Dalon
aprì lentamente le
palpebre. Anche quel semplice gesto era uno sforzo immane per lui, ma
gli
consentì di vedere uno sprazzo di cielo stellato tra le
fronde delle sequoie. Quando
i ricordi della battaglia riaffiorano nella sua mente tentò
di tirarsi su alla
svelta, assalito dal terrore per la sorte dei suoi compagni. Il suo
corpo però
si rifiutò di eseguire i suoi comandi e rimase sdraiato
supino, colmo di
rabbia.
<< Non dovresti
sforzarti, giovane Dalon >>, disse una voce poco distante
da lui.
Il sangue gli si gelò nelle
vene. A chi apparteneva quella voce sconosciuta? Era un nemico? E
soprattutto
come conosceva il suo nome?
<< Stai tranquillo, non
voglio farti del male. Anzi, a dirla tutta è solo grazie a
me se sei ancora
vivo. Toccati pure il petto se non mi credi >>, lo
rassicurò lo
sconosciuto. Con uno sforzo sovraumano piegò le braccia fino
al petto e si
tastò cauto, ricordando la ferita che gli era stata inferta
da una delle
creature. Si accorse solo allora di essere a torso nudo e si accorse
anche con
gran gioia che l’ustione e i tagli erano completamente
scomparsi, per quanto la
pelle fosse leggermente grinzosa e
ruvida al tatto.
<< E’ il meglio che
sono riuscito, mi spiace. Sono secoli che non curo qualcuno
>>, borbottò
lo sconosciuto.
<< Gr..Grazie>>.
Dalon non poteva vederlo ma
fu sicuro che il suo misterioso interlocutore avesse sussultato
sentendosi
ringraziato.
<< Non avrei mai potuto
lasciarti morire in quel modo. Se tu dovessi morire avrei
più di una vita sulla
mia coscienza e anche se non sembra, già molte gravano su di
essa >>, gli
spiegò. Calò il silenzio e Dalon dovette
sforzarsi non poco per tirare fuori
quella domanda che gli premeva fin da quando si era ripreso:
<< I miei
compagni sono morti? >>.
Soltanto quando ebbe finito
di parlare si rese contò della gravità del
quesito che aveva appena posto e di
quanto sarebbe pesata la risposta. Non si sarebbe mai perdonato di aver
lasciato morire i suoi amici in quel modo.
Lo sconosciuto scoppiò a
ridere.
<< Come sei tragico,
ragazzo. Lo sei fin troppo per l’età che hai,
anche se bisogna dire che ti
trovi in una situazione un po’
particolare…comunque sono lieto di dirti che i
tuoi compagni non sono morti, almeno per il
momento… >>
La sensazione di sollievo che
lo investì fu impagabile, anche se l’ultima parte
della risposta era suonata
piuttosto inquietante.
<< Ora però pensa a riposarti
ancora un po’. Ho dovuto accelerare al massimo i tuoi
processi metabolici a
livello cellulare, dopo una sforzo del genere il tuo corpo ha bisogno
di molto
riposo >>.
Dalon fu sul punto di
ribattere, ingordo di informazioni, ma ben presto la stanchezza riprese
il
sopravvento e le tenebre avvolsero ancora una volta la Foresta.
Quando
si svegliò nuovamente
aveva recuperato una buona parte delle sue forze, anche se un generale
indolenzimento lo rendeva ancora rigido e insicuro nei movimenti. Appoggiandosi sui gomiti
si tirò su e si mise
seduto, per scrutare meglio ciò che lo circondava.
Era ancora piena notte nella Foresta, ma un
fuocherello
rischiarava la radura in cui era avvenuta la battaglia contro quelle
creature
misteriose. Non era rimasto niente a ricordare lo scontro avvenuto, se
non
qualche ramo bruciacchiato o spezzato da colpi vaganti.
Appoggiato a una delle grandi
sequoie stava una figura, il volto in ombra e il resto del corpo
illuminato dalle fiamme guizzanti. Era un ragazzo di media statura, che
almeno apparentemente aveva
cinque - sei anni in più di Dalon, con una corporatura
piuttosto esile. Era
vestito in modo semplice e sobrio, eppure emanava un’aura di
grande eleganza ed
importanza: le brache nere erano di un tessuto che sembrava
particolarmente
pregiato e il mantello grigio fumo aveva una chiusura
all’altezza del collo
piuttosto elaborata, con un piccolo diamante azzurro circondato da un
cerchio
sottile d’oro. Aveva il viso scarno ed allungato, di un
colorito molto chiaro,
in netto contrasto con le sottili labbra porpora, e il naso aquilino
incastonato sotto due occhi magnetici, di una tonalità di
azzurro
incredibilmente intensa. I capelli neri, lunghi fino alle spalle, erano
raccolti in una coda tenuta insieme da tre cerchi d’oro
intarsiati con numerosi
simboli arcaici e complessi. Quando i loro sguardi si incontrarono,
Dalon
avvertì un brivido freddo lungo la schiena e si
ritrovò costretto ad abbassare
gli occhi, intimorito. L’individuo che gli stava davanti
possedeva un potere
enorme, gli era bastata una semplice occhiata per capirlo.
Senza grandi difficoltà
espanse il suo leiban e la sua mente verso il punto in cui si trovava
il
giovane uomo, ma, con suo grande stupore, non avvertì la men
che minima
presenza di energia latente, come se in realtà quella figura
neanche esistesse.
La cosa lo lasciò palesemente sgomento, per quanto cercasse
di darsi un certo
ritegno per non mostrare il suo turbamento. Fece altri tentavi, ma ogni
volta
andarono a vuoto.
<< E’ inutile che ti
sforzi tanto, io non possiedo alcuna energia latente. Puoi pure
continuare a
provare se vuoi, il risultato sarà sempre lo stesso
>>, gli disse lo
sconosciuto da lontano.
Dalon si impose la calma, cercando di resistere al suo sguardo
magnetico.
<< Cosa sei
esattamente? >>, gli chiese, cercando di mostrare molto
più coraggio di
quanto in realtà non ne possedesse.
Ancora una volta il suo
interlocutore scoppiò a ridere. Dalon sentì
crescere la tensione.
<< Un amico, niente di
più, niente di meno >>.
Il giovane discendente di
Laminos si aspettava una risposta del genere, quindi non si fece
intimidire.
<< Questo lo speravo fin
dall’inizio a dire il vero, ma giudicherò io
stesso con il passare del tempo.
Sei un Portatore, un Elfo, una Fata o
quant’altro? >>
<< Una volta ero un
Portatore, ma parliamo di molto tempo fa, un tempo così
lontano che la tua
esistenza non era ancora che una delle tante possibilità di
un futuro molto
anteriore…anche se c’era qualcosa di te al tempo
in cui ero un Portatore, ma
non è ne il momento ne il luogo adatto per parlare di questo
>>.
<< E ora
allora? >>, gli chiese Dalon con maggior insistenza.
<< Ora non saprei
neanche io come definirmi, alcuni credono che io sia un Dio e forse
potrebbero
anche aver ragione dal loro punto di vista, ma è una
definizione che
proprio non
sopporto. Mi definirei un
vecchio spettatore inerme davanti allo scorrere del
mondo…ormai non appartengo
più a nessuna razza di questo universo >>.
Dalon non riuscì a non
sogghignare.
<< Un dio? Ma soprattutto
un vecchio? >>. Anche il suo misterioso salvatore sorrise
e si mise a
giocare con un rametto che aveva raccolto da terra.
<< Dovresti saperlo
ormai che l’apparenza inganna...neanche di Re William il
Sempiterno avresti mai
detto che fosse immortale, eppure è così. Per
quanto riguarda la storia del dio
posso capire la causa della tua ilarità…che cosa
sarò mai in grado di fare, se
non riesco neanche a guarire decentemente delle ferite come le tue,
giusto? >>
Dalon si limitò ad annuire.
<< Bhe, diciamo che una
delle tante cose che so fare è questa.. >>, gli
rispose sorridendo. Dalon
lo osservò concentrato in attesa che desse prova delle sue
capacità, ma non
accadde niente. Solo pochi secondi dopo si accorse che il rametto con
cui il
suo interlocutore stava giocando un istante prima era scomparso.
Il rametto era esattamente
davanti a lui, a un palmo da dove era seduto. Dalon non riusciva
proprio a
capire come ci fosse arrivato fin lì. Non poteva averlo
lanciato, se ne sarebbe
accorto, quindi la spiegazione era solo una…
<<
Tele-trasporto? >>, domandò sconcertato. Il
giovane uomo ghignò.
<< Per favore, non
paragonare il mio potere al vile teletrasporto. Distorsione
Spazio-temporale,
ecco cos’è >>, gli rispose.
<< Domini lo Spazio? >>.
Da quel che si ricordava della discussione con William sul leiban,
Dalon era
certo che lo Spazio e il Tempo fossero due elementi che sfuggivano al
controllo
dei Portatori.
<< Non solo lo Spazio,
anche il Tempo….vedi questa sequoia? >>, gli
disse indicando la sequoia a
cui era appoggiato. Mentre Dalon annuiva, l’albero venne
circondato da una luce
e scomparve. Contemporaneamente, il ragazzo misterioso comparve a meno
di un
metro da lui, stringendo nella mano destra un seme grosso come una
noce, dalla
forma allungata e bombata, di color marrone chiaro.
<< Diciamo che una volta,
forse duemila-tremila anni fa, era così >>,
continuò, lanciandogli addosso
il seme. Dalon l’afferrò e lo rimirò,
attonito. La confusione era ormai padrona
della sua mente.
<< Conservalo con molta
cura, è molto più prezioso di quanto tu possa
immaginare. Ti sarà molto utile
nell’impresa che ci aspetta >>, gli
spiegò << Ma ora parliamo
delle cose veramente importanti… >>
<< Potrei solo più
sapere una cosa su di te? >>
<< Certo >>.
<< Come ti chiami
veramente? >>
Il ragazzo misterioso
sorrise, compiaciuto.
<< In realtà il mio vero
nome è un segreto, ma puoi chiamarmi Zun se vuoi
>>, gli rispose
ammiccando.
Detto questo, Zun aggiunse un
pezzo di legno al fuocherello e si accinse a spiegare a Dalon tutto
quello che
era successo dopo che il ragazzo era svenuto.