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Autore: The Mad Tinhatter    21/06/2007    1 recensioni
Una ragazza, Alicia, il cui destino è segnato dal passato, e da uno strano ritrovamento...
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Cap. 5: Just a bad dream

Dopo essere uscita dal bagno, Alicia scese per fare colazione. Come arrivò nella sala da pranzo, vide soltanto Eragon, che stava mangiando un pezzo di pane e bevendo del latte. Lei lo guardò, ancora arrabbiata per quello che era successo poco tempo prima.

Si sedette, e attese. Era sicura che, in meno di un minuto, sarebbe arrivato il solito maggiordomo per chiederle cosa volesse, quindi evitò di chiedere al ragazzo davanti a lei, al quale, peraltro, non aveva nemmeno intenzione di rivolgere la parola.

Il maggiordomo arrivò, portando con sé latte, pane e miele. Alicia cominciò a servirsi, proprio mentre Eragon finiva. Il ragazzo si alzò e, senza una parola, uscì dalla stanza.

Alicia continuò a mangiare, sola. Si meravigliò del fatto che Brom e Jeod non fossero ancora scesi.

Poco dopo Eragon ritornò, vestito con nuovi abiti. Si schiarì un po’ la voce, poi disse: - Alicia, Brom e Jeod sono usciti, e ci hanno detto di fare ciò che vogliamo, dato che saranno assenti per tutto il giorno. Quindi… beh, uscire per Teirm è sicuramente meglio di restare a ciondolare per casa –

Alicia annuì. – Va bene – disse.

I due uscirono, in silenzio.

- Sei ancora arrabbiata per stamattina? – domandò Eragon, mentre camminavano lungo la via principale.

- Oh, no – disse lei, sempre molto seria.

- Beh, da come ti comporti, sembra proprio di si –

Lei fece uno scatto fulmineo, e si parò proprio davanti al ragazzo.

- Come no – disse, scocciata – entri in bagno mentre sono nella vasca, e vorresti entrarci anche te! Guarda, sono al colmo della felicità! –

- Scusami… ma tu potevi anche chiudere a chiave! –

- E tu potevi anche bussare, maleducatone! –

- Va bene, scusami… è che mi dispiace litigare con te –

- Come se a me facesse piacere –

- Appunto. Potresti benissimo metterci una pietra su –

- Non saprei, sai? E se questo ti facesse pensare che puoi ripetere il tuo errore quante volte vuoi? –

- No, no di certo. Prometto –

- Giura! –

- Giuro! –

- Così va meglio – rispose lei, e accennò un sorriso.

Girarono per Teirm tutto il giorno, entrando in qualsiasi bottega volessero. Pranzarono in una delle tante taverne della città, poi continuarono la loro visita alla città. Fu solo a metà pomeriggio che decisero di ritornare a casa di Jeod.

Quando arrivarono nella strada dove abitava Jeod, la loro attenzione fu attratta dall’insegna dell’erborista.

- Che dici, entriamo? Non mi dispiacerebbe darci un’occhiata – disse Alicia, avvicinandosi alla porta della bottega.

- Va bene – le rispose Eragon.

Eragon e Alicia entrarono nella bottega. Era molto buia e polverosa, e i due ragazzi fecero fatica ad orientarsi nella stanza. Dopo un po’, però, riuscirono a distinguere qualcosa di ciò che li circondava.

Nella stanza vi erano un sacco di strani marchingegni, molte pergamene e varie bilance. Le pareti erano coperte da grandi scaffali, ciascuno diviso da cassetti. Su ogni cassetto c’era un disegno, una runa, forse. Al centro della stanza c’era un bancone, e dietro al bancone una porta, coperta da un lungo telo rosso.

Mentre osservava il posto, Alicia sentì una voce, dentro la sua mente.

State attenti, voi due.

Cos’era? Lei ed Eragon, che probabilmente aveva sentito anche lui la voce, si guardarono intorno, alla ricerca di qualcosa o qualcuno che potesse avere la capacità di parlare loro nella mente. Alicia si rivolse subito verso un grande pappagallo appollaiato su un trespolo lì accanto, ma le bastò passarci accanto e toccarlo per capire che era imbalsamato.

Poi, nella penombra, vide un gatto. Era più grosso dei gatti comuni, ed era nero come l’ebano. I suoi occhi rossi scintillavano, mentre si muoveva verso di loro.

Miagolò sonoramente, e Alicia ed Eragon poterono vedere i suoi denti: i canini erano molto più sviluppati di quelli degli altri gatti, e sembravano delle zanne.

Alicia aveva capito di cosa si trattasse. Un gatto mannaro. Ma, a quanto pareva, Eragon non aveva capito, e si guardava attorno, allarmato.

- Cos’è che sta parlando? – domandò il ragazzo.

- Oh, io lo so. Se tu non lo sai, non è colpa mia – rispose Alicia.

E così, hai capito cosa sono, disse il gatto.

Si, rispose la ragazza.

Bene… ora dovrò naturalmente sforzarmi per farlo capire anche al tuo amichetto…

Alicia assistette poi ad una scena estremamente comica: vide Eragon che, in preda al panico, brandiva una bacchetta di legno. Dopo pochi secondi, però, la bacchetta emanò una sorta di scossa elettrica, che fece sobbalzare Eragon e che lo fece cadere a terra, dolorante.

Alicia rise, di gusto e anche molto rumorosamente.

Il gatto, dopo un po’, si avvicinò ad Eragon, e gli saltò sul petto. Eragon lo guardò, quasi terrorizzato, e si calmò solo quando il gatto scese.

Intanto Alicia rideva ancora.

- Che hai da ridere? – disse Eragon, un po’ scocciato.

- Ehi, attento a non rivolgerti a me con quel tono di voce – rispose Alicia, divertita – Potrei arrabbiarmi di nuovo - .

- Beh, almeno, a te l’ha detto come si chiama? –

- No, questo no –

- Si chiama Solembum, comunque. E vedi? Io sono stato tanto gentile da dirtelo. Se mi fossi comportato come te… -

Le sue parole furono spezzate dal cigolare della porta in fondo al negozio, dietro il bancone. Il telo si mosse, sventolando, e scoprendo l’erborista proprietaria del negozio, Angela.

- Salve – disse la donna.

- Salve – risposero Eragon e Alicia.

- Vedo che stavate parlando con Solembum –

Entrambi annuirono.

- Vi trova simpatici. Dice che tu, ragazza, sembri molto sveglia e perspicace, e che tu, ragazzo, seppure un po’ zuccone, hai molto da dimostrare. Dice che entrambi farete strada. Ah, e mi ha detto chi siete, anche se voi non gliel’avete detto. Perciò, cari Eragon e Alicia, cosa siete venuti a fare qui? Volete dare un’occhiata, o volete qualcosa di preciso? – disse Angela.

- Oh, non vogliamo nulla di particolare, solo dare un’occhiata. Non ci servono erbe – disse Alicia.

- Oh, ma io non vendo solo erbe! Cioè, si, anche e soprattutto quelle, ma, su richiesta, posso anche predirvi il futuro. Se volete, non avete che da chiedere –

- Oh… beh… non so che cosa potrai vedere nel nostro futuro… ma comunque… proviamo… cosa ne dici, Alicia? – disse Eragon.

- Va… va bene… - rispose la ragazza.

- Sicuro – disse Angela – vi predirò il futuro, ma uno per volta. Cominciamo da te, Eragon? Bene. Vieni di là, nel retrobottega. Tu aspetta qui, Alicia - .

Angela si trascinò dietro Eragon, e lo condusse al di là della porta dietro il bancone.

Eragon ritornò. Aveva un’aria un po’ strana. Chissà cosa deve avergli detto, pensò Alicia.

- Ora tocca a te, Alicia – disse Angela, sbucando fuor dalla porta.

Alicia entrò nella stanza, un po’ tremante.

Era entrata in una sorta di anticamera; una piccola stanza con un tavolino e due sedie. C’era un forte profumo d’incenso, che bruciava in una specie di lanterna appesa al soffitto.

- Siediti – disse Angela.

Alicia obbedì. Dopo poco tempo si sedette anche Angela. Aveva in mano un sacchetto di cuoio.

- Sono ossa di drago, e sono molto potenti. E, soprattutto, sono sicure. Bello o brutto che sia, quello che ti dirò sarà davvero il tuo destino – disse la donna, indicando il sacchetto. Alicia annuì.

Allora Angela aprì il sacchetto, e gridò: - Manin! Wyrda! Hugin! - . Poi lanciò il contenuto del sacchetto sul tavolo. Le ossa scintillavano.

- Bene… molto bene…. Questa lettura non sarà troppo facile, vedo… ma nemmeno troppo complicata. Vedi questo simbolo? Rappresenta il viaggio. Un lungo viaggio, vedo, senza stabilità. Non riesco a capire se il viaggio sarà eterno, o solo molto lungo… avrai una vita lunghissima, o quasi eterna, ma non totalmente felice… affronterai un periodo di sofferenze molto intense… che non so come, quando e se terminerà… il teschio… ahi, brutto segno… qualcuno che ami farà una scelta sbagliata, che ti causerà una forte sofferenza…. Ecco, poi, il cuore, la spada e la corda… amerai qualcuno, prima o poi… qualcuno che ti sarà molto vicino, in quel momento. Soffrirai a lungo per quest’amore, per lui rimpiangerai qualcosa che non hai fatto, e combatterai strenuamente per abbattere ogni ostacolo all’unione dei vostri cuori. Per questo, penserai anche di combattere qualcuno che, invece, non farà altro che aiutarti.

Poi, un’ultima cosa. Ecco, vedi? Il libro… segno del passato e della memoria… e la lacrima, segno del dolore… scoprirai il passato di qualcuno a te molto vicino e molto caro, ma non ti piacerà –

Alicia sospirò. Se quello era il suo destino… l’avrebbe accettato.

- Ecco, ho finito – disse Angela – puoi andare - .

Alicia salutò la donna, poi ritornò nella bottega. Eragon la stava aspettando, il volto ancora molto pensieroso.

- Finito? – disse lui.

Alicia annuì. Non aveva molta voglia di parlare.

I due ritornarono a casa di Jeod, percorrendo il tragitto in silenzio. Bussarono alla porta, e fu Jeod stesso ad aprirla.

- Bentornati – disse, facendoli entrare.

Li condusse poi nel suo studio, dove ad attenderli c’era anche Brom.

- Beh, com’è andata la vostra giornata? – domandò Alicia.

- Malissimo. L’amministratore ai commerci non ci ha accordato il permesso a guardare nei registri. Ha addirittura rifiutato il sacchetto di monete che stavo per dargli, pensa – rispose Brom, piuttosto alterato.

- E ora, cosa faremo? – domandò Eragon.

- Credo proprio che dovremmo fare da noi, sai? Intanto ti insegnerò a leggere, poi vedremo - .

Scesero a cena, nella sala dove, qualche ora prima, avevano fatto colazione. Mangiarono con Helen e Jeod, ma sembrò che tutta la naturale allegria di Jeod fosse svanita in presenza della moglie.

Mangiarono in silenzio, scambiandosi ogni tanto qualche sguardo. Jeod parve piuttosto imbarazzato, ma non ebbe il coraggio di rompere il silenzio.

Fu un sollievo per tutti quando Jeod si alzò dal tavolo.

Brom, Eragon e Alicia non esitarono ad imitarlo, e salirono nelle loro stanze. Dopo essersi augurati la buonanotte, i tre si chiusero ciascuno nella propria camera.

*

Alicia si cambiò, e si avvicinò al lavabo, che, nonostante la presenza del bagno nella casa, era comunque presente. Si lavò la faccia. Il contatto della sua pelle con l’acqua le fece venire un’idea.

Chiuse a chiave la porta. Non voleva rischiare. Sapeva che forse quello non era il momento giusto per farlo, ma la sua curiosità era troppo alta.

Alzò il palmo sinistro, e lo diresse verso l’acqua.

- Draumr kòpa – disse, indirizzando i suoi pensieri verso sua sorella, Kristen.

L’acqua si mosse leggermente, poi cominciò a cambiare colore. Sembrò come se quell’acqua fosse appena stata usata per dipingere ad acquerello. Poi i colori si riordinarono.

Alicia vide sua sorella, a cavallo. Accanto a lei stava un’altra persona, che però Alicia non potè identificare, ma che vide solo come una sagoma scura. I due si trovavano vicino ad un enorme edificio scuro, dove sicuramente Alicia era già stata, vista la chiarezza dell’immagine.

Kristen e l’altra persona confabulavano tra loro. Poi Alicia vide Kristen che scagliava qualcosa verso l’alto.

Alicia pensò di aver visto abbastanza. Diresse il suo pensiero, invece, verso suo fratello Almayer.

L’immagine cambiò. Stavolta mostrava un bambino, seduto sul pavimento di una cella.

Alicia riconosceva quella cella. Era quella dove anche lei era stata rinchiusa.

Il bambino, Almayer, aveva una strana espressione in volto. Una sorta di inquietudine, di preoccupazione. Non paura, no. Alicia sapeva bene che suo fratello era molto coraggioso, e che non si sarebbe mai perso d’animo.

Poi, l’espressione del bambino cambiò. Una sorta di sorpresa attraversò il suo volto. Almayer si voltò verso la finestrella della cella, e si alzò.

Alicia cominciò a sentire le sue energie andarsene, ma, prima di interrompere l’incantesimo, voleva vedere anche sua madre. Quindi, pensò a lei.

L’immagine cambiò di nuovo.

Vide sua madre, Eloisa. I suoi abiti erano ormai ridotti a brandelli, ed era molto più magra di prima. Ma, sicuramente, non aveva perso l’energia. La donna si trovava nella sala del trono di Galbatorix, ed era trattenuta da due guardie. Galbatorix parlava con lei, e lei rispondeva, urlando, sicuramente di rabbia. Poi Galbatorix mosse la mano, e disse qualcosa alle guardie. Queste portarono via la donna, dirigendola verso una stanza lì accanto.

Alicia interruppe l’incantesimo, respirando profondamente. E così almeno sapeva come stavano le persone a lei più care. Ora il bello era sapere chi fosse la persona che era con Kristen, cosa avesse provocato tanto stupore in suo fratello, e che cosa si fossero detti sua madre e Galbatorix.

Ma decise che quello non era il momento di pensarci. Si infilò sotto le coperte, e si addormentò.

*

Alicia stava sognando. Stava volando con Zelda, ed era immersa nell’oscurità. Sentiva un forte clangore di armature, e forti grida strazianti. Ogni tanto vedeva delle luci, come se fossero stati accesi dei fuochi. Udiva grida di battaglia, forti e chiare. Lei stessa, così come Zelda, indossava una pesante armatura.

Poi Zelda atterrò, e nel momento esatto in cui toccava terra, una forte luce colpì gli occhi di Alicia. E vide Eragon, davanti a lei, che brandiva una spada. Combatteva contro un’ombra scura, che contrastava la luce abbagliante. Ad un certo punto, però, Alicia vide l’oscurità colpire il ragazzo, proprio sulla schiena, e un dolore lacerante le colpì il cuore. Scese da Zelda, urlando disperata. Cadde in ginocchio, accanto al ragazzo. Non avvertì il dolore alle ginocchia causato dalla caduta. Sentiva soltanto quel dolore tremendo al cuore, che non le dava pace. Prese la mano del ragazzo, mentre continuava ad urlare….

Alicia si svegliò di soprassalto. Urlava e piangeva, ancora prigioniera del suo incubo. Il dolore al cuore era ancora lì, ma si stava lentamente affievolendo. Piano piano stava rientrando nella realtà. Perché aveva reagito così? Lei voleva bene ad Eragon, ma… era troppo….

Qualcuno bussò alla porta. Alicia, ancora sconvolta e piuttosto tremante, si alzò, e aprì. Davanti a lei c’era Eragon, che reggeva una candela.

- Che succede? – chiese, allarmato. – Ti ho sentita urlare, e sono venuto per vedere se era tutto ok - .

- Si, tutto bene. Ho solo… ho solo fatto un brutto sogno, tutto qui – rispose lei.

- Anche tu hai avuto un sonno agitato? – domandò Eragon.

- Perché, anche tu hai fatto un brutto sogno? – disse Alicia.

- Non proprio, ma non è stato nemmeno piacevole… beh, ti va di scendere e parlarne davanti ad una tazza di tè? - .

- No, grazie, Eragon. Preferisco dormire un altro po’. E non preoccuparti - .

- Va bene. Beh, buonanotte – disse lui, poi chiuse la porta.

Alicia ritornò a letto. Non sapeva nemmeno perché avesse rifiutato quell’invito. Forse per quel sogno. Ma dai. Dopotutto era solo un sogno. Ma era così vivido, e così forte…. O forse era perché era ancora un po’ arrabbiata con lui per gli avvenimenti di quella mattina. Si, forse era per quello.

   
 
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