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Autore: controcorrente    30/11/2012    4 recensioni
"Una volta ho letto la favola della Canna e della Quercia, madame. La Quercia si faceva beffe della Canna accusandola di debolezza, perché quest'ultima non possedeva la stessa corteccia ruvida, né il tronco imponente. Quando però una forte tempesta si abbatté su di loro, la Quercia, dopo aver fatto resistenza alla forza del vento, fu abbattuta mentre la Canna, per quanto violente fossero le raffiche, si piegava senza mai spezzarsi. Mi è sempre piaciuta quella storia e sapete perché? Perché anche la pianta più debole all'apparenza, può resistere alle difficoltà più insopportabili, se mantiene la flessibilità. Per questo motivo, non credo che siate una persona priva di temperamento. Non conosco molto di voi ma so che avete un buon carattere e se siete riuscita a mantenerlo in questo modo malgrado tutto, allora dovete sicuramente avere una qualche forza che vi ha permesso di conservarvi in questo modo." Questa è una nuova storia nella quale trovere una protagonista un po'insolita ma che secondo me merita attenzione. Auguro a chi volesse darci un'occhiata, buona lettura.
STORIA CONCLUSA
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Madri, famiglie e vicende varie'
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Benvenuti a questo nuovo appuntamento della storia.

Non so davvero come ringraziarvi per avermi seguita sinora. Nel precedente capitolo, Bernard è tornato a Parigi e sta cercando agganci per aiutare Oscar nel suo progetto. Vedremo un po'come andrà a finire la cosa. Grazie a tutti.

 

PASSEGGIANDO

 

 

 

Bernard passeggiava lungo le vie, guardandosi attorno.

La città non sembrava essere cambiata molto. Ovunque si voltasse, c'erano negozi e palazzi della nobiltà cittadina o della ricca borghesia. Il giornalista osservava tutto, annotando nella propria mente le cose che vedeva.

Si aggirava per le vie, muovendosi e schivando i passanti. Lo sguardo cadeva su tutte quelle cose, preda della sua incorruttibile volontà di sapere. Saint Just si era appena congedato ed ora che era completamente solo poteva permettersi di riflettere sul da farsi.

Sapeva benissimo che suo cugino non era molto raccomandabile.

Era un uomo dal coltello facile...come dimostravano i numerosi nobili che aveva ucciso, per spianare la strada a Robespierre.

L'unica cosa su cui davvero poteva fare affidamento era che la richiesta che gli aveva fatto era assolutamente esterna alle manovre politiche di Maximilien. Non gli avrebbe mai creato problemi e, all'occorrenza, era pronto a levare le tende in qualsiasi momento.

Camminò ancora, fino a quando non raggiunse l'edificio indicatogli dall'uomo.

Bernard alzò la testa...e quello che vide lo sorprese non poco.

Si trattava dell'ambasciata inglese.

Il giornalista si domandò la ragione di una simile destinazione tuttavia, confidando nelle indicazioni del cugino, si incamminò all'ingresso.

-Buongiorno- fece- mi chiamo Bernard Chatelet e sono stato mandato qui da Monsieur Antoine. Cerco l'ambasciatore Wilkinson.-

La guardia all'ingresso lo perquisì e, solo dopo aver preso tutte le armi che l'uomo teneva con sé, una precauzione per difendersi dalle insidie del viaggio, lo lasciò andare.

Bernard lo ringraziò con un'occhiata ma l'altro non vi badò.

Se ne tornò nuovamente nella sua posizione di guardia con quella baldanza così tipicamente inglese che al giornalista proprio non andava giù.

Di getto, strinse le labbra.

Non era il momento di litigare.

Suo cugino, riallacciando le amicizie con gli inglesi, stava sicuramente rischiando molto sul piano politico. Per questo non era sorpreso del fatto che avesse voluto riceverlo in modo così poco ufficiale. Per quanto si trattasse di qualcosa di assolutamente innocuo, era anche vero che molti avevano preso l'abitudine di associare i classici alla feudalità, in netto contrasto con i Lumi.

Prendere posizione in proposito poteva essere deleterio.

Saint Just aveva fatto anche troppo...più di quanto il cugino davvero si aspettasse.

Tanto vale provare si disse.

 

 

 

Alain si incamminò lungo il tugurio dove avevano deciso di passare la notte. Il temporale era stato piuttosto violento e, fino all'alba, non avevano fatto altro che sentire ticchettare l'acqua sul tetto.

Erin aveva dormito stringendo tra le mani le catene che aveva trovato in quella casa, nascoste nei pressi della vecchia latrina.

Il soldato aveva storto il naso.

Erano catene un po'arrugginite dal tempo...ma quello che davvero lo aveva colpito era altro. -Sono ceppi piuttosto bizzarri.- notò alla fine, non riuscendo a trattenersi.

Erin si voltò, poi tornò a fissare quei pezzi di ferro.

-Non sono comuni infatti.- rispose- Questi sono usati nelle navi inglesi per i forzati...-

-Ah- commentò il gigante- e allora?-

La donna strizze quelle catene.

- Mi sono sempre domandata per quale motivo mio padre avesse deciso di rimanere presso i miei zii, pur sapendo che erano dei pezzi da forca.- disse- Da quando ero giunta sull'isola, non ha fatto altro che dirmi che lo faceva per mia madre...ma io non ho mai creduto ad una singola parola di quello che ha detto. Ora so il perché...e non ho più bisogno di risposte.-

 

 

Eamonn O'Neal stava fissando tranquillo l'orizzonte.

Il sole stava scendendo dolcemente, nel naturale declino che seguiva lo zenit. I capelli neri, spettinati dal vento, schiaffeggiavano leggeri il suo viso, accompagnando il ritmo triste dei ricordi. Pensava alla sua amata Anjelique e alla loro storia, durata nemmeno un anno e culminata nel sangue.

Pensava alla bambina che, preda del ricatto, aveva abbandonato a sé stessa...e malgrado tutto, era sereno. Aveva fatto molti errori in passato e doveva ammettere, sia pure con una certa vergogna che, ormai, le cose non dipendevano più da lui. Erin lo aveva rifiutato, nella maniera più violenta possibile e non c'era niente che potesse fare.

-Buongiorno Monsieur O'Neal!- salutò André, vedendolo lì - sempre a guardare il mare?-

Il dottore gli rivolse un sorriso serafico.

-Certo!- fece.

Grandier lo guardò per qualche momento. Erano passati dei mesi, da quando Erin se ne era andata e da allora, il medico non aveva fatto altro che passare il suo tempo a fissare l'orizzonte.

-Sentite la mancanza?- domandò.

Eamonn annuì, senza aggiungere altro.

- Una volta mi trovai costretto ad amputare una gamba ad un mio amico. Grazie all'aiuto di alcuni compagni, riuscii nell'operazione, salvandogli la vita. Per tutto il tempo in cui lo vegliai, mentre riposava a letto, sfinito dal dolore, mi sono chiesto che cosa avesse provato. Ora lo so e non lo biasimo.- disse, mesto- Perdere Erin di nuovo è stato come perdere una gamba.-

Grandier si mise a sedere accanto. Rispetto al medico, pareva un fuscello, tanto la sagoma del dottore era imponente. - Sapete- cominciò- ho amato mia moglie per trent'anni, anche quando era quasi impossibile per me averla al mio fianco come adesso...e non mi sono arreso. Avrei potuto farlo, dimenticarla...ma allora non sarei più stato io. Ho scelto di non farlo e ciò che ho ottenuto è stata la felicità più piena. Anche voi non dovete mollare, dottore.-

Eamonn non disse niente.

Aveva avuto modo di notare che quella persona aveva una notevole forza di carattere e non poteva non apprezzarlo per questo. Persino quando aveva preso a cuore la sua salute e quella della donna che amava, non aveva potuto non essere ammaliato da quel legame tanto solido.

- Piuttosto, riguardo alla salute di Oscar...-fece, cambiando discorso.

Il medico si strinse nelle spalle. -Non dovete temere. Vostra moglie è sana come un pesce. Non ci saranno grossi problemi, ve lo garantisco.- disse tranquillo.

André tuttavia non apprezzò la sua serenità.

-Ma, la perdita di nostro figlio...-provò a dire.

Eamonn scosse il capo.

-Vostra moglie, allora, era molto stressata. Aveva mille pensieri, tra cui la vostra salute...poteva succedere. Ora però la situazione è molto diversa. D'accordo con Madame abbiamo deciso di evitare a lei ed alla signorina Chevalier ogni forma di affaticamento nervoso. Dovete rimanere tranqullo. Vostra moglie non è la prima, né l'ultima a partorire ad una simile età...anzi, forse la sua salute correrà meno rischi.- fece.

André aggrottò la fronte.

-Che intendete dire?- domandò.

Eamonn si massaggiò la fronte, tentando di scacciare un filo di tensione dalle membra. – Vedete, di solito, le partorienti sono molto più giovani di vostra moglie, alcune donne appena fatte. Il loro fisico non è perfettamente formato per una gravidanza. E’gracile e debole. Vostra moglie, data la vita dinamica che ha condotto, dovrebbe essere al riparo da questo genere di cose. –

Grandier lo guardò incerto e questo innervosì l’uomo. –PER LE BALLE DI NETTUNO!- bestemmiò- Quante volte devo dirvelo! Siete esasperante Monsieur. Vostra moglie non può passare tutti e 9 i mesi più immobile di così! Non è una forma di formaggio! Non è malata, è solo incinta! E se voi, branco di caproni, la pensate in questo modo, fareste meglio a indossare una cintura di castità, invece di ingravidare le vostre compagne! -

André sobbalzò.

L’irlandese aveva un temperamento collerico e rabbioso; Oscar gliene aveva parlato svariate volte, durante la convalescenza ma non aveva mai sperimentato una cosa del genere. Adesso capisco perché Alain e Bernard ne erano tanto intimoriti si disse.

Istintivamente alzò le mani, in segno di resa.

- Va bene, Monsieur- disse- siete un dottore e se mi assicurate che mia moglie è al sicuro, non posso che darvi ragione. Io non sono un medico...per cui mi fiderò della vostra parola.-

Eamonn sbuffò.

-Sarà meglio per voi- sbottò, fissandolo con severità.

 

 

Marie si accomodò meglio sulla sedia a dondolo. Il ventre era cresciuto un po' e la schiena cominciava a farle male.

-Anche a voi?- domandò Oscar.

La donna alzò il capo, notando l'espressione perplessa della figlia di Madame. -Un po'- disse- ma, secondo vostra madre, questo tipo di disagi sono comuni...in queste situazioni.-

Madame Grandier inarcò la fronte, come se quel genere di discorsi le fosse estraneo...e Marie si chiese che tipo di vita avesse condotto quella persona. Come poteva non conoscere quel tipo di cose? Ogni donna, dalla sguattera alla regina, aveva un minimo di nozioni in proposito. Erano saperi che si trasmettevano di madre in figlia...a quel pensiero, chinò la testa. - Non è che me ne intenda- si affrettò ad aggiungere -mia madre è morta quando sono nata e colei che mi ha cresciuto non ha avuto pensiero d'informarmi su questo genere di cose. Anche quando ho conosciuto Madame, il mio sapere era molto ridotto. Ho letto qualcosa in convento ma, come è logico, queste cose sono poco convenienti per quel tipo di vita.-

-Lo immagino- ridacchiò Oscar, sotto lo sguardo sorpreso della più giovane. -Che c'è?- chiese, notandolo.

Marie continuò a fissarla.

-Ecco- cominciò a dire- siete diversa da come pensavo. Quando vi ho vista, sembravate piuttosto rigida e distaccata...e mi ero fatta di voi l'idea che foste un qualcosa di distante e irraggiungibile. Sono contenta...di essermi sbagliata.- L'ex novizia non andò oltre.

Oscar si bloccò un momento.

Più volte, si era chiesta per quale motivo Alain avesse deciso di darsela a gambe in quella maniera. Anche quando lo avevano affrontato alla locanda, lei e André, non erano riusciti a capire la ragione della sua fuga.

Ora ho capito cosa lo ha fatto scappare pensò con un ghigno. Davvero buffo: chi se lo aspettava che il GRANDE ALAIN fosse fuggito via, per paura di una donna piccola e troppo schietta?

A quella domanda, Oscar scoppiò in una fragorosa risata, sotto lo sguardo sbigottito di Marie, del tutto ignara di quel tipo di pensieri.

 

 

-ET-CHUU!- fece Alain.

-Salute- rispose Erin.

Il soldato si strofinò il naso.

- Non sono malato!- esclamò questi.

La donna lo fissò con scetticismo.

-Allora, qualcuno sta parlando di voi- disse, senza fare una piega.

De Soisson volse il capo, piccato dalla lingua lunga della figlia del dottore. - Non dite sciocchezze- borbottò, guadagnandosi il sorriso derisorio di questa- non è possibile che la signorina Chevalier...-

Non concluse la frase, rimanendo come freddato nel momento in cui pronunciò il nome di Marie.

-Io non ho mai detto che era la mia amica- chiosò Erin- come mai ti è venuto in mente proprio lei?-

Alain assottigliò lo sguardo.

-Ah, va al diavolo!- sbottò, senza aggiungere altro.

 

 

 

Marguerite si era appisolata in giardino.

Il solicello del pomeriggio aveva creato un tepore che l'aveva fatta scivolare a tradimento nel sonno. Con lentezza si stropicciò le palpebre, tentando di scacciare gli ultimi resti del sonno.

Aveva raccontato una fiaba al piccolo Briac...a quel pensiero, sorrise. Il bambino teneva la testa appoggiata sulle ginocchia, docile preda del sonno. Quella vista commosse la dama che mai aveva potuto godere di una simile tranquillità. Se quello non era il paradiso ci andava molto vicino pensò, prima di bloccarsi di nuovo.

Accanto a lei, era disposto un mazzolino di agapanto freschi.

 

Chiedo venia per il ritardo. Ho iniziato i corsi e mi ero arenata con questa storia. Siamo ormai ai botti finali e devo sistemare diverse cose nella trama. Per Madame ho delle mezze idee ma devo sistemare gli altri. Vorrei ringraziare tutti coloro che gentilmente mi hanno letto. Ammetto di essere sorpresa. Pur essendo una delle storie più lunghe, non mi sarei mai aspettata di avere 7 preferiti, 3 ricordati e 20 seguiti...lasciate che ve lo dica: siete dei masochisti!

Spero che sia scritta bene.

Vi do appuntamento al prossimo capitolo.

 

   
 
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