivolo.
A sua insaputa. Preso alle spalle. Allo stomaco, in subbuglio, che
pulsa adrenalina allo stato puro. Come lei, nella sua vita.
E ritorna ragazzino. Con la sua scommessa vinta. E cento baci da
ricevere.
Giocare nell’acqua, baciarsi appoggiati al bordo di quella
piscina affollata.
Con passione. Senza ritegno. Senza freni. Senza mondo intorno che li
possa disturbare.
E lei giocosa. Vivace. Pazza. Speciale.
E quanti di questi aggettivi ancora vorrebbe incollarle addosso, ma se
che se continuerebbe dovrebbe solo ammettere che non puň piů fare
a meno di lei.
Della sua folle allegria.
Della sua assurda voglia di tenerla fra le braccia ore ed ore.
E non chiamarlo amore. Sarebbe un peccato.
Ma amore non č. Allora cos’č?!
Cos’č questo laccio al cuore?!
Cos’č questa frenesia che sale dallo stomaco?!
Amore, no. Non chiamiamolo amore.
awawawa
“Ehi!
Finalmente ti sei svegliato!”
“Silvia,
ciao! Dove vai?!”
“Ho
un intervista con lo staff della radio, lě a
bordo piscina! Resta pure qui se vuoi, ti raggiungo fra un po’.”
E
va via cosě. Fasciata in un pareo color turchese.
Resta
a guardarla, finchč non sparisce.
Poi
si alza. Si guarda intorno. Confuso.
Da
tutti quei baci, quelle carezze proibite dietro le cabine. Come faceva da
ragazzino, al solito stabilimento di una vita sul lungomare di Ostia.
Si
domanda se č stato un sogno.
Ma
il suo sapore lo sente ancora impresso sulle sue labbra.
E
le mani che cercavano l’impossibile, le sente ancora piene di lei.
E’
stato folle. Ora se lo ricorda bene. Non ha sognato.
Lei
scatenata. I suoi baci irruenti. Accalorato desiderio. Fuoco intenso.
E
lui in balia di quel vento forte, di quel fermento furioso, violento.
Un
brivido freddo lungo la schiena; guardarla in lontananza e volere ancora cento
baci tutti per se.
Non
puň staccarle gli occhi da dosso, la vede ridere, piegarsi, agitarsi,
gesticolare in quel modo cosě infantile, eppure cosě adorabile,
che solo lei ha.
E
salta in braccio ad un ragazzo passato di lŕ. Ed io resto a guardare.
Colpito. E’ un amico penso.
Saluta
una bionda un po’ troppo tinta che le č affianco, e i due
spariscono nella bolgia umana.
Avevo
ragione. Sospiro. Sospiro?! Ma che mi prende?! Ancora
questo antipatico bruciore allo stomaco…
Chissŕ
se mi abituerň mai a lei. A questo suo modo di fare.
Abitudine.
Dovrei
chiedermi se davvero voglio abituarmi a lei.
Mi
piace. Da impazzire.
E
confondo me stesso ogni giorno di piů, ma lei
con il suo turbinio mi sta trascinando forte verso qualcosa di ignoto, che
cambia aspetto, colore e dimensione, alla velocitŕ della luce.
awaawa
Questi
due sono troppo forti.
Mai
fatta in vita mia un’intervista piů pazza!
Sto
proprio bene qui. Sono serena, a posto, non so come spiegare questo mio senso
positivo.
Sarŕ
il buon cibo, la bella gente. L’estate alle porte.
O
forse, solo Claudio. Claudio?!
Alle
volte, si puň cambiare il cielo, ma non si cambia l’umore che ci
portiamo dietro.
Questa
frase mi č sempre piaciuta. E chissŕ com’č ci penso
proprio ora, che di umori ne ho vestiti a mille, da quando
sono qui.
Claudio
mi sta regalando la sua spensieratezza. Il suo tempo. E’ giusto che
contraccambi.
Sto
bene santo Cielo! Posso gridarlo forte e scoppiare in un boato immenso!
Ma
tutto questo conduce da una sola parte cara Silvia, ed ora, non puoi certo
piů tirarti indietro.
Innegabili
sentieri sta tracciando il tuo cuore, ti invita a percorrere strade sterrate
abbandonate da tempo in quantificabile ormai; che fai, ci stai?!
E’
tutto da scrivere piccola Silvia e la penna l’hai solo tu.
Apri
il tuo cuore. Lo senti, vibra nel petto. Salta di gioia.
E
senti le ragioni. Le ragioni del cuore. Che fai, CI STAI?!
Ti
raggiungo subito, gli sibila da lontano. Lui sorride. Poi si infila la mano nel
pareo, lŕ dove tiene legato il suo cellulare, fissa lo schermo e
risponde alla suoneria impazzita.
“Paola,
sto lavorando…”
“Ah!
Buonasera eh! Felice di sentirti anche io…”
“Fai
la sarcastica?!”
“No
la realista. Dai, dove sei a far danni?! Come stai?!”
“Stavo
lavorando, te l’ho detto!”
“Sul
quarantenne?! O sul D-Day?!”
“Ah-ah. Simpatica…”
“No,
non dirmelo; ancora non te lo sei lavorato?! Il
quarantenne ovvio…io ti uccido!”
“Bah…
qualcosina… ma non voglio dirti di piů!
C’č un casino di gente intorno…”
“Ah
ma sai quanto glie ne frega a loro delle porcate di
Silvia Grazioso?! Dai spara! Non fare la stronza!”
“Top
secret. Non mi ripeto!”
“Ma
allora sei proprio stronza!”
“Eh…
che novita!”
“Bastarda
dentro la ragazza… comunque, come stai?! Tutto
bene?! Lui com’č?!
Come ti ci trovi?!”
“Ma
cos’č?! Un terzo grado?!”
“Piů
o meno. Allora?!”
“Con
lui sto bene, non so dirti perché, ma sto veramente bene. A
meraviglia.”
“Bene,
sono felice.”
“Parliamo
di te. Piuttosto. Perché tutte queste domande?! Che cosa č
successo Paolč?!”
“A
me?! A me niente.”
“A
chi č successo cosa, allora?!”
“Ma
che vai a pensare Silvia! Volevo solo sapere come stavi. Sei sparita da che sei
lŕ. No si fa cosě eh!”
“Non
ti conoscessi Paola… me la berrei pure sta’ stronzata, ma vabbč mettiamo il caso ci creda, quando torno mi
racconti tutto eh.”
“Tu
non pensare a me. Pensa a portare la coppa a casa, piuttosto…”
“Paola sei incorreggibile! Ti lascio dai, stavo finendo
l’intervista.”
“Che
invidia! Vorrei essere lě!”
“Eh
non ci pensare. Di coppe ne hai tante sul comodino…”
“Giusto.
Ma sai una rispolveratina…”
“Paola
sto attaccando…”
“Un bacio bionda! Mi raccomando!”
“Bacio
a te. Ciao ciao…”
awawawa
Paola
resta cosě, perplessa. Appesa ad un filo con un grande fardello nel
cuore.
Non
le ha detto niente. Non ne ha avuto il coraggio.
Per
tutte le volte che l’ha vista piangere. Per tutte le volte che l’ha
vista rabbuiarsi e farsi sempre piů piccola, dietro a quintali di gelato
al cioccolato che non finivano mai e le sigarette che tiravano via come
ciliegie.
Ora,
la sente felice. Serena, almeno. Non vuole essere il suo boia. Proprio non se
la sente.
E
ci pensa su, mentre si abbandona sul sofŕ.
Lascia
scivolare le braccia lungo il corpo e il telefono sul tavolo ai suoi piedi;
fissa il vuoto con aria preoccupata e colpevole. Pensa a Silvia.
Eh
no Mattč, stavolta te
la vedi da solo. Io non scrivo destini a nessuno.
Proprio
mentre decide di abbandonare i pensieri il suo cellulare squilla nella penombra
della stanza, riportandola alla realtŕ.
“Pronto?!”
“Sě,
parlo con Paola vero?!”
“Sě.
Con chi ho il piacere di parlare io…?!”
“Sono
Sandro, Paola. Il tipo della festa. Ricordi?!”
Le
iridi verdi di Paola, si allargano come fanali.
“Cazzo, sě! Ehm… volevo dire sě,
benissimo! Caro! Qual buon vento ti porta qui…”
Parla
ridendo. Di quella voce buffa.
Si
guarda allo specchio, mentre si arricciola un boccolo mimando smorfie a non
finire.
Sě.
Sě. Parla bello mio. Parla quanto vuoi.
Ma
sě, che occhi belli che ho. Sě, sono simpatica lo so.
Toh!
Lo so da me di avere un fisico mozzafiato. Tutte curve, come il gran premio,
sě- sě.
Quarantenne, ma scontato eh?! Guarda che non devi faticare
tanto. A che serve tanta fatica, sudare per ottenerla.
Io sono libera cocco. Libera da ogni pregiudizio. E anche da ogni sorta di
vestito!
Stasera
ti distruggo quarantenne. Ti disintegro.
E
passa ancora distratta di fonte allo specchio e non la smette di ridere al
pensiero della prossima preda da scuoiare.