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Autore: Trottola__5    03/12/2012    9 recensioni
Provate a seguirmi un attimo: descrivetemi il vostro tributo. Chi vorreste vedere nell’arena degli Hunger Games? Sceglti i 24 tributi della 32° edizione dei giochi della fame, diventate, insieme a me, parte del mondo di Panem; scegliete il vostro ruolo: potete essere uno stratega, uno stilista, uno sponsor, oppure, un semplice spettatore che vota, dalla sua comoda casa di Capitol City, ed influenza con le sue preferenze l’andamento di quest’edizione degli Hunger Games.
Il tutto solo leggendo. Perché, si sa, noi italiani amiamo i reality!
Se vi interessa questa edizione, allora entrate e leggete: e possa sempre la fortuna essere a vostro favore!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6: Il primo giorno
 
Buon giorno, cittadini di Capitol City: i trentaduesimi stanno per iniziare e voi?
Voi siete pronti al grande gong?
 
OK.
 
Lo so, ormai i capitoli sono in ritardo stellare, ma che ci posso fare?
Come scusa, potrei dire che in questo capitolo ho racchiuso l’intera prima giornata…ma non vale.
Dire che sono stata a Madrid, per un corso, aiuta?
Potrei essermi salvata, ma spero che l’attesa sia ripagata…
D’ora in poi ogni lunedì avrete il vostro reality.
Lo giuro sulle parrucche di Effie
Quindi, ancora una volta vi chiedo scusa, UMILMENTE…purtroppo io sono una ritardataria, CRONICA.
Arrendetevi.
In fondo al capitolo avrete una FANTASTICA tabella, con i beni più comuni, da mandare.
Inoltre vorrei che tutti i mentori mi assicurassero la propria presenza: da questo capitolo inizierò a spedire messaggi privati, per informarvi della quantità di denaro, della quale i vostri bimbi dispongono, per questo , in fondo al capitolo, troverete un altro avviso importante che dovreste leggere.
Molto bene.
Leggete tutto fino alla fine, cercate la famosa frase e godetevi un po’ la paura dell’arena.

 

 
 
Limitatevi a filarvela e restate vivi!

 

 

 
“Dieci poveri negretti
Se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.
 
Nove poveri negretti
fino a notte alta vegliar:
uno cadde addormentato,
otto soli ne restar.
 
Otto poveri negretti
se ne vanno a passeggiar:
uno, ahimè, è rimasto indietro,
solo sette ne restar.
 
Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar:
un di lor s'infranse a mezzo,
e sei soli ne restar.
 
I sei poveri negretti
giocan con un alvear:
da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar.
 
Cinque poveri negretti
un giudizio han da sbrigar:
un lo ferma il tribunale
quattro soli ne restar.
 
Quattro poveri negretti
salpan verso l'alto mar:
uno il granchio se lo prende,
e tre soli ne restar.
 
I tre poveri negretti
allo zoo vollero andar:
uno l'orso ne abbrancò,
e due soli ne restò.
 
I due poveri negretti
stanno al sole per un po':
un si fuse come cera
e uno solo ne restò.
 
Solo, il povero negretto
in un bosco se ne andò:
ad un pino s'impiccò,
e nessuno ne restò." *
 
 
GONG
Che i trentaduesimi Hunger Games inizino, e possa sempre la fortuna, essere a vostro favore.
GONG

 
Sophiesi lisciò cautamente la manica della leggera felpa rossa, che costituiva, insieme ad una maglietta arancione ed ad un paio di pantaloni, dello stesso colore, la divisa dei tributi, e si guardò intorno.
Davanti a lei non c’erano cataste di oggetti, sparpagliati o lasciati alle mani dei ragazzi che  avessero avuto il coraggio di provare a prenderli.
No.
Davanti ad ogni tributo c’erano  solo  cinque  zainetti, ordinatamente posti in una fila indiana, distanziati da 8 m. ciascuno, posizionati per cromie.
Il più vicino alla pedana era giallo, poi ce ne erano uno rosso, uno blu, uno verde ed, infine, a soli otto metri dalla Cornucopia, uno zainetto marrone.
I ragazzi sembravano straniti: ognuno aveva la facile possibilità di acchiappare uno zaino, solo allungando la mano: non era una situazione comune, durante gli Hunger Games.
La struttura, posta al centro del paesaggio, era imponente: massiccia e dorata ma sembrava molto più spoglia del solito: dall’esterno si vedeva solamente un enorme forziere dorato.
Niente di più.
 
La ragazza studiò attentamente la situazione frontale, prima di concentrarsi su ciò che la circondava.
Alzò lo sguardo, intontita dall’emozione, e lo lasciò correre tra tutti i suoi avversari, cercando gli occhi decisi di Alaric e annegandovi, per un solo, unico, secondo: giusto il tempo di decidere che era meglio tornare a studiare l’Arena.
 
Strizzò gli occhi, per impedire al sole accecante di stancarli eccessivamente, e si concesse alcuni secondi per valutare il terreno di gioco.
Si trattava di un terreno piuttosto vario: il campo era nettamente diviso in quattro settori, ben delineati da corridoi sterrati, completamente incolti, che correvano ogni sei pedane.
Sophie si guardò alle spalle: dietro di lei si ergeva un bosco di conifere, mentre gli altri tre settori erano un foresta di latifoglie, una giungla e una palude.
Tirò le prime conclusioni, negli ultimi istanti che aveva a disposizione.
Si trovavano in quattro diversi boschi: acqua e cibo non avrebbero dovuto essere un problema.
 
Chiuse gli occhi e prese, rapida, le proprie decisioni: avrebbe acchiappato lo zainetto blu e poi sarebbe fuggita, verso Alaric, per ricongiungersi con Cassie e Josh.
 
Il Gong risuonò attraverso le orecchie dei tributi e il sole s’accese di una luce nuova: più potente, più accecante.
 
I veri giochi non erano ancora iniziati, non fino a quel momento, non fino a quando quel gong non aveva suonato. Perché, finche quel suono non aveva ancora raggiunto le orecchie di tutti, allora c’era ancora la speranza di tornare indietro.
Ora no.
Ora i ragazzi avevano capito: non si trovavano lì per indossare bei vestiti e mangiare.
No.
Si trovavano lì per morire e, questo, nessuno avrebbe mai potuto cambiarlo.
 
Tutti i ragazzi presero a correre, alcuni senza nemmeno sapere davvero dove andare, o cosa afferrare.
Pensando solo a scappare.
Pensando solo alla propria vita, che, da quel momento, non era più loro.
Pensando solo alla paura di morire, che li aveva raggiunti decisamente troppo presto.
 
La confusione intorno al corno dorato era esponenziale: non si vedevano né cibo né armi, ma probabilmente quegli zaini avevano in serbo qualche sorpresa, che nessuno voleva farsi scappare.
 
La ragazza del distretto 3 non perse tempo.
Saettò veloce verso la sacca blu e fece scattare in avanti il busto, cercando, allo stesso tempo, di incrociare lo sguardo del suo alleato: senza pensare che, nonostante l’assenza, sul campo di armi, molti tributi conoscevano almeno trenta  modi diversi per uccidere con un dito.
Improvvisamente sentì qualcuno afferrarle un piede e trascinarla per terra, immobilizzandole le gambe e ponendosi sopra al suo busto.
 
Hannah Malloy rise: quella ragazzina era stata davvero stupida, se pensava che  l’avrebbe lasciata andare; nella sua mente il distretto 3 avrebbe avuto presto un tributo in meno.
La favorita afferrò violentemente le orecchie di Sophie, ripiegò i lobi e premette i pollici, sulla giuntura del cranio.
Un dolore immediato colpì la giovane che si rifiutò di urlare: non si sarebbe arresa. Con una mossa repentina liberò le mani dalla morsa della rossa, agguantò la sua coda e le tirò la testa contro il terreno, scemando, in questo modo, la pressione sulle ossa e liberando le gambe. Con un colpo preciso colpì la parte esterna del polpaccio, premendo con precisione su un sensibilissimo nervo della gamba.
Il risultato fu che Hannah si piegò in avanti, rendendosi più vulnerabile e lasciando campo libero a Sophie che, prima di andarsene, scagliò una gomitata appena sotto la cassa toracica dell’avversaria, lasciandola ansimante e ferita, mentre perdeva copiosamente sangue dalla testa.
 
La ragazza del distretto 3 afferrò velocemente il suo zaino e corse verso il suo alleato, che si stava avvicinando rapidamente.
 
Alaric aveva visto la sua amica coinvolta in un combattimento, con una ragazza dai capelli fulvi, ma non capiva se fosse il tributo dell’1 o del 12.
Si limitò a correre più velocemente per raggiungerla in fretta ed aiutarla, senza curarsi del piccolo Billy che stava davanti a lui, paralizzato dalla paura, scaturita dalla visione di quell’energumeno, che si avvicinava con fare minaccioso.
Il ragazzo del 6, effettivamente, si dirigeva rapidamente verso il ragazzino.
In realtà l’aveva notato appena, non si era nemmeno posto il problema di attaccare il tredicenne, che però era già nell’ottica di dover affrontare un tributo  due o tre volte più grande di lui.
Si accovacciò per terra e fece capitombolare Alaric per terra.
L’impatto non fece bene a nessuno dei due: il più piccolo si ritrovò il piede dell’avversario involontariamente conficcato tra le costole, ma almeno ebbe il tempo di alzarsi e fuggire, mentre il più robusto si ritrovò per terra, con una lieve contusione al naso,  ma soprattutto, con la paura nel cuore: quel volo gli aveva fatto perdere secondi preziosi, necessari a salvare la sua alleata.
 
Capì in un secondo che la ragazza se la sapeva cavare da sola.
Appena le fu accanto, senza nemmeno fermare la sua corsa, venne affiancato da Sophie. Tra i due fu sufficiente un’ occhiata, per capire che tutto era a posto: quello che importava in quel momento era scappare, piuttosto in fretta, per capire cosa avessero  in mente gli strateghi: i due puntarono dritti verso le conifere, il posto ideale  per nascondersi agli occhi di cacciatori, umani e non.
 
Alla Cornucopia, intanto, lo sconcerto dilagava.
 
Duncanera partito di corsa, dopo aver puntato uno zainetto verde.
Percorse in pochi secondi tutti i metri che lo dividevano dal suo obbiettivo, senza badare ai due tributi che lo stavano affiancando.
Anya, distretto 5 e Serah, distretto 6, avevano deciso di percorrere la stessa strada del ragazzo: tutti e tre stavano, chiaramente, tentando di arrivare allo stesso zaino, ma Duncan non poteva ammettere rivali.
Quella macchia verde era la sua preda: nessuno l’avrebbe toccata.
Valutò rapidamente e decise che tra le due: la piccola dodicenne spaurita e la ragazza con i capelli rosa, la più pericolosa era la seconda, la ragazza del distretto 5.
Si spostò verso di lei, senza mai diminuire la velocità, e iniziò a spingerla, con le sue spalle possenti, in modo da farle mancare l’equilibrio.
La ragazza reagiva bene; nonostante la pressione che sentiva, non rinunciava a correre: era una sfida tra loro due, quella bambina non avrebbe potuto mantenere un ritmo di corsa, così pesante, ancora a lungo, dunque non era necessario occuparsene: la fatica l’avrebbe fermata prima di un pugno.
Duncan e Anya dovevano averci pensato nello stesso momento perché, simultaneamente, si erano trovati ad aumentare la forza di spinta.
Improvvisamente la ragazza allungò la falcata, riuscendo, così, a schivare uno scossone piuttosto potente, ma perdendo immediatamente il pochi centimetri di vantaggio che aveva conquistato.
I due stavano ancora lottando, quando si accorsero che la dodicenne, piccola e leggera, li aveva già distanziati di un metro.
Come era possibile?
Duncan aumentò la velocità e si lanciò, con l’unico obbiettivo di afferrare uno dei piedi della piccola.
Si slanciò, agguantò il suo obbiettivo e tirò a sé la gamba del giovane tributo, con una forza tale, che gli sembrò di averla strappata via dal corpo della piccola Serah.
Servì un istante, ai tre ragazzi per capire cosa fosse successo.
Anya era fissa, in piedi, sull’erba, incapace di distogliere lo sguardo dalla macabra scena che si parava davanti ai suoi occhi: Duncan era riverso sul terreno  con gli occhi sbarrati e la mano serrata intorno alla sottile caviglia, qualche passo più in avanti, la ragazzina del distretto 6, giaceva a terra: il dolce volto, pietrificato dal terrore e lo sguardo capace solo di vedere la sua gamba nelle mani dell’avversario.
 
Serah chiuse gli occhi, pronta a sentire il sangue uscire copioso dalla ferita, pronta ad affrontare il dissanguamento, pronta al dolore lancinante e rassegnata alla propria fine.
Chiuse gli occhi, ma non accadde.
Non accadde niente, di ciò che si aspettava: niente sangue, niente dolore, niente morte.
Solo un BIP BIP ripetuto quattro volte e un groviglio di cavi che, in meno di mezzo minuto, andarono a ricostituire l’arto mancante.
Con una lucidità che non le apparteneva la dodicenne si rialzò, arraffò lo zaino e riprese a correre verso Talissa, che stava arrivando dal lato opposto della Cornucopia.
 
Anche la ragazzina del distretto 2 aveva dovuto affrontare da subito un tributo, fisicamente più grosso di lei, ma lo scontro non era stato epico o sanguinoso. Semplicemente lei ed Allison, la ragazza del 10,  si erano incrociate e, forse più per la paura di essere attaccate, che per la voglia di lottare, avevano iniziato a  sferrare calci e pugni.
Allison pensava che sarebbe stato  più facile battere quella dodicenne, ma si era dimenticata che, teoricamente, avrebbe potuto essere un favorito: aveva già iniziato ad allenarsi e non era, davvero, una sprovveduta. .
Tuttavia nessuna delle due smaniava all’idea di uccidere qualcuno, soprattutto a mani nude, quindi furono entrambe libere di correre dai rispettivi alleati.
 
Talissa aveva già individuato Serah per questo non perse tempo a fare il complicato giro della Cornucopia, ma si limitò a correre verso la piattaforma dell’amica.
Le due bambine si incrociarono e si diressero verso la palude, la zona più vicina, senza mai smettere di correre: non era ancora il momento di fermarsi a riposare, si erano accordate sulla necessità di tenersi in movimento, finche il sole non fosse calato, per cercare un nascondiglio.
 
Intanto Duncan, dopo aver agitato in aria compulsivamente la gamba della ragazzina ed averla scagliata con forza sul prato, si era rimesso in piedi e aveva afferrato l’unico zaino che si era trovato vicino: una sacca rossa che doveva essere rotolata lì, per caso.
Aveva perso di vista Scott, oltre ad aver perso il suo zaino verde.
Cercò con lo sguardo il suo alleato e lo individuò, piuttosto occupato in un violento corpo a corpo, con Kevrie, tributo del distretto 5.
 
I due si erano scontarti a pochi metri dall’imboccatura della Cornucopia  e nessuno dei due era disposto a far passare l’altro.
In quel momento Kevrie aveva immobilizzato Scott, che ora si trovava in seria difficoltà.
Duncan non esitò a correre dall’amico, per aiutarlo: velocemente liberò il tributo dalla stretta dell’avversario e ricominciarono a lottare.
Era evidente la disparità dell’incontro e Anya non sembrò apprezzarlo.
Studiò per un attimo la situazione del suo compagno, Kevrie, e decise che, chiaramente, non sarebbe riuscita, da sola, a vincere contro i due ragazzi.
Improvvisamente le tornò alla testa la presenza della gamba meccanica.
Non era un’arma vera e propria, ma come mazza, o bastone, avrebbe potuto funzionare tranquillamente.
Forte del vantaggio, che l’effetto sorpresa riserva sempre sugli avversari, la ragazza attaccò Scott alle spalle colpendolo violentemente all’altezza del collo, impattando con le vertebre.
Il colpo sortì l’effetto desiderato: la lotta tra le due parti cessò immediatamente e Kevrie passò facilmente oltre al corpo dell’avversario, dirigendosi verso la sua compagna.
Erano ottimamente muniti di uno zaino marrone, quindi non c’era alcun motivo di rischiare di dover affrontare qualche favorito addentrandosi nella bocca della Cornucopia.
Però, a quanto pare, Duncan non era d’accordo.
Quella ragazzina gli aveva procurato già troppi problemi e lui odiava, i problemi.
Afferrò  la gamba meccanica e la tirò in direzione dei due fuggiaschi, verso la foresta di latifoglie, mancandoli clamorosamente, di qualche metro.
Anya non potè resistere alla tentazione di afferrarla e sventolarla in aria, come segno di vittoria.
Non avrebbe potuto fare niente di più sbagliato.
La scossa che la percorse fu tremendamente dolorosa, le bloccò il braccio in aria, senza che lei potesse nemmeno rendersene conto.
Non riusciva a staccare le dita da quel maledetto arnese  ed era piantata al terreno.
Il suo compagno capì rapidamente ciò che era accaduto e dedusse, velocemente, l’unica soluzione: scacciare, con un calcio piuttosto potente, la gamba dalla mano della sua amica.
Non glielo disse nemmeno, prese una breve rincorsa e colpì.
Forte.
Fortissimo.
L’arto volò ad una decina di metri di distanza, mentre Anya valutava la portata della contusione che aveva alle mani.
Forse due o tre dita rotte, niente in confronto ad una morte per scossa, o per arresto cardiaco.
Infatti non diede nemmeno tempo al compagno di scusarsi per la frattura che già aveva ricominciato a correre verso la giungla, seguita a ruota da Kevrie.
 
Scott, intanto, era a terra, semi-cosciente, ma con uno zaino marrone trionfalmente stretto tra le braccia: in qualche modo aveva vinto.
Duncan lo scrollò lievemente e lui riprese completamente conoscenza.
“Se ne sono andati?”domandò a Duncan.
Il ragazzo rispose affermativamente: “Sì, cosa vuoi fare? Andiamo alla Cornucopia, oppure in uno dei boschi?”
Scott indicò deciso la struttura aurea: “Non ho combattuto tanto per niente.”
Così, cautamente, i due si avvicinarono all’imboccatura della struttura.
 
 
Olive, invece, aveva optato per una strategia “mordi e fuggi”.
Si sarebbe volentieri accontentata dello zainetto giallo che aveva ai suoi piedi, se non fosse che, per raggiungere i suoi alleati,  si ritrovò costretta a passare attraverso la lotta davanti alla bocca della Cornucopia: Adam e Ian stavano ferocemente combattendo contro Cassie e Josh, che, principalmente, si limitavano a saltellare di qua e di là, facendo impazzire i due favoriti.
Olive pensò, ragionevolmente, alla possibilità di risparmiarsi tutta la corsa lungo il lato est della Cornucopia, che le avrebbe solo fatto sprecare tempo e fiato: i quattro erano troppo concentrati sul loro corpo a corpo, per accorgersi di lei.
Dopotutto, perché avrebbero dovuto notarla?
La risposta era troppo ovvia, perché lei potesse pensarci.
Hannah Malloy.
Come aveva potuto dimenticare della loro somiglianza?
Come aveva potuto scordare che Hannah era la terza alleata di Ian e Adam?
Come aveva potuto sperare che Cassie e Josh l’avrebbero lasciata correre via?
Non lo fecero.
La acchiapparono per un braccio e la attirarono nel combattimento, bloccata tra le braccia del suo compagno di distretto.
Liame Myra capirono istantaneamente che qualcosa non andava e, senza pensarci due volte, si fiondarono verso lo scontro. Avevano visto chiaramente Olive attirata nella lotta e ora non potevano lasciarla sola.
In realtà, al loro arrivo , la ragazza del 12 era già messa piuttosto male.
Principalmente aveva una ferita alla testa e perdeva sangue copiosamente.
In più era troppo disorientata, non riusciva a percepire niente, esclusa la voce di Adam che, con il braccio sano, le intimava di scappare: “Muoviti, Hannah! Ti hanno già ferita, così ti ammazzerai! Non vorrai morire nel bagno di sangue, come una stupida, vero?”
Olive si rese perfettamente conto che non era lei la destinataria di quelle frasi ma, in fondo, non le importava più di tanto.
 
Si divincolò dalle spire della battaglia e venne attratta tra le mani solide di Liam, che la tenevano salda e stabile.
“Tranquilla, Dodici, non è una ferita profonda, oppure particolarmente difficile da curare! Ce la farò tranquillamente, con alcune fogli curative, che conosco come le mie tasche! In più abbiamo tre zainetti, ci sarà sicuramente qualche Kit, per le infezioni, oppure…”
Non riuscì  a terminare la frase, che un pugno lo colse di sorpresa.
Capì in pochi istanti che Cassie e Josh se l’erano data a gambe, dopo aver rimediato il bottino, lasciando i favoriti liberi di occuparsi di qualsiasi altro tributo avesse voluto lasciare incolume il Bagno di Sangue.
Adam, evidentemente non soddisfatto dallo scontro precedente, si era accorto  troppo tardi che la sua alleata non era la ragazzina gracile che aveva spinto fuori dal combattimento, e ora si sentiva profondamente offeso.
Una stupida quattordicenne del dodici aveva osato farsi beffe di lui?
Non poteva assolutamente permetterlo.
L’avrebbe pagata cara, questo era poco ma sicuro.
Senza nemmeno ragionare, si diresse verso il gruppetto e scagliò, con quanta più forza potesse, un feroce pugno, sul naso di Liam.
Sfortunatamente per Adam, il tributo del distretto 11 aveva riflessi ottimi e agilità unica: nonostante il pugno arrivasse in un momento inaspettato, si scansò velocemente e ordinò alle sue alleate di correre. Ebbe una fugace immagine della coda di Myra che gli ondeggiava davanti agli occhi, mentre sosteneva il corpo di Olive. In un secondo si girò e colpì, con la mano tesa, il basso ventre del suo avversario.
Sapeva che quello era uno dei punti peggiori, dove ricevere un qualsiasi tipo di colpo.
Infatti Adam si piegò in due, spezzato a metà dal dolore, e Liam fu libero di raggiungere le sue amiche.
 
Dal lato opposto della Cornucopia, una scena alquanto bizzarra aveva dato il via ai giochi.
Ethane Trevor si erano trovati a combattere, pronti a sfoderare le proprie armi e le proprie tecniche, aspettando che l’avversario facesse la prima mossa.
Quando vennero affiancati dai loro alleati: per Ethan, Dianne e Shwan, mentre per Trevor, Cyprienne; lo scontro sembrava inevitabile, se non fosse che le due ragazzine, dopo essersi fissate un attimo, avessero girato i tacchi e iniziato a correre verso due campi opposti. I due capirono al volo che non ci sarebbe stato nessuno scontro, nessun combattimento, almeno per quel momento e iniziarono a correre dietro alle loro compagne.
 
Loliumaveva aspettato, prima di partire, aveva atteso l’inizio di tutti gli scontri ed era partita di corsa, alla conquista di una sacca blu.
Le sembrò incredibile riuscire a raggiungere il suo obbiettivo, senza ostacoli, ma non aveva messo in conto l’insoddisfazione di Hannah.
La ragazza del distretto 1 aveva alte aspettative: lei voleva tornare a casa, piuttosto in fretta, anche!
Attaccò la ragazza del nove alle spalle, con un calcio sulle caviglie e la atterrò, violentemente.
Premette le dita tra le fessure della sua cassa toracica ed ottenne gemiti di dolore.
“Hai finito di saltellare?”chiese maligna.
Lolium cercò di liberare la gamba destra, ma la rossa strinse ancora di più la presa su di essa la piegò in modo totalmente innaturale, finché non sentì uno strano suono, provenire dall’arto della sua avversaria.
Liberò la gamba e si spostò più su, prima di rendersi conto di quello che stava facendo.
Prima di rendersi conto del suo cambiamento.
Guardò le sue mani, ancora sporche di sangue, con disgusto, e si alzò velocemente.
Non aveva intenzione di uccidere, non a mani nude.
Lolium, intanto, cercava di non dare retta alla sua gamba urlante di dolore e, ancora stretta al suo zaino blu, si diresse verso la foresta di latifoglie, in cerca di un riparo.
 
Akil e Teowola si guardarono: nessun morto, in queste prime due ore di gioco.
Un occhiata complice unì i loro sguardi, mentre Teowola apriva una pesante scatola di legno, che si rivelò essere la custodia di una chiave.
Akil la estrasse, con delicatezza, dall’involucro setoso e, accompagnata dalla sua collega, si diresse al centro della sala di comando, ponendosi di fronte ad uno schermo acceso e infilando la chiave in un foro.
“Signori e signore, colleghi e colleghe” disse, attirando l’attenzione di tutti gli strateghi “Che gli Hunger Games inizino, e possa sempre la fortuna essere a loro favore, perché di certo noi non lo saremo!”.
Gli strateghi esplosero in un applauso entusiasta. Tutti quegli anni di studi e di progetti, di teorie e di esperimenti, tutto il loro, avrebbero finalmente cominciato a dare i loro frutti. E anche a loro non restava altro che mettersi comodi a godersi lo spettacolo, intervenendo ogni tanto per rendere la loro Arena e quei tributi qualcosa di davvero memorabile
 
Allisone Billy si fermarono solo dopo due ore di corsa, quasi ininterrotta, attraverso un territorio paludoso, decisamente ostile.
Entrambi avrebbero preferito la foresta di latifoglie, o almeno le conifere, ma Billy era troppo vulnerabile e i due erano certi che la palude avrebbe offerto loro, almeno, la solitudine.
Non appena trovarono uno spiazzo sicuro e ben nascosto, da alberi frondosi e cespugli rampicanti, la ragazza fece sedere il suo alleato ed esaminò la portata del danno subito.
La costola, probabilmente, era incrinata, ma non rotta, in più il ragazzino non aveva perso  sangue, il che era  sicuramente un ottimo fattore.
Con gesti precisi e metodici Allison  diagnosticò il problema al suo alleato, che non sembrava eccessivamente sofferente: riusciva ancora a camminare e correre, per lunghi tratti e non  faticava a respirare. In ogni caso Allison era sicura fosse meglio sistemare il danno e, dato che non conosceva alcuna erba per sistemare le ossa, si limitò a pensare ad un modo per proteggere la parte ferita del suo alleato, e a riflettere su come trovare del cibo.
“Dovremmo andare a caccia, vero?”chiese la ragazza, con tono incerto
“Sì, penso di sì, però io non conosco la fauna tipica di una palude…come faremo a decidere quali animali mangiare e quali no?”
La ragazza del distretto 10 inclinò leggermente la testa, come se stesse calibrando le proprie idee, e rispose: “In realtà non penso che andare a caccia di piccoli animali, ora, sia una mossa intelligente. Tu sei ferito, io stanca e probabilmente altri tributi stanno già cercando qualche vittima…è decisamente meglio restare nascosti e esaminare il contenuto del nostro bottino!”
Billy tirò davanti a sé il suo zaino blu e lo svuotò completamente, trovando: un set di quattro coltelli, una scatola di frutta essiccata, un pacchetto di gallette e della carne, un kit per il primo soccorso, un piccolo sacco a pelo, giallo, e una bottiglia d’acqua da 2 litri, vuota, con una confezione di ionio. Il ragazzino aggrottò le sopracciglia: era davvero un buon risultato: migliore di quanto avesse potuto sperare.
“Non è andata male!”esclamò felice, rivolgendosi alla sua compagna, che rispose:  “No, Billy, non è andata male, anzi! Abbiamo pure un po’ di cibo…hai scelto un ottimo zaino! Ora vediamo se in questo verde troviamo qualcosa di altrettanto utile!”
Così dicendo aprì la cerniera del suo zaino, che rivelò un buon numero di sorprese: tre pezzi di carbone, delle gallette, una scatolina contenente due fiammiferi, una borraccia, da un litro, ma piena d’acqua, un kit di soccorso completo, manzo essiccato, un sacco a pelo che trattiene il calore corporeo, una lamina di metallo ed, infine, un altro set di coltelli leggeri e maneggevoli.
“Direi che nemmeno a me è andata male, vero, piccoletto? Ora abbiamo cibo e acqua. Penso che la nostra prima mossa, per oggi, sia di starcene qua tranquilli: ti fascio la costola, mangiamo, ci riposiamo e ispezioniamo la zona: domani andremo a caccia, o ci trasferiremo in un altro settore, va bene?”
Billy battè il cinque alla compagna e si ritrovò a pensare, che era arrivato molto più avanti di quanto non avrebbe mai creduto!
 
Alarice Sophie, intanto, si erano ritrovati con Cassie e Josh, sul limitare della foresta di conifere, e ora erano stesi tutti e quattro sotto un pino, completamente concentrati sulla mandibola della ragazza.
Il tributo del distretto 6 spostò lievemente l’arcata superiore, con la mano, e avvertì l’alleata: “ Potrebbe fare male, molto male…” lei rispose mugugnando e, a Alaric, sembrò sufficiente, come segno di assenso.
Con un gesto poderoso spinse la mandibola dell’amica al suo posto sperando di aver risolto il problema.
Presto, però, si rese conto che il danno era solo all’inizio; probabilmente Sophie aveva rotto almeno tre denti posteriori e ora il sangue usciva a fiotti dalla sua bocca.
Il ragazzo sembrò un’attimo destabilizzato dalla vista di tutto quel liquido rosso e Cassie decise di prendere in mano la situazione: aprì lo zaino blu che la ragazza del 3 era riuscita ad ottenere e ne estrasse il kit del primo soccorso, sperando di trovare qualcosa di utile, ma si accorse presto che nessuno dei materiali forniti dagli strateghi sarebbe stato di aiuto: non avevano acqua, avevano poche risorse di cibo e solo quattro coltelli, per uccidere e difendersi, con l’aggiunta di un solo sacco a pelo.
“Non abbiamo niente!”esclamò, stizzita “Niente di niente. Poco cibo, poche armi! Avrei dovuto cercare di prendere qualcosa anche io! Siamo stati degli idioti, a pensare che questi zaini ci potessero aiutare veramente! In più dobbiamo fermare il suo flusso di sangue, o ci muore dissanguata!”
La ragazza del 4 era, evidentemente in preda al panico, per questo Josh decise di agire, in fretta. Si diresse verso uno dei pini secolari che popolavano quella zona e strappò, violentemente, il muschio dalla corteccia.
Senza troppe cerimonie lo infilò in bocca a Sophie, impedendole di ribattere: “Assorbirà il sangue, eviterà di lasciare tracce e non ci farà sprecare materiale, dato che, a quanto pare, ne abbiamo poco. Ora dobbiamo clamarci-disse, prendendo Cassie per le spalle e scuotendola leggermente- e stabilire un piano che ci permetta di arrivare a stasera, senza morti…va bene?”
Alaric scosse la testa e prese la parola, rivolgendosi a Josh: “Io e te potremmo andare a vedere se c’è qualche animale, o se riusciamo semplicemente a cercare tracce che ci conducano ad una fonte d’acqua. Intanto Cassie potrebbe cercare erbe, o bacche commestibili e Sophie, che è la più leggera, arrampicarsi su uno di questi alberi e cercare di studiare precisamente la forma dell’arena…che ne dite?”
Concordarono tutto che questa fosse la soluzione migliore e partirono alla volta delle singole missioni, ma sapendo di dover tornare al pino più alto, entro quando il sole non avesse fatto i tre quarti del suo giro.
 
Intanto, nella zona delle latifoglie Anya e Kevrie non avevano sostato un’attimo. La ragazza era piuttosto decisa a iniziare a fabbricare veleni e a cercare del cibo. Gli zaini che avevano conquistato avrebbero potuto bastare per due giorni, al massimo.
Il ragazzo del 5 ancora non aveva completamente afferrato il senso del bagno di sangue: non c’erano né cibo, né armi, solo lo stretto necessario per la sopravvivenza a due o tre giorni, per quale motivo?
Anya si fermò di colpo, cogliendolo di sorpresa: “Fermo! Non toccare quel cespuglio: è veleno puro!” il ragazzo guardò perplesso il cespuglio davanti a lui: si trattava di bacche: succose ed invitanti, come ne aveva viste tante nei prati  che separavano ciascuna  fabbrica dalle altre, come ne aveva mangiate tante, con i suoi amici, nelle giornate vuote.
Rapito, dal richiamo dei ricordi, allungò una mano, pronto ad assaporare, un’altra volta, il sapore, tanto famigliare, dei frutti blu, quando Anya si scagliò contro di lui con tutte le sue forze, scaraventandolo a terra: “Sei impazzito? Ti ho detto che è veleno, veleno puro! Ma mi senti quando parlo? Quelle piante non le devi nemmeno toccare! Guarda le foglie, guarda le bacche! Non sono le nostre “biglie”, non ti ridaranno il sapore di casa. Guarda, guarda bene! Quella foglia: ha due punte laterali in più di quelle che ci sono  nel distretto! Kevrie, guarda anche i frutti!- esplose- Guardali! Li vedi? Non sono le nostre bacche! Guarda le sfumature del blu, guarda la buccia…le “biglie” hanno una buccia semi trasparente, ma dura e perfettamente sferica! Osservale bene, Kevrie…non sono le nostre bacche- la voce di Anya si fece più flebile, mentre calde lacrime presero a scorrerle lungo le guance – non le avremo mai, Kevrie! Le nostre bacche, le nostre “biglie”, non le rivedremo mai più, capisci? Di certo gli strateghi non ci consentiranno il privilegio di assaggiarle un’ultima volta, non qui, non ora, non così…” ormai le lacrime avevano preso a scendere lungo il viso della giovane, che singhiozzava compulsivamente.
Il ragazzo si sedette lentamente sull’erba verde, dove la sua compagna era accasciata e la abbracciò,  comprensivo.
Quel cespuglio di bacche aveva spiegato loro molto più di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi ibrido, qualsiasi trappola, qualsiasi morte.
Gli strateghi non erano stati clementi, non avevano fornito a tutti la possibilità, relativamente facile, di conquistare uno zainetto, per allungare la loro vita.
No.
Era tutto un trucco, un metodo per illuderli, per dare loro un briciolo di speranza, per ucciderli nel profondo, per annientarli totalmente.
Era tutto un trucco, un metodo per allungare la loro tortura.
Quelle bacche, quei paesaggi, quei boschi.
Tutti i tributi potevano ritrovarsi in luoghi simili alla natura delle loro case.
Dovevano arrivarci, dovevano scoprirlo, dovevano capirlo: anche con la morte.
Ma per Kevrie e Anya, ormai il messaggio era chiaro: non sei al sicuro, non lo sarai mai, non lo sei mai stato: casa, arena, non importa: siamo noi a controllare la tua vita.
Possiamo annientarti con una bacca, abbiamo già iniziato ad ucciderti.
Pensi di avere davvero qualche possibilità?
Puoi vincere, sì: puoi vincere gli Hunger games, puoi vincere contro altri distretti, contro altri poveracci, ma non contro di noi.
Noi vinciamo sempre, noi non perdiamo mai.
Sappiamo come distruggerti, sappiamo cosa vuoi e sappiamo cosa pensi: non sarai mai in vantaggio, non potrai mai pensare più velocemente di quanto noi agiamo.
Rassegnati.
Kevrie strinse Anya più forte, tra le sue braccia, mentre le diceva: “Ehi, forse per oggi può bastare…abbiamo gli zaini e i coltelli. Cerchiamo un posto dove ripararci e fermiamoci, sistemiamo un accampamento e troviamo un ramo da scavare per farti una cerbottana: me ne occupo io…tu…cerca del veleno…sei eccezionale, con quello, o no?”
Il tono incoraggiante dell’alleato riscosse Anya dal baratro di profonda disperazione in cui era caduta. Si rialzò e, con una mano, pulì le lacrime dal suo viso: “Sì, lo cerco io il veleno…ho idea che non sarà difficile, da trovare. Guarda- disse indicando i cespugli che si trovavano tutt’intorno a loro, ai piedi degli alberi -sono tipi diversi di bacche, ma scommetto che gli strateghi no hanno preparato uno scherzetto tanto sadico, solo per i due tributi del 5!”
Con la solita determinazione Anya si fasciò la mano rotta, mentre Kevrie le steccava, con tre rametti, le dita spezzate.
In un men che non si dica avevano spogliato i cespugli delle loro bacche, e le avevano divise: avevano deciso di utilizzare due strategie parallele: attacco e difesa. Mentre una parte delle bacche sarebbe stata utilizzata per produrre veleno, con cui intingere i rudimentali dardi che Kevrie aveva prodotto, l’alta metà sarebbe servita da esca.
Chi avrebbe potuto resistere al richiamo di casa?
Nessuno: gli strateghi lo sapevano, ma ora, anche Kevrie e Anya.
 
Il terreno che circondava la Cornucopia, era spoglio e tutti gli zainetti rimasti erano spariti, ingoiati, misteriosamente, dal terreno erboso.
Scotte Duncan, però, non erano interessati agli zaini: dopo aver visto i tre favoriti, correre verso la coda della struttura, avevano deciso di approfittare dell’indecisione dei loro avversari, per addentrarsi nella struttura aurea.
L’edificio era imponente: avrebbe potuto contenere una quantità sufficiente a sfamare il doppio dei tributi, per tre settimane, ma, a quanto pare, gli strateghi avevano deciso di non voler sfamare proprio nessuno.
La Cornucopia, infatti, era vuota.
Spoglia, ad eccezione di un grande forziere dorato, posto esattamente al centro della struttura.
I due ragazzi si guardarono, afflitti e delusi, consci di quante energie avessero buttato al vento; ciò nonostante, Duncan esclamò: “Non è ancora detta l’ultima parola: proviamo almeno, a vedere che c’è lì dentro…” Scott annuì, lievemente e si diresse verso il forziere.
Gettando a terra lo zainetto, si posizionò e prese a spingere, per sollevare la copertura.
Niente: era troppo pesante. “È oro! È oro puro, Dun! Mi serve un mano.” Anche l’altro ragazzo si pose di fronte al forziere e insieme, aprirono la cassa aurea, restando a bocca aperta davanti al contenuto.
Picconi.
Non armi, spade, coltelli, cibo: solo picconi.
“Cosa diavolo vuol dire? Picconi? Cosa me ne dovrei fare? Picconi, picconi…nient’altro!”Scott aveva iniziato a urlare e Duncan capiva che non era la cosa migliore, per ciò cercò di calmarlo: “Ehi, non urlare, o ci farai ammazzare. Che problema hai con i picconi? Dovrebbe essere piuttosto facile ammazzare qualcuno, con uno di questi- disse, mentre bilanciava una delle pregiatissime armi - e poi, potremmo scavare passaggi sotterranei, rifugi, potremmo arrampicarci…dai, Scott…i picconi non sono così male…”
Il tributo del distretto 3 scoccò un occhiata piuttosto eloquente al suo alleato, ma decise di non ribattere, prese due picconi e ne mise due in mano all’amico: “Sì, ma ora richiudiamo quest’affare e andiamocene, prima che qualche piacevole sorpresa, ci ammazzi.”
Duncan annuì.
Era stanco delle sorprese.
La gamba meccanica della ragazzina del 6 lo aveva già sconvolto abbastanza, per non parlare del micidiale colpo che quella del 5 aveva inflitto al suo amico, oppure escludendo la terribile scena della ragazza percorsa, interamente da una scossa elettrica.
Si voltò veloce, seguito dal ragazzo del distretto 3 e lo esortò a muoversi, ma non fece in tempo ad aprire bocca, che un urlo acutissimo sferzò l’aria e rimbombò per tutta l’arena.
 
“Ian! Adam! Venite, presto!”
 
Cyprienne aumentò la velocità con cui muoveva le sue gambe e voltò la testa, per rintracciare la fonte di quell’urlo terribile, ma era nel mezzo della giungla, e non poteva pretendere di avere una chiara visione di quello che succedeva oltre le fronde degli starni alberi. Trevor si fermò e le tese una mano per aiutarla a passare attraverso i viticci che le impedivano di proseguire e le disse: “Non è per noi, non possono averci seguito fin qui, stai tranquilla…Ian è il tizio del 2…la macchina da guerra, me lo ricordo bene, ma penso che, ora, abbiano altro a cui pensare…probabilmente sono alla Cornucopia, a racimolare quanto più cibo riescono. Noi, invece, abbiamo il nostro zainetto, e ce lo faremo bastare!” La ragazza lo guardò grata, e disse: “Hai ragione…nessuno conosce questi alberi o questo ambiente, nessuno verrà qui dentro, a meno che non vogliano uccidere proprio noi. A questo punto potremmo cercare un po’ di cibo? Magari riconosciamo qualche animale…”
Il ragazzo estrasse due coltelli dallo zaino verde e ne porse uno all’alleata.
“Li sai usare?” lei lo guardò, insicura: “In realtà non ne ho mai maneggiato nessuno, non per uccidere…ma se si tratta di animali, potrei farcela…forse…”
Trevor le sorrise: un sorriso tenero, comprensivo: “Va bene, allora usalo solo per difenderti: dimmi se vedi tracce di animali, ma controlla, principalmente, se trovi fonti d’acqua oppure qualcosa che ci possa aiutare a mimetizzarci, va bene?”
Lei annuì, decisa, mentre il pensiero di Trevor correva nel distretto 8.
Per lui il paragone era inevitabile: Cyprienne, così timida, in cerca di conferma e sostegno, sempre insicura e restia a parlare…la mano scivolò al polso destro, e si aggrappò al braccialetto colorato, al suo portafortuna, si aggrappò a Rachel.
Rachel: così diversa: spontanea, estroversa, briosa, con i suoi ricci neri e gli occhi curiosi.
Rachel e quella morsa che gli aveva annodato lo stomaco, prima di partire.
Cyprienne, e quel calore che sente nel petto tutte le volte che sorride.
Cos’è?
Perché?
Perché ora?
Perché qui?
Si domandava, senza trovare risposta.
“Ehi, Trev! Io ho trovato qualcosa, per nasconderci, ma non ci sono tracce di selvaggina…ho controllato dappertutto…ho paura che non ne troveremo…dovremo fare affidamento solo sugli sponsor.”
Il ragazzo la osservò per un’attimo.
Non avrebbe finto niente per gli sponsor, sarebbe rimasto lui, avrebbe permesso ad una sola persone di cambiarlo, e quella persona, forse, si trovava davanti a lui.
“AHHHHHHH”
Un altro urlo, in lontananza, colpì le orecchie di Nee, che terrorizzata, si voltò verso il suo amico.
“Tranquilla…staranno combattendo...probabilmente tra poco avremo qualche avversario in meno, dai!”
Un sorriso poco convinto, aiutò la giovane a raccogliere il materiale per il rifugio.
 
Hannah Malloy, invece, si era resa conto troppo tardi di aver strillato troppo forte.
Probabilmente tutta l’arena aveva sentito il suo richiamo, per Adam e Ian.
I due favoriti l’avevano già salvata da un paio di situazioni spinose, quel giorno, e lei non faceva altro che metterli nei guai. Appena finito di affrontare i due dell’11 e la ragazza uguale a lei, i ragazzi del distretto 2  e 1 l’avevano raggiunta sul retro della Cornucopia, dove lei si era rifugiata dopo aver quasi ucciso una ragazza, a mani nude.
I suoi alleati l’avevano ritrovata con il volto ancora sporco, di sangue e lacrime.
“Ma che cosa…che cosa hai combinato?”le aveva chiesto Adam, con fare inquisitore.
Lei si era limitata ad alzare la testa e singhiozzare pateticamente: “Stavo per uccidere…a mani nude…stavo per ammazzare qualcuno…sono già diventata una bestia…avevano ragione, tutti…loro…me lo hanno sempre detto…” Adam scattò verso di lei e la scrollò, per le spalle: “Non puoi farti venire i sensi di colpa. Sei qui per uccidere, non per piangere. Non stai diventando una bestia. Lo diventerai quando inizierai ad ammazzare, e, prima o poi succederà: rassegnati.”
La ragazza si ripulì velocemente e disse: “Scusate, scusatemi davvero. Vado a vedere cosa ci offre la Cornucopia…”
Ianle aveva sorriso, non sembrava arrabbiato, ma Adam, Adam sembrava davvero fuori di sé.
La ragazza si era portata fino all’imboccatura della Cornucopia, quando aveva visto due ragazzi e aveva richiamato i suoi alleati.
I due l’avevano raggiunta in un men che non si dica, ma Scott era stato altrettanto veloce, scagliando, addosso alla ragazza un piccone, piuttosto pesante.
Lei venne pesantemente scaraventata a terra, senza, però, essere colpita dalla parte in metallo. Duncan  si fiondò in avanti e recuperò il piccone, esortando il suo amico: “Muoviti, dobbiamo scappare!”
Scott fece appena in tempo, ad iniziare a correre, che Adam e Ian avevano raggiunto la Cornucopia.
Balzarono addosso agli avversari, e iniziarono una furiosa lotta corpo a corpo, chiaramente impari.
I picconi assegnavano ai due un vantaggio, ma anche un peso in più.
Né Scott, né Duncan, infatti, avevano mai provato ad usare quelle armi, quindi la loro abilità non era tale, da consentirgli di destreggiarsi sufficientemente bene con un solo piccone, quindi, tantomeno con due: i loro movimenti erano goffi e scoordinati, soprattutto quelli di Scott, che ancora subiva gli effetti del colpo alla cervicale.
 
 
 In realtà nemmeno Ian e Adam erano in splendida forma: anche loro avevano combattuto, e ora si ritrovano  di fronte due avversari decisamente capaci.
Lo scontro sembrò interminabile: senza interruzione, senza tregua.
Hanna cercava di combattere, ma la sua fisicità non valeva decisamente nulla, in confronto agli altri quattro, ciononostante, lei era chiaramente la più agile.
Se ne rese conto presto, e iniziò a saltare tra i quattro combattenti, confondendo i ragazzi e colpendoli,  cogliendoli di sorpresa.
Hannah non si illudeva: la loro unica speranza era che i due se ne andassero, o li avrebbero uccisi: non a caso, fece voltare Duncan e Scott verso la bocca della Cornucopia, garantendogli una fuga veloce.
I due non aspettarono di perdere altro tempo, strinsero gli zaini e i picconi tra le dita e scapparono veloci nella palude.
La ragazza dell’1 sorrise, soddisfatta, aveva salvato i suoi compagni.
Adam, però, non sembrava della stessa opinione.
Repentinamente si scagliò contro l’alleata, e la scaraventò a terra: “Si può sapere che cos’hai in testa? Perché li hai fatti scappare? Li avevo in pugno: avrei ucciso tutti e due, invece ora sono in giro, con quattro picconi letali!”
Hanna si rialzò velocemente e ribattè: “Li avevi in pugno? Ma se il tizio del 4 ti stava ammazzando! Vi ho salvato la vita, almeno non ti lamentare!”
Il suo compagno alzò la voce e le rispose:  “Senti, io non sono qui per sopravvivere, è chiaro? Io voglio la gloria, la fama! Per conquistarle devo uccidere, e ucciderò, stanne certa!”
La rossa stava per rispondere, quando la voce calma e profonda di Ian, li interruppe: “Smettila, Adam, non avremmo mai vinto: non contro loro due! Ora è inutile rimpiangere o litigare: diamoci da fare. Apriamo il forziere, raccogliamo quello che ci offre, e stabiliamo un piano.”
Adam, evidentemente, non era d’accordo e, violentemente, puntò  Ian: “ Eccolo! L’eroe del 2, il guerriero! Il tributo perfetto! Due idioti, ecco cosa siete! Due idioti! Lei che ha paura di uccidere una mosca e tu, che ti credi l’imperatore dell’universo! Sei del 2, e allora? Sono pronto anche io, a questi giochi, cosa credi? Cosa credete? Pensate che, anche se sarà necessario vi risparmierò? Sognatevelo? Vi ammazzerò, come chiunque altro. Sì, voglio uccidere, sono qui per questo…”
Ian si pose di fronte all’alleato e lo guardò, con calma, prima di tirargli un sonoro schiaffo sul viso:“Calmati. Ne vuoi un altro? Calmati! Per prima cosa smettila di urlare. Secondo, lo sanno tutti che vuoi vincere, come lo voglio io e come lo vuole lei. Però, in tre, sarà più semplice, quindi, se te ne vuoi andare vattene, però in fretta, o ti ritrovi morto. Ora. Allora, che fai? Resti? Bene. Adesso muoviti ed apriamo quella cassa. Hannah, tu controlla l’ingresso.”
Adam si riscosse, rapidamente, e annuì.
Aveva sbagliato, se ne rendeva conto, ma quei due sembravano così, così…stupidi: la ragazza, con la sua paura di uccidere, con la sua paura di trasformarsi in una bestia, Ian, così calmo, posato…pronto a fare ciò che deve senza fiatare.
Possibile che nessuno dei due sentisse la pressione, l’ansia, la necessità di essere ciò che tutti vogliono?
La voce di Hannah lo ritrascinò nella realtà: “È incredibile! Picconi, picconi, picconi, e nient’altro! Non c’è niente! Né cibo, né armi, né altro!!!Come possiamo fare? Dove troveremo il cibo? Non sappiamo cosa fare, non abbiamo niente!”
Ian si diresse velocemente verso l’imboccatura della Cornucopia, con un piccone in mano e disse: “Vado a cercare qualche animale, voi state qui, nella Cornucopia: ce la posso fare, tornerò con un po’ di cibo” e sparì, ingoiato da un mondo, che Hannah non voleva più vedere.
 
Il ragazzo del 2, invece, preferiva starsene in giro da solo a cercare cibo, che rinchiuso nella Cornucopia, a litigare per niente. Avrebbe fatto un giro di tutti e quattro i territori, avrebbe iniziato dalla foresta di latifoglie e sarebbe passato alla palude: la giungla e la pineta non le conosceva affatto.
Si addentrò nella foresta e passò, come minimo, due ore a cercare animali, tracce di selvaggina o altro, ma tutto quello che vide, furono ombre fugaci e ingannevoli.
Stava per passare alla palude, quando un versetto stridulo attirò la sua attenzione: sembrava decisamente un animale, ferito, per di più.
Senza rifletterci due volte scagliò, contro il cespuglio due coltelli, si avvicinò, e si trovò davanti ad un’inerme Lolium, stesa a terra, con gli occhi sbarrati, pronta ad affrontare la morte.
La ragazza si era accasciata a terra, dolorante a causa della gamba rotta, e aveva esaminato il contenuto del suo zaino. Non era male, ma a lei non restavano energie, e il ragazzo che ora le si ergeva di fronte, sembrava del tutto intenzionato ad uccidere qualcuno.
Levò una mano, possente in aria, per poi calarla delicatamente sull’arto della ragazza e dire: “Questa è rotta…lo sai?”
Sorpresa, Lolium alzò gli occhi e, timidamente, rispose: “Sì, ma non ci sono medicine per le ossa, e io non riesco a fasciarla.”
Ian si fece serio e rispose: “Chiaro! Se avessi un alleato ti aiuterebbe lui...non ti sembra?” la ragazza abbassò gli occhi e ammutolì.
Era chiaro: l’avrebbe uccisa.
“Va bene, ragazzina, per questa volta te lo fascio io, ma che sia la prima e l’ultima, chiaro?”
La ragazza lo guardò, senza parole: non solo non aveva intenzione di toglierle la vita, la stava addirittura aiutando.
 
Trascorsero insieme un’ora, a ridere, senza pensare a niente, quando una voce profonda richiamò Ian.
 
“Ehi! Tributo perfetto? Dove ti sei andato a cacciare? Sono venuto a darti una mano!”
Il ragazzo del 2 guardò Lolium: Adam non l’avrebbe mai risparmiata.
“Senti, quello è il mio alleato, non si fa scrupoli, non avrà pietà: torna a nasconderti, ci penso io.”
La ragazza lo guardò, fisso, negli occhi e gli disse: “Prima o poi, anche io ti aiuterò.”
Ian sorrise, e si avviò verso il ragazzo dell’1: “Ora sono tributo perfetto? Senti, gioielliere, io non ho trovato cibo: non c’è selvaggina, non ci sono animali. Possiamo provare nella palude, se vuoi, ma in fretta, il sole sta calando…”
Adam lo guardò ed annuì: “Sì, in più Hannah è da sola, ferita…rischia di farsi più male che bene”
Ian annuì, e i due proseguirono alla volta della palude, lontano dal cespuglio dove, ben nascosta, le ragazza del 9 era intenta  a spiare Ian.
 
Dalla parte opposta dell’arena, invece, Dianne, Ethan e Shwan, stavano vagando, tra i pini, in cerca di qualche traccia. La ragazza del distretto 7 era in testa alla spedizione, quando si bloccò di colpo e si chinò, verso il terreno. I suoi compagni la videro  scuotere la coda, bionda e boccolosa, e girarsi, mostrando loro un  pezzo di muschio, ancora sporco di sangue, gocciolante.
I due annuirono: avevano capito. Qualcuno era nei paraggi, ferito.
Shwan alzò lievemente la testa riccioluta: dieci anni a scappare da ragazzi che ti pestavano a sangue, l’avevano aiutato, perlomeno, a capire e percepire la presenza di un corpo umano.
Ethan aveva capito, velocemente: prese il volo, attirando verso di sé Dianne, che ancora era perplessa. Tutto lo stupore ella ragazza scomparì, vedendo piovere giù dal frondoso pino, Sophie Smith, distretto 3.
La ragazza guardò i tre spaventata, prima che Josh, Cassie e Alaric la raggiungessero.
Ethan guardò, interrogativo, Dianne, che, però fece un segno di diniego. In un lampo, i due tributi del distretto 7, e il ragazzino del nove, spiccarono un salto verso l’alto e si fiondarono sugli alberi, iniziando a scappare.
Continuarono a muoversi, fino ad arrivare al limitare della foresta: i quattro avversari si erano dileguati, e, davanti ai tra ragazzi la foresta era finita: davanti a loro si stendeva un’immensa striscia di sabbia e poi, acqua: acqua blu, splendente, resa arancione dalle sfumature della sera, acqua: tanta, più di quanto i ragazzi non ne avessero mai vista.
Cautamente scesero dagli alberi e iniziarono ad avvicinarsi al nuovo paradiso.
Con lentezza infinita, si portarono le mani, colme di acqua alla bocca, ma, rapidamente, si ritrovarono a sputare fuori tutto il contenuto: era dannatamente salato!
Non era acqua, era mare.
I tre si guardarono perplessi, ma Dianne non sembrava volersi arrendere: “No, fa nulla…in fondo un po’ di acqua l’abbiamo…ora il problema vero è il cibo: non credo che ne riusciremo a trovare…”
Ethan negò, mestamente, con il capo: “No, non c’è la minima traccia di animali…dovremo accontentarci di quello che abbiamo nello zaino…forse un po’ poco…”
Shwan guardò i suoi alleati e sopraggiunse: “Ma che senso ha? Pensano che i giochi dureranno solo un paio di giorni?”
Dianne scosse la testa: “Non penso…probabilmente succederà qualcosa…magari il cibo arriverà, oppure gli sponsor manderanno qualcosa. Al momento dobbiamo pensare…”
Ethan scosse vigorosamente la testa: “Non voglio l’aiuto degli sponsor, non voglio l’aiuto di nessuno. Limitiamoci a resistere alla fame con le provviste che abbiamo: ho l’impressione che la fortuna, in questo posto, non possa essere a nostro favore. Quindi ora ci accampiamo e stiamo a vedere quante vittime ci sono state.”
Shwan annuì vigorosamente, mentre Dianne si alzava in piedi: “Bene, allora è giunto il momento- disse, brandendo un coltello nella mano destra-Dianne Hidriance inizierà gli Hunger Games!” così dicendo tese, con la mano sinistra la sua coda, bionda e boccolosa, e la tagliò con un colpo netto, riponendo le ciocche nello zaino.
Si sfilò l’elastico, ormai inutile, e scosse la testa.
Aveva chiesto alla stilista di legarle i capelli in modo che il taglio uscisse pari e gradevole alla vista, ma in quel momento non le interessava essere carina.
Sapeva che tutti l’avevano bollata con l’epiteto di idiota, ma nessuno avrebbe più osato dirle niente.
D’ora in avanti anche lei era in gara. Avrebbe lottato per vincere, avrebbe ucciso per vivere, avrebbe difeso chi l’aveva aiutata e avrebbe provato a tornare a casa.
 
Serah balzò su un albero all’improvviso, mentre Talissa si gettò dietro ad un cespuglio.
Le due piccole avevano visto arrivare da un’altra direzione Ian e Adam, e avevano lasciato che i ragazzi le oltrepassasse, senza farsi notare. Quando il giovane fu passato, di alcuni metri, uscirono dai rispettivi nascondigli e iniziarono a camminare verso la direzione opposta, a est della palude, inoltrandosi in un’ambiente sconosciuto ed ostile.
Le due ragazzine procedevano cautamente, calibrando ogni passo e cercando di frenare l’emozione che devastava il loro petto.
Aver superato indenni il bagno di sangue, per due dodicenni, era qualcosa di eccezionale, soprattutto se munite di due zainetti.
Sì, tutto ciò andava decisamente oltre le loro aspettative.
Ormai erano quasi quattro ore che camminavano, spesso ripercorrendo i propri passi, badando solo a non lasciare tracce: erano stanche, ma il sole stava iniziando a spegnersi, e loro potevano permettersi di fermarsi.
Una volta trovato un albero piuttosto frondoso, si posizionarono su due rami attigui, e esaminarono il contenuto dei propri zaini: in totale avevano una decina di coltelli, due sacchi a pelo, una bottiglia vuota, e una piena, e alcune razioni di cibo.
Si strinsero nel sacco a pelo e, in attesa dell’inno, iniziarono a parlare.
Si confidarono i loro segreti e le loro paure, proprio come dovrebbero fare le dodicenni, quando Talissa domandò: “La sorpresa più grande: quale è stata per te?”
Serah aggrottò le sopracciglia: l’estrazione? Il suo vestito della sfilata? La sua amicizia?
“Le mie gambe…la mia sorpresa più grande sono state le mie gambe. Io, penso che siano meccaniche…suppongo. Non lo so: ricrescono!”
Talissa le sorrise caldamente: “Ma tu non sapevi niente, prima di venire qui? Che strano! Però almeno hai un vantaggio su tutti: potrai vincere tranquillamente!”
La sua amica la guardò con gli occhi lucidi di commozione: “Per vincere dovrei uccidere 24 persone…e so che, ad almeno una di loro, non potrei nemmeno staccare un capello.”
Talissa si avvicinò all’amica e la strinse in un dolce abbraccio, prima di sentire dei passi sotto di loro: ebbero una fugace visione di Billy ed Allison, che passavano proprio sotto il loro albero e si accucciarono, in silenzio, stringendosi la mano, aspettando di vedere il disastro del giorno: non dovettero attendere molto, che l’inno risuonò nelle orecchie di ogni tributo.
 
 
I due ragazzi dell’11, Myra e Liam, erano sdraiati a terra con il viso rivolto verso il cielo scuro, mentre Olive era seduta, con la schiena poggiata a un’albero, ancora molto provata dallo scontro che aveva dovuto affrontare, ma, soprattutto, ancora scossa per l’insieme di emozione che si erano riversate nel suo cuore.
Myra la ridestò dai suoi pensieri, con la sua voce soave: “Ehi, come va? Meglio? Cavolo sembri in coma. Dobbiamo reagire: iniziamo a montare turni di guardia, decidere le rotazioni, stabilire ruoli e piani: ci dobbiamo decisamente muovere, dobbiamo essere veloci: cerchiamo di anticipare tutti gli altri, su! Voi cosa proponete?”
Liam la guardò stralunato e disse, con sarcasmo: “Come fai ad essere tanto sveglia? Io ho un sonno terribile…turni di guardia, piani d’azione…proprio adesso? Va bene…dunque…”
Il ragazzo si alzò in piedi e prese a camminare avanti e indietro, come per ridestare il suo corpo dallo stato di torpore in cui era caduto, mentre Olive reagiva con prontezza alle sollecitazioni dell’alleata.
“Secondo me- disse la ragazza del 12- Myra potrebbe fare il primo turno, poi io, ed ultimo Liam. Per quanto riguarda domani mattina…non saprei, secondo me ci converrebbe cercare almeno acqua, oppure qualcosa da mangiare…mi è sembrato di intravvedere alcuni cespugli di bacche…”
Il ragazzo annuì, mentre si portava una mano dietro l’orecchio.
Una delle innovazioni di questa  edizione era il tatuaggio, apposto dietro all’orecchio sinistro di ogni tributo, con il numero del proprio distretto, il motivo dell’introduzione di questo elemento era dato, probabilmente, dalla somiglianza tra le due ragazze, del primo e del dodicesimo distretto. In ogni caso, a Liam, non importava più di tanto, se non per il fatto che ora aveva iniziato a prudere in modo terribile; il tributo aveva appena notato che anche le sue compagne si stavano strofinando le dita sul tatuaggio, quando le note dell’inno risuonarono in tutta l’arena.
 
Olive, come altri ventitrè ragazzi, puntò lo sguardo sulla proiezione, senza vedere comparire nessun volto.
Tutto ciò significava niente morti.
Non era mai successo.
Olive guardò i suoi alleati, ma si ritrovò a pensare che il colpo in testa doveva giocarle brutti scherzi: il mondo intorno a lei, infatti aveva preso a girare, i suoi due compagni sembravano addormentati e lei si sentiva svenire.
Come poteva sapere quanto si fosse arrossato il 12 che aveva tatuato sulla nuca?
Come poteva sapere che tutti i ventiquattro tributi stavano cadendo in un profondo sonno artificiale?
Non poteva.
La rossa udì le ultime note dell’inno nazionale e poi cedette alla forza soporifera che, dentro di lei, stava combattendo per il controllo del suo corpo: i suoi giovani muscoli si rilassarono, la tensione l’abbandonò e i suoi occhi si chiusero.
 
In quel momento, la terra tremò.
 

N.D.A:
Inizio chiedendovi, ancora una volta, scusa, per il mio impagabile ritardo, per l’attesa inutile e per lo stupido capitolo, che fa schifo come gli altri…lo so.
Vorrei, però, dire che, scrivendo  questo mi sono divertita moltissimo, quindi…prendetelo come viene.
 
PUNTO 1.
La lista dei beni, per i mentori: i beni, e i loro prezzi BASE. Ogni prezzo aumenterà di 1£, per ogni giorno che passa, e di 1£ per ogni morte.
 
SE AVETE RICHIESTE DI DONI DA MANDARE AI VOSTRI EROI POTETE SCRIVERMELE IN UN MESSAGGIO PRIVATO, VI RISPONDERò SCRIVENDO IL COSTO DEL BENE RICHIESTO.
 
LISTA BENI
 
Acqua 8
Pane (1) 6
Frutta (ess) 6
Carne 6
Gallette 5
Pasto 22
Fiammiferi 20
Coperta 15
Med. Base 20
Med.+ 25
Med.++ 30
Spada 15
Arco 15
Tridente 15
Armatura 30
Coltelli 10
Occhiali notte 15
Coltellino svizzero 12
Sacca. Termica 15
Prolunga 15
Mazza Chiodata 17
Cerbottana 15
Cavo elettrico 20
Elastici 11
Zaino 25
 
PUNTO 2. I MENTORI.
Ora ho bisogno della vostra collaborazione: da questo capitolo manderò un messaggio privato ad ogni mentore, per comunicare quanti soldi ha guadagnato il proprio tributo, e per sapere cosa volete fare di questi soldi, è fondamentale che voi ci siate:
 

 
Hanna: Albakiara
Adam: Fab935
Talissa: Peeta97
Ian: p1ccola
Sophie:soffiolievenelventoviene
Scott: Alpha__omega
Cassie: HuggmeZayan
Duncan: darkangel98
Anya: Matrichan97
Kevrie: Ivola
Serah: Hazelnut
Alaric: Cate Tassorosso
Dianne: YanYan
Ethan: BeeMe
Cypienne:LovingBrodway
Trevor: Hey There Delilah
Lolium: IreteamHGHP
Shwan: Matiux
Allison: Roxanne Potter
Billy: Ginevra Gwen White
Myra: Laura Blue Moon
Liam:La Opportunista
Olive: Horangodango
Josh:Carpe Diem
 
Questo vuole essere un’ elenco completo, ora vi chiedo: se conoscete questi mentori, che magari non hanno tempo di venire su EFP e controllare la storia, allora informateli della loro importanza…a me basta anche un messaggio vuoto, davvero!!
 
PUNTO 3: VOTATE
 
Lo sapete, no? Finito di leggere dovete lasciarmi una recensione e dirmi cosa ne pensate, dopo di che dovete mandarmi un messaggio privato, per scrivere le vostre preferenze.
Il suddetto messaggio deve essere chiamato: HG32: VOTAZIONE G1, come sempre mi scriverete:
Tributo migliore
Tributo peggiore
Quanti £ date e a chi.
 
PUNTO 4: IL CAPITOLO
 
Cosa pensate del capitolo? Vorrei precisare che ho cercato di dare più spazio a chi non ne aveva avuto e ho cercato di far spiccare tributi che erano passati inosservati…ditemi se è uscito bene!
I feriti sono stati estratti a sorte…tutto qui… ho cercato di dare un po' di spazio a tutti...ovviamente d'ora in poi ci saranno morti e tutto il resto, solo...sarà un'edizione particolare!

IL PREMIO, PER CHI HA TROVATO LA FRASE, è UNA CIOTOLA DI FRUTTI DI MARE.

PER GLI STRATEGHI: MERCOLEDì SERA CI SENTAMO, SE PER VOI VA BENE!

P.S: La filastrocca a inizio capitolo è di Aghata Christie, vorrei che il termine negretto non vuole offendere ASSOLUTAMENTE NESSUNO, la filastrocca recita in questo modo!


Ditemi quello che pensate di questo mezzo schifo, e ci vediamo LUNEDì prossimo.
PROMETTO!
Come sempre, vostra Trottola__5

 
 
  
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