Eccomi qui :D
Vi lascio leggere con calma, noi ci sentiamo presto presto :*
Capitolo quindici – Ritorno alla realtà
16/08/2010
Apro
gli occhi, infastidita dalla luce del primo mattino che entra dalla finestra. A
prima vista, direi che è passata da poco l’alba, e che quindi è davvero troppo
presto per alzarsi e per mettersi a combinare qualcosa.
Ma poi,
chi ha davvero voglia di fare qualcosa oggi? Per me, quella che sto per
affrontare è in assoluto la giornata più brutta della mia vita. Sto per tornare
a casa, dalla mia famiglia, e per farlo devo abbandonare Edward. Edward, che ho
capito di amare e che ricambia appieno il mio sentimento.
Non ho
il coraggio di vedere la sua faccia quando sarà arrivato il momento di
separarci … per di più, rischio di dare vita ad una crisi isterica che sarà
difficile, se non impossibile, tentare di calmare.
Mi
rigiro nel letto, trovandomi così faccia a faccia con il mio ragazzo, ancora
addormentato. Quando dorme, il suo viso si rilassa completamente ed i suoi
lineamenti diventano così delicati e belli da assomigliare a quelli di un angelo.
Sì, sto
vaneggiando, ma a me sembra davvero un angelo quando dorme.
Edward
ha un braccio allungato sul cuscino, che sfiora di poco la mia testa, e l’altro
invece mi cinge la vita, in un abbraccio appena percettibile che forse non sa
neanche di star compiendo. Dalle labbra socchiuse fuoriesce il suo respiro, che
si infrange sul mio naso.
Accarezzo
con delicatezza il profilo della sua guancia, sorridendo mestamente: sarà dura
dirgli addio una volta che si sarà svegliato. Ho più paura della mia reazione
che della sua, ad essere del tutto sincera … vorrei tanto aggrapparmi alla sua
schiena, in stile koala, e non lasciarlo andare mai via.
Ma
siccome non è possibile, forse è meglio che lo lasci dormire tranquillamente e
che vada a consumare le mie seghe mentali da tutt’altra parte. Posso sempre
vestirmi, prendere il cambio che ho lasciato qui ieri e andarmene da sola a
zonzo per il campeggio … sì, forse farò proprio così.
E per i
saluti ci rincontriamo quando è arrivata l’ora di partire.
Non pensarci, Bella, non pensarci.
Già, facile per te, vocina!
Così,
cercando di non fare troppo rumore o troppo movimento, mi alzo dal letto e nuda
come sono venuta al mondo mi dirigo al bagno. Nel giro di pochi minuti sono
vestita, con i capelli stretti in una treccia disordinata, la borsa del cambio
sottobraccio e gli scarponcini in mano, per evitare di fare chiasso mentre
cammino.
Resto
imbambolata per un po’ a guardare Edward, che ancora dorme, indecisa se
lasciargli un bacio oppure rimandare anche questo momento a più tardi. Ho anche
paura che se lo faccio, lui potrebbe svegliarsi. So che neanche le cannonate lo
svegliano, ma non si può mai sapere.
Alla
fine mi decido, e dopo essermi chinata sul suo viso gli lascio un leggero bacio
sulla tempia; gli accarezzo anche i capelli, più scompigliati del solito, e
questo gesto non lo disturba per niente.
Sorridendo
e mordendomi le labbra allo stesso tempo, mi allontano da lui e mi volto per
raggiungere la porta del bungalow. L’ho appena aperta, e sto per uscire fuori a
piedi nudi, quando sento la voce roca di Edward.
Merda, si è svegliato!
«Dov’è
che vai alle … sei e mezza di mattina?» gracchia, ancora mezzo addormentato.
Mi
volto lentamente verso di lui, sentendomi la fuggiasca di una delle tante
commedie romantiche che ho visto insieme ad Alice. Ecco, sì, mi sento tanto Meg
Ryan in “Harry ti presento Sally”!
Okay, in quel film non è lei quella che scappa … oh, ma lasciatemi almeno la
licenza poetica!
«Vado a
… a fare colazione?» azzardo, osservando la sua faccia sconcertata ed
assonnata. «Prendo qualcosa anche per te, se vuoi.»
Edward
sbadiglia, sbuffando e grattandosi la testa mentre mi guarda. Non mi ha creduto
per niente … e certo, io sono una frana a dire le bugie! Me lo dice sempre, me
lo dicono tutti a dire la verità, ma io insisto a mentire e mi faccio sgamare
sempre.
Quand’è
che imparerò una volta per tutte?
«Bella,
per favore, vieni qui e dimmi dov’è che stai andando.» dice, calmo. Non sembra
arrabbiato, dal suo tono capisco che vuole soltanto che sia sincera con lui e
che gli dica quello che mi passa per la testa.
Sarà
difficile da spiegare, non lo so nemmeno io cos’è che mi passa per la testa!
Con un
sospiro, richiudo la porta e torno ad avvicinarmi al letto. Getto da una parte
le scarpe e la borsa e mi siedo sul letto, accanto ad Edward. Lui mi osserva,
con gli occhi ancora lucidi di stanchezza e con una mano immersa nei capelli,
il gomito poggiato sul ginocchio. È ancora nudo, come me non ha avuto nessuna
intenzione di dormire vestito – chiamalo scemo! -, e ha soltanto il lenzuolo
leggero che lo copre dai fianchi in giù …
Già che
c’è, potrebbe benissimo abbassarlo … io non mi scandalizzo mica!
Edward
sorride, come per rassicurarmi. «Allora? Mi dici che succede?»
Deglutisco,
abbassando gli occhi sulle mie mani intrecciate in grembo. Non so quali parole
usare per descrivergli quello che sto sentendo dentro di me in questo momento:
sono confusa, perché vorrei fare tante cose insieme e so che non posso farne
neanche mezza. Vorrei non allontanarmi da lui, vorrei stare da sola, vorrei
poter andare a Chicago, a casa sua, e vorrei tornare a casa mia, ma vorrei
andarci insieme a lui.
Come ho
detto, non posso farne neanche mezza. Sarebbe da pazzi riuscire a fare tutte
queste cose adesso, e non ho la Giratempo come Hermione, per riuscire a
modificare il tempo come mi pare e piace. Io, purtroppo, sono una Babbana
sfigata e lo sarò per tutto il resto della mia vita!
La mia
lettera per Hogwarts deve essersi persa per strada, così come lo stupido
piccione pennuto che la stava portando.
«Non
voglio affrontare questa giornata.» dico infine, tornando a guardarlo.
Edward
batte le palpebre velocemente, restando per qualche secondo in silenzio. «Non
voglio farlo neanche io … ma dobbiamo.» sospira, voltando il viso.
Sospiro
anche io, vedere il modo in cui cerca di evitare il mio sguardo mi fa male.
«Non voglio lasciarti.»
«Non
voglio farlo neanche io.» ripete di nuovo, senza voltarsi.
Ecco,
sono arrivata al punto in cui non so che altro dirgli, e lui con il suo non
filarmi di striscio non mi aiuta affatto. Rende tutto ancora più difficile da
affrontare, e lo sconforto vedendo il suo comportamento aumenta, portandomi
alle lacrime.
Queste
cominciano a scendere quasi subito, speravo di riuscire a trattenermi ancora
per qualche ora prima di cominciare il piagnisteo ma a quanto pare non posso
riuscirci. Stringo le ginocchia al petto e le circondo con le braccia,
poggiandoci il mento sopra mentre continuo a piangere in silenzio. Per fortuna,
non è ancora arrivato il momento dei singhiozzi.
«Ho
paura di quello che potrebbe succederci. Ho paura di questa lontananza, di
tutti questi chilometri che ci dividono e del fatto di non vivere nella stessa
città. Ho paura che col tempo, il nostro legame potrebbe risentirne e finiremmo
con il perderci. Non voglio perderti, ti amo troppo per rischiare che succeda.»
mormoro, sicura del fatto che lui riesce a sentirmi.
In un
batter d’occhio, prima ancora che finissi di parlare e che potessi chiudere gli
occhi, sento le braccia di Edward che mi circondano e che mi stringono a sé. La
sua testa si posa sulla mia, e comincia a cullarmi come se fossi una bimba
piccola che ha paura del buio, e che ha bisogno di essere tranquillizzata.
Ricambio
il suo abbraccio, stringendo con le mani i suoi avambracci, e poso la testa sul
suo petto mentre continuo a piangere … e stavolta, comincio anche a
singhiozzare. Ci sdraiamo entrambi sul letto e restiamo in silenzio, senza dire
niente, io troppo impegnata a piangere per dire qualcosa di sensato mentre lui
… lui non lo so, ma resta in silenzio e continua a cullarmi lentamente.
«Ho
paura anche io, amore. Ho le tue stesse paure, non pensare che questa
situazione mi faccia piacere.» mormora, con le labbra a contatto con la mia
fronte.
«Io …
non so se sarò forte abbastanza …» ammetto, tirando su col naso.
«Lo
sarai. So che lo sarai, sarai bravissima.» mi fa alzare il viso usando due
dita, e mi sorride incoraggiante, con gli occhi lucidi.
Mi
stupisco ogni volta che vedo che anche Edward ci sta male per via della
relazione a distanza che stiamo per affrontare. Forse sono così abituata ai
pregiudizi che vedono gli uomini più forti delle donne, che faccio fatica a
vedere un ragazzo che si abbatte e che si commuove per via dei problemi che la
vita mette sul nostro cammino.
Edward
invece è diverso, e non è la prima volta che me lo fa notare: è successo in
ospedale, quando mi ha confessato di amarmi, è successo ieri notte, e sta
succedendo anche adesso … anche lui fa fatica ad accettare la nostra
situazione, solo che rispetto a me cerca di nasconderlo e di non darlo a
vedere.
Ma
quando lo fa, mi fa stringere il cuore.
«E se
non lo sono? Se un giorno …»
«Se
quel giorno arriverà, allora ci penseremo. Amore, vedrai che andrà tutto bene e
riusciremo a cavarcela. Non siamo ne i primi ne gli ultimi a vivere un amore a
distanza, e se ce l’hanno fatta gli altri … perché non dovremmo farlo noi?» mi
fa notare, con il sorriso ben visibile sulle labbra, e con il dito passa a
percorrere le scie che hanno lasciato le lacrime sulle mie guance.
Già, ha
ragione … non siamo le uniche persone che hanno un amore lontano da casa.
Chissà quanti altri, come noi, si stanno disperando e si stanno ponendo le mie
stesse domande!
Osservo
il suo viso in ogni minimo dettaglio, e mai come adesso vorrei avere una
memoria fotografica: non sarei costretta a rimbecillirmi così tanto per poter
imprimere bene in testa il suo viso. Certo, potrei fargli una fotografia … ma
una foto non potrà mai competere con il suo vero viso.
Gli
stringo le orecchie tra le dita, piegando la cartilagine, e mi viene da ridere
quando vedo comparire una smorfia di fastidio sul suo viso. Alzo di poco il
viso e gli bacio le labbra, chiudendo gli occhi.
«Sai
che ti amo, vero?»
«Certo
che lo so!» mi risponde, quasi scioccato per la domanda che gli ho posto. «E
tu, invece? Tu lo sai che ti amo?»
Annuisco,
baciandolo di nuovo e mettendo in questo nuovo contatto di labbra più dolcezza
e tenerezza rispetto al precedente. Mi stacco di pochi millimetri solo per
potergli domandare un'altra cosa.
«Fai di
nuovo l’amore con me?»
È la
prima volta che lo dico: fino ad ora, ho sempre detto che con Edward ci ho
fatto sesso … ma lo amo, ci amiamo, quindi non può essere solo sesso tra noi.
C’è anche amore, ed il nostro è fare l’amore, non fare sesso. So che alla fine
il meccanismo è lo stesso, ma il sentimento che c’è dentro è completamente
diverso, è più forte e coinvolgente.
Cambia
ogni cosa.
«Farei
l’amore con te in ogni momento della giornata, amore mio …» mormora, mordendomi
le labbra, e passa a sollevare la mia t-shirt. «Però, potevi fare anche a meno
di vestirti!» aggiunge, con disappunto.
Rido,
prima di pensare a fare l’amore con il mio ragazzo.
Chiudo
con uno scatto la zip dello zaino dopo averci messo il minimo indispensabile
per il viaggio, e con lo sguardo passo in rassegna il bungalow che ho diviso
con Angela per tutta la durata delle vacanze … o quasi.
Mi fa
un certo effetto vederlo così vuoto, senza i nostri oggetti a renderlo
disordinato e vissuto. Sembra che, adesso che stiamo andando via, finirà in
malora e abbandonato a se stesso.
Mamma
mia, come sono sentimentale oggi!
Reprimo
una risata prima di mettere lo zaino in spalla, e sistemo gli occhiali da sole
sulla testa. Ho una sensazione di dejà vu, e mi sembra solo ieri il giorno in
cui sono uscita di casa con la nonna per venire in vacanza qui, quando invece
sono passate già sei lunghe settimane.
Sono
volate, quasi non me ne sono resa conto.
Mi
allontano dal mio ex letto, e mi chino per prendere i miei borsoni, di nuovo
pieni fino a scoppiare. Prima ancora che possa afferrare le maniglie del primo,
la porta si apre ed io mi volto per vedere chi è.
È
Angela.
Anche
lei, come me, è pronta per partire: la partenza del suo aereo diretto a Seattle
è fissata per le 11:17, pochi minuti dopo il mio, e per noi è arrivato il
momento dei saluti. Dietro le lenti dei suoi occhiali da vista, vedo che ha gli
occhi lucidi.
«Ang …»
sussurro, allargando le braccia, invitandola a raggiungermi.
Angela
non se lo fa ripetere due volte, ed in un secondo ci stiamo già stritolando in
un abbraccio strappalacrime. Oggi sono davvero di lacrima facile, non smetterò di
piangere molto facilmente.
«Oh,
Bella, mi mancherai così tanto! Sono stata davvero contenta di averti
conosciuta …» dice, rafforzando l’abbraccio e stritolandomi ancora di più. Cavolo,
avevo dimenticato che Angela è più forte di me, e adesso mi sta soffocando!
«Vale
lo stesso per me, Angela.» dico, a corto di aria. Torno a respirare meglio
quando smettiamo di abbracciarci, e le sorrido passandomi una mano sulle
costole … spero che lei non abbia notato il mio gesto. «Non appena torno a casa
passo a spedirti il vino, ho ancora il tuo bigliettino da visita.»
Angela
si porta una mano alla fronte, chiudendo gli occhi. «Me ne ero dimenticata! Ti
ho fatto un ordine, è vero.»
Sorrido,
che smemorata! «Penso a tutto io, non preoccuparti … e non provare a pagarmi, è
un mio regalo.»
Lei mi
lancia un occhiata raggelante mentre si aggiusta gli occhiali sul naso. «Per
questo ti manderò una mail più avanti, così litighiamo quanto ti pare e piace …
adesso non abbiamo proprio tempo!» sospira. «Quando vai via?»
«Tra
una decina di minuti, il tempo di prendere queste e di portarle al pullmino.»
le indico le grandi borse, e ne sollevo una. «Mi dai una mano?»
«Certo!
Ci penso io …» Angela solleva l’altro borsone ed insieme usciamo dal bungalow.
Mi mancherà, da una parte, questa piccola stanzetta.
Una
volta fuori, scendiamo i pochi gradini e raggiungiamo Edward e Ben, che si
trovano a poca distanza da noi, appoggiati ad un albero. Edward, non appena
vede che siamo cariche di bagagli, ci viene incontro e ci libera dall’ingombro,
caricandoseli sulle spalle.
«Sei
pronta?» mi domanda, carezzandomi la treccia.
Annuisco.
«Fammi prima salutare Ben, e poi andiamo.»
Dopo
avermi fatto cenno che va bene, vado dal mio nuovo amico e lo abbraccio. Non ho
mai trascorso molto tempo con Ben, a parte quando ci trovavamo tutti insieme
durante i pasti o durante le attività ricreative, e la cosa un po’ mi dispiace.
Mi sarebbe piaciuto molto conoscerlo meglio … non in quel senso, naturalmente,
altrimenti Angela mi avrebbe già uccisa da un bel pezzo.
«Ciao,
Ben. Trattami bene Angela, mi raccomando.» gli dico, sciogliendo l’abbraccio.
«Non
preoccuparti, la tratterò come una regina.» mi fa l’occhiolino.
Gli
sorrido, e dopo aver salutato ancora una volta Angela mi allontano da loro
insieme a Edward, che carico dei miei bagagli sembra un facchino. Un facchino
molto bello e anche molto sexy, devo ammetterlo.
Restiamo
in silenzio per tutto il tragitto fino al pullmino, dove i bambini e Seth hanno
già preso posto per la partenza: io sono l’ultima ad arrivare. Non ho notato
strano prima il fatto che Seth si sia preso la responsabilità di radunare i
nostri pargoli e di accompagnarli fin qui, ma adesso ho capito per quale motivo
l’ha fatto.
In
questo modo, io ed Edward abbiamo avuto qualche minuto in più da trascorrere
insieme. Dovrò ringraziarlo per bene non appena saremmo partiti per
l’aeroporto.
Ci
fermiamo quando raggiungiamo il mezzo di trasporto, e l’autista aiuta Edward a
caricare i miei borsoni. Non appena hanno finito, si allontana e ci lascia da
soli, come se avesse capito che abbiamo bisogno di ancora qualche istante
insieme prima di mettere in moto e di accompagnarci fuori dal campeggio.
«Beh,
ci siamo.» Edward è il primo a parlare. Prende le mie mani tra le sue e le
stringe, facendo intrecciare le nostre dita.
Ho il
magone, e sento gli occhi pungere un'altra volta. Finirò mai di piangere, oggi?
«Già, ci siamo.» dico, a bassa voce.
Lui mi
sorride tristemente, e con uno slancio mi abbraccia, sprofondando la faccia nel
mio collo. Io mi aggrappo con le mani alla sua maglietta e respiro a pieni
polmoni l’odore della sua pelle, così buono e particolare … forse, insieme al
suo viso, sarà la cosa che più mi mancherà di lui.
«Ti
telefonerò tutti i giorni, a tutte le ore se vorrai … e ci vedremo presto, te
lo prometto, prima di quanto immagini.» mormora, tornando ad osservarmi attentamente.
Stavolta non trattiene le sue emozioni, e vedo una lacrima scendere dai suoi
occhi e cadere sulla mia mano.
Annuisco,
carezzandogli una guancia, dopodiché mi alzo sulle punte dei piedi e con
urgenza quasi febbrile premo le mie labbra sulle sue. Le lacrime scendono anche
dai miei occhi quando realizzo che questa è l’ultima volta che bacio il mio
ragazzo … l’ultima volta, poi non so per quanto tempo non potrò più farlo.
Ci
stringiamo a vicenda mentre cerchiamo di prendere da questo bacio quanta più
forza che possiamo, per poter riuscire così ad affrontare i giorni e le
settimane che ci separano prima di incontrarci di nuovo. Vorrei non smettere
mai di baciarlo, ma è impossibile … il tempo a nostra disposizione ormai è
scaduto, e non possiamo andare oltre.
Poso la
fronte contro quella di Edward, a corto di fiato, e sento altre lacrime che mi
rigano le guance. Sospiro, stringendo la presa sul tessuto della sua maglia.
Edward
strofina il naso contro il mio, chiudendo gli occhi. «Ti amo, Bella. Non
dimenticarlo mai.»
Annuisco,
regalandogli un piccolo sorriso: sarei una pazza se dimenticassi una cosa così
importante. «Anche tu non te lo dimenticare … ti amo con tutta me stessa.»
Edward
riapre gli occhi, e mi preme sulle labbra un ultimo bacio a stampo prima di
lasciarmi andare via. Indica con la testa il pullmino, sorridendo tristemente.
«Vai, sali o farai tardi.»
Prima di
fare come mi ha suggerito, gli sorrido un ultima volta e gli mando un bacio con
la mano. «Ti amo!»
Lui mi
imita, mandandomi un bacio e mimando un “Ti amo anch’io” con le labbra prima di
sorridermi e di andare via. È una visione che mi fa sanguinare il cuore, per
quanto è triste.
Salgo
sul pullmino solo dopo che la sua figura è sparita dalla mia visuale,
asciugandomi gli occhi.
Osservo
con disinteresse la strada, gli alberi ed il cielo, di un azzurro intenso,
sfrecciare fuori dal finestrino. Quello di osservare il paesaggio che mi
circonda è sempre stato un buon diversivo, quando non sono io quella impegnata
a guidare, ma adesso … adesso non mi interessa proprio. Mi sento più asociale
del solito, e penso che anche la nonna se ne sia accorta.
Non
appena siamo arrivati davanti al palazzetto dello sport e l’ho vista, con un
sorriso emozionato sulle labbra, sono scesa di corsa dall’autobus e mi sono
buttata tra le sue braccia, piangendo. Sono stata contenta di rivederla dopo
sei lunghe settimane, ma devo ammettere che le lacrime che ho versato quando mi
sono trovata tra le sue braccia non sono state causate solo per via della
nostalgia che avevo di lei … ma anche per quello che è accaduto poche ore
prima.
Nonna
sa che tra me ed Edward è nato qualcosa, ma non sa che mi sono innamorata di
lui: sono l’unica a saperlo, oltre ad Edward naturalmente. Ma penso che dovrei
dirglielo, più per rispetto che per altro … ma non penso di farlo
nell’immediato momento. La ferita è ancora troppo fresca per far sì che io ne
parli liberamente.
Il
cellulare, che ho acceso non appena ho messo piede fuori dall’aereo, comincia a
squillare ed io mi affretto a recuperarlo dallo zaino, che ho poggiato accanto
ai miei piedi. Edward mi ha inviato un sms poco prima che io salissi
sull’aereo, dicendomi che mi avrebbe chiamato non appena lui sarebbe arrivato a
casa. Quindi, è per questo motivo che sto smanettando come una pazza per
trovare il mio Blackberry.
Forse è
Edward che mi sta chiamando!
Gioisco
con un urletto quando lo prendo in mano, ma l’euforia scompare tutta quando
leggo il nome che lampeggia sul display: ‘Mamma’. Ed io che pensavo che fosse
Edward … Rispondo alla telefonata a malincuore. Lo so, è mia madre, e dovrei
essere felice di sentirla … ma adesso non sono proprio in vena di parlare con
lei. A dire la verità, non sono in vena di parlare con nessuno.
«Ciao,
mamma.» rispondo, immusonita.
«Bella, amore della mamma, cos’è quella voce?
Qualcosa non va?» domanda subito, preoccupata. In effetti, sembra che mi è
appena morto qualcuno.
«No no,
va tutto bene. Sono solo un po’ stanca …» piccola bugia, ma che vista la
circostanza può passare come verità. Sono tornata da una vacanza, e ho persino
preso l’aereo … dovrei essere stanca, no?
«Oh, immagino tesoro! Quindi, è per questo
che non sei ancora passata a casa a salutare, vero?»
Annuisco,
anche se lei non può vedermi … ma la nonna sì, e sento i suoi occhi che mi
stanno fissando. Nonna, please, torna a
guidare!
«Sì, è
per questo. Ho preferito tornare subito a casa.»
«Va bene, Bella, hai ragione … vorrà dire che
ci vedremo domani! Ma dimmi, è andato tutto bene? Il viaggio, la vacanza … ti
sei divertita?» chiede, curiosa come una scimmia.
Chiudo
gli occhi, stringendoli forte, per cercare di non farmi sopraffare di nuovo
dalle emozioni. Sì, mamma, certo che mi sono divertita. Ho conosciuto un sacco
di persone, ho trovato nuovi amici … ho trovato l’amore, ma adesso è lontano
chilometri e chilometri da me.
E mi
manca moltissimo.
«Bella? Tesoro, sei ancora lì? Non ti sento …»
Deglutisco,
scacciando via il magone che mi si è formato in gola. «Sì, è andato tutto bene.
Tutto a meraviglia.»
Lei
ride, allegra. «Bene, sono contenta.
Adesso ti lascio, mi raccomando riposati! Ci sentiamo domani … e saluta la nonna!»
Annuisco
di nuovo. «Certo, mamma. A domani.» riattacco, e getto il telefono nello zaino.
Mi ha stancato anche lui. «Mamma ti saluta.» aggiungo, rivolta alla nonna.
«Mhm.»
borbotta lei, e mi volto per osservarla. Ha un cipiglio sul viso che la fa sembrare
un'altra persona, e non la solita cara e dolce nonnina a cui sono abituata e
che assomiglia tanto a quella dei Looney Tunes.
Mi
lancia un occhiata strana prima di tornare ad osservare la strada. «Sai che non
si dicono le bugie? E che tu non le sai dire, vero?»
Sbuffo,
e comincio a mordicchiare l’unghia del pollice: che brutto vizio, pensavo di
essermelo lasciato alle spalle ormai. «Sì, me lo dicono in tanti …»
«Quindi,
non è troppo chiederti per quale motivo hai mentito a tua madre. E non provare
a mentirmi.»
Mentire
alla nonna … impresa impossibile.
«È
successa … una cosa, al campeggio, e ci sto male adesso se ci ripenso.» non
aggiungo altro, non riuscirei ad entrare nei dettagli della storia adesso.
«E
questa … cosa che è successa, riguarda anche Edward?» chiede la nonna,
incuriosita.
«Sì,
riguarda anche lui.»
La
nonna resta in silenzio per un po’, prima di chiedermi: «Non mi dirai
nient’altro, vero?»
Scuoto
la testa, grattandomi gli occhi che pizzicano leggermente. Non voglio piangere
ancora. «No, non adesso.»
«Okay,
non insisto oltre tesoro. Ma … se vorrai raccontarmi tutto, o se vorrai un po’
di compagnia, sappi che io sono qui per te. Va bene?» mi sorride, dandomi una
leggera pacca sul ginocchio scoperto.
Annuisco,
sorridendole: sì, so che lei per me c’è sempre, e non lo dico solo perché
abitiamo insieme e, quindi, stiamo sempre insieme … lo dico perché quando ho
avuto bisogno di parlare con qualcuno, o anche solo per avere una spalla su sui
piangere, o per qualsiasi altra cosa che mi è successa in tutti questi anni, la
nonna c’è sempre stata.
È una
specie di mio angelo custode.
«Grazie.»
mormoro, stringendo la sua mano per qualche istante.
Lei
sorride, facendomi l’occhiolino, poi torna a guidare in silenzio.
«Non
vuoi proprio nient’altro da mangiare, Bella?» mi chiede la nonna, osservandomi
preoccupata.
Scuoto
la testa. «No, va bene così.» non sono sicura che un toast con marmellata e
burro d’arachidi possa considerarsi una buona cena, ma per adesso questo è
tutto quello di cui ho bisogno. Non ho molta fame.
Sento
la nonna sospirare. «Se cambi idea, il frigo è pieno di cibo.» mi informa,
sconsolata.
Annuisco,
terminando di spalmare la marmellata su un lato del toast ed unendolo
all’altro, già cosparso di burro d’arachidi. Prendo il piatto, insieme ad un
bicchiere di latte, e mi preparo ad uscire dalla cucina. «Nonna, ti dispiace se
mangio fuori? Voglio … restare un po’ da sola.»
«Vai
pure, tesoro, non preoccuparti. C’è Principessa qui che mi fa compagnia!»
esclama, indicando la gatta che, fregandosene di tutto e di tutti, dorme
acciambellata su quella che in teoria dovrebbe essere la mia sedia.
Dopo
averle regalato un sorrisino debole, esco fuori e mi dirigo verso il tavolino
in vimini del giardino, a poca distanza dalla piscina. Mi lascio cadere su una
delle sedie, che assomigliano più a delle poltroncine in realtà, e do un morso
al toast. Mangiare adesso è più uno sfogo, per me, visto che quel poco di fame
che avevo è andata a farsi benedire … ma qualcosa sotto i denti devo pur
metterla. Non posso restare a digiuno per tutta la notte.
Prendo
un sorso di latte e getto un occhiata distratta al cellulare, che mi trascino
dietro da quando sono entrata in casa: Edward non ha ancora chiamato.
Comincio
a preoccuparmi, perché mi ha promesso che lo avrebbe fatto non appena sarebbe
arrivato a Chicago. Ho paura che possa essergli accaduto qualcosa, come ad
esempio un incidente aereo! Ma i notiziari non hanno dato nessuna notizia del
genere, quindi l’ho esclusa a priori … ma continuo ad essere preoccupata per
lui.
Sobbalzo
quando il cellulare comincia a vibrare ed a squillare sul tavolino, e lo
afferro e lo porto all’orecchio prima che possa controllare chi mi sta
chiamando. «Edward!» esclamo, con il cuore in gola.
«Ehi, piccola …» la sua voce giunge al
mio orecchio, ed io non sono mai stata così felice di sentirla.
«Finalmente,
ti stavo aspettando! Credevo che fosse successo qualcosa di brutto.» dico,
sospirando di sollievo.
Lo
sento ridacchiare dall’altra parte della linea. «Sei troppo pessimista, amore, davvero troppo. Cosa pensavi che fosse
successo?»
«Un …
incidente aereo.» gesticolo con le mani, arrossendo di colpo: mi rendo conto
solo adesso quanto possa essere assurda la mia idea, e la risata di Edward me
lo fa capire ancora di più. «Scusa, è stupido lo so!»
«Già, è stupido.»
«Hai
avuto qualche contrattempo, prima?» gli domando, mentre comincio a giocare con
il toast.
Lo
sento sospirare. «Oh, sì. Sono stato
rapito dai miei zii, i genitori di Tanya, poi da mio fratello … e poi dai miei
genitori. Solo adesso ho trovato il tempo di accendere il telefono e di
chiamarti. Scusami se non l’ho fatto prima.»
Scuoto
la testa, sorridendo. «Non preoccuparti, non fa niente … sei da solo, adesso?»
«Sì, sto per andare a fare un bagno. Tu,
invece? Cosa stai facendo di interessante?» domanda, incuriosito.
«Mah,
nulla a dire la verità. Ho già fatto il bagno, e adesso sto mangiando qualcosa
per cena.»
«Ah già, da te è ancora ora di cena. Ti ho
disturbato, quindi. Mi dispiace …»
«Macché
disturbo, tu non disturbi mai!» lo rimprovero bonariamente, ridendo.
«Disturbami pure quando vuoi, a me fa sempre piacere.»
Ride
anche lui, insieme a me. «Chissà perché,
ma ci avrei scommesso!» borbotta.
Mi
mordo le labbra, stravaccandomi sulla sedia/poltrona. Dio, è ancora più
difficile di quanto pensassi! Parlare via telefono con lui non è la stessa cosa
di quando parliamo faccia a faccia. Dovevo provarlo per rendermene davvero
conto.
Sospiro,
passandomi una mano sulla fronte. «Mi manchi tanto, Edward.»
«Per quanto sia scontato ripeterlo, mi manchi
tanto anche tu.» Edward resta in silenzio per diversi istanti prima di
riprendere a parlare. «E mia madre vuole
conoscerti, non si regge più! Penso che prima o poi te la ritroverai davanti
alla porta di casa!»
Scoppio
a ridere, immaginandomi la scena. «Scherzi, vero?»
«No, non sto scherzando! Ti conosce soltanto
grazie ad una fotografia e per le poche telefonate che avete avuto insieme, ma
già non vede l’ora di conoscere la sua futura nuora!»
Futura
nuora? Esme è impazzita per caso? «È … è un po’ troppo presto per chiamarmi già
così, no?»
«Sì, lo so, ma lei già sa che noi finiremo
con lo sposarci … quindi, ti vuole conoscere di persona.»
Arrossisco,
davanti a questa affermazione della mia ‘futura suocera’. «Che carina tua mamma
… salutala da parte mia, ti prego.»
«Lo farò, tesoro … e non appena saprà che
l’hai salutata, uscirà pazza per la gioia.» che burlone, si prende gioco di
sua madre!
Ridacchio.
«Non prenderla in giro …»
«Ma non la prendo in giro, è la verità.»
«Certo,
certo.»
Il
magone torna a farmi visita, sento che la telefonata sta per terminare ed io
non voglio che succeda. Vorrei tanto poter restare davvero 24 ore su 24 a
parlare con lui, senza fermarmi ne stancarmi mai, ma non è possibile.
«Ti … ti lascio mangiare tranquilla, piccola.»
dice Edward, abbattuto. Anche lui ha capito che dobbiamo lasciarci, per il
momento?
Annuisco,
mordendomi le labbra. «Va bene. Ci sentiamo domani, vero?»
«Ma certo, domani mattina la prima cosa che
farò appena sveglio sarà chiamarti per darti il buongiorno.» mi promette
dolcemente, la sua voce mi sembra calda nonostante la stia sentendo soltanto
per telefono. «Ti amo Bella, non
dimenticarlo. Ti amo.»
L’ennesima
lacrima della giornata scende dai miei occhi, fermandosi all’angolo della
bocca. «Ti amo anche io. Tanto.»
«Ti amo.» questo piccolo sussurro è
l’ultima cosa che sento prima che Edward metta fine alla chiamata, e forse è un
bene che lo abbia fatto perché altrimenti io non sarei mai riuscita a farlo.
«Ti amo
…» mormoro, a nessuno in particolare, mentre getto il telefono sul tavolino e
mi asciugo quella lacrima rompiballe.
Torno a
poggiare la schiena contro il vimini fresco e resto ad osservare il cielo, che
a questa precisa ora della giornata si sta tingendo di un arancione acceso. Il
sole sta finendo di tramontare, e lo spettacolo che ho davanti agli occhi è
quasi devastante. Da dove mi trovo, riesco a scorgere anche la grande distesa
dei miei vigneti, diventati rossi anche loro grazie alla luce del sole.