Benvenuti
a questo nuovo
appuntamento della storia.
Non so davvero come
ringraziarvi per avermi seguita sinora. Nel precedente capitolo,
Bernard è
tornato a Parigi e sta cercando agganci per aiutare Oscar nel suo
progetto.
Vedremo un po'come andrà a finire la cosa. Grazie a tutti.
PASSEGGIANDO
Bernard passeggiava lungo le vie,
guardandosi attorno.
La città non sembrava
essere cambiata molto. Ovunque si voltasse,
c'erano negozi e palazzi della nobiltà cittadina o della
ricca borghesia. Il
giornalista osservava tutto, annotando nella propria mente le cose che
vedeva.
Si aggirava per le vie, muovendosi
e schivando i passanti. Lo sguardo
cadeva su tutte quelle cose, preda della sua incorruttibile
volontà di sapere.
Saint Just si era appena congedato ed ora che era completamente solo
poteva
permettersi di riflettere sul da farsi.
Sapeva benissimo che suo cugino non
era molto raccomandabile.
Era un uomo dal coltello
facile...come dimostravano i numerosi nobili
che aveva ucciso, per spianare la strada a Robespierre.
L'unica cosa su cui davvero poteva
fare affidamento era che la
richiesta che gli aveva fatto era assolutamente esterna alle manovre
politiche
di Maximilien. Non gli avrebbe mai creato problemi e, all'occorrenza,
era
pronto a levare le tende in qualsiasi momento.
Camminò ancora, fino a
quando non raggiunse l'edificio indicatogli
dall'uomo.
Bernard alzò la
testa...e quello che vide lo sorprese non poco.
Si trattava dell'ambasciata inglese.
Il giornalista si
domandò la ragione di una simile destinazione
tuttavia, confidando nelle indicazioni del cugino, si
incamminò all'ingresso.
-Buongiorno- fece- mi chiamo
Bernard Chatelet e sono stato mandato qui
da Monsieur Antoine. Cerco l'ambasciatore Wilkinson.-
La guardia all'ingresso lo
perquisì e, solo dopo aver preso tutte le
armi che l'uomo teneva con sé, una precauzione per
difendersi dalle insidie del
viaggio, lo lasciò andare.
Bernard lo ringraziò con
un'occhiata ma l'altro non vi badò.
Se ne tornò nuovamente
nella sua posizione di guardia con quella
baldanza così tipicamente inglese che al giornalista proprio
non andava giù.
Di getto, strinse le labbra.
Non era il momento di litigare.
Suo cugino, riallacciando le
amicizie con gli inglesi, stava
sicuramente rischiando molto sul piano politico. Per questo non era
sorpreso
del fatto che avesse voluto riceverlo in modo così poco
ufficiale. Per quanto
si trattasse di qualcosa di assolutamente innocuo, era anche vero che
molti
avevano preso l'abitudine di associare i classici alla
feudalità, in netto
contrasto con i Lumi.
Prendere posizione in proposito
poteva essere deleterio.
Saint Just aveva fatto anche
troppo...più di quanto il cugino davvero
si aspettasse.
Tanto vale provare si disse.
Alain si incamminò lungo
il tugurio dove avevano deciso di passare la
notte. Il temporale era stato piuttosto violento e, fino all'alba, non
avevano
fatto altro che sentire ticchettare l'acqua sul tetto.
Erin aveva dormito stringendo tra
le mani le catene che aveva trovato
in quella casa, nascoste nei pressi della vecchia latrina.
Il soldato aveva storto il naso.
Erano catene un po'arrugginite dal
tempo...ma quello che davvero lo
aveva colpito era altro. -Sono ceppi piuttosto bizzarri.-
notò alla fine, non
riuscendo a trattenersi.
Erin si voltò, poi
tornò a fissare quei pezzi di ferro.
-Non sono comuni infatti.- rispose-
Questi sono usati nelle navi
inglesi per i forzati...-
-Ah- commentò il
gigante- e allora?-
La donna strizze quelle catene.
- Mi sono sempre domandata per
quale motivo mio padre avesse deciso di
rimanere presso i miei zii, pur sapendo che erano dei pezzi da forca.-
disse-
Da quando ero giunta sull'isola, non ha fatto altro che dirmi che lo
faceva per
mia madre...ma io non ho mai creduto ad una singola parola di quello
che ha
detto. Ora so il perché...e non ho più bisogno di
risposte.-
Eamonn O'Neal stava fissando
tranquillo l'orizzonte.
Il sole stava scendendo dolcemente,
nel naturale declino che seguiva lo
zenit. I capelli neri, spettinati dal vento, schiaffeggiavano leggeri
il suo
viso, accompagnando il ritmo triste dei ricordi. Pensava alla sua amata
Anjelique e alla loro storia, durata nemmeno un anno e culminata nel
sangue.
Pensava alla bambina che, preda del
ricatto, aveva abbandonato a sé
stessa...e malgrado tutto, era sereno. Aveva fatto molti errori in
passato e
doveva ammettere, sia pure con una certa vergogna che, ormai, le cose
non
dipendevano più da lui. Erin lo aveva rifiutato, nella
maniera più violenta possibile
e non c'era niente che potesse fare.
-Buongiorno Monsieur O'Neal!-
salutò André, vedendolo lì - sempre a
guardare il mare?-
Il dottore gli rivolse un sorriso
serafico.
-Certo!- fece.
Grandier lo guardò per
qualche momento. Erano passati dei mesi, da
quando Erin se ne era andata e da allora, il medico non aveva fatto
altro che
passare il suo tempo a fissare l'orizzonte.
-Sentite la mancanza?-
domandò.
Eamonn annuì, senza
aggiungere altro.
- Una volta mi trovai costretto ad
amputare una gamba ad un mio amico.
Grazie all'aiuto di alcuni compagni, riuscii nell'operazione,
salvandogli la
vita. Per tutto il tempo in cui lo vegliai, mentre riposava a letto,
sfinito
dal dolore, mi sono chiesto che cosa avesse provato. Ora lo so e non lo
biasimo.- disse, mesto- Perdere Erin di nuovo è stato come
perdere una gamba.-
Grandier si mise a sedere accanto.
Rispetto al medico, pareva un
fuscello, tanto la sagoma del dottore era imponente. - Sapete-
cominciò- ho
amato mia moglie per trent'anni, anche quando era quasi impossibile per
me
averla al mio fianco come adesso...e non mi sono arreso. Avrei potuto
farlo,
dimenticarla...ma allora non sarei più stato io. Ho scelto
di non farlo e ciò
che ho ottenuto è stata la felicità
più piena. Anche voi non dovete mollare, dottore.-
Eamonn non disse niente.
Aveva avuto modo di notare che
quella persona aveva una notevole forza
di carattere e non poteva non apprezzarlo per questo. Persino quando
aveva
preso a cuore la sua salute e quella della donna che amava, non aveva
potuto non
essere ammaliato da quel legame tanto solido.
- Piuttosto, riguardo alla salute
di Oscar...-fece, cambiando discorso.
Il medico si strinse nelle spalle.
-Non dovete temere. Vostra moglie è
sana come un pesce. Non ci saranno grossi problemi, ve lo garantisco.-
disse
tranquillo.
André tuttavia non
apprezzò la sua serenità.
-Ma, la perdita di nostro
figlio...-provò a dire.
Eamonn scosse il capo.
-Vostra moglie, allora, era molto
stressata. Aveva mille pensieri, tra
cui la vostra salute...poteva succedere. Ora però la
situazione è molto
diversa. D'accordo con Madame abbiamo deciso di evitare a lei ed alla
signorina
Chevalier ogni forma di affaticamento nervoso. Dovete rimanere
tranqullo.
Vostra moglie non è la prima, né l'ultima a
partorire ad una simile età...anzi,
forse la sua salute correrà meno rischi.- fece.
André
aggrottò la fronte.
-Che intendete dire?-
domandò.
Eamonn si massaggiò la
fronte, tentando di scacciare un filo di
tensione dalle membra. – Vedete, di solito, le partorienti
sono molto più giovani
di vostra moglie, alcune donne appena fatte. Il loro fisico non
è perfettamente
formato per una gravidanza. E’gracile e debole. Vostra
moglie, data la vita
dinamica che ha condotto, dovrebbe essere al riparo da questo genere di
cose. –
Grandier lo guardò
incerto e questo innervosì l’uomo. –PER
LE BALLE DI
NETTUNO!- bestemmiò- Quante volte devo dirvelo! Siete
esasperante Monsieur.
Vostra moglie non può passare tutti e 9 i mesi
più immobile di così! Non è una
forma di formaggio! Non è malata, è solo incinta!
E se voi, branco di caproni,
la pensate in questo modo, fareste meglio a indossare una cintura di
castità,
invece di ingravidare le vostre compagne! -
André
sobbalzò.
L’irlandese aveva un
temperamento collerico e rabbioso; Oscar gliene
aveva parlato svariate volte, durante la convalescenza ma non aveva mai
sperimentato una cosa del genere. Adesso capisco
perché Alain e Bernard ne
erano tanto intimoriti si disse.
Istintivamente alzò le
mani, in segno di resa.
- Va bene, Monsieur- disse- siete
un dottore e se mi assicurate che mia
moglie è al sicuro, non posso che darvi ragione. Io non sono
un medico...per
cui mi fiderò della vostra parola.-
Eamonn sbuffò.
-Sarà meglio per voi-
sbottò, fissandolo con severità.
Marie si accomodò meglio
sulla sedia a dondolo. Il ventre era cresciuto
un po' e la schiena cominciava a farle male.
-Anche a voi?- domandò
Oscar.
La donna alzò il capo,
notando l'espressione perplessa della figlia di
Madame. -Un po'- disse- ma, secondo vostra madre, questo tipo di disagi
sono
comuni...in queste situazioni.-
Madame Grandier inarcò
la fronte, come se quel genere di discorsi le
fosse estraneo...e Marie si chiese che tipo di vita avesse condotto
quella
persona. Come poteva non conoscere quel tipo di cose? Ogni donna, dalla
sguattera alla regina, aveva un minimo di nozioni in proposito. Erano
saperi
che si trasmettevano di madre in figlia...a quel pensiero,
chinò la testa. -
Non è che me ne intenda- si affrettò ad
aggiungere -mia madre è morta quando
sono nata e colei che mi ha cresciuto non ha avuto pensiero
d'informarmi su
questo genere di cose. Anche quando ho conosciuto Madame, il mio sapere
era
molto ridotto. Ho letto qualcosa in convento ma, come è
logico, queste cose
sono poco convenienti per quel tipo di vita.-
-Lo immagino- ridacchiò
Oscar, sotto lo sguardo sorpreso della più
giovane. -Che c'è?- chiese, notandolo.
Marie continuò a
fissarla.
-Ecco- cominciò a dire-
siete diversa da come pensavo. Quando vi ho
vista, sembravate piuttosto rigida e distaccata...e mi ero fatta di voi
l'idea
che foste un qualcosa di distante e irraggiungibile. Sono contenta...di
essermi
sbagliata.- L'ex novizia non andò oltre.
Oscar si bloccò un
momento.
Più volte, si era
chiesta per quale motivo Alain avesse deciso di
darsela a gambe in quella maniera. Anche quando lo avevano affrontato
alla
locanda, lei e André, non erano riusciti a capire la ragione
della sua fuga.
Ora ho capito cosa
lo ha fatto scappare pensò con un ghigno.
Davvero buffo: chi se lo aspettava che il GRANDE
ALAIN fosse fuggito via, per paura di una donna piccola e troppo
schietta?
A quella domanda, Oscar
scoppiò in una fragorosa risata, sotto lo
sguardo sbigottito di Marie, del tutto ignara di quel tipo di pensieri.
-ET-CHUU!- fece Alain.
-Salute- rispose Erin.
Il soldato si strofinò
il naso.
- Non sono malato!-
esclamò questi.
La donna lo fissò con
scetticismo.
-Allora, qualcuno sta parlando di
voi- disse, senza fare una piega.
De Soisson volse il capo, piccato
dalla lingua lunga della figlia del
dottore. - Non dite sciocchezze- borbottò, guadagnandosi il
sorriso derisorio
di questa- non è possibile che la signorina Chevalier...-
Non concluse la frase, rimanendo
come freddato nel momento in cui
pronunciò il nome di Marie.
-Io non ho mai detto che era la mia
amica- chiosò Erin- come mai ti è venuto
in mente proprio lei?-
Alain assottigliò lo
sguardo.
-Ah, va al diavolo!-
sbottò, senza aggiungere altro.
Marguerite si era appisolata in
giardino.
Il solicello del pomeriggio aveva
creato un tepore che l'aveva fatta
scivolare a tradimento nel sonno. Con lentezza si stropicciò
le palpebre,
tentando di scacciare gli ultimi resti del sonno.
Aveva raccontato una fiaba al
piccolo Briac...a quel pensiero, sorrise.
Il bambino teneva la testa appoggiata sulle ginocchia, docile preda del
sonno.
Quella vista commosse la dama che mai aveva potuto godere di una simile
tranquillità. Se quello non era il paradiso ci
andava molto vicino pensò,
prima di bloccarsi di nuovo.
Accanto a lei, era disposto un
mazzolino di agapanto freschi.
Chiedo
venia per il
ritardo. Ho iniziato i corsi e mi ero arenata con questa storia. Siamo
ormai ai
botti finali e devo sistemare diverse cose nella trama. Per Madame ho
delle
mezze idee ma devo sistemare gli altri. Vorrei ringraziare tutti coloro
che
gentilmente mi hanno letto. Ammetto di essere sorpresa. Pur essendo una
delle
storie più lunghe, non mi sarei mai aspettata di avere 7
preferiti, 3 ricordati
e 20 seguiti...lasciate che ve lo dica: siete dei masochisti!
Spero
che sia scritta bene.
Vi do
appuntamento al
prossimo capitolo.